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Il regime totalitario: l'inganno della logica e l'autoinganno della volontà di potenza




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Il regime totalitario: l'inganno della logica e l'autoinganno della volontà di potenza.




All'interno del regime totalitario alla pluralità della polis viene di fatto sostituita la forza numerica della massa che però è ben lontana dall'intreccio delle relazioni umane:



Il Termine 'massa' si riferisce soltanto a gruppi che, per l'entità numerica o per indifferenza verso gli affari pubblici o per entrambe le ragioni, non possono inserirsi in un'organizzazione basata sulla comunanza di interessi, in un partito politico, in un'amministrazione locale, in un'associazione professionale o in un sindacato. Potenzialmente essa esiste in ogni paese e forma la maggioranza della folta schiera di persone politicamente neutrali che non aderiscono mai a un partito e fanno fatica a recarsi alle urne. Fatto caratteristico, i movimenti totalitari europei, quelli fascisti come quelli comunisti dopo il 1930, reclutarono i loro membri da questa massa di gente manifestamente indifferente, che tutti gli altri partiti avevano lasciato da parte perché troppo apatica o troppo stupida. Il risultato fu che in maggioranza essi furono composti da persone che non erano mai apparse prima sulla scena politica



Se nel tempo la politica così come siamo abituati a concepirla oggi, si è allontana sempre di più dal modello della polis greca e dal suo intreccio di relazioni fine a se stesso, alimentando quei «pregiudizi che noi tutti, se non siamo politici di professione, nutriamo nei confronti della politica , per divenire materia di pochi eletti responsabili della produzione di leggi e del buon governo della società, è vero anche che con l'avvento del totalitarismo la degradazione di ciò che dello spazio pubblico restava tocca livelli estremi: «il nulla da cui è scaturito il nazismo potrebbe essere definito, in termini meno mistici, come il vuoto che risulta da una rottura quasi simultanea delle strutture politiche e sociali dell'Europa . Lo spazio pubblico scompare definitivamente così come la società classista43 per far posto ad una ideologia fanatica (incarnata da un funzionario guida ) che paralizza la pluralità agendo direttamente sugli individui come massa e che di fatto riconosce il vuoto creato dal progressivo disfacimento della politica moderna. A tal proposito, a detta della Arendt, i movimenti totalitari novecenteschi, che fanno uso di menzogne sistematiche, hanno inventano un modo nuovo di ingannare: «si potrebbe dire che in una certa misura il fascismo ha aggiunto una nuova variante alla vecchia arte di mentire - la variante più diabolica - quella di dire, mentendo, la verità . I movimenti a capo dell'ideologia totalitaria incanalano l'attenzione degli individui, riconoscendo l'assenza del loro spazio pubblico, abbattendo lo

