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Leggi anche appunti:Sistema economico e mutamento storicoSISTEMA ECONOMICO E MUTAMENTO STORICO Si ha oggi l'impressione ImpresaIMPRESA A) INIZIATIVA ECONOMICA Art. 41 Cost. – L’iniziativa economica Informazione gratuita on-line in crisiInformazione gratuita on-line in crisi In Italia è molto diffusa l’informazione giornalistica |
IMPRESA
A) INIZIATIVA ECONOMICA
Art. 41 Cost. – L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali
Il riconoscimento della libertà di iniziativa economica privata presuppone il convincimento che questa, pur guidata dalla ricerca del profitto privato, possa contribuire a realizzare risultati economici di utilità generale, oltre che ad assicurare pluralismo economico idoneo al mantenimento delle libertà civili e politiche
I limiti della legge all’esercizio dell’impresa hanno carattere generale e sono fondati su una valutazione tipica di atti e attività, in correlazione con le esigenze strutturali del sistema economico, secondo la valutazione che ne dà il legislatore.
B) L’IMPRENDITORE
Art. 2082 c.c. – IMPRENDITORE. È imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi
Per meglio comprendere tale definizione è necessario analizzarla separatamente. È imprenditore chi esercita:
Un’ATTIVITA’. Cioè una serie di atti coordinati tra loro;
ECONOMICA. L’attività ha come scopo la produzione o lo scambio di beni e servizi;
ORGANIZZATA. Ovvero vi è una coordinazione tra capitale e il lavoro svolto dall’imprenditore per la sua attività;
PROFESSIONALE. Tale attività è quindi svolta in modo coordinato, sistematico, quindi abituale e non occasionale. Non è tuttavia necessaria la continuità (ex. Attività stagionali);
AL FINE DELLA PRODUZIONE E DELLO SCAMBIO DI BENI E SERVIZI. Si configura come attività economico.
Tuttavia inizialmente il legislatore nulla aveva disposto relativamente al fine ultimo dell’impresa, ossia non ha stabilito se per aversi impresa è necessario che l’attività sia a scopo di lucro. Tale problematica è stata da egli stesso risolta mediante d.lgs. n°155/2006 con il quale è prevista l’IMPRESA SOCIALE (organizzazione privata senza scopo di lucro che svolge un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generali).
Appare quindi evidente che in tale definizione rientrano:
IMPRENDITORI AGRICOLI
Art. 2135 c.c. – IMPRENDITORE AGRICOLO. È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Per la coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge
Per quanto riguarda gli imprenditori agricoli è previsto che essi:
a) Non siano sottoposti a fallimento o ad altre procedure concorsuali;
b) Non abbiano l’obbligo della tenuta delle scritture contabili;
c) Debbano iscriversi nella sezione speciale del registro delle imprese.
L’IMPRENDITORE AGRICOLO PROFESSIONALE è colui il quale, in possesso di competenze professionali, dedichi alle attività agricole almeno il 50% del proprio tempo lavorativo complessivo e ne ricavi almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro, agli imprenditori che presentino queste caratteristiche sono riservate importanti agevolazioni e provvidenze per l’ammortamento e il potenziamento delle strutture agricole.
I CONTRATTI AGRARI
Sono i contratti con i quali si concede all’altra l’uso di un fondo rustico o di bestiame per l’esercizio di un’impresa agricola, oppure le parti si associano conferendo l’una il fondo o il bestiame, e l’altra il lavoro direttivo ed esecutivo e il capitale mobiliare, al fine di esercitare un impresa in comune.
Inizialmente fu previsto un criterio di tipicità che vietava inderogabilmente la stipulazione di contratti agrari di concessione di fondi rustici differenti da quelli previsti e regolati da leggi in vigore (L. 756/1964), mentre con la L. 203/1984 si sono drasticamente ridotte tali figure contrattuali concedendo solo la figura dell’AFFITTO. Tale disposizione è derogabile dalle parti nel qual caso la stipulazione di contratti diversi avvenga per mezzo delle organizzazioni sindacali agricole maggiormente rappresentative.
Nell’AFFITTO A COLTIVATORE DIRETTO il legislatore ha visto la necessità di tutelare quest’ultimo, predisponendo una serie di norme imperative, deroganti di eventuali clausole discordanti presenti nel contratto, salvo il caso in cui dette clausole siano maggiormente favorevoli allo stesso coltivato diretto (INDEROGABILITA’ PARZIALE: sono derogabili solo da quelle più favorevoli al soggetto).
Il POTERE DI DIREZIONE spetta all’affittuario e la DURATA non deve essere inferiore al tempo necessario all’ammortamento dei capitali investiti.
CONTRATTO DI AFFITTO DEL FONDO RUSTICO
Il locatore, verso il corrispettivo di un canone periodico, concede all’affittuario il godimento di un fondo coltivabile con gli accessori e le pertinenze d’uso per l’esercizio di un impresa agricola. L’affittuario cura la gestione del fondo e ne fa propri i frutti.
Detta convenzione è valida anche se stipulato verbalmente, e opponibile ai terzi anche se non trascritto.
Questo contratto concede all’affittuario di riunire i fattori produttivi per l’esercizio dell’impresa agricola, senza acquistare la proprietà della terra.
Il CANONE DI AFFITTO deve essere determinato e corrisposto in denaro, non può superare il limite fissato periodicamente, per ogni zona agraria omogenea, da un’apposita commissione, le cui determinazioni devono mantenersi entro certi limiti (equo canone). Il divieto di determinare e corrispondere il canone in una quantità fissa o in una quota dei prodotti del fondo ha lo scopo di semplificare la determinazione dell’equo canone e di favorirne l’applicazione, anche se in questo modo solo l’affittuario sarà soggetto alle fluttuazioni dei prezzi dei prodotto ottenuti dal fondo. Detto canone è ridotto nel caso in cui avversità atmosferiche o calamità naturali abbiano causato perimento o mancata percezione dei frutti in misura superiore al 30% della normale produzione. Quando invece gli eventi dannosi siano dovuti a caso fortuito e inerenti al singolo fondo, l’affittuario può richiedere all’autorità giudiziaria una riduzione del fitto, in misura non eccedente la meta.
Ciascuna delle parti può, senza il consenso dell’altra, apportare MIGLIORAMENTI del fondo e dei fabbricati rurali, nel rispetto dei programmi regionali di sviluppo e purchè dette opere non ledano i diritti dell’affittuario. Se sono effettuate dall’affittuario questi avrà diritto a ricevere un’indennità pari all’acquisto di valore del fondo, se effettuate dal locatore, questi potrà chiedere un aumento del fitto.
La DURATA del contratto deve essere superiore ai 15 ANNI. Il contratto si rinnova automaticamente se non è data disdetta almeno con il preavviso di UN ANNO
L’affittuario ha DIRITTO DI PRELAZIONE sia nel caso di vendita del fondo sia nel caso che il locatore intenda affittare il fondo a terzi.
SOCCIDA
Art. 2170 c.c. – NOZIONE. Nella soccida il soccidante e il soccidatario si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l’esercizio di attività connesse, al fine di ripartire l’accrescimento del bestiame e gli altri prodotti utili che ne derivano. L’accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti, quanto nel maggior valore intrinseco che il bestiame abbia al termine del contratto
Si possono avere tre tipologie contrattuali:
SOCCIDA SEMPLICE
Art. 2171 c.c. – NOZIONE. Nella soccida semplice il bestiame è conferito dal soccidante. La stima del bestiame all’inizio del contratto non ne trasferisce la proprietà al soccidatario. La stima deve indicare il numero, la razza, la qualità, il sesso, il peso e l’età del bestiame e il relativo prezzo di mercato. La stima serve per determinare il prelevamento a cui ha diritto il soccidante alla fine del contratto
SOCCIDA PARZIALE
Art. 2182 c.c. – CONFERIMENTO DEL BESTIAME. Nella soccida parziaria il bestiame è conferito da entrambi i contraenti nelle proporzioni convenute. Essi divengono comproprietari del bestiame in proporzione del rispettivo conferimento
SOCCIDA CON CONFERIMENTO DI PASCOLO
Art. 2186 c.c. – NOZIONE E NORME APPLICABILI. Si ha rapporto di soccida anche quando l bestiame è conferito dal soccidatario e il soccidante conferisce il terreno per il pascolo. In tal caso il soccidario ha la direzione dell’impresa e al soccidante spetta il controllo della gestione. Si osservano inoltre le disposizioni dell’art. 2184 e, in quanto applicabili, quelle dettate per la soccida semplice
IMPRENDITORI COMMERCIALI
Art. 2195 c.c. – IMPRENDITORI SOGGETTI A REGISTRAZIONE. Sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano:
a) Un’attività industriale diretta alla produzione di beni e servizi;
b) Un’attività intermediaria nella circolazione di beni;
c) Un’attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;
d) Un’attività bancaria o assicurativa;
e) Altre attività ausiliarie alle precedenti.
Le disposizioni di legge che fanno riferimento alle attività e alle imprese commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate in questo articolo e alle imprese che le esercitano
Per quanto riguarda gli imprenditori commerciali:
a) Sono soggetti a fallimento ed ad altre procedure concorsuali;
b) La continuazione dell’impresa da parte dell’incapace può avvenire con l’autorizzazione del giudice;
c) Devono tenere obbligatoriamente le SCRITTURE CONTABILI;
d) Devono iscriversi nella sezione ordinaria del registro delle imprese.
I liberi professionisti divengono imprenditori solo se l’esercizio della professione costituisce uno degli elementi di un attività organizzata in forma di impresa (ex. Medico in clinica privata).
PICCOLI IMPRENDITORI
Art. 2083 c.c. – PICCOLI IMPRENDITORI. Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia
Per quanto riguarda gli piccoli imprenditori è previsto che essi:
a) Pur svolgendo attività commerciali Non sono sottoposti a fallimento o ad altre procedure concorsuali;
b) Non abbiano l’obbligo della tenuta delle scritture contabili;
c) Debbano iscriversi nella sezione speciale del registro delle imprese.
Rientrano nella categoria del piccolo imprenditore quindi:
I COLTIVATORI DIRETTI DEL FONDO
Colui che coltiva il fondo con il lavoro prevalentemente proprio (egli si configura quindi come un LAVORATORE MANUALE DELLA TERRA) o di persone della sua famiglia, sempre che tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo.
Si viene così ad ammettere che il lavoro estraneo possa, entro certi limiti, essere prevalente rispetto al lavoro familiare.
GLI ARTIGIANI
L’attività prevalente deve essere un attività di produzione di beni, anche semilavorati o di prestazione di servizi.
È imprenditore artigiano colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana, assumendone la responsabilità con tutti gli oneri e i rischi inerenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo.
Non si considera quindi artigiano chi ha un numero di dipendenti superiore a 22 per la produzione in serie o impiega ingenti capitali (ex. Gioielliere).
PICCOLI COMMERCIANTI
C) AZIENDA
Art. 2555 c.c. – NOZIONE. L’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa
Appare quindi evidente che l’azienda, di cui fanno parte beni immobili (macchinari, fabbricati, camion…) e mobili(merci…), è il mezzo per l’esercizio dell’impresa (ossia l’attività economica professionale svolta dall’imprenditore e volta alla produzione di beni e servizi).
I singoli beni che costituiscono l’azienda conservano la loro individualità e possono formare oggetto di atti di disposizione separati e diversi. Ma il loro coordinamento è riconosciuto da varie regole di legge che tendono a facilitare la continuità dell’azienda ed ad assicurarne l’individuazione.
L’azienda può essere trasferita come un tutto unitario. L’acquirente ottiene in questo modo un complesso di beni già coordinato e organizzato, e proprio in virtù di questa “agevolazione” sarà tenuto a pagare una prezzo superiore, la differenza tra il valore effettivo dei beni e del valore di mercato (superiore in quanto l’azienda è in grado di produrre reddito) è detto AVVIAMENTO.
