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Il non profit nel pensiero di zamagni




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TESINA D'ESAME: "LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE" "Un Processo di Trasformazione
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IL NON PROFIT NEL PENSIERO DI ZAMAGNI




La sostenibilità sociale del processo di sviluppo è oggi seriamente minacciata, anche nel nostro paese, dall'intensificarsi di tre "paradossi sociali della crescita" :

l'aumento delle diseguaglianze, a livello territoriale ed a livello personale con l'aumento contemporaneo della ricchezza e del reddito medio; la crescita senza occupazione; la difficoltà di praticare il principio liberale della sovranità del consumatore.

"Cinquant'anni fa J.M.Keynes giudicava la disoccupazione di massa in una società ricca una vergognosa assurdità.

Oggi, le nostre economie sono tre volte più ricche rispetto ai tempi di Keynes. Egli avrebbe ragione di considerare la disoccupazione attuale tre volte più assurda e pericolosa, perché in una società tre volte più ricca, l'ineguaglianza e l'esclusione che essa provoca è almeno tre volte più disgregante." [2]

Oggi il modello di Welfare State, in tutti i paesi industrializzati, è superato perché tende a trattare tutti in modo indistinto, dimenticando la specificità delle persone.

Poiché le nuove tecnologie aumentano la produttività media del sistema, se una società vuole mantenere il suo livello di occupazione deve aumentare la propria domanda effettiva di consumi e di investimenti, alla stessa velocità con cui aumenta la produttività del lavoro. Ma, poiché l'aumento degli investimenti è strettamente connesso con l'aumento dei consumi, è su di esso che si concentra il peso.

Ma il consumo dei beni e dei servizi richiede tempo: la proposta di Zamagni[3] è quindi quella di intervenire sulle regole di organizzazione dei tempi e sull'aumento della produttività del lavoro non salariato. Quest'ultimo consentirebbe di sbloccare una domanda di servizi potenziale e di rendere praticabile la flessibilità intertemporale della risorsa lavoro.

In questo senso le organizzazioni non profit come erogatrici di servizi e utilizzatrici di lavoro volontario realizzano perfettamente la proposta del prof.Zamagni.

E' a questo punto che si inserisce l'economia civile.

Il professore Zamagni, figura tra le più rappresentative e punto di riferimento per il dibattito sviluppatosi intorno alla affermazione e al riconoscimento normativo ed economico del non-profit, dissente dalla definizione di Terzo Settore per indicare la complessa realtà delle organizzazioni non profit.

"Terzo settore è espressione teoricamente errata e culturalmente equivoca, perché accredita l'idea di residualità e di supplenza." Come a dire che il non-profit è la risposta alle deficienze ora del mercato, ora dello Stato. [4]

Piuttosto, secondo Zamagni, si dovrebbe pensare al non-profit come economia civile che si colloca all'interno del mercato e diviene spazio per offrire i propri beni e servizi in modo competitivo; allo Stato, alle Istituzioni spetta il compito di creare le condizioni e le garanzie perché il mercato possa conciliare equità ed efficienza.

Egli stesso precisa intorno al significato di società civile: "Si tratta dell'approccio di teoria economica alla società civile. Le discipline economiche continuano ad essere percepite, dal più vasto pubblico, come non competenti a pronunciarsi sulla società civile, sui suoi principi costitutivi, sui valori che le fanno da sfondo.

"Nel mondo contemporaneo, la società civile non può essere riduttivamente identificata con l'esistenza di una pluralità di istituzioni capaci di controbilanciare la forza dello stato. Nelle nostre realtà odierne, la società civile o trova il modo di esprimersi a livello della sfera delle relazioni economiche, proponendosi come forza autonoma e indipendente, oppure rischia di diventare poco più di una espressione letteraria. La società civile non può essere solamente un presupposto per il corretto funzionamento dello stato e del mercato, intesi quali unici centri regolatori dell'ordine sociale Ecco perché la 'nuova ' società civile di cui l'Italia ha urgente bisogno per raccogliere la sfida della post-modernità non può non includere una vitale Economia Civile. "[5]

La tesi fondamentale che riassume il pensiero di Zamagni parte dalla considerazione del concetto di lavoro come "insieme delle attività necessarie alla crescita umana, ma dell'uomo inteso nella globalità delle sue dimensioni: del fare, dell'avere..

dell'essere-con." [6]

Bisogna superare la dualità Stato-mercato privato, per individuare una soluzione ai problemi economici della società, una soluzione che promuova una interazione competitiva tra la sfera di economia privata e la sfera di economia civile.