«stato di diritto e presentandosi come la forza storica capace di accomunarli in un'unica potenza-massa. Quest'ultima è da intendersi come un conglomerato di soggetti, «maggioranze addormentate 47 e «manifestamente indifferenti 48 a delle vere correnti di pensiero, e tra loro accomunate non tanto da un senso di rispetto reciproco e di preoccupazione per il bene pubblico ma da una «solidarietà negativa»: «non contava molto che () il disoccupato odiasse lo status quo e le potenze dominanti sotto al forma della socialdemocrazia, il piccolo proprietario espropriato sotto quella dei partiti di centro, e gli ex appartenenti alla media e alta borghesia sotto quella della destra tradizionale . La Arendt definisce il sentimento che contraddistingue questa comunanza nella massa come «amarezza egocentrica». Quest'ultima però non ha niente a che fare con il sentimento di amicizia lessinghiano che dovrebbe sussistere in una pluralità di uomini liberi: essa infatti non preserva alcuno spazio di confronto tra gli uomini. Il termine egocentrismo ci conduce inoltre a definire la condizione di base imposta agli individui assoggettati in un regime totalitario, siano esse vittime o carnefici, e cioè l'isolamento: quest'ultimo comporta la graduale perdita di consapevolezza della realtà da parte degli uomini che di fatto vengono spersonalizzati e indotti alla perdita di contatto con il mondo che li circonda. Individui isolati ed "estraniati" dalla realtà saranno meglio predisposti per essere organizzati in masse amorfe all'interno delle quali non sussisterà né spazio pubblico né privato . In cosa consiste questo isolamento-estraniamento e come può effettivamente concretizzarsi? L'isolamento, ci dice la Arendt, si verifica nel momento in cui la sfera pubblica viene definitivamente a mancare, lasciando intatto solo il legame tra uomini e mondo come «artificio umano , l'estraniazione invece può essere ritenuta come una tappa ben più drammatica rispetto al solo isolamento: «La solitudine richiede che si sia soli, mentre l'estraniazione si fa sentire più acutamente in compagnia di altri» . La differenza sostanziale sta nel fatto che se l'individuo è solo può ancora contare sulla sua natura del «due-in-uno , cioè in un dialogo che per l'uomo «non perde il contatto col mondo dei (suoi) simili , mentre nell'estraniazione esso è totalmente sradicato dal mondo e solo con se stesso, in quanto quello stesso "senso comune", che lo poneva in contatto con gli altri, viene di fatto a mancare: l'isolamento più l'estraniamento conducono l'uomo alla condizione di superfluità tipica dell'individuo nella massa, nella quale si dà più importanza al tutto rispetto alle parti. Ciò che viene a mancare all'estraniato è il senso comune che pure renderebbe possibile il dialogo dell'isolato con se stesso, laddove in quest'ultimo: gli altri «sono rappresentati nell'io con cui conduco il dialogo del pensiero . A tal proposito vorremmo rifarci al saggio di Francesco Fistetti (Immaginazione e ragione politica. Totalitarismo e Democrazia) nel quale viene evidenziata con forza la riflessione della Arendt, presente nel quaderno XXII dei diari della filosofa che comprende il periodo gennaio 1956-giugno 195 , circa il parallelismo che a suo dire esisterebbe tra il giudizio estetico kantiano presente nella Critica della capacità di giudizio e il giudizio politico: entrambi, ci dice la Arendt, poggiano sul senso comune .



Ma per sensus «communis» si deve intendere l'idea di un senso che abbiamo in comune, cioè di una facoltà di valutare che nella sua riflessione tiene conto pensando (a priori) della maniera di rappresentare di ogni altro, per poggiare, per così dire, il proprio giudizio all'interezza del senno umano e sfuggire in questo modo a quell'illusione che, in base a condizioni soggettive private facilmente scambiabili per oggettive, potrebbe avere un'influenza nociva sul giudizio. Ciò accade solo appoggiando il proprio giudizio a giudizi di altri, non tanto a quelli effettivi, ma piuttosto a quelli semplicemente possibili, e mettendosi nella posizione di ogni altro..