Nelle attività commerciali e artigiane che abbiano rapporti diretti con il pubblico, l’avviamento finisce per collegarsi in qualche misura con l’immobile nel quale l’attività è esercitata. Se i locali non appartengono all’imprenditore ma sono presi in locazione, la cessazione del rapporto può avere gravi conseguenze sull’impresa, mentre può portare grandi vantaggi al proprietario dei locali. È quindi stabilita l’attribuzione di un’INDENNITA’ pari al multiplo dell’ultimo canone di locazione. A maggior tutela dell’avviamento commerciale è inoltre attribuito al conduttore un DIRITTO DI PRELAZIONE nel caso che, alla scadenza del contratto, il locatore intenda locare l’immobile a terzi e in ogni caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l’immobile locato.
Se l’imprenditore è proprietario dei beni dell’azienda tale operazione non comporta alcuna problematica. Diverso è il caso in cui l’azienda comprenda beni altrui, utilizzati dall’imprenditore in base a contratti; in questo caso la cessione dell’azienda richiede che l’acquirente subentri in quei rapporti contrattuali (rientra nei casi di cessione di contratto, è necessario il consenso del contraente ceduto, quindi del proprietario dei beni ai quali i contratti fanno riferimento).
Art. 2558 c.c. – SUCCESSIONE NEI CONTRATTI. Se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale. Il terzo contraente può tuttavia recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell’alienante
I contratti di lavoro continuano con l’acquirente e il prestatore di lavoro conserva tutti i diritti che ne derivano (art. 2112 c.c.).
Art. 2560 c.c. – DEBITI RELATIVI ALL’AZIENDA CEDUTA. L’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori
Art. 2557 c.c. – DIVIETO DI CONCORRENZA. Chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione, o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta. Il patto di astenersi dalla concorrenza in limiti più ampi di quelli previsti dal comma precedente è valido, purchè non impedisca ogni attività professionale all’alienante. Esso non può eccedere la durata di cinque anni dal trasferimento. Se nel patto è indicata una durata maggiore o la durata non è stabilita, il periodo del divieto vale per cinque anni dal trasferimento. Nel caso di usufrutto o di affitto dell’azienda il divieto di concorrenza disposto dal primo comma vale nei confronti del proprietario o del locatore per la durata dell’usufrutto o dell’affitto. Le disposizioni di questo articolo si applicano alle aziende agricole solo per le attività ad esse connesse, quando rispetto a queste sia possibile uno sviamento della clientela
ELEMENTI DISTINTIVI DELL’IMPRENDITORE (codice proprietà industriale)
Ciascun imprenditore ha necessità di segni distintivi che consentono al pubblico di individuare la sua attività e i suoi prodotti. Senza il pubblico non potrebbe esercitare una selezione fra gli imprenditori concorrenti basata sulle passate esperienze, né sarebbe possibile la pubblicità commerciale; essi sono quindi strumento necessario all’imprenditore per consolidare, conservare e accrescere l’avviamento.
Detti elementi distintivi devono presentare tre requisiti essenziali:
REQUISITO DELLA NOVITA’. I segni non devono essere confondibili con quelli inerenti a un’altra attività;
REQUISITO DELLA CAPACITA’ DISTINTIVA. I segni non devono consistere solo nella denominazione generica o in un’indicazione descrittiva dell’attività o del prodotto.
REQUISITO DELLA VERITA’. Il segno deve contenere indicazioni veritiere in riferimento all’origine e qualità dei prodotti.
IL MARCHIO
Serve a individuare l’imprenditore e la sua impresa.
A seconda della composizione abbiamo tre tipi di marchio:
DENOMINATIVO. Consistente in parole;
FIGURATIVO. Consistente in immagini e figure;
MISTO. Consistente in immagini e parole.
A seconda della funzione possiamo distinguere in marchio:
DI SERVIZIO. Destinato a contraddistinguere l’attività di produttori di servizi (ex. Attività assicurative, di trasporto..);
DI FABBRICA. Distingue i prodotti relativi a un’attività industriale;
DI COMMERCIO. Identificativo dei prodotti di un commerciante all’ingrosso;
COLLETTIVO o DI QUALITA’. Garantisce la qualità e l’origine di prodotti provenienti da produttori diversi (ex. Vini doc).
Il marchio presenta determinati requisiti:
ORIGINALITA’. Non deve confondersi nel prodotto che rappresenta, in altre parole deve avere capacità distintiva, anche se sono ammessi “marchi deboli”(marchi ottenuti dall’alterazione di una denominazione generica o di indicazione descrittiva del prodotto, godono di una tutela limitata)
NOVITA’. Non deve creare confusione con marchi di altre imprese.
LICEITA’. Non deve contrastare con norme imperative, ordine pubblico e buon costume; in particolare non deve trarre in inganno il pubblico e non deve consistere in segni il cui uso consiste in violazione di un diritto esclusivo di terzi.
Acquisto del marchio:
REGISTRAZIONE marchio registrato). La registrazione avviene presso l’UFFICIO ITALIANO BREVETTI E MARCHI. Si acquista così il diritto all’uso esclusivo del marchio su tutto il territorio nazionale (o internazionale se la registrazione è effettuata presso l’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA PROPRIETA’ INTELLETTUALE DI GINEVRA) e per tutte le categorie di prodotti per le quali è stato brevettato. Il diritto alla registrazione spetta a chi si proponga di utilizzarlo nella fabbricazione o commercio di prodotti e prestazioni di servizi della propria impresa o di imprese di cui abbia il controllo o che ne facciano uso con il suo consenso.
Il marchio registrato deve essere utilizzato entro cinque anni dalla concessione del brevetto, altrimenti questo decade.
È possibile registrare marchi simili a quello effettivamente utilizzati, al fine di costruire una barriera di protezione dalle imitazioni, ed essi non decadono purchè sia utilizzato il marchio protetto. (MARCHI DI DIFESA
USO marchio di fatto Il diritto di uso esclusivo si acquista semplicemente con l’uso. Tale diritto si acquista però solo nell’AMBITO TERRITORIALE e nel campo DI UTILIZZO
Il marchio può anche essere trasferito:
VENDITA. Può aversi anche indipendentemente dal trasferimento dell’azienda, ma ciò deve avvenire senza trarre in inganno il consumatore sulla qualità del prodotto.
LICENZA D’USO. Si consente solo l’uso del marchio, ma non ne è ceduta la proprietà; l’uso può essere esclusivo se può usarlo solo il licenziatario, o anche non esclusivo se il titolare del marchio continua ad usare il marchio insieme al licenziatario.
MERCHANDISING. È concesso in uso a terzi un marchio di rinomanza o celebre.
Estinzione del marchio per:
VOLGARIZZAZIONE. Il marchio diviene sinonimo di una certa categoria di prodotti; si ha nei casi in cui il marchio perde la sua capacità distintiva.
DECORSO DEL TEMPO. Dopo dieci anni si perde il diritto al marchio; è però possibile il rinnovo.
ILLICEITA’ SOPRAVVENUTA. Se sia divenuto idoneo a ingannare il pubblico, se sia diventato contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume.
MANCATO USO DEL MARCHIO. Per un periodo di cinque anni dalla registrazione.
LA DITTA
È il nome sotto il quale l’imprenditore esercita la sua attività
Art. 2562 c.c. – DITTA. L’imprenditore ha diritto all’uso esclusivo della ditta da lui prescelta. La ditta, comunque formata, deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore
Essa non può essere trasferita separatamente dall’azienda.
La ditta deve essere definita sulla base di tre principi:
VERITA’. Deve contenere almeno il cognome dell’imprenditore.
NOVITA’. Non deve creare confusione con le ditte di altre imprese. Nel caso ciò avvenga devono essere inserite le opportune correzioni idonee a creare differenziazione. Essa può avere anche contenuto di fantasia.
Art. 2564 c.c. – MODIFICAZIONE DELLA DITTA. Quando la ditta è uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e può creare confusione per l’oggetto dell’impresa e per il luogo in cui questa è esercitata, deve essere modificata o integrata con indicazioni idonee a differenziarla. Per le imprese commerciali l’obbligo dell’integrazione o modificazione spetta a chi ha iscritto la propria ditta nel registro delle imprese in epoca posteriore
LIBERA’. All’imprenditore è consentita la possibilità di aggiungere parole al suo nome, e la scelta di queste è libera nei limiti della liceità.
L’INSEGNA
L’insegna è un nome o un emblema che contraddistingue un locale o un edificio nel quale sia esercitata l’impresa.
Art. 2562 c.c. – DITTA. L’imprenditore ha diritto all’uso esclusivo della ditta da lui prescelta. La ditta, comunque formata, deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore
Essa gode di analoga tutela a quella della ditta.
INDICAZIONI GEOGRAFICHE
Sono protette le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine che identificano un paese, una regione o una località, quando siano adottate per designare un prodotto che ne è originario e le cui qualità, reputazione o caratteristiche dovute esclusivamente o essenzialmente all’ambiente geografico di origine, comprensivo dei fattori naturali, umani e di tradizione.
Rientrano in questa categoria le INDICAZIONI GEOGRAFICHE PROTETTE IGP) e le DENOMINAZIONI DI ORIGINE PROTETTE DOP). Essi sono utilizzati quando la determinazione del luogo influisce sulla qualità di un determinato prodotto (ex. Limoni di Sorrento).
MODELLI DI UTILITA’
Consiste in una particolare conformazione o combinazione di parti atta a conferire particolare comodità o efficacia di impiego ai beni aziendali.
Art. 82 - Oggetto del brevetto
1. Possono costituire oggetto di brevetto per modello di utilità i nuovi modelli atti a conferire particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego a macchine, o parti di esse, strumenti, utensili od oggetti di uso in genere, quali i nuovi modelli consistenti in particolari conformazioni, disposizioni, configurazioni o combinazioni di parti.
2. Il brevetto per le macchine nel loro complesso non comprende la protezione delle singole parti.
3. Gli effetti del brevetto per modello di utilità si estendono ai modelli che conseguono pari utilità, purche' utilizzino lo stesso concetto innovativo.
DISEGNI E MODELLI
Possono essere oggetto di registrazione i disegni e modelli di un prodotto o di una sua parte purchè sia nuovo e abbia carattere individuale. Lo scopo di tali disegni e modelli è rendere più gradevole il prodotto.
Il disegno deve presentare due requisiti essenziali:
NOVITA’. Un disegno o un modello è nuovo se nessun disegno o modello identico è stato divulgato anteriormente alla data di presentazione della domanda di registrazione, ovvero, qualora si rivendichi la proprietà, anteriormente alla data di quest’ultima. I disegni o i modelli si reputano identici quando le loro caratteristiche differiscono soltanto per dettagli irrilevanti.
CARATTERE INDIVIDUALE. Un disegno o modello ha carattere individuale se l’impressione generale che suscita nell’utilizzatore informato differisce dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato prima della data di presentazione della domanda di registrazione o, qualora rivendichi la proprietà, prima della data di quest’ultima.
DIRITTO D’AUTORE – proprietà letteraria e artistica
È un diritto assoluto che ha ad oggetto beni immateriali, cioè le opere di ingegno, esso tutela quindi tutte le idee nel campo scientifico, letterario, musicale, teatrale.. purchè siano dotate di originalità espressiva.
È necessario distinguere l’idea (CORPUS MUSTICUM) dall’oggetto (CORPUS MATERIALE) attraverso il quale questa diventa fruibile.
DIRITTI PATRIMONIALI che spettano all’autore:
Essere considerato il proprietario dell’opera;
Averne la possibilità di fruttarla nei modi che ritiene opportuni;
Possibilità di disporne (trasferirla, costituirvi diritti…).
