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Rapporti di lavoro speciali in ragione del particolare contesto o dell'oggetto dell'attivitÀ di lavoro




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Rapporti di lavoro speciali in ragione del particolare contesto o dell'oggetto dell'attività di lavoro


Dirigenti d'azienda

Il lavoro dirigenziale presenta caratteri di specialità rispetto all'ordinario rapporto di lavoro, soprattutto per:

  • la particolare intensità dei poteri conferiti al dirigente dal datore di lavoro (collaborazione immediata con il datore di lavoro; elevato carattere fiduciario; ampio potere discrezionale; vasta autonomia decisionale; potere di rappresentanza eventuale del datore di lavoro; sovraordinazione gerarchica su tutto o parte del personale dell'azienda);
  • l'esclusione dei dirigenti dal campo di applicazione di numerose norme in materia di legislazione sociale.

Si tratta, in quest'ultimo caso, di una specialità di tipo negativo, proprio perché i dirigenti vengono sottratti al complesso di norme di tutela sancite dall'ordinamento per il lavoratore subordinato.

Il lavoro societario

Si discute se rientrino nei rapporti di lavoro (anche se speciali) quelli intercorrenti tra società, soci ed amministratori. In particolare:

  • socio lavoratore: conferisce alla società lavoro personale; la giurisprudenza ha però distinto tra il lavoro del socio (autonomo) e quello del socio che svolge per la società un lavoro di tipo determinato;
  • esponenti degli organi sociali: se non sono soci, sono legati alla società da un rapporto di immedesimazione (si esclude quindi la subordinazione: es. l'amministratore unico). Può aversi lavoro subordinato per organi quali l'amministratore delegato.

Il lavoro familiare e l'impresa familiare

Datore e prestatore di lavoro sono parenti o affini e sono conviventi. Si ha quindi presunzione di gratuità, che può essere vinta dalla prova contraria. Nell'impresa familiare il lavoratore ha diritto:

  • al mantenimento;
  • alla partecipazione agli utili;
  • ai beni e agli incrementi dell'impresa.

Non è comunque esclusa la possibilità di lavoro subordinato.

Il lavoro a domicilio

L'art. 1 della L. 18 dicembre 1973, n. 877, modificato dalla L. 16 dicembre 1980, n. 858, definisce lavoratore a domicilio 'chiunque, con vincolo di subordinazione, esegue nel proprio domicilio o in locale di cui abbia disponibilità, anche con l'aiuto accessorio di membri della sua famiglia conviventi a carico, ma con esclusione di manodopera salariata e di apprendisti, lavoro retribuito per conto di uno o più imprenditori, utilizzando materie prime o accessorie e attrezzature proprie o dello stesso imprenditore, anche se fornite per il tramite di terzi'. Prima dell'emanazione della L. 858/1980, si discuteva, in dottrina ed in giurisprudenza, della natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro a domicilio. Oggi il problema è superato nel senso che deve farsi ricorso ad una valutazione caso per caso, essendo prevista sia l'ipotesi di:

  • lavoro a domicilio autonomo, quando l'oggetto della prestazione è il risultato dell'attività che il lavoratore fornisce, avvalendosi di un'organizzazione propria ed assumendosi in proprio il rischio della stessa;
  • sia quella di lavoro a domicilio subordinato, quando l'oggetto della prestazione è costituito dalle energie lavorative che il dipendente mette a disposizione del datore ed esplica sotto la vigilanza e le direttive di questi.

Il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa costituisce l'aspetto tipizzante del rapporto di lavoro a domicilio. L'art. 1, comma 3, della legge 877/73, infatti, sancisce che non è lavoratore a domicilio e deve a tutti gli effetti considerarsi dipendente con rapporto di lavoro a tempo determinato, chiunque esegua lavori in locali di pertinenza dello stesso imprenditore, anche se per l'uso di tali locali e dei mezzi di lavoro in esso esistenti corrisponde al datore di lavoro un compenso di qualsiasi natura.

Con riferimento alla disciplina del rapporto, si segnalano:

  • l'istituzione presso la direzione provinciale del lavoro di un apposito registro dei committenti, nel quale devono essere iscritti i datori che intendono assumere lavoratori a domicilio;
  • presso ciascun centro circoscrizionale per l'impiego è istituito uno speciale registro dei lavoratori a domicilio;
  • l'assunzione dei lavoratori a domicilio avviene con le modalità dell'assunzione diretta con richiesta nominativa;
  • la previsione di un libretto personale di controllo, di cui i prestatori devono essere muniti;
  • non è ammessa l'esecuzione di lavori pericolosi comportanti l'impiego di sostanze o materiali nocivi o pericolosi comportanti l'impiego di sostanze o materiali nocivi  o pericolosi per la salute o la incolumità del lavoratore e dei suoi familiari;
  • al lavoratore è fatto divieto di eseguire lavori per conto proprio o di terz in concorrenza con il datore di lavoro;
  • l'obbligo di retribuire il lavoratore sulla base delle tariffe di cottimo pieno, risultanti dai contratti collettivi della categoria;
  • l'applicazione delle norme vigenti in materia di tutela previdenziale e di assegni familiari, con l'esclusione dell'integrazione salariale;
  • nell'ambito di tale rapporto di lavoro, il datore è tenuto a garantire al lavoratore il rispetto della sua personalità e della libertà morale.

