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Economia pura e scelte morali




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ECONOMIA PURA E SCELTE MORALI



Ma è nel passaggio dalla tradizione classica a quella neoclassica che la caratteristica del rapporto io-tu nell'azione economica viene accantonata. In particolare il 'calcolo felicistico' dell'utilitarismo di Bentham sarà alla base delle successive teorie economiche (come quella marginalista di Jevons).

A partire dagli anni settanta dell'ottocento l'agire economico viene estrapolato dal contesto morale per conferire alla teorie economiche caratteristica di atemporalità e quindi di universalità.

"Partendo dalle motivazioni psicologiche che determinano la scelta dei beni in rapporto alla rarità ed alla utilità ad essi attribuita dai singoli soggetti, i marginalisti accentuarono la visione edonistica del comportamento umano."[1]

La svolta avviene con gli anni settanta dell'Ottocento in seguito alla pubblicazione fortunata delle opere di tre noti economisti, Jevons, Menger e Walras.

L'analisi economica si sposta dall'ambito della produzione e dell'offerta a quello del consumo e della domanda. Perciò il valore di una merce sta nella sua utilità marginale; l'imprenditore stesso cercherà attraverso l'equilibrio tra domanda e offerta dei prodotti di massimizzare i guadagni minimizzando i costi. "Chiaro dunque si prospetta il campo d'interesse dei marginalisti: l'economia in quanto scienza, ovverosia l'analisi dei diversi aspetti che specificamente la compongono, dalle tecniche di produzione alla quantità, dalle preferenze dei consumatori al corretto comportamento di un'industria; il tutto affrontato in modo isolato e indipendente da considerazioni di altra natura, sia di ordine sociale, sia di ordine politico, come le precedenti teorie in vario modo consentivano."

Walras, insieme a Pareto, è il fondatore-ideatore della teoria dell'equilibrio economico generale in ciò egli cerca costantemente la distinzione tra valori morali e scienza e questo dualismo finirà per caratterizzare gli sviluppi successivi delle teorie economiche.

(Giusso precisa che la teoria dell'equilibrio economico generale di Walras, rappresenta il miglior esempio di teoria economica tassonomica o classificatoria, che individua configurazioni ideali di relazioni, senza scopi né prescrittivi né descrittivi

"Distinguendo all'interno della loro attività scientifica un momento positivo (di descrizione e analisi dei fenomeni) dal momento normativo (di guida all'azione volta ad influenzare i fenomeni stessi), gli economisti neoclassici aspiravano a condurre un'indagine positiva in termini di assoluta oggettività, in particolare facendo a meno di qualsiasi riferimento a opinabili e difficilmente precisabili valori (valori morali in particolare), che risentono inevitabilmente delle convinzioni extrascientifiche, o, se vogliamo, della visione del mondo, dello studioso."[4]

Questa prassi degli economisti neoclassici ha significato trascurare la dimensione interiore dell'uomo, a livello interpersonale e collettivo, in quanto difficilmente generalizzabile rispetto la ricerca del proprio benessere materiale (raggiungibile attraverso i soli beni di consumo).

Negli ultimi decenni del XIX secolo si tenta di costruire un'economia dinamica, che avendo fatto proprie varie istanze dei suoi critici, vuole mantenere un contatto con i fatti reali cercando allo stesso tempo un maggiore rigore scientifico.

L'opera di Robbins 'Saggio sulla natura e l'importanza della scienza economica' rappresenta il manifesto di questa esibita neutralità dell'economia rispetto ai fini, per cui la definizione stessa ECONOMIA POLITICA cambierà in ECONOMIA PURA.

La celebre definizione di L.Robbins, nei primi anni trenta, della scienza economica come studio della condotta umana quale relazione tra mezzi scarsi e applicabili a usi alternativi e fini molteplici e ordinabili per grado di importanza, sembra essere più attinente all'economia normativa che all'economia positiva. Eppure secondo tale prospettiva:

"il problema economico e la riflessione scientifica su di esso, consiste nel rapporto tra mezzi e fini e né i mezzi come tali né i fini come tali hanno perciò interesse per l'economia. L'economia è quindi indifferente rispetto ai fini nel senso che essa non è in grado di dare su di essi un giudizio, allo stesso titolo per cui è invece in grado di dare un giudizio sui più convenienti usi dei mezzi per pervenire ai fini stessi.  Gli scopi sono considerati importanti in altre sedi dell'attività umana (azione politica, morale), ma l'economia non può fare altro che prenderne atto e considerarli come esogeni rispetto all'analisi."