DIRITTI MORALI che spettano all’autore:
Diritto al riconoscimento della PATERNITA’ DELL’OPERA;
Diritto di opporti a tagli o modificazioni;
Diritto di inedito.
I diritti di utilizzazione economica durano tutta la vita dell’autore e fino al SETTANTESIMO anno solare in seguito alla sua morte. Se si tratta di opere omonime o pseudonime la durata è di SESSANT’ANNI. I diritti morali sono invece imprescrittibili.
DIRITTO D’INVENTORE E BREVETTO – proprietà industriale
Con il diritto di inventore si tutelano le invenzioni industriali, cioè idonee ad essere applicate per la produzione dei beni nuovi o metodi di produzione di beni già esistenti (BREVETTO DI PROCEDIMENTO).
Per ottenere tale protezione è necessario che l’invenzione sia brevettata.
Il BREVETTO è il mezzo per rendere pubblica l’invenzione e per permettere all’inventore lo sfruttamento esclusivo della stessa.
Art. 45 – CODICE DI PROPRITA’ INDUSTRIALE : Oggetto del brevetto
1. Possono costituire oggetto di brevetto per invenzione le invenzioni nuove che implicano un'attività inventiva e sono atte ad avere un'applicazione industriale.
2. Non sono considerate come invenzioni ai sensi del comma 1 in particolare:
a) le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici;
b)
i piani, i principi ed i metodi per attività intellettuali, per gioco o per
attività commerciale ed i programmi di elaboratore;
c) le presentazioni di informazioni.
3. Le disposizioni del comma 2 escludono la brevettabilità di ciò che in esse e' nominato solo nella misura in cui la domanda di brevetto o il brevetto concerna scoperte, teorie, piani, principi, metodi, programmi e presentazioni di informazioni considerati in quanto tali.
4. Non sono considerati come invenzioni ai sensi del comma 1 i metodi per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale e i metodi di diagnosi applicati al corpo umano o animale. Questa disposizione non si applica ai prodotti, in particolare alle sostanze o alle miscele di sostanze, per l'attuazione di uno dei metodi nominati.
5. Non possono costituire oggetto di brevetto le razze animali ed i procedimenti essenzialmente biologici per l'ottenimento delle stesse. Questa disposizione non si applica ai procedimenti microbiologici ed ai prodotti ottenuti mediante questi procedimenti
Il brevetto è previsto anche per:
MODELLI DI UTILITA’. Art.84 cod. prop. Ind.
NUOVE VARIETA’ VEGETALI
La tutela del’invenzione può essere assicurata mediante:
BREVETTI ITALIANI. Registrazione c/o Ufficio Italiano Brevetti e Marchi
BREVETTI EUROPEI. Registrazione c/o l’Organizzazione Mondiale Della Proprietà Intellettuale di Ginevra.
BREVETTI INTERNAZIONALI. Registrazione c/o
Per ottenere il brevetto italiano è necessario che l’invenzione sia:
NUOVA. Non ancora conosciuta secondo la tecnologia vigente.
CREATIVA. Non sia ovvia applicazione delle tecnologia esistente.
LECITA. Non in contrasto a norme imperative, all’ordine pubblico, al buon costume.
INDUSTRIALE. Idonea ad avere un’applicazione industriale o agricola.
Art. 68 – CODICE PRODUZIONE INDUSTRIALE: Limitazioni del diritto di brevetto
1.
La facoltà esclusiva attribuita dal diritto di brevetto non si estende, quale
che sia l'oggetto dell'invenzione:
a) agli atti compiuti in ambito privato ed a fini non commerciali,
ovvero in via sperimentale ancorche' diretti all'ottenimento, anche in paesi
esteri, di un'autorizzazione all'immissione in commercio di un farmaco ed ai
conseguenti adempimenti pratici ivi compresi la preparazione e l'utilizzazione
delle materie prime farmacologicamente attive a ciò strettamente necessarie;
b) alla preparazione estemporanea, e per unità, di medicinali nelle
farmacie su ricetta medica ed ai medicinali così preparati, purche' non si
utilizzino principi attivi realizzati industrialmente.
2. Il brevetto per invenzione industriale, la cui attuazione implichi quella di invenzioni protette da precedenti brevetti per invenzioni industriali ancora in vigore, non può essere attuato, ne' utilizzato, senza il consenso dei titolari di questi ultimi.
3. Chiunque, nel corso dei dodici mesi anteriori alla data di deposito della domanda di brevetto o alla data di priorità, abbia fatto uso nella propria azienda dell'invenzione può continuare ad usarne nei limiti del preuso. Tale facoltà e' trasferibile soltanto insieme all'azienda in cui l'invenzione viene utilizzata. La prova del preuso e della sua estensione e' a carico del preutente. (PREUSO)
Una volta brevettata, all’inventore è riconosciuta al facoltà di:
Utilizzare economicamente l’invenzione;
Vietarne ad altri l’utilizzo.
I diritti di sfruttamento economico dell’invenzione hanno durata ridotta rispetto a quella inerente le opere tutelate dalla Legge sul diritto di autore. Questo in quanto si vuole evitare che l’inventore possa creare una sorta di monopolio perpetuo che potrebbe danneggiare lo sviluppo industriale. È quindi previsto che il DIRITTO DI SFRUTTAMENTO ESCLUSIVO dell’invenzione perdura per:
20 ANNI. Invenzioni industriali;
20 ANNI. Invenzioni di nuove varietà vegetali;
10 ANNI. Modelli è utilità.
Ottenuto il brevetto, l’inventore ha l’ONERE di attuare l’invenzione; se entro TRE ANNI questo non avviene l’invenzione può essere attuata tramite licenza obbligatoria non esclusiva da parte di chiunque ne abbia interesse.
Il titolare del brevetto può inoltre sfruttarlo direttamente o darlo IN LICENZA ad altri; tale licenza può essere limitata anche ad alcune delle facoltà del brevetto
D) LE SOCIETA’
Art. 2247 c.c. – CONTRATTO DI SOCIETA’. Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili
Si tratta quindi di un contratto plurilaterale, che prevede prestazioni dei soci consistenti in conferimenti di beni e servi, idonee al raggiungimento dello scopo comune (per questo si definisce anche contratto di scopo).
L’OGGETTO SOCIALE si configura come lo svolgimento dell’attività produttiva sociale che consente ai soci la realizzazione di un utile.
DIRITTI E INTERESSI DEI SOCI
L’interesse a ottenere una quota di utili costituisce la ragione essenziale della partecipazione del socio alla società, oltre che la partecipazione alla gestione; ad essi si accompagna l’interesse ad ottenere il rimborso del conferimento quando cessi il rapporto sociale.
Nelle deliberazioni viene adottato il principio maggioritario, anche se ognuna di esse sacrifica gli interessi e le valutazioni dei soci dissenzienti, per questa ragione ad esso è correlativo il principio di legalità del procedimento, se questa non è rispettata il socio dissenziente è tutelato, anche se oggetto di tutela è solo il suo interesse legittimo (TUTELA SPECIFICA: annullamento della deliberazione; EQUIVALENTE: risarcimento del danno). L’adozione del principio maggioritario impone il riconoscimento di un potere discrezionale che esclude ogni controllo di giudizio di merito.
Al titolare della qualifica di socio, spettano:
DIRITTI PATRIMONIALI
Partecipazione agli utili in proporzione al conferimento iniziale;
In sede di liquidazione ha diritto a una quota composta da valore del conferimento iniziale al quale si aggiunge eventualmente la quota spettante al socio di utili accantonati;
Nelle società per azioni diritto di opzione (sottoscrizione di nuove azioni in proporzione a quelle possedute).
DIRTITTI DI AMMINISTRAZIONE
Diritto di intervento e voto nelle assemblee;
Diritto di impugnare la deliberazione;
Diritto di amministrazione disgiunta nelle società di persone.
DIRITTI DI CONTROLLO
Società di persone
a) Pubblicità dello svolgimento degli affari sociali;
b) Consultazione documenti;
c) Rendiconti.
Società di capitali
a) Controllo esercitato attraverso l’organo di controllo;
b) Denuncia di irregolarità al tribunale.
CAPITALE SOCIALE E PATRIMONIO SOCIALE
Il capitale sociale è il valore ottenuto sommando tutti i conferimenti iniziali dei soci. Esso costituisce la garanzia minima offerta ai terzi, l’importo al di sotto del quale non può scendere il patrimonio netto.
Il patrimonio sociale è l’insieme dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo alla società.
Il patrimonio netto è quindi la differenza tra le attività e le passività di una società. Esso costituisce la garanzia per le obbligazioni assunte dalla società nei confronti dei terzi; tale garanzia può essere assoluta (società di capitali) o principale (società di persone).
La società può provvedere alla ripartizione degli utili solo nel caso in cui il patrimonio netto sia positivo.
SOCIETA’ LUCRATIVA
Ha come obbiettivo la produzione di un utile da dividere fra gli aderenti al contratto (art. 2247 c.c.)
SOCIETA’ DI PERSONE
I due elementi distintivi delle società di persone sono:
Maggior rilievo della persona del socio;
Autonomia patrimoniale imperfetta. Il patrimonio dei soci risponde in via sussidiaria delle per le obbligazioni assunte.
In virtù di questi due principi è necessario sottolineare che tali/in tali società:
Sono amministrate direttamente dai soci;
Vi è il divieto del socio di esercitare, direttamente o indirettamente, un’attività in concorrenza con quella della società;
Almeno uno dei soci risponde dei debiti sociali;
Vicende personali possono influire sulla vita della società (ex. Fallimento del socio comporta esclusione dalla società);
Alla morte del socio non subentrano nella sua posizione gli eredi;
Il socio può essere escluso se interdetto o inabilitato;
Il contratto sociale può essere modificato solo con il consenso di tutti i soci
SOCIETA’ PERSONALI NON REGISTRATE
SOCIETA’ SEMPLICE – SS
È la formata utilizzata per l’organizzazione delle IMPRESE AGRICOLE in quanto può essere utilizzata come forma sociale delle attività commerciali, ne sono escluse anche le COMMUTAZIONI TACITE FAMILIARI
Art. 2251 c.c. – CONTRATTO SOCIALE. Nella società semplice il contratto non è soggetto a forme speciali, salve quelle richieste dalla natura dei conferimenti
MODIFICA DEL CONTRATTO SOCIALE
Il contratto sociale è modificabile solo con il consenso di tutti i soci, non è possibile trasferire la partecipazione sociale senza il consenso di tutti gli altri soci.
Art. 2252 c.c. – MODIFICAZIONI DEL CONTRATTO SOCIALE. Il contatto sociale può essere modificato soltanto col consenso di tutti i soci, se non è convenuto diversamente
CONFERIMENTI INIZIALI
Per quanto riguarda i conferimenti iniziali possiamo distinguere tra CONFERIMENTI IN CAPITALE (destinati a essere rimborsati ai soci allo scioglimento della società) e CONFERIMENTI IN PATRIMONIO (imputati al patrimonio e quindi non rimborsabili allo scioglimento della società). A quest’ultima categoria appartengono le prestazioni d’opera e prestazioni di beni in godimento.
Art. 2253 c.c. – CONFERIMENTI. Il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale. Se i conferimenti non sono determinati, si presume che i soci siano obbligati a conferire, in parti eguali tra loro, quanto è necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale
Disciplina dei conferimenti:
a) Se non indicati si presumono in parti eguali;
b) Si possono conferire danaro, beni in natura o crediti, prestazioni personali e beni in godimento;
c) Se sono conferiti beni in natura il contratto sociale può determinare se questo sono conferiti in proprietà o in godimento. Se sono conferiti in proprietà si applicheranno le norme previste per la vendita, se in godimento il bene rimane in proprietà del socio e la garanzia per il godimento è regolata sulla base delle norme sulla locazione;
d) Nel caso in cui si conferisca una prestazione lavorativa il socio non assume lo stato di lavoratore subordinato;
e) Se in crediti tale cessione è pro solvendo e il socio garantisce fino all’ammontare dell’importo del conferimento.