Per la filosofa l'importanza politica di Kant sta proprio nell'aver riconosciuto la natura pubblica del "giudizio riflettente", il quale pur essendo libero si richiama ad una sfera plurale, appunto quella del senso comune: come ci dice Fistetti «in questa prospettiva, si comprende perché Hannah Arendt è convinta che la Critica della capacità di giudizio contenga una "critica nascosta della ragione politica" . Il senso comune sebbene non attestato concretamente quale legge scritta (il che non significa che non possa essere all'origine del diritto) rende possibile il reciproco rispetto di principi e valori tra gli uomini, inducendoli alla reciproca "comprensione", come se sussistesse tra loro un tacito accordo. Soprattutto il principio insito nel "mettersi nella posizione dell'altro" deve far riflettere: con l'assenza del senso comune che solo può instaurarsi in una pluralità e sul quale si basa il giudizio politico individuale, anche il pensare da sé del duo-in-uno possibile nell'isolamento viene a mancare, perciò qualsiasi "mettersi nei panni dell'altro" viene azzerato concorrendo all'estraniamento individuale. In questo senso è possibile affermare che il pensiero politico che necessità del senso comune può dirsi "rappresentativo": «Questo processo di rappresentazione non adotta ciecamente le vedute effettive di coloro che stanno altrove e guardano il mondo da una prospettiva diversa; non si tratta né di empatia, come se provassi a essere come qualcun altro, né di contare i presenti e di unirmi a una maggioranza, ma piuttosto di essere e di pensare nella mia identità dove non sono realmente . In che maniera questo mondo comune viene annientato con l'avvento del regime totalitario? Quest'ultimo opera sugli individui indottrinandoli attraverso un'impostazione ideologica di per sé basata su menzogne sistematiche e artificiose ma coerenti tra loro. Infatti, l'ideologia dittatoriale deve avere necessariamente una sua logicità perfetta , all'interno della quale il "diverso" è concepito come essenzialmente dannoso e pericoloso e va di fatto annientato. A tal proposito non è un caso, ci dice la Arendt, se spesso i più alti incarichi amministrativi e militari all'interno dell'impianto nazista, venissero affidati a soggetti non particolarmente dotati intellettualmente ma ciecamente obbedienti : «la «fedeltà» totale è possibile soltanto quando è svuotata di ogni contenuto concreto, da cui potrebbero naturalmente derivare mutamenti di opinione . A tal proposito la Arendt pensa che dietro all'obbedienza di molti funzionari del regime non si nasconda tanto la spietatezza quando la più cieca abnegazione verso l'ideologia: ciò che si richiedeva agli esecutori non era tanto un talento innato per il male quanto piuttosto una personalità in fin dei conti "banale" e ligia al dovere, come se insieme all'ideologia del regime dovesse incarnarne anche quello della burocrazia. Il funzionario perfetto è quello che non avverte affatto come un peso la perdita della propria personalità, laddove anzi l'ideologia concorre a renderlo finalmente qualcosa agli occhi di se stesso e degli altri. Una riflessione particolare merita a tal proposito l'esperienza che poté compiere la Arendt nel 1961 quando venne inviata come reporter per il "The New Yorker" a Gerusalemme per assistere al processo intentato al gerarca Adolf Eichmann:



Eichmann era convintissimo di non essere un innerer Schweinehund, cioè di non essere nel fondo dell'anima un individuo sordido e indegno; e quanto alla consapevolezza , disse che sicuramente non si sarebbe sentito la coscienza a posto se non avesse fatto ciò che gli veniva ordinato - trasportare milioni di uomini, donne e bambini verso la morte - con grande zelo e cronometrica precisione. () una mezza di psichiatri lo aveva dichiarato "normale", e uno di questi, si dice, aveva esclamato addirittura: "Più normale di quello che sono io dopo averlo visitato." mentre un altro aveva trovato che tutta la sua psicologia, tutto il suo atteggiamento verso la moglie e i figli, verso la madre, il padre, i fratelli, le sorelle e gli amici era "non solo normale, ma ideale"