"Quella dell'economia civile è una tradizione di pensiero che risale all'umanesimo italiano (Leonardo Bruni, S. Antonino da Firenze, S.Bernardino da Siena) e che si sviluppa nei secoli successivi fino ad approdare a coerenti e non occasionali riflessioni sulla vita economica delle società, quali sono quelle prodotte da Matteo Palmieri, Antonio Genovesi.

Un filone di pensiero che partendo dalla natura profondamente sociale e razionale della persona umana, attribuivano una grande importanza al rapporto interpersonale, considerato il vero 'fattore scarso' dell'economia. "[7]

La scienza economica come è intesa oggi in occidente utilizza un approccio di tipo individuale e si occupa solo delle preferenze date ( cioè le scelte effettuate dal singolo).

Allora ci si domanda: come si costruisce una economia civile? Quali sono gli elementi cardine di una sua costituzione economica?

Zamagni, nel '97, si riconduce ad uno dei più seri paradossi che caratterizzano l'attuale fase di sviluppo "nonostante l'apparente atomizzazione delle economie postfordiste, questa epoca richiede più e non meno, processi collettivi di decisione e più, e non meno, azioni cooperative. In vero, come la nuova economia politica ha convincentemente dimostrato, alla base di ogni fallimento del mercato c'è l'incapacità di questo di generare risultati cooperativi. D'altro canto, il conseguimento di questi ultimi è effetto diretto della presenza, nel sistema economico, di una rilevante rete di fiducia.

Il mercato privato, in questo senso, è un consumatore di fiducia; la società civile, invece, è il luogo ideal-tipico adatto a generare reti di fiducia. Per favorire un processo di generalizzazione della fiducia è necessario che si accresca il livello della competenza tecnica e la pratica dei codici etici da parte delle imprese"

Ma può esistere una etica per le imprese?

"Un'etica d'impresa non può essere derivata che dalla natura e dalla funzione dell'impresa nella società. Le imprese, afferma Drucker, sono organi della società, non sono fine a se stesse, ma esistono per svolgere una determinata funzione sociale; esse sono strumenti per svolgere fini che le trascendono. Quali fini? Essenzialmente quello di contribuire allo sviluppo attraverso una continua produzione di produttività.designamo con il termine impresa le attività consistenti nella realizzazione di innovazioni, chiamiamo imprenditori coloro che le realizzano.(Schumpeter)."[9]

Nel caso della economia civile promossa dal prof. Zamagni alla base dei fini che trascendono l'attività produttiva delle imprese vi è un principio relazionale.

Contrariamente allo scambio di mercato la relazione di reciprocità esige un qualche bilanciamento tra ciò che si dà e l'aspettativa di ottenere in cambio qualcosa: un bilanciamento che non si manifesta però in un preciso ed esclusivo rapporto di scambio, ma il suo ambito di variabilità è proporzionale alla diffusione, tra i soggetti interessati all'azione, di sentimenti morali (benevolenza e simpatia).


La reciprocità dunque non si spiega solo in termini di self-interest perché gli aspetti motivazionali e relazionali sono costitutivi del concetto di reciprocità anche quando si tratta di reciprocità economica.

"Nella relazione di reciprocità il trasferimento precede, sia logicamente sia temporalmente, l'oggetto contraccambiato."

Questa rete di transazione basata sulla reciprocità è tipica di quelle forme di impresa e organizzazioni che costituiscono la diversificata realtà del non -profit.

Nell'Economia Civile dunque:

1) la reciprocità e il rapporto interpersonale sono elementi

centrali

2) i comportamenti non sono sempre ed esclusivamente

massimizzanti

3) le motivazioni hanno un ruolo decisivo nell'agire

economico della persona

Nell'economia civile il soggetto-agente economico non massimizza sempre e comunque il suo interesse personale.

E' necessario secondo Zamagni trovare un concetto di comportamento razionale più illuminante, magari ricucendo la separazione che c'è tra etica ed economia.

Una conseguenza di queste argomentazioni è che la tesi della avalutatività della scienza economica perde di vigore: le teorie economiche infatti non lasciano mai immutato ciò di cui la teoria si occupa, perché una volta divulgata la teoria modifica la realtà: esiste cioè un feed-back tra teoria e comportamento economico.

Da ciò deriva una grande responsabilità morale dell'economista e in ciò ha radice l'attenzione per queste nuove realtà economiche come il non profit.[11]

Altra novità di Zamagni è l'introduzione di una nuova categoria di beni oltre ai beni privati ed ai beni pubblici: sono i beni relazionali (servizi alle persone).

Questi hanno come caratteristica che l'utilità che conferiscono a chi li consuma dipende dalla relazione che si instaura tra chi offre il bene e chi domanda: è importante allora il modo in cui il bene viene fornito ed il modo in cui viene consumato.