AMMINISTRAZIONE
Art. 2257 c.c. – AMMINISTRAZIONE DISGIUNTIVA. Salvo diversa pattuizione, l’amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri. Se l’amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socio ha diritto di opporsi all’operazione che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta. La maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili, decide sull’opposizione
Questa regola generale è di solito derogata dalla convenzione dei soci che stabiliscono che soltanto alcuni di essi abbiano l’amministrazione disgiuntiva.
Art. 2258 c.c. – AMMINISTRAZIONE CONGIUNTIVA. Se l’amministrazione spetta congiuntamente a più soci, è necessario il consenso di tutti i soci amministratori per li compimento delle operazioni sociali. Se è convenuto che per l’amministrazione o che per determinati atti sia necessario il consenso della maggioranza, questa si determina secondo l’ultimo comma dell’articolo precedente. Nei casi previsti da questo articolo, i singoli amministratori non possono compiere da soli alcun atto, salvo che vi sia urgenza di evitare un danno alla società
DIRITTI E OBBLIGHI DEGLI AMMINISTRATORI
Gli amministratori possono compiere tutti gli atti di amministrazione che rientrano nell’oggetto sociale, ma non possono modificare il contratto sociale. Essi devono svolgere i loro compiti usando la diligenza del mandatario e secondo le norme previste dalla legge o dal contratto sociale. Sono solidamente responsabili verso la società per l’inadempimento di obblighi ad essi imposti dalla legge o dal contratto sociale, ma la responsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa.
REVOCA DEGLI AMMINISTRATORI
Art. 2259 c.c. – REVOCA DELLA FACOLTA’ DI AMMINISTRARE. La revoca dell’amministratore nominato con il contratto sociale non ha effetto se non ricorre per giusta causa. L’amministratore nominato con atto separato è revocabile secondo le norme sul mandato (salvo il suo diritto al risarcimento del danno). La revoca per giusta causa può in ogni caso essere chiesta giudizialmente da ciascun socio
PARTECIPAZIONE A UTILI E PERDITE
Art. 2263 c.c. – RIPARTIZIONE DEGLI UTILI E DELLE PERDITE. Le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti. Sei il valore dei conferimenti non è determinata dal contratto esse si presumono uguali. La parte spettante al socio che ha conferito la propria opera, se non è determinata dal contratto, è fissata dal giudice secondo equità. Se il contratto determina soltanto la parte di ciascun socio nei guadagni, nella stessa misura si presume che debba determinarsi la partecipazione alle perdite
Le parti possono stabilire una ripartizione non proporzionale dei conferimenti ma è nullo il patto leonino.
RESPONSABILITA’ VERSO I CREDITORI SOCIALI
Art. 2267 c.c. – RESPONSABILITA’ PER LE OBBLIGAZIONI SOCIALI. I creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale. Per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci. Il patto deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza, la limitazione della responsabilità o l’esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non ne avevano avuto conoscenza
La responsabilità è però sussidiaria, a norma dell’art. 2268 c.c., infatti il socio a cui è richiesto il pagamento può richiedere l’ESCUSSIONE PREVENTIVA DEL PATRIMONIO SOCIALE, indicando al creditore i beni sul quale gli sarà più agevole rivalersi.
CREDITORE PARTICOLARE DEL SOCIO
Art. 2270 c.c. – CREDITORE PARTICOLARE DEL SOCIO. Il creditore particolare del socio, finchè dura la società, può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo di liquidazione. Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, il creditore particolare del socio potrà chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società
SCIOGLIMENTO PARZIALE DELLA SOCIETA’
Lo scioglimento parziale della società può avvenire per tre ragioni.
Art. 2284 c.c. – MORTE DEL SOCIO. Salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che non preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli stessi eredi e se questi vi consentano
Art. 2285 c.c. – RECESSO DEL SOCIO. Ogni socio può recedere dalla società quando questa è contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci. Può inoltre recedere nei casi previsti nel contratto sociale ovvero quando sussiste una giusta causa. Nei casi previsti nel primo comma il recesso deve essere comunicato ai soci con un preavviso di almeno tre mesi
Art. 2286 c.c. – ESCLUSIONE. L’esclusione di un socio può aver luogo per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, nonché per l’interdizione, l’inabilitazione del socio o per la sua condanna a una pena che importa interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici. Il socio che ha conferito nella società la propria opera o il godimento di una cosa può altresì essere escluso per la sopravvenuta inidoneità a svolgere l’opera conferita o per il perimento della cosa dovuto a causa non imputabile agli amministratori. Parimenti può essere escluso il socio che si è obbligato con il conferimento a trasferire la proprietà di una cosa, se questa è perita prima che la proprietà sia acquistata dalla società
LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA
Art. 2289 c.c. – LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA DI UN SOCIO. Nel caso in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto a una somma di denaro che rappresenti il valore della quota. La liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento. Se vi sono operazioni in corso, il socio o i suoi eredi partecipano agli utili e alle perdite inerenti alle operazioni medesime. Salvo quando è disposto nell’art. 2270, il pagamento della quota spettante al socio deve essere fatto entro sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto
ESTINZIONE DELLA SOCIETA’
La società si estingue per:
a) Decorso del termine;
b) Conseguimento dell’oggetto sociale;
c) Volontà di tutti i soci;
d) Cessazione della pluralità dei soci;
e) Cause previste dal contratto sociale.
SOCIETA’ PERSONALI REGISTRATE
SOCIETA IN NOME COLLETTIVO - SNC
Art. 2291 c.c. – NOZIONE. Nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali assunte. Il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi
Art. 2292 c.c. – RAGIONE SOCIALE. La società in nome collettivo agisce sotto una ragione sociale costituita dal nome di uno o più soci con l’indicazione del rapporto sociale. La società può conservare nella ragione sociale il nome del socio receduto o defunto, se il socio receduto o gli eredi del socio defunto vi consentono
Art. 2295 c.c. – ATTO COSTITUTIVO. L’atto costitutivo della società deve indicare:
a) Il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, la cittadinanza dei soci;
b) La ragione sociale;
c) I soci che hanno l’amministrazione e la rappresentanza della società;
d) La sede delle società e le eventuali sedi secondarie;
e) L’oggetto sociale;
f) I conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuito e il modo di valutazione;
g) Le obbligazioni a cui sono obbligati i soci d’opera;
h) Le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti e la quota di ciascun socio negli utili e nelle perdite
REGISTRAZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE
Art. 2296 c.c. – PUBBLICAZIONEI. L’atto costitutivo della società, con sottoscrizione autentica dei contraenti, o una copia di esso se la stipulazione è avvenuta per atto pubblico, deve entro trenta giorni essere depositato per l’iscrizione presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. Se gli amministratori non provvedono al deposito nel termine indicato nel comma precedente, ciascun socio può provvedervi a spese della società, o far condannare gli amministratori a eseguirlo. Se la stipulazione è avvenuta per atto pubblico, è obbligato ad eseguire il deposito il notaio
MANCATA REGISTRAZIONE
I rapporti tra i terzi e la società sono regolati secondo le norme della società semplice. Si presume che ciascun socio che agisce per la società abbia la rappresentanza sociale, anche in giudizio.
DIVIETO DI CONCORRENZA
Art. 2301 c.c. – DIVIETO DI CONCORRENZA. Il socio non può, senza il consenso degli altri soci, esercitare per proprio conto o per conto altrui un’attività concorrente con quella della società, né partecipare come socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente. Il consenso si presume, se l’esercizio dell’attività o la partecipazione ad altra società preesisteva al contratto sociale, e gli altri soci ne erano a conoscenza. In caso d’inosservanza delle disposizioni del primo comma la società ha diritto al risarcimento del danno, salva l’applicazione dell’art 2286 (esclusione)
RESPONSABILITA’ VERSO I CREDITORI SOCIALI
Art. 2304 c.c. – RESPONSABILITA’ DEI SOCI. I creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio sociale
CREDITORE PARTICOLARE DEL SOCIO
Art. 2305 c.c. – CREDITORE PARTICOLARE DEL SOCIO. Il creditore particolare del socio, finchè dura la società, non può chiedere la liquidazione della quota del proprio debitore
RIDUZIONE DEL CAPITALE
Art. 2306 c.c. – RIDUZIONE DEL CAPITALE. La deliberazione di riduzione di capitale, mediante rimborso ai soci delle quote pagate o mediante liberazione di essi dall’obbligo di ulteriori versamenti, può essere eseguita soltanto dopo tre mesi dal giorno dell’iscrizione nel registro delle imprese, purché entro questo termine nessun creditore sociale abbia fatto opposizione. Il tribunale, nonostante l’opposizione, può disporre che la riduzione abbia luogo, previa presentazione da parte della società di un’idonea garanzia
ESTINZIONE DELLA SOCIETA’
La società si estingue per:
f) Decorso del termine;
g) Conseguimento dell’oggetto sociale;
h) Volontà di tutti i soci;
i) Cessazione della pluralità dei soci;
j) Cause previste dal contratto sociale;
k) Per provvedimento dell’autorità governativa nei casi stabiliti dalla legge.
SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE - SAS
Art. 2313 c.c. – NOZIONE. Nella società in accomandita semplice i soci accomandatari rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali, e i soci accomandanti rispondono limitatamente alla quota conferita. Le quote di partecipazione dei soci non possono essere rappresentate da azioni
Si presentano così due categorie di soci:
Art. 2318 c.c. – SOCI ACCOMANDATARI. I soci accomandatari hanno tutti i diritti e gli obblighi dei soci nella società in nome collettivo. L’amministrazione della società può essere conferita solo a soci accomandatari
Art. 2320 c.c. – SOCI ACCOMANDANTI. I soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, ne trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari. Il socio accomodante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per le obbligazioni solidali e può essere escluso a norma dell’art. 2286. I soci accomandanti possono prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori e, se l’atto costitutivo lo consente, dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni e compiere atti di ispezione e sorveglianza. In ogni caso essi hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l’esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società
Art. 2314 c.c. – RAGIONE SOCIALE. La società agisce sotto una ragione sociale costituita dal nome di almeno uno dei soci accomandatari, con l’indicazione di sas, salvo il disposto del secondo comma art. 2292. L’ accomandante, il quale consente che il suo nome sia compreso nella ragione sociale, risponde solidalmente e illimitatamente con i soci accomandatari per le obbligazioni sociali
Art. 2316 c.c. – ATTO COSTITUTIVO. L’atto costitutivo deve indicare i soci accomandanti e i soci accomandatari
TRASFERIMENTO DELLA QUOTA
Art. 2322 c.c. – TRASFERIMENTO DELLA QUOTA. La quota di partecipazione del socio accomandante è trasmissibile per causa di morte. Salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, la quota può essere ceduta, con effetto verso la società, con il consenso dei soci che rappresentino la maggioranza del capitale
UTILI PERCEPITI IN BUONA FEDE
Art. 2321 c.c. – UTILI PERCEPITI IN BUONA FEDE. I soci accomandanti non sono tenuti alla restituzione degli utili riscossi in buona fede secondo il bilancio regolarmente approvato
ESTINZIONE DELLA SOCIETA’
La società si estingue per:
a) Decorso del termine;
b) Conseguimento dell’oggetto sociale;
c) Volontà di tutti i soci;
d) Cessazione della pluralità dei soci;
e) Cause previste dal contratto sociale;
f) Quando rimangono solo soci accomandanti o accomandatari, sempre che nel termine di sei mesi non si ricrei l’equilibrio.
g) Per provvedimento dell’autorità governativa nei casi stabiliti dalla legge.