Eichmann che nella sua vita precedente all'incarico di colonello nelle SS non era riuscito mai ad emergere nella societ trova il proprio spazio solo all'interno dell'obbedienza al regime e alla volontà del Führer, spazio che di fatto viene a mancargli con la fine della dittatura: «Sentivo che la vita mi sarebbe stata difficile, senza un capo; non avrei più ricevuto direttiva da nessuno, non mi sarebbero più stati trasmessi ordini e comandi, non avrei più potuto consultare regolamenti . Durante il processo Eichmann raramente racconta i fatti secondo verit , dimostra serie difficoltà a vedere le cose secondo un punto di vista diverso dal proprio , ha cattiva memoria, e in definitiva secondo la Arendt dà prova di tutto ciò che di fatto risulta dall'indottrinamento ideologico e dalla mancanza di uno spazio pubblico per contrastarlo: totale incapacità individuale a pensare da sé. A tal proposito si rivelano decisive le parole pronunciate da Eichmann a proposito della sua partecipazione alla conferenza di Wannsee insieme alle più alte cariche dello stato nazista: «In quel momento mi sentii una specie di Ponzio Pilato, mi sentii libero da ogni colpa . In ciò è ulteriormente riscontrabile la condizione di totale estraniazione del funzionario nei riguardi della realtà, a maggior ragione se essa si rende difficile da sostenere: Eichmann come uomo sente di non aver colpa delle uccisioni seguite ai suoi ordini fondamentalmente perché da buon soldato si limita ad ubbidire agli ordini ricevuti come se essi per lui rappresentassero l'imperativo categorico kantiano . L'ideologia totalitaria, che più facilmente fa presa su individui dalla personalità inconsistente quali Eichmann, per arrivare a condizionarli in questa maniera estrema deve necessariamente organizzare la massa in modo da introdursi in ogni aspetto della sua vita comune e individuale, non lasciando nulla al caso, in perfetta coerenza con se stessa:



Così, ad esempio, in Russia esso non si accontentava di affermare, a dispetto dei fatti, che la disoccupazione non esisteva; aboliva i sussidi di disoccupazione come parte della sua propaganda. () Oppure, per fare un altro esempio, quando Stalin decideva di riscrivere la storia della rivoluzione russa, la "propaganda" della nuova versione consisteva nell'eliminare, insieme coi vecchi libri e documenti, i loro autori e lettori: la pubblicazione nel 1938 di una nuova storia ufficiale del partito comunista fu il segno che la colossale purga che aveva decimato un'intera generazione di intellettuali russi era giunta alla fine

Nulla deve ispirare un movimento di pensiero contrario a quello ideologico, né tantomeno deve indurre le menti a riflettere sul senso di ciò che accade nel regime, portandole per esempio a porre termini di paragone con il passato: in questo senso la fede del cittadino (così come quella del funzionario), andando a sostituirsi allo spirito critico individuale, dev'essere cieca e totale . La Arendt pone una distinzione netta tra ciò che ispira chi persegue un ideale e che agisce sempre per un'intenzione autonoma attraverso una «convinzione che rimane soggetta all'esperienza e al ragionamento», e chi invece è incastrato in un «fanatismo totalitario e non può essere raggiunto «né dall'esperienza né dal ragionamento . Paradossalmente per quanto l'ideologia totalitaria comprometta lo sviluppo della capacità di giudizio individuale essa basa la propria costruzione proprio sulla forza di un ragionamento ferreo che pretende di avere carattere scientifico: la differenza tra il ragionamento ideologico e quello dato dall'intreccio delle relazioni umane del modello greco, sta nel fatto che il primo è assimilabile ad una camicia di forza che rende tutti gli individui "uguali" tra loro, mentre il secondo è paragonabile a un reciproco gioco di scambio tra individui "eguali" tra loro. Se la vera umanità consta della possibilità di una pluralità entro la quale le diverse unicità possono esprimersi liberamente, nel regime dittatoriale l'inizio è unico e incontrovertibile per tutti e da esso prende l'avvio una struttura di pensiero irremovibile. L'esperienza in particolare non può comprovare ciò che la fede totalitaria richiede, perché gli sforzi pretesi dalla massa sono tutti rivolti verso il futuro : tutti devono muoversi all'unisono, come in una marcia silenziosa, per

il necessario progresso storico del regime a dispetto della sospensione della legalità e della moralità più elementari . In questo senso l'ideologia si presenta più come una «profezia che come una un programma di pensiero valevole per il presente: «dal punto di vista demagogico non c'è modo migliore, per evitare la discussione, che svincolare un argomento dal controllo del presente dicendo che soltanto il futuro può rivelarne i meriti . E invece come suggerisce la frase di Jaspers posta in dedica dalla Arendt alla prima prefazione de Le origini del totalitarismo, «Non essere posseduti né dal passato né dal futuro. Occorre esser totalmente presenti , l'estraniazione comporta proprio l'assenza al proprio presente come se esso, con le sue pecche, non dovesse interessare la massa.