Proprio in questo consiste il tratto distintivo delle organizzazioni non profit: quello di qualificarsi come soggetti privilegiati nella produzione e offerta di beni relazionali.

Non è ancora disponibile però una teoria dei beni relazionali, ma è proprio questa la sfida da raccogliere: c'è bisogno di una teoria che sia in grado di spiegare sia la nascita sia la sostenibilità di soggetti economici la cui funzione specifica è quella di produrre tale nuova categoria di beni, creando e consolidando reti di fiducia.

Zamagni prospetta come superamento un modello di Stato Societario, che affida il soddisfacimento delle nostre sfere di benessere a forme legate alla società civile, alla economia non-profit: perché è più efficiente nella produzione dei beni relazionali e perché spetta alla società civile definire in cosa consiste il proprio benessere.

E' auspicabile in futuro una interazione tra Mercato e Terzo Settore, in condizione di competizione.

"...nella prospettiva della durata, un'economia di mercato risulta sostenibile se entrambe le gambe, quella dell'economia privata e quella dell'economia civile, sono messe in grado di funzionare. E' questo il distillato del ragionamento di Bernardino da Siena." Sulla stessa linea argomentativa si muovono gli studiosi della Scuola Napoletana il cui rappresentante più noto è Antonio Genovesi: una delle sue opere si intitola, appunto, "Lezioni di economia civile" (1765). In essa Genovesi spiega che il comportamento economico dell'uomo è dovuto parimenti a disposizioni d'animo e incentivi materiali."

Dunque una società autenticamente civile non può darsi un assetto istituzionale che favorisca i comportamenti basati sugli incentivi materiali a tutto svantaggio delle disposizioni d'animo. Proprio perché le motivazioni ideali procurano una gratificazione altrettanto legittima delle motivazioni materiali una società che vuol dirsi civile non deve a priori negare lo sviluppo di tali motivazioni ideali.

Ma quali sono gli aspetti qualificanti di una società civile?

Uno dei tratti caratteristici della transizione, ancora in atto, verso la società, post -industriale è proprio la saturazione dei vecchi consumi di cittadinanza nell'emergere di nuovi consumi di cittadinanza come i prodotti verdi, beni del commercio equo e solidale, varie forme di risparmio e finanza etica . Il comune denominatore di tutti questi nuovi consumi è il loro alto contenuto di relazionalità. Questo denota una esigenza nuova: per assicurare la fruibilità di tali beni non si tratta di intervenire sulla distribuzione personale del reddito in senso perequante, piuttosto si tratta di favorire la nascita di nuovi soggetti di offerta (che rappresentano il nocciolo dell'economia civile). Da quanto precede si può dire che la società giusta non è quella che distribuisce a tutti eguali quantità di beni o servizi, ma quella che pone tutti i cittadini nella condizione di realizzare le loro capacità e di esercitare la libertà di scelta: questa sarebbe la società perequante che realizza un modello societario del benessere.

"E' necessario che le istituzioni pluraliste contemplino nella loro visione, nel loro comportamento, nei loro valori, l'interesse e la responsabilità nei confronti del bene comune. In altre parole, occorre che esse si assumano la loro responsabilità politica..."[15]

La trattazione di questo capitolo si chiude ancora con una citazione, quella di Luciano Tavazza, segretario generale della Federazione italiana per il volontariato:

"L'imprenditore del terzo sistema oltre alla preoccupazione per il profitto, che è tipica dell'impresa, persegue anche con la sua iniziativa, dei valori sociali. Certamente questa è la cosa più difficile: l'incontro tra economia e società."






tratto da Zamagni appunti per la conferenza: Etica ed Economia 30 gen. 1997 Università di Catania

ibidem

Docente di Economia Politica, Preside della Facoltà di Economia all'Università di Bologna, membro del Comitato esecutivo dell'International Economic Association

Zamagni, appunti op. cit.

Zamagni, Economia Civile come forza di civilizzazione, op. cit.

ibidem

L.Bruni, Prime linee per una lettura relazionale dell'economia. In Nuova Umanità n° 109 1997

Zamagni appunti per op. cit.

Marco Vitale, Lineamenti per un'etica d'impresa, Fondazione Rui, dicembre 1997


Zamagni, appunti per op. cit.

L.Bruni, S.Zamagni: per un'economia relazionale Sta in Nuova umanità n°103 1996

tratto da S.Zamagni, Non profit come Economia Civile ed. Il Mulino p. 40 e succ.


Zamagni, appunti, op. cit.

conetto di chiara derivazione seniana

M.Vtale, Lineamenti per un'etica di impresa. Fondazione Rui, dic. 1997


A.M.Baggio, Quale cultura per il non profit? Sta in Città Nuova n° 21 1997

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