SOCIETA’ DI CAPITALI
SOCIETA’ PER AZIONI – SPA
Art. 2325 c.c. – RESPONSABILITA’. Nella società per azioni per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio. In caso di insolvenza della società, per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui le azioni sono appartenute ad una sola persona, questa risponde illimitatamente quando i conferimenti non sono stati effettuati secondo quanto previsto dall’art. 2342 o fin quando non sia stata attuata la pubblicità prescritta dall’art. 2362
La riduzione del rischio dei soci consente alle società di raccogliere maggiori capitali e di affrontare rischi maggiori di quelli per i singoli investitori, i quali si proteggono attraverso la diversificazione dei loro investimenti.
La facile trasferibilità delle azioni agevola il mutamento delle posizioni di controllo e dunque anche una reazione del mercato alla gestione inefficiente.
La struttura della società per azioni viene anche adottata per separare giuridicamente più imprese o settori d’impresa facenti capo ai medesimi soggetti. Si hanno quindi una pluralità di società (controllate) che appartengono a una capogruppo (holding)
I CONFERIMENTI
Art. 2342 c.c. – CONFERIMENTI. Se nell’atto costitutivo non è disposto diversamente, il conferimento deve farsi in denaro. Alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato presso una banca al meno il 25% dei conferimenti in denaro o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare. Per i conferimenti di beni in natura e di crediti si osservano le disposizioni previste dagli artt. 2254 e 2255. Le azioni corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione. Se viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro 90 giorni. Non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di opera o di servizi.
La costituzione della società può avvenire per contratto o per atto unilaterale(società per azioni a socio unico). La forma richiesta ad substantiam è quella dell’atto pubblico. In esso sono elencati:
Gli elementi identificativi dei soci;
La denominazione, la sede, l’oggetto sociale, l’ammontare del capitale conferito, il sistema amministrativo adottato, il numero delle azioni emesse.
Con l’atto costitutivo viene approvato anche lo statuto, contente le norme per il funzionamento della società stessa.
LE AZIONI
Il valore nominale di ogni azione, salvo diversa disposizione dello statuto, rappresenta una frazione del capitale sociale. A ciascun socio è assegnato un certo numero di azioni sociali proporzionali alla quota di capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore al suo conferimento. Lo statuto può prevedere una diversa assegnazione delle azioni.
Le azioni ordinarie attribuiscono ai loro possessori tutti i diritti di partecipazione sociale, quali:
Diritto agli utili;
Diritto alla quota di liquidazione;
Diritto di opzione;
Diritto di voto in assemplea
Art. 2348 c.c. – CATEGORIE DI AZIONI. Le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai possessori uguali diritti. Si possono tuttavia creare, con lo statuto e con successive modifiche di questo, categorie di azioni fornite di diritti diversi anche per quanto concerne l’incidenza delle perdite. In tal caso la società, nei limiti imposti dalla legge, può determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie. Tutte le azioni appartenenti ad una determinata categoria conferiscono ugual diritti
Lo statuto può prevedere quindi la creazione di azioni senza diritto di voto, o con diritto di voto limitato al verificarsi di determinate condizioni, in misura peraltro non superiore alla metà del capitale sociale. Si possono quindi avere:
AZIONI PRIVILEGIATE. Attribuiscono diritti particolari nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale allo scioglimento della società;
AZIONI CORRELATE. Attribuiscono diritti agli utili e alla quota di liquidazione correlati non già al risultato complessivo dell’attività ma al risultato nel determinato settore;
AZIONI DI RISPARMIO. Totalmente prive del diritto di voto nelle assemblee, ma munite di privilegi patrimoniali derivanti dall’atto costitutivo.
L’art. 2354 c.c. inoltre dispone che si possano avere sia azioni nominative che azioni al portatore, a scelta del socio. Tuttavia questa disposizione è derogata da norme speciali che vietano quelle al portatore.
È necessario distinguere tra il valore nominale delle azioni, che dipende dall’ammontare del capitale sociale, e il valore effettivo, che invece è commisurato al patrimonio sociale.
La società ha inoltre il divieto di acquistare le proprie azioni (ANNACQUAMENTO DEL CAPITALE
AMMINISTRAZIONE
La legge consente di definire nello statuto la tipologia di amministrazione vigente nella società.
Art. 2258 c.c. – AMMINISTRAZIONE CONGIUNTIVA. Se l’amministrazione spetta congiuntamente a più soci, è necessario il consenso di tutti i soci amministratori per li compimento delle operazioni sociali. Se è convenuto che per l’amministrazione o che per determinati atti sia necessario il consenso della maggioranza, questa si determina secondo l’ultimo comma dell’articolo precedente. Nei casi previsti da questo articolo, i singoli amministratori non possono compiere da soli alcun atto, salvo che vi sia urgenza di evitare un danno alla società
Il controllo è di legittimità e non di merito. Solo in certi casi eccezionali la legge richiede al giudice di valutare la conformità della delibera all’interesse sociale o la sua idoneità a recar danno alla società-
Le deliberazioni, oltre che valide, possono essere:
a) ANNULLABILI. Se la causa di nullità riguarda i singoli voti, e detti sono stati determinati dalla maggioranza. Se approvata con voto determinante di soci in conflitto di interessi e se a danno della società.
b) NULLA. Se illecita o impossibile. Se assunta da un’assemblea mai convocata.
SISTEMA ORDINARIO
L’amministrazione è affidata a tre organi: un AMMINISTRATORE UNICO o un CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE, un COLLEGIO SINDACALE e un’ASSEMBLEA DEGLI AZIONISTI
Il consiglio di amministrazione può:
Delegare determinate attribuzioni a uno o più dei suoi componenti (AMMINISTRATORI DELEGATI
Delegare determinate attribuzioni a un gruppo di sui componenti (COMITATO ESECUTIVO
Per gli amministratori vale un divieto di concorrenza, salvo autorizzazione dell’assemblea
L’assemblea degli azionisti:
Nomina e revoca gli amministratori e i sindaci;
Ne determina il compenso e delibera sulla loro responsabilità;
Approva il bilancio;
Delibera sugli altri oggetti a lei attribuiti dalla legge o dallo statuto.
L’assemblea delibera a maggioranza, anche le eventuali modifiche dell’atto costitutivo. La legge in questo caso, consenta che l’atto stesso, per la sua modifica, possa pretendere maggioranze elevate.
Il Collegio sindacale vigila:
Sull’osservanza della legge e dello statuto;
Sul rispetto dei principi di adeguata amministrazione;
Sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo, contabile adottato dalla società o sul suo concreto funzionamento.
Se le società non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio al collegio sindacale può essere attribuito anche un controllo contabile, che sarebbe altrimenti effettuato da un revisione contabile esterno o da una società di revisione.
SISTEMA DUALISTICO
L’amministrazione è affidata a tre organi: un CONSIGLIO DI GESTIONE, un CONSIGLIO DI SORVEGLIANZA e un’ASSEMBLEA DEGLI AZIONISTI
Il consiglio di sorveglianza:
Ha compiti di vigilanza;
Nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione e delibera la loro retribuzione;
Approva il bilancio;
Può proporre l’azione sociale di responsabilità contro i consiglieri di gestione;
Approva le operazioni di gestione strategiche proposte dal consiglio di gestione.
Il consiglio di gesione si occupa in via esclusiva della gestione dell’impresa.
L’assemblea degli azionisti:
Nomina e revoca i consiglieri di sorveglianza, delibera il loro compenso e determina la loro responsabilità;
Decide la misura di distribuzione degli utili;
Delibera sulle modificazioni di struttura della società.
SISTEMA MONISTICO
L’amministrazione è affidata a due organi: un CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE e un’ASSEMBLEA DEGLI AZIONISTI
L’ assemblea degli azionisti nomina il consiglio di amministrazione.
Il consiglio di amministrazione:svolge sia funzioni di amministrazione che di controllo. Esso nomina al proprio interno un COMITATO PER IL CONTROLLO, avente determinati requisiti per il controllo, che opera come organo collegiale a sé stante e ha il compito di vigilanza.
CONTROLLO CONTABILE
Se la società fa ricorso al mercato del capitale di rischio è effettuato da un revisore contabile o da una società di revisione.
BILANCIO
Il bilancio è un documento contabile redatto alla fine di ogni esercizio e composto da tre documenti:
STATO PATRIMONIALE (recante le attività e passività);
CONTO ECONOMICO (recante costi e ricavi);
NOTA INTEGRATIVA (a esplicazione delle annotazioni dei primi due moduli).
Esso inoltre è accompagnato da una RELAZIONE DEGLI AMMINISTRATORI
Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico dell’esercizio.
DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI
Gli utili eventualmente realizzati alla fine dell’esercizio possono essere, dopo gli accantonamenti alle riserve previsti per legge, distribuiti ai soci. L’assemblea può anche decidere di posticipare la distribuzione degli utili, che divengo così fonte di AUTOFINANZIAMENTO dell’impresa medesima.
SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA - SRL
Art. 2462 c.c. – RESPONSABILITA’. Nella società a responsabilità limitata per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio. In caso di insolvenza della società, per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui l’intera partecipazione è appartenuta ad una sola persona, questa risponde illimitatamente quando i conferimenti non siano stati effettuati secondo quanto previsto dall’art. 2464, o fin quando non sia stata attuata la pubblicità prescritta
La società può costituirsi per contratto o per atto unilaterale. È prevista la forma dell’atto pubblico. Il capitale sociale minimo deve avere un importo di almeno 10.000€. Il conferimento del socio può essere costituito anche da prestazione d’opera o beni in godimento (in questi casi è richiesta la presentazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria).
Le quote di partecipazione dei soci non possono essere oggetto di offerta al pubblico.
L’atto costitutivo può affidare ai soci l’amministrazione della società congiuntamente o disgiuntamente. Può inoltre vietare il trasferimento delle quote di partecipazione. L’identità dei soci è soggetta a pubblicità nei pubblici registri.
SOCIETA’ IN ACCOMANDITA PER AZIONI - SAPA
Presenta le stesse caratteristiche della sas, solo che:
Le partecipazioni dei soci si identificano con le azioni;
Autonomia patrimoniale perfetta.
SOCIETA’ MUTUALISTICA o COOPERATIVA
Ha come scopo fornire beni o servizi, ovvero occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato (art. 2511 c.c.).
SOCIETA’ COOPERATIVE. Organizza e svolge l’attività di intermediazione commerciale, il vantaggio ricavato dal socio è il risparmio sul prezzo di acquisto. Alcuni esempi possono essere:
Cooperative di consumo;
Cooperative edilizie;
Cooperative di lavoro e produzione.
Il capitale può variare senza che sia necessaria la variazione dell’atto costitutivo, autonomia patrimoniale perfetta.
Le cooperative a mutualità prevalente usufruiscono di forti agevolazioni fiscali.
MUTUA ASSICURAZIONE. I soci costituiscono un fondo che andrà a coprire le eventuali necessità. I soci ottengono così, tra loro, una sorta di assicurazione privata a condizioni più favorevoli, in quanto al netto del profitto dell’assicuratore.
TRASFORMAZIONE, FUSIONE, SCISSIONE, ESTINZIONE DELLA SOCIETA’
TRASFORMAZIONE
Una società può trasformarsi in un'altra tipologia di società
La trasformazione di una società di persone in società di capitali è deliberata con il consenso della maggioranza dei soci, stabilità secondo la parte di utili attribuita a ciascun socio;
La trasformazione di una società di capitali in società di persone è adottata con le maggiorante previste per le modificazioni dello statuto, se lo stesso non dispone diversamente.