Alla base della fede nazista nelle leggi razziali come espressione della legge della natura nell'uomo vi è l'idea darwiniana dell'uomo come prodotto di un'evoluzione naturale che non si arresta necessariamente alla presente specie di esseri umani; alla base della fede nella lotta di classe come espressione della legge della storia vi è la concezione marxista della società come prodotto di un gigantesco movimento storico, che corre con rapidità sempre maggiore verso la sua fine, verso il momento in cui si annullerà come storia



Come si potrebbe aprire un terreno di confronto con chi predice il futuro e costringe a credere solo in esso? Paradossalmente però il potere di persuasione dell'ideologia totalitaria, per quanto menzognera e vuota possa essere, è dato proprio dalla sua capacità di attrarre le masse colpendo la loro immaginazione con un a perfetta ed esaustiva coerenza in prospettiva delle vittorie future. È la coerenza implicita nel sistema totalitario a rappresentare un' àncora di salvezza e di veridicità per menti isolate:



Prima di conquistare il potere e di creare un mondo conforme alle loro dottrine, i movimenti totalitari evocano un mondo menzognero di coerenza che meglio della realtà risponde ai bisogni della mente umana e in cui, mercé l'immaginazione, le masse sradicate possono sentirsi a proprio agio ed evitare gli incessanti colpi che la vita e le esperienze reali infliggono agli uomini e alle loro aspettative. Prima di poter tirare intorno a sé una cortina di ferro per impedire che il più lieve rumore esterno turbi la spaventosa quiete di un mondo interamente immaginario, essi possiedono già, grazie alla loro propaganda, la forza di segregare le masse dal mondo reale .



Eichmann che durante il processo a Gerusalemme attestò che gli «bastava ricordare il passato per sentirsi sicuro di non star mentendo e di non ingannare se stesso» rappresenta un esempio concreto di questo attaccamento al mondo (artificioso) dell'ideologia dittatoriale. La spersonalizzazione dell'individuo e «l'ansia di anonimità sono i caratteri distintivi degli individui posti "in" una logica totalitaria diversamente da quelli schiacciati "sotto" una tirannia. Infatti sebbene il regime totalitario possa essere accostato a quest'ultima , esso se ne distanzia per diverse ragioni:



Né il nazismo né il bolscevismo hanno mai proclamato una nuova forma di stato, o affermato che i loro obbiettivi erano raggiunti con la conquista del potere e il controllo dell'apparato statale. La loro idea di dominio concerne qualcosa che né uno stato né un semplice apparato di violenza, ma soltanto un movimento costantemente in marcia può conseguire: cioè il dominio permanente di ogni singolo individuo in qualsiasi aspetto della vita. () un obbiettivo politico, che costituirebbe la fine del movimento, semplicemente non esiste.


Per esempio in una tirannia l'uso della violenza è finalizzato all'eliminazione dei nemici e a incutere timore tra i sudditi, i quali in questo modo saranno più facilmente indotti alla regola del reciproco sospetto e a tradirsi a vicenda tra loro qualora il caso lo richiedesse: tutto ciò sussiste nel regime totalitario ma va ben oltre. L'uso mirato della violenza travalica le logiche totalitarie le quali utilizzano l'arma del «terrore totale anche dopo aver preso il potere , per disumanizzare totalmente gli individui e annientare in loro qualsiasi senso di moralit e giustizia insito in quel senso comune di cui abbiamo poc'anzi parlato. Un'ulteriore differenza con il modello tirannico sta proprio nel fatto che quest'ultimo pretende pubblica obbedienza ma di fatto non arriva ad agire necessariamente nello spazio privato, o interiore, dell'individuo : nella tirannia il rapporto di forze tra tiranno e sudditi viene bloccato concretamente a vantaggio del primo attraverso la violenza, nel caso del regime totalitario invece è l'intero sfondo in cui gli individui vivono ad essere stravolto e bloccato:



Se i nazisti si fossero limitati a muovere un atto d'accusa contro gli ebrei e a propagandare l'idea che vi sono popoli subumani e popoli superumani, ben difficilmente sarebbero riusciti a instillare nel senso comune il sospetto che gli ebrei fossero effettivamente dei subumani. Mentire non era sufficiente. Per essere creduti i nazisti dovevano fabbricare la realtà stessa e far apparire gli ebrei dei subumani, sicché ancora oggi, di fronte ai filmati su queste atrocità, il senso comune dirà: "Ma non sembrano dei criminali?



A tal proposito nello scritto Colpa organizzata e responsabilità universale del '45, la Arendt pone la questione della complicità di massa ai crimini del regime: «come comportarsi e come riuscire a confrontarsi con un popolo in cui i confini che separano i criminali dalle persone normali, i colpevoli dagli innocenti, sono stati erosi a tal punto che nessuno in Germania sarà più in grado di stabilire se l'uomo che ci sta di fronte è un eroe nascosto o qualcuno che si è macchiato di omicidi di massa . Per costoro la filosofa conia il termine di «irresponsabili corresponsabili : è possibile, infatti, parlare di responsabilità di massa sebbene il binomio responsabilità-colpa, tradizionalmente conosciuto, non possa essere esteso concretamente a tutta la popolazione ma ai soli esecutori materiali dei crimini . Perché allora "corresponsabili"? Perché essi si sono dimostrati «incapaci di giudicare e se questo è accaduto è perché di fatto la massa è composta di individui soli ed estraniati.



A ben vedere, quando tutti sono colpevoli nessuno può essere giudicato, poiché quella colpa non è congiunta nemmeno alla mera apparenza, la mera apparenza di responsabilità



Nello specifico questa responsabilità addormentata, se non annientata, nell'individuo è concretamente visibile negli esecutori materiali dei crimini siano essi funzionari del partito come Eichmann o semplici soldati:



D. Avete ucciso delle persone nel campo? R. Sì


D. Le avete uccise con il gas? R. Sì.


D. Le avete sepolte vive? R. È capitato.


D. Le vittime provenivano da tutta l'Europa? R. Penso di sì.


D. Lei personalmente ha ucciso delle persone? R. Assolutamente no. Ero solo l'ufficiale pagatore nel campo.

D. Qual era la sua opinione su ciò che stava avvenendo intorno a lei? R.


Inizialmente è stata dura, poi ci siamo abituati.


D. È consapevole del fatto che i russi la impiccheranno? R.(Scoppiando in lacrime) Ma perché? Che cosa ho fatto? (il corsivo è mio; domenica, 12 novembre 1944