Ugualmente Hayek con la sua definizione di economia quale scienza delle 'conseguenze inintenzionali' dei comportamenti, privati e pubblici, integra la definizione del Robbins.

Come conseguenza di questa 'autonomia' vi è il crescere del divario tra efficienza ed equità.

C'è da dire che Robbins proprio in quest'opera, 'Saggio sulla natura e importanza della scienza economica', subisce grandemente l'influenza di Wickesteed.

Nella sua opera più significativa, COMMONSENSE OF POLITICAL ECONOMY, al capitolo V (Business and economic nexus) "con l'intento di liberare finalmente la scienza economica  dall'egoismo e dal movente edonistico, toglie alla relazione interpersonale il diritto di cittadinanza nella scienza economica, attraverso l'introduzione di quello che Wickesteed chiama, con un neologismo NON-TUISM (non-tuismo)."

Per questo pastore-economista non si può escludere l'altruismo dal campo economico, e ciò si inserisce appieno nella tradizione neoclassica, la sua metodologia è basata però sulla convinzione che la relazione economica è compartecipe all'intera gamma di impulsi umani e rimane su una base egoistica ed edonistica.

In linea con la tradizione neoclassica la relazione economica è vista come la composizione di interessi, che arreca vantaggi ad entrambi i contraenti. In questa relazione economica gli uomini non possono applicare razionalità diverse da quelle che essi applicano in altri campi dell'agire umano:

"L'economia di Wickesteed tratta di ogni particolare azione, è compatibile con ogni movente, non ha nessun problema ad inserire l'altruismo nella sua analisi: c'è solo un caso che non può tollerare, quando l'altro diventa un tu".[7]

Altra importante tradizione, cui si ricollega la moderna metodologia della scelta razionale, è quella paretiana.

Secondo il professor Bruni vi è nella eredità paretiana un progetto mancato: il rapporto tra economia e sociologia.

Nel tentativo di accostarsi all'economia con il massimo della scientificità, Pareto separa le scelte economiche dell'individuo da qualsiasi altro tipo di scelta che esso compie; queste infatti rimandano ad altri campi dell'agire umano.

Le azioni economiche sono di tipo logico e i mezzi sono adeguati al fine. Di contro la sociologia si occupa delle azioni non-logiche, di cui fa parte (secondo Pareto) l'azione relazionale.

Lo studio dell'economia così diventa simile a quello della meccanica razionale. L'oggetto di tale studio è l'ofelimità (termine che Pareto conia per indicare le cose desiderate dall'individuo, ben diverso dal termine utilità che indica le cose che sono benefiche alla società), cioè un 'rapporto di convenienza, che fa sì che una cosa soddisfi un bisogno o un desiderio, legittimo o meno'; è cioè lo studio di una quantità interamente 'soggettiva'.

L'autore per ciò stesso postula l'esistenza dell'homo oeconomicus: un individuo astratto che trasforma i beni in altri beni, producendoli o scambiandoli, sempre secondo il criterio dell'ofelimità, per conseguire il massimo di benessere individuale (secondo tale impostazione sembra quasi che nella ricerca individuale del benessere, razionalità ed egoismo finiscano per coincidere).

'La società umana -scrive lo stesso Pareto- ci appare così come un vasto aggregato di molecole': sotto lo stimolo della ricerca del massimo dell'utilità individuale, le diverse parti di questo aggregato sono in costante equilibrio, virtuale o reale.[8]

In questo equilibrio l'ottima allocazione delle risorse si avrà quando sarà impossibile aumentare una grandezza economica senza diminuirne un'altra. Trasportato su un piano più generale ci si accorge come l'ottimalità e quindi l'efficienza, del sistema paretiano non coincide con l'equità sociale.

Egli, probabilmente, avrebbe voluto applicare la sua nota metodologia di analisi-sintesi anche nell'economia: scomponendo il fenomeno complesso nelle sue parti, per poi tentare una sintesi.

La sua vita, però si è conclusa prima che egli portasse a termine la sua opera e questa incompiutezza ha contribuito fortemente a distanziare l'azione economica dall'azione sociale, l'economia dall'etica.






cit. Assante, Colonna, Di Taranto, Lo Giudice, Storia del Pensiero Economico ed.Monduzzi

Percorsi della Storia, Gentilep.465 Ed. Le Monier 1995


Per uteriori charimenti vedi: M.Blaug in L.Giusso Il rapporto della scienza economica con la Morale op. cit.p.56

B.Gui, op. cit. p. 72

Bruni, id. p.121

Bruni, appunti per il Forum op. cit.

Bruni, id.

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