È ammessa la trasformazione eterogenea da società di capitali in consorzio, società consortile, società cooperativa, comunione d’azienda, associazione non riconosciuta, fondazione o viceversa
FUSIONE
La fusione di più società in una sola può avvenire per:
INCORPORAZIONE. Se una delle società preesistenti assorbe le altre.
UNIONE. Se viene costituita una nuova società che si sostituisce alle preesistenti.
L a fusione è prima deliberata dalle società partecipanti, poi attuata mediante un contratto concluso fra le società stesse (ATTO DI FUSIONE – soggetto a pubblicità legale).
Le deliberazioni di fusione sono assoggettate a pubblicità mediante iscrizione presso il registro delle imprese. I creditori hanno tempo 60 giorni nei quali fare opposizione.
I soci delle società che si estinguono diventano soci della società risultante dalla fusione. Le loro partecipazioni nelle società estinte sono sostituite con partecipazioni nella società incorporante, o nella nuova società, sulla base di un RAPPORTO DI CAMBIO che deve essere stabilito nelle deliberazioni di fusione.
SCISSIONE
La scissione di una società può avvenire in due modi:
Suddivisione dell’intero patrimonio fra più società, preesistenti o di nuova costituzione. La società che produce scissione si estingue.
La società che produce scissione può scorporare una parte del proprio patrimonio cedendolo a un'altra società, preesistente o di nuova costituzione. In tal caso la società che produce scissione continua a esistere.
Il progetto di scissione può prevedere anche un’attribuzione delle partecipazioni ai soci non proporzionale alle loro quote di partecipazione originaria, ma in tal caso deve attribuire ai soci dissenzienti il diritto di far acquistare le proprie partecipazioni per un prezzo corrispondente al loro valore, indicando coloro a cui carico è posto l’obbligo dell’acquisto (SEPARAZIONE DI GRUPPI DI SOCI
ESTINZIONE
Si configura come il risultato si una successione di fatti:
VERIFICARSI DI UNA CAUSA DI SCIOGLIMENTO. Definite dallo statuto dalla legge (ex. Decorso del termine, realizzazione dell’oggetto sociale..);
STATO DI LIQUIDAZIONE. Si procede al pagamento di tutti i debiti e alla riscossione di tutti i crediti derivanti dall’attività dell’impresa. Successivamente si liquidano ai soci le rispettive quote in denaro, suddividendo l’attivo residuo in proporzione dei conferimenti iniziali.
CALCELLAZIONE DELLA SOCIETA’ dal registro delle imprese.
E) CONCORRENZA
L’offerta di beni e servizi non è riservata a una sola impresa, ma a più imprese che operano sul mercato in concorrenza tra loro, cercando cioè, di attrarre una quantità sempre maggiore di clienti.
La condizione ottimale attraverso cui questa competitività può realizzarsi è il MERCATO DI CONCORRENZA PERFETTA, nel quale:
Vi sono diverse imprese sul mercato nessuna delle quali è in grado di controllare i prezzi dei prodotti;
Non vi sono ostacoli all’ingresso di nuovi operatori;
I prezzi si determinano dall’incontro di domanda e offerta.
Tale condizione permette, da un PUNTO DI VISTA POLITICO, il decentramento e la dispersione del potere, dal PUNTO DI VISTA ECONOMICO, uno stimolo al miglioramento della qualità dei prodotti e l’eliminazione delle diseconomie.
Tale situazione non è rappresentativa di una FASE DI CAPITALISMO AVANZATO quale è quella attuale. In questo contesto si ha invece una situazione OLIGOPOLISTICA, nella quale:
Operano poche imprese di dimensioni avanzate;
Vi sono ostacoli all’ingresso;
Stipulazione di accordi tra le imprese per limitare la concorrenza.
Fino al 1990 in Italia non esisteva una normativa volta a controllare i comportamenti delle imprese limitativi della concorrenza. Tale lacuna è stata colmata dalla LEGGE 287/1990 LEGGE ANTI-TRUST) o legislazione antimonopolistica. Essa prevedeva:
Costituzione dell’AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO;
Obblighi di comunicazione delle imprese che intendano costituire intese o concentrazioni di impresa;
Rilevanti sanzioni a carico di chi non rispettava tale normativa.
Talvolta invece tali situazioni di monopolio sono imposte dalla legge stessa, con l’istituzione di MONOPOLI LEGALI. Lo Stato può costituirli solo quando si tratti di servizi pubblici essenziali o quando debba soppiantare un monopolio privato in un settore di preminente interesse generale.
ACCORDI CONSIDERATI PREGIUDICHEVOLI PER LA REALIZZAZZIONE DELLA CONCORRENZA
INTESE
Sono accordi o le pratiche concordati tra le imprese e le deliberazioni di consorzi o di associazioni di imprese; queste sono vietate quando abbiano come scopo impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante
ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE
Comportamenti tenuti da una o più imprese che, a causa della loro forza nel mercato, agiscono in modo da annullare la concorrenza con conseguente danno per i consumatori e lo sviluppo tecnologico.
CONCENTRAZIONI DI POTERE
Si realizzano mediante acquisto di azienda altrui, fusione di società o mediante controllo azionario su società diverse.
La concentrazione può essere:
ORIZZONTALE. Le imprese coinvolte sono direttamente concorrenti;
a) PRO Migliore efficienza produttiva attraverso economie di scala, diversificazione o completamento della gamma di prodotti, miglioramento dei canali di distribuzione
b) CONTRO. Creazione di un’impresa di rilevanza tale da controllare il prezzo di mercato.
VERTICALE. Sono imprese situate una a monte e l’altra a valle del processo produttivo o distributivo dello stesso prodotto
a) PRO. Maggior coordinazione ed efficienza produttiva.
b) CONTRO. Preclude alle imprese concorrenti le fonti di approvvigionamento e rende difficile l’ingresso nel mercato dei concorrenti.
Tali concentrazioni non sono consentite nel campo della COMUNICAZIONE DI MASSA
CONCORRENZA SLEALE
Rientrano nella concorrenza sleale tutti quegli atti dell’imprenditore volti a danneggiare altri imprenditori e i consumatori
Art. 2598 c.c. – ATTI DI CONCORRENZA SLEALE. Ferme de disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque:
Usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente; (ATTI DI CONFUSIONE).
IMITAZIONE SERVILE Imitazione delle forme esteriori del prodotto che per la loro natura lo individuano o ne denotano la provenienza.
Diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente;
DENIGRAZIONE. Diffusione di informazioni che comportano discredito commerciale del concorrente. La pubblicità comparativa è ammessa quando oggettivamente controllabile.
VANTERIA. Attribuzione alla propria impresa di qualità appartenenti ad altra concorrente. Ad esempio la reclame per riferimento.
Si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi di correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’azienda altrui (ATTI CONTRARI ALLA CORRETTEZZA PROFESSIONALE).
Atti che tendono a disgregare, disorganizzare o menomare l’impresa concorrente (ex. Usurpazione know how, storno di dipendenti, boicottaggio…).
Atti che tendono ad alterare illegittimamente il giudizio del pubblico in favore dei propri prodotti se rivolti contro uno o più concorrenti (pubblicità mentoniera).
D) IL FALLIMENTO E GLI ALTRI PROCEDIMENTI CONCORSUALI
IL FALLIMENTO
Il dissesto dell’imprenditore propone in primo luogo il problema di assicurare che i suoi beni siano destinati al soddisfacimento dei creditori, in secondo luogo vi è l’esigenza di soddisfare i creditori secondo un ordine di preferenza relazionato alla natura dei loro crediti, oltre che impedire gli atti dell’imprenditore che potrebbero pregiudicare tale soddisfazione.
Il fallimento si svolge mediante l’opera di un curatore nominato dal Tribunale stesso, ed è caratterizzato da:
UNIVERSALITA’. Perché ha ad oggetto tutti i beni del patrimonio del debitore.
CONCORSUALITA’. Perché ha lo scopo di pagare proporzionalmente tutti i creditori, fatte salve le cause legittime di prelazione.
Il fallimento, e quindi la liquidazione aziendale, comporta la perdita dell’avviamento e la distruzione di imprese che talvolta hanno effettivamente il potenziale per produrre reddito, ma tale potenziale è male organizzato. Esso infatti non mira alla loro ristrutturazione.
La conservazione di un’impresa può avvenire solo attraverso la sua cessione:
NEL COMPLESSO UNITARIO e depurata dai debiti.
AD UN TERZO PER UN PREZZO DESTINATO ALLA SODDISFAZIONE normalmente solo parziale.
A questo scopo è necessario conservare il valore dell’avviamento, fino a che si giunga alla cessione, mantenendo l’impresa in esercizio.
Se il possibile acquirente:
È SUBITO INDIVIDUATO, allora il problema si risolve concedendogli l’impresa in affitto fino al momento in cui, compiuti i dovuti controlli, si definiscano gli accordi per espletare le necessarie formalità procedurali per il perfezionamento della cessione.
NON E’ SUBITO INDIVIDUATO, allora l’esercizio provvisorio dell’impresa è affidato a un curatore, in attesa della cessione a un terzo. Naturalmente i debiti contratti per la continuazione dell’impresa devono essere pagati per l’intero, fuori dal concorso dei creditori per causa anteriore alla dichiarazione di fallimento (PAGAMENTO CON PREDEDUZIONE
DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO
Presupposto del fallimento è lo stato di insolvenza (incapacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni) dell’imprenditore.
Può essere dichiarato fallito l’imprenditore (persona fisica o società) che esercita un’attività commerciale, purchè non si tratti di un ente pubblico o di un piccolo imprenditore. Anche l’imprenditore che abbia cessato l’esercizio d’impresa può essere dichiarato fallito, ma solo entro un anno dalla cancellazione dal Registro delle imprese. Il fallimento della società comporta il fallimento del socio.
Il fallimento è dichiarato dal Tribunale con sentenza, su ricorso del debitore stesso, di uno o più creditori, o su richiesta del Pubblico Ministero. Gli organi preposti sono quindi:
TRIBUNALE FALLIMENTARE. Nomina, revoca, sostituisce per giustificati motivi gli organi della procedura e decide le controversie relative alla procedura stessa e sui reclami contro i provvedimenti del giudice delegato.
GIUDICE DELEGATO. Vigila sulla regolarità della procedura, accerta i crediti e i diritti reali e personali vantati dai terzi e svolge gli altri compiti elencati dalla legge.
Art. 25. Legge fallimentare - Poteri del giudice delegato
Il giudice delegato dirige le operazioni del fallimento, vigila l'opera del
curatore, ed inoltre:
1) riferisce al Tribunale su ogni affare per il quale
è richiesto un provvedimento del collegio;
2) emette o provoca dalle competenti autorità i
provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio;
3) convoca il comitato dei creditori nei casi
prescritti dalla legge e quando lo ritiene opportuno;
4) autorizza il curatore a nominare le persone la cui
opera è richiesta nell'interesse del fallimento, salvo che la nomina sia a lui
riservata per legge;
5) provvede nel più breve termine sui reclami proposti
contro gli atti del curatore;
6) autorizza per iscritto il curatore a stare in
giudizio come attore o come convenuto; nomina gli avvocati ed i procuratori;
autorizza il curatore a compiere gli atti di straordinaria amministrazione,
salvo quanto disposto dall'articolo 35. L'autorizzazione deve essere sempre
data per atti determinati, e per i giudizi deve essere data per ogni grado di
essi;
7) sorveglia l'opera prestata nell'interesse del
fallimento da qualsiasi incaricato, revocandogli l'incarico se occorre, e ne
liquida i compensi, sentito il curatore;
8) procede con la cooperazione del curatore all'esame
preliminare dei crediti, dei diritti reali vantati dai terzi, e della relativa
documentazione.
I provvedimenti del giudice delegato sono dati con
decreto
CURATORE. Ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori.