La responsabilità che questo ufficiale avverte è pari a zero nel momento in cui "sa" di aver agito per ubbidire a degli ordini, e invece se fosse stato per lui non avrebbe fatto male a una mosca : alla base di questa terribile mancanza di rimorso sta il fatto che con l'annientamento dell'intreccio delle relazioni umane e del senso comune anche l'empatia101 verso l'altro derivante dal «pensare da sé» viene meno nell'uomo: «È questo un esempio di malafede, un ingannare se stesso, congiunto a un'enorme stupidità? O è semplicemente l'eterna storia del criminale che non si pente? . La mancanza di responsabilità, sia essa individuale o collettiva, è un chiaro sintomo dell'annientamento dell'umanità sia nel singolo che nella pluralità: deriva dalla mancanza di "riconoscimento" causata dall'estraniazione delle proprie azioni e del loro valore all'interno di una collettività, la quale solo potrebbe riconoscere al singolo le responsabilità che derivano dai suoi gesti. È come se il regime totalitario calasse una gabbia sulla realtà e sugli uomini, all'interno della quale i principi di giustizia e moralità più basilari perdono di significato per far posto ad una struttura di pensiero artefatta e insensata rispetto per esempio al mondo passato . Nello specifico ciò è evidente nel caso dei campi di concentramento dove oltre all'assenza di qualsiasi legalità e rispetto per la vita umana da parte dei carnefici, anche ogni tipo di comportamento finalizzato alla salvaguardia personale da parte dei prigionieri si rivela del tutto inutile, dato che è il caso («scherzo della sorte ), a decidere se e come essi finiranno in una camera gas. L'atrocità e l'insensatezza dei campi di sterminio ha raggiunto livelli talmente inverosimili da indurre, in seguito alla fine della guerra, un atteggiamento d'incredulità e «sospetto nei confronti dei sopravvissuti desiderosi di raccontare la propria storia agli "altri":


Non morirono come individui, uomini e donne, bambini e adulti, ragazzi e ragazze, buoni e cattivi, belli e brutti, ma vennero ridotti al minimo comun denominatore della vita organica stessa, sprofondati nell'abisso più profondo e cupo dell'uguaglianza originaria. Morirono come bestiame, come materia, come cose che non avevano più ne corpo né anima, nemmeno un volto su cui la morte potesse apporre il suo sigillo. È questa uguaglianza mostruosa, senza fraternità o umanità - un' uguaglianza che avrebbero potuto condividere con cani e gatti - che scorgiamo, come riflessa in uno specchio, l'immagine dell'inferno


All'interno dei lager la disumanizzazione ai danni del singolo raggiunge il suo apice oltre che per la maniera in cui gli individui vengono degradati allo stato animale, o a «qualcosa che neppure gli animali sono , anche perché le categorie di senso più elementari quali quelle di colpa e innocenza , utilizzate per potersi muovere in un mondo condiviso con altri (soprattutto quando esso diviene ingiusto), perdono del tutto di significato, ponendo sullo stesso piano vittima e assassino: «In molti casi, quelli che un giorno infliggevano la sofferenza, il giorno dopo diventavano vittime . Paradossalmente l'unica figura che all'interno dei campi di sterminio mantenga un'affinità con il reale è proprio quella del delinquente : «essi sanno perché si trovano in un Lager e quindi hanno conservato un residuo della loro personalità giuridica . Tre sono infatti le fasi che conducono alla totale perdita dell'identità perpetuata nei lager: l'annientamento della personalità giuridica (l'innocenza è necessaria per offuscare il concetto di colpa), della personalità morale (impedire il martirio e il «diritto al ricordo ) e «l'uccisione dell'individualità 114 (riduzione comune allo stato bestiale ): la politica dei campi di sterminio può dirsi finalizzata non tanto all'eliminazione numerica dei prigionieri o alla ricchezza conseguente dalla loro forza lavoro , quanto alla sottomissione della loro spontaneità e quindi della loro umanità, in quanto "subumani" agli occhi dell'ideologia nazista. Chi sopravvive alle condizioni disumane e alla violenza del lager è costretto in ultima istanza a imporsi l'«oblio , respingendo così definitivamente il dialogo con sé, per rimanere in vita. Ora che a grandi linee abbiamo delineato il processo di estraniazione perpetuato nei lager, possiamo affermare che sia all'interno che all'esterno dei campi di concentramento gli uomini sono costretti a una