COMITATO DEI CREDITORI. Vigila sull’operato del curatore, ne autorizza gli atti ed esprime pareri nei casi previsti dalla legge, ovvero su richiesta del Tribunale o del giudice delegato.
I momenti e le operazioni essenziali del procedimento fallimentare consistono nel:
Accertamento del passivo;
Acquisizione dei beni spettanti al fallimento;
Inclusi quelli di cui il fallito ha disposto in frode ai creditori o abbia pagato in violazione del principio di parità di trattamento.
Liquidazione dell’attivo;
Ripartizione del ricavato fra i creditori.
EFFETTI DEL FALLIMENTO PER IL FALLITO
La sentenza che dichiara il fallimento priva il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni. Tutti gli atti compiuti dal fallito dopo tale dichiarazione sono inefficaci nei confronti dei terzi.
Il fallito non è privato della capacità di agire e gli atti da lui compiuti non sono nulli, quelli compiuti dopo la dichiarazione di fallimento lo impegnano personalmente, ma i nuovi creditori non possono soddisfarsi sui beni sottoposti a procedura fallimentare.
Il curatore può, con le autorizzazioni eventualmente necessarie, assumere obbligazioni per gli scopi della procedura (spese amministrative, spese per la conservazione dei beni…). Questi debiti (DEBITI DI MASSA) gravano sull’attivo e sono pagati con precedenza, non essendo soggetti al concorso fallimentare.
Il fallito è inoltre colpito da alcune INCAPACITA’ PERSONALI
Non può essere nominato amministratore di una società e se nominato decade;
Non può intraprendere altra attività imprenditoriale per i successivi cinque anni.
Se il fallito ha compiuto determinati atti fraudolenti (BANCAROTTA FRAUDOLENTA) o avventati (BANNCAROTTA SEMPLICE) tali da cagionare o aggravare il dissesto, o tali da danneggiare i creditori, è assoggettato a sanzioni penali.
Rifacciamoci alla LEGGE FALLIMENTARE:
216. Bancarotta fraudolenta.
È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito,
l'imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o
dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare
pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o
in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di
recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha
tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del
movimento degli affari.
La stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato
fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti
preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i
libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il
fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a
danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di
prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III,
titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti
nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione
all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità per la stessa durata ad
esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
217. Bancarotta semplice.
È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito,
l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia
eccessive rispetto alla sua condizione economica;
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio
in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per
ritardare il fallimento;
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal
richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un
precedente concordato preventivo o fallimentare.
La stessa pena si applica al fallito che, durante i
tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio
dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le
altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera
irregolare o incompleta.
Salve le altre pene accessorie di cui al capo III,
titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l'inabilitazione
all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici
direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni
EFFETTI DEL FALLIMENTO PER I CREDITORI
Ogni credito deve esser accertato con una particolare procedura, e tutti i pagamenti vanno fatti secondo un piano organico di ripartizione, che deve prevedere la partecipazione dei creditori concorrenti alla ripartizione dell’attivo fallimentare in proporzione dell’ammontare dei rispettivi crediti, salve solo le cause legittime di prelazione (PROCEDURE CONCORSUALI
Per definire questo progetto di ripartizione si tiene conto anche dei debiti il cui termine di scadenza non sia ancora giunto (principio di decadenza del beneficio del termine)
Il corso degli interessi resta sospeso agli effetti del fallimento, salvo che si tratti di crediti garantiti (la possibilità di compensazione ha l’effetto di garanzia del credito). L’ammontare dei crediti di valore è determinato con riferimento alla data della dichiarazione di fallimento.
Si realizza così una stabilizzazione dei crediti, che semplifica la formazione dello stato passivo, ossia l’accertamento dei debiti del fallito, e la conseguente ripartizione fra i creditori.
EFFETTI DEL FALLIMENTO SUI CONTRATTI NON ESEGUITI
CONTRATTO INESEGUITO DA ENTRAMBE LE PARTI L’esecuzione resta sospesa fino a quando il curatore, autorizzato dal comitato dei creditori, dichiari di subentrare nel contratto in luogo del fallito, o di sciogliersi dal medesimo.
SI SCIOLGONO i contratti fondati su fiducia della persona del fallito. (ex. Conto corrente)
CONTINUANO i contratti non incompatibili con le finalità di conservazione e liquidazione dei beni e della procedura fallimentare. (ex. Locazione di immobili)
Sono inefficaci le clausole che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento di una delle due parti.
AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE
Azione esperita per agire contro gli atti di disposizione compiuti dal fallito con danno dei suoi creditori. Il risultato del suo esercizio è l’inefficacia dell’atto nei confronti del fallimento.
Caratteristiche:
RIGORE. Non richiede né la dimostrazione dello scopo fraudolento del debitore ne la prova del danno per i creditori, essendo il danno in re ipsa, rilevato dallo stesso fallimento.
SCOPO PIU’ AMPIO. Non tende solo ad assicurare la destinazione dei beni al soddisfacimento dei creditori, ma anche ad assicurare la parità di trattamento.
È esercitata dal curatore e giova a tutti i creditori
La legge distingue tra:
ATTI CHE SONO INEFFICACI NEL CONFRONTO DEL FALLIMENTO.
ATTI CHE NON SONO REVOCATI se l’altra parte prova che non era a conoscenza dello stato di insolvenza.
ATTI CHE SONO REVOCATI se il curatore prova che l’altra parte era a conoscenza dello stato di insolvenza.
ATTI CHE APPARTENGONO AL REGOLARE ESERCIZIO DI IMPRESA. In questo caso l’azione revocatoria si esclude.
ATTI A TITOLO ONEROSO COMPIUTI TRA I CONIUGI sono revocabili
CHIUSURA DEL FALLIMENTO
LEGGE FALLIMENTARE
118. Casi di chiusura Salvo quanto disposto nella
sezione seguente per il caso di concordato, la procedura di fallimento si
chiude:
1) se nei termini stabiliti nella sentenza
dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al
passivo;
2) quando, anche prima che sia compiuta la
ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono
l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e
sono pagati il compenso del curatore e le spese di procedura;
3) quando è compiuta la ripartizione finale
dell'attivo;
4) quando non possa essere utilmente continuata la
procedura per insufficienza di attivo.
119. Decreto di chiusura La chiusura del fallimento è
dichiarata con decreto motivato del Tribunale su istanza del curatore o del
debitore ovvero di ufficio, pubblicato nelle forme prescritte nell'art. 17.
Il decreto è soggetto a reclamo entro quindici giorni
dalla data di affissione dinanzi alla corte di appello, la quale provvede in
camera di consiglio, sentiti il reclamante, il curatore e il fallito.
120. Effetti della chiusura Con la chiusura cessano gli
effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e decadono gli organi
preposti al fallimento.
I creditori riacquistano il libero esercizio delle
azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per
capitale e interessi
BENEFICIO DELLA LIBERAZIONE DEI DEBITI RESIDUI
Una volta chiuso il fallimento, il fallito persona fisica può essere ammesso solo al beneficio della cancellazione dei suoi debiti residui inerenti all’esercizio di impresa fallita, tranne i debiti da fatto illecito extracontrattuale e le sanzioni pecuniarie,purchè sussistano determinat condizioni di meritevolezza (ESDEBITAZIONE
142. Effetti della riabilitazione La riabilitazione civile fa
cessare le incapacità personali che colpiscono il fallito per effetto della
sentenza dichiarativa di fallimento.
Essa è pronunciata dal Tribunale nei casi previsti
dagli articoli seguenti, su istanza del debitore o dei suoi eredi, sentito il
pubblico ministero, con sentenza in camera di consiglio.
La sentenza che pronunzia la riabilitazione ordina la
cancellazione del nome del fallito dal registro previsto dall'art. 50 ed è
comunicata all'ufficio del registro delle imprese per l'iscrizione
CONCODATO FALLIMENTARE
Avvenuta la dichiarazione di fallimento, uno o più creditori o un terzo possono proporre che il procedimento sia definito e chiuso mediante un concordato, che preveda un soddisfacimento almeno parziale dei creditori in qualsiasi forma ed eventualmente una ristrutturazione del debito. La proposta può essere presentata anche dal fallito o da una società dello stesso gruppo, ma solo dopo il decorso di sei mesi dalla dichiarazione di fallimento e non oltre i due anni successivi al decreto che rende esecutivo lo stato passivo.
Poiché esso importa una remissione parziale dei debiti e/o una dilazione dei pagamenti, è necessario che esso sia approvato con il consenso dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Esso inoltre è sottoposto all’omologazione del Tribunale, che controllano la sua realizzazione.
La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei, e trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse. Può prevedere l’attribuzione dell’azienda, o di un ramo d’azienda, ad un assuntore, che può essere anche un creditore o una società costituita dai creditori.
Il concordato può essere:
REMISSORIO. Se prevede che i creditori siano pagati solo per una certa percentuale.
DILATORIO. Se prevede un pagamento integrale dei debiti ma con una certa dilazione.
Spesso è previsto l’intervento si un soggetto il quale ottiene la cessione dei beni compresi nel fallimento e si accolla l’obbligo di adempiere il concordato, con una liberazione immediata del debitore (TERZO ASSUNTORE o GARANTE DEL CONCORDATO
La continuazione dell’azienda può essere assicurata anche mediante la conversione di una parte di crediti in azioni o quote sociali.
CONCORDATO PREVENTIVO
È un procedimento concorsuale proposto ai creditori dall’imprenditore in crisi o già insolvente, al fine di evitare la più drastica misura del fallimento. La proposta si deve basare su un piano di contenuto analogo a quello previsto per il concordato fallimentare e deve essere approvata dai creditori con maggioranza dei crediti ammessi al voto.
Il debitore può anche presentare un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti, unitamente a una relazione redatta da un esperto sull’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il pagamento dei creditori estranei.
Il Tribunale, nel contradditorio delle parti, assume anche d’ufficio tutte le informazioni e le prove necessarie e, se accerta l’esistenza di tutti i requisiti di legge, pronuncia l’omologazione le concordato.
Dopo l’omologazione del Tribunale, il commissario giudiziale ne sorveglia l’adempimento, secondo le modalità previste dal concordato preventivo. In caso contrario ne può disporre l’annullamento.
AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA
Procedura concorsuale applicabile a grandi imprese insolventi, con lo scopo di conservare, se possibile, il patrimonio produttivo mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione della loro attività.
Possono essere assoggettate all’amministrazione straordinaria le imprese commerciali che superino certe soglie dimensionali definite dalla legge, qualora presentino concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico. Questo risultato deve potersi realizzare o con la prevedibile cessione entro l’anno dei complessi aziendali, oppure mediante la ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa sulla base si un programma di risanamento della durata non superiore ai due anni.
La procedura iniziata per un’impresa che si trovi in questa situazione (PROCEDURA MADRE), può essere estesa alle imprese insolventi che appartengano allo stesso gruppo.
Lo stato di insolvenza, presupposto di questa procedura, deve essere accertato dal Tribunale, al quale pure spetta di ammettere l’imprenditore alla procedura di amministrazione straordinaria, se sussistono le condizioni richieste dalla legge. L’amministrazione straordinaria si svolge a cura della Pubblica amministrazione, mediante l’opera di uno o tre commissari straordinari nominati dal Ministro dell’industria e assoggettati alla vigilanza di questo.
Il commissario straordinario dispone un programma, il quale deve indicare:
Se si adotta l’indirizzo della ricostruzione
Le attività imprenditoriali destinate alla prosecuzione e quelle da dismettere;
Il piano per l’eventuale liquidazione dei beni non funzionali all’esercizio dell’impresa;
Le previsioni economiche e finanziarie connesse alla prosecuzione dell’esercizio dell’impresa;
Modi di copertura del fabbisogno finanziario;
Modalità di cessione dei complessi aziendali.
Se non si adotta l’indirizzo della ricostruzione
Previsioni di ricapitalizzazione dell’impresa e mutamento dell’assetto imprenditoriale;
Tempi e modalità di soddisfazione dei creditori;
Piani di modificazione convenzionale delle scadenze dei debiti o di definizione mediante concordato;
Qualora in un qualsiasi momento nel corso della procedura di amministrazione straordinaria risulta che essa non possa essere utilmente proseguita, il Tribunale, su richiesta del commissario straordinario, o d’ufficio, dispone la conversione della procedura in fallimento.
LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA (procedura valida solo per enti pubblici)
Le imprese sottoposte a vigilanza della Pubblica Amministrazione, per la natura dell’attività svolta, qualora dichiarino lo stato di insolvenza, sono assistite dalla stessa Pubblica Amministrazione nell’espletamento delle procedure relative alla liquidazione dei beni.
D) IL RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO
La Costituzione riconosce la Repubblica Italiana fondata su lavoro, e ne enuncia i principi fondamentali:
Art. 35 Cost. – La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la liberà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero
Art. 46 Cost. – Ai fini dell’elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto del lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione dell’impresa
Il codice civile prevede un’altra serie di statuizioni, volte a regolare i rapporti tra imprenditore e lavoratore subordinato. Sono disposizioni di ordine pubblico di protezione, derogabili solo qualora siano previste condizioni più favorevoli al lavoratore stesso (INDEROGABILITA’ PARZIARIA).
Art. 2093 c.c. – PRESTATORE DI LAVORO SUBORDINATO. È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendente e sotto la direzione dell’imprenditore
Inoltre è previsto costituzionalmente il diritto di associarsi in sindacati:
Art. 39 Cost. – L’associazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce
In merito a questo articolo è necessario fare alcune precisazioni:
Il sistema di registrazione previsto dalla costituzione non è attuato. I sindacati hanno grande forza e rilievo contrattuale anche in sua mancanza. La mancata registrazione tutela i sindacati da una possibile ingerenza dello Stato nelle vicende che li riguardanto.
CONTRATTI COLLETTIVI. Sono il risultato di una contrattazione tra associazioni rappresentanti i lavoratori (CIGL, CISL, UIL..) e associazioni rappresentanti i datori di lavoro (Confindustria..). Lo scopo principale di detti contratti è stabilire un limite minimo inderogabile della retribuzione, in relazione all’ambito del lavoro, alla qualifica, all’anzianità
L’attività sindacale non si esaurisce alla conclusione dei contratti collettivi, infatti il suo ruolo principale, motivato anche dalla sua effettiva presenza in azienda, consiste nella tutela dei diritti dei lavoratori, in attuazione della Legge 300/1970 STATUTO DEI LAVORATORI
MEZZI DI LOTTA SINDACALE
Sono volti a ottenere i risultati non raggiunti attraverso la contrattazione delle organizzazioni sindacali di lavoratori dipendenti e datori di lavoro.
SCIOPERO
Art. 40 Cost. - Il diritto allo sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano
Esso si configura come l’astensione collettiva dal lavoro, da parte di lavoratori subordinati, con corrispondente perdita della retribuzione in misura corrispondente alla sua durata. Tale effetto è la natura conseguenza del rapporto di corrispettività fra lavoro e retribuzioni
di particolare rilevanza è la Legge 146/1990, inerente allo SCIOPERO NEL SETTORE DEI SERVIZI PUBBLICI ESSENZIALI (sanità, igiene, smaltimento rifiuti, produzione e distribuzione energia elettrica, trasporti pubblici..). Essa prevede che:
Lo sciopero deve essere preceduto da un preavviso non inferiore a DIECI GIORNI, accompagnato dall’indicazione della durata, modalità e motivazioni dell’astensione al lavoro.
Deve essere garantita in ogni caso l’erogazione delle prestazioni indispensabili per la tutela della vita, salute, libertà e sicurezza della persona, ambiente e patrimonio storico-artistico, libertà alla circolazione.
SERRATA
La serrata è un mezzo di lotta sindacale del datore di lavoro. Consiste nella temporanea chiusura dell’azienda, accompagnata dal rifiuto di corrispondere ai lavoratori la retribuzione.
In mancanza di un motivo legittimo, il rifiuto di ricevere la prestazione di lavoro costituisce mora del creditore (dal punto di vista civilistico), e il rifiuto di pagare la retribuzione costituisce inadempimento. Sono considerati legittimi:
La prestazione di lavoro offerta da alcuni lavoratori dipendenti non può essere ricevuta dal datore di lavoro a causa di violenze, delle minacce, delle devastazioni attuate dagli altri lavoratori in sciopero;
Quando i lavoratori offrono una prestazione irregolare e improduttiva;
COSTITUZIONE DEL RAPPORTO TRA LE PARTI
Il rapporto si costituisce di regola mediante la predisposizione di un contratto tra le parti. La libertà contrattuale è comunque derogata da eventuali norme previste per i CCNL
ART. 15 – STATUTO DEI LAVORATORI: ATTI DISCRIMINATORI E' nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
a) subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione sindaca le ovvero cessi di farne parte;
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero. Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti ai fini di discriminazione politica o religiosa
Sono inoltre previsti obblighi di assunzione per determinate categorie di diversamente abili o con ridotta capacità di lavoro e di soggetti meritevoli di una speciale protezione (ASSUNZIONI OBBLIGATORIE di soggetti appartenenti alle CATEGORIE PROTETTE
Il contratto di lavoro determina le MANSIONI per le quali il lavoratore è assunto, spetterà poi al datore di lavoro determinare man mano quello che il lavoratore deve fare in concreto, in questo si evidenzia la subordinazione del lavoratore al datore di lavoro.
Il contratto può essere stipulato a tempo:
DETERMINATO. Dura fino alla scadenza del termine convenuto. Questa figura è consentita solo per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo, sostitutivo.
INDETERMINATO. È destinato a durare fino al recesso di una delle due parti.
Il potere direttivo del lavoratore di lavoro può essere esercitato anche per organizzare la convivenza dei lavoratori nel luogo di lavoro. A detto potere si affianca il potere disciplinare, che si manifesta nella possibilità di infliggere sanzioni disciplinari ai dipendenti per le infrazioni degli obblighi di diligenza, fedeltà e per l’inosservanza di alcune direttive circa l’esecuzione e la disciplina sul lavoro.
ART. 7 – STATUTO DEI LAVORATORI: SANZIONI DISCIPLINARI Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano. Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa. Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa. Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio. Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio. Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione
PRESTAZIONE DI LAVORO
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
Il primo obbligo del lavoratore è quello di prestare il proprio lavoro, manuale o intellettuale, al datore di lavoro che a sua volta ha il corrispettivo obbligo di corrispondere una RETRIBUZIONE.
Art. 36 Cost. – Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi
Il livello minimo della retribuzione, affinchè essa sia sufficiente, è definito dal CCNL, detta pattuizione ha valenza anche per i lavoratori non iscritti espressamente a quel determinato contratto.
Il prestatore di lavoro può essere retribuito:
A TEMPO
IN BASE AL LAVORO SVOLTO. In questo caso viene stabilito uno stipendio base minimo, al quale si aggiunge l’importo della provvigione (partecipazione % agli utili lordi).
Nel lavoro operaio tale determinazione può essere A COTTIMO, ossia una paga oraria fissa alla quale si aggiunge il cottimo vero e proprio, una provvigione proporzionata ai pezzi prodotti o alla produttività nell’unità di tempo.
La legge fissa i limiti all’ORARIO di lavoro, nella durata massima di OTTO ore giornaliere, salva la possibilità di straordinari, maggiormente retribuiti per un totale di 40 ore settimanali (Full Time) o 20 ore settimanali (Part Time). In quest’ultimo caso l’orario di lavoro può essere distribuito ORIZZONTALMENTE (4 ore per 5 giorni settimanali), VERTICALMENTE (8 ore per due giorni e 4 ore un giorno).
Art. 2108 c.c. – LAVORO STRAORDINARIO E NOTTURNO. In caso di prolungamento dell’orario normale, il prestatore di lavoro deve essere compensato per le ore straordinarie con un aumento di retribuzione rispetto a quella dovuta per il lavoro ordinario. Il lavoro notturno non compreso in regolari turni periodici deve essere parimenti retribuito con una maggiorazione rispetto al lavoro diurno. I limiti entro i quali sono consentiti il lavoro straordinario e quello notturno, la durata di essi e la misura sono stabiliti dalla legge
SOSPENSIONE ED ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO
Art. 2110 c.c. – INFORTUNI, MALATTIA, GRAVIDANZA, PUERPERIO. In caso d’infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la legge o le norme corporative non stabiliscono forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro una retribuzione o un’indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità. Il periodo di assenza del lavoro per una delle cause anzidette deve essere computato nell’anzianità di servizio
Tale disposizione vale anche nel caso in cui il soggetto sia chiamato alle armi.
Nel contratto a tempo indeterminato le parti possono recedere, tuttavia vi è asimmetria tra le posizioni di lavoratore e datore di lavoro. Infatti:
LAVORATORE (DIMISSIONI). Può recedere dando dimissioni, entro congruo preavviso, in qualsiasi momento e senza l’obbligo di dare particolari giustificazioni.
DATORE DI LAVORO (LICENZIAMENTO). Può recedere da contratto unicamente per:
a. GIUSTA CAUSA. Dovuto quindi a un comportamento doloso del dipendente.
b. GIUSTIFICATO MOTIVO
SOGGETTIVO. Notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro.
OGGETTIVO. Basato su esigenze aziendali.
Il licenziamento deve essere comunicato per iscritto al lavoratore e, su richiesta, ne devono essere comunicati per iscritto anche i motivi. Senza l’osservanza di dette norme questo è inefficacie.
Nel caso in cui l’imprenditore, il quale occupi più di 15 dipendenti, intenda effettuare un LICENZIAMENTO COLLETTIVO in conseguenza a una ristrutturazione aziendale, difficoltà di mercato o chiusura dell’impresa, deve eseguire una particolare procedura:
Consultazione con i sindacati;
Individuazione dei lavoratori da licenziare.
In ogni caso di estinzione del rapporto, il lavoratore ha diritto a un’erogazione, il TFR.
RIGIDITA’ E FLESSIBILITA’
Con il D.lgs 276/2003 “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro di cui alla Legge 30/2003”, così detta LEGGE BIAGI, la legge ammette la SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO, il contratto di LAVORO INTERMITTENTE e il contratto di LAVORO RIPARTITO
SOMMINISTRAZIONE DEL LAVORO. Contratto con il quale una parte (somministratore) mette uno o più dipendenti propri a disposizione dell’altra (utilizzatore), perché svolgano la propria attività nell’interesse, sotto la direzione e il controllo di questa. La somministrazione di lavoro a tempo indeterminato è ammesso solo per certe attività (informatica, pulizia, trasporto), quella a tempo determinato è ammessa a fronte di particolari ragioni di carattere tecnico od organizzativo che la giustifichino.
CONTRATTO DI LAVORO INTERMITTENTE. Concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo (ex. Lavoro a chiamata).
CONTRATTO DI LAVORO RIPARTITO. Mediante questa forma contrattuale due lavoratori assumono in solido l’adempimento di un’unica e identica obbligazione lavorativa, con la facoltà di determinare in qualsiasi momento sostituzioni tra loro, o modificazioni consensuali dell’orario di lavoro.
Nel CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE sono ammesse le clausole di flessibilità, che consentono modificazioni della collocazione temporale delle prestazioni di lavoro e le clausole di elasticità, che consentono di variare l’estensione temporale dell’orario, fermo in ogni caso il rispetto del limite massimo di legge.
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