«mostruosa uguaglianza»: una volta giunto al terzo stadio della propria spersonalizzazione, l'internato, accostabile a questo punto al «cane di Pavlov , può dirsi «cittadino modello di uno stato totalitario , mentre il semplice individuo della massa lontano dall'inferno del lager, può dirsi rappresentazione imperfetta di questo stesso modello. All'interno delle fabbriche della morte i prigionieri, divenendo tutti «cadaveri viventi» senza identit , sono accomunati da un'uguale solitudine e riduzione ai minimi termini della vita biologica per le continue umiliazioni e vessazioni fisiche, mentre fuori da essi, anche chi vive nella massa e dovrebbe potersi dire libero cittadino vive di fatto costretto a rinunciare a sé e quindi, in un certo senso, come l'internato a obliarsi. In uno stato totalitario ogni aspetto della vita dell'individuo122 è in mano al regime e come abbiamo poc'anzi affermato nessuno spazio pubblico fine a se stesso o dibattito sulla res pubblica (se non clandestino ) è possibile. In questo modo l'uomo, completamente isolato rispetto ad ogni potenziale "argomentazione viva", ha come solo oggetto di confronto l'ideologia che gli viene insegnata e alla quale finisce per credere ciecamente tanto più che così non sente la solitudine della propria condizione intellettuale, impostagli da quello stessa ideologia nella quale ripone fiducia: essa lo rende partecipe di una grande macchina124 che marcia verso il suo appuntamento con la storia , o perlomeno così essa vorrebbe far creder ai suoi adepti : volendo o no i cittadini del regime nazista divengono loro malgrado tutti responsabili di questa grande «macchina di sterminio . Ma se le masse e i funzionari dello stato dittatoriale si lasciano convincere senza resistenza dall'ideologia propinatagli, come si comporta chi è all'origine di quella ideologia, cioè il dittatore e il suo entourage?


È come se l'umanità si fosse divisa fra quelli che credono nell'onnipotenza umana (ritenendo che tutto sia possibile purché si sappia come organizzare a tale scopo le mass) e quelli per cui l'impotenza è diventata la maggiore esperienza della loro vita.


Anche chi è a capo della macchina ideologica è vittima dell'isolamento ideologico e della menzogna sistematica che induce gli individui ad "ingannarsi" sulle potenzialità della propria umanità nascosta? In un certo senso sì: «più un bugiardo ha successo, più è probabile che egli cadrà vittima delle sue stesse fabbricazioni . Se da una parte gli individui che vanno a comporre la massa si disabituano all'espressione del proprio potenziale di azione, a causa dell'impostazione ideologica totalitaria che "li inganna" abituandoli a dismettere la propria diversità umana , dall'altra gli autori di questo inganno, uomini dal forte carisma come Adolf Hitler, Hermann Göring o Joseph Goebbels "si autoingannano" nel momento in cui per potere attuare quella "volontà di potenza 131 di cui si sentono diretti esecutori credono di poter fare qualsiasi cosa, di uccidere e di mentire132 come e quando vogliono, con la speranza di sottomettere quanti più territori possibili: alla luce di una tale missione trovano senso frasi totalmente irreali quali «Passeremo alla storia come i più grandi statisti di tutti i tempi, o come i più grandi criminali :



Ma la devozione incondizionata di coloro i quali non credono né nei clichés ideologici né nell'infallibilità del capo ha anche ragioni non tecniche, più profonde. Quel che tiene uniti questi uomini è una fede sincera nell'onnipotenza umana. Il loro cinismo morale, la loro convinzione che tutto sia permesso sono basati sulla certezza che tutto sia possibile. È vero che essi, numericamente pochi, non si lasciano tanto facilmente invischiare dalle proprie menzogne e non credono necessariamente nel razzismo o nel classismo, nella congiura dei Savi di Sion o in quella di Wall Street. Ma anch'essi si lasciano ingannare: dalla smodata presunzione che tutto possa essere fatto, che tutto quanto esiste sia soltanto un ostacolo temporaneo, sicuramente eliminabile da un'organizzazione superiore. ) Poiché, tuttavia, lungi dal credere effettivamente nell'esistenza di una congiura mondiale nemica, la usano soltanto come uno strumento organizzativo, non capiscono che la propria congiura può indurre il mondo intero a unirsi contro di loro.


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