Il telelavoro

Il telelavoro è una forma di lavoro svolta a distanza, ovvero al di fuori dell'azienda e degli altri luoghi dove tradizionalmente viene prestata l'attività lavorativa, ma al contempo, funzionalmente e strutturalmente collegato ad esso grazie all'ausilio di strumenti di comunicazione informatici e telematici. Il telelavoro, pertanto, costituisce una particolare modalità di esecuzione della prestazione lavorativa che presenta aspetti simili al lavoro a domicilio. La normativa sul telelavoro è, ad oggi, ancora contenuta per lo più in accordi quadro tra le parti sindacali e datoriali. Solo nel pubblico impiego si è avvenuta un'apposita normativa.

Gli elementi caratterizzanti questa tipologia di lavoro sono:

la delocalizzazione dell'attività lavorativa rispetto alla sede tradizionalmente del lavoro;

l'interdipendenza funzionale tra i soggetti, che dilata il contesto organizzativo oltre il tradizionale luogo di lavoro;

l'interconnessione operativa, resa possibile dall'impiego di tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni  (ICT) che consentono una piena comunicabilità tra la sede dell'azienda ed il luogo in cui viene svolta la prestazione di lavoro;

la flessibilità delle modalità di erogazione della prestazione che si caratterizza per la piena autonomia di chi lavora a distanza.

Non configurando una tipologia contrattuale specifica, la qualificazione giuridica del telelavoro va dedotta di volta in volta a seconda del diverso contesto in cui viene a svolgersi il rapporto. In ragione delle modalità concrete di esecuzione della prestazione lavorativa, infatti, il telelavoratore può essere titolare di un rapporto di lavoro autonomo, parasubordinato o subordinato.

La distanza che intercorre tra i soggetti del rapporto, infine, presuppone che l'esercizio del potere datoriali di controllo dell'attività di lavoro avvenga nel rispetto pieno delle norme di tutela della vita personale e privata del telelavoratore. A riguardo, infatti, l'art. dello Statuto dei lavoratori sancisce in via generale il divieto di ricorrere ad impianti audiovisivi o ad altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, aggiungendo, però, che, qualora esigenze organizzative e produttive lo richiedano, l'uso di apparecchiature di controllo è ammesso previo accordo con le RSA. Segnatamente al telelavoro, la specialità delle modalità di espletamento a distanza dell'attività di lavoro hanno richiesto un intervento specifico da parte del legislatore che, con il recente Dlgs 196/03 (Codice in materia di protezione dei dati personali) ha ribadito il divieto di controllo a distanza di cui all'art. 4 dello Statuto dei lavoratori, statuendo che nell'ambito del telelavoro il datore di lavoro è tenuto a garantire al lavoratore il rispetto della sua personalità e della sua libertà morale.

Il lavoro marittimo ed aereo

I principi generali della loro regolamentazione sono contenuti nel Codice della navigazione, e molte norme sono di carattere inderogabile, data la connessione con l'interesse pubblico. Il contratto è disciplinato dalla legge nazionale del veicolo.

Il lavoro in agricoltura

Possiamo distinguere fra:

  • salariati fissi: minimo di durata due anni, applicabile anche ai contratti a tempo determinato;
  • braccianti agricoli: assunti a giornata, per lavori determinati. Sono iscritti in appositi elenchi comunali, dove sono suddivisi in permanenti, abituali, eccezionali e occasionali.

Il lavoro sportivo

La L. 23 marzo 1981, n. 91, disciplina il lavoro sportivo, qualificando, all'art. 2, come sportivi professionisti 'gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso, con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica'. L'attività svolta dall'atleta a titolo oneroso e con carattere di continuità costituisce l'oggetto di un rapporto di lavoro dipendente. Lo sportivo professionista assume, invece, la veste di lavoratore autonomo quando ricorre anche uno solo dei seguenti requisiti:

  • l'attività è svolta per una manifestazione sportiva singola o per più manifestazioni collegate tra di loro in un breve periodo di tempo;
  • non è previsto alcun obbligo di frequenza a sedute di preparazione o di allenamento;
  • la prestazione non supera le 8 ore settimanali o 5 giorni in un mese o 30 giorni in un anno.

Ora, se è vero che di regola il lavoro sportivo si configura come lavoro subordinato, è anche vero che la sua disciplina si differenzia notevolmente da quella di quest'ultimo. Le principali particolarità riguardano:

  • la costituzione del rapporto, che può avvenire senza il tramite degli uffici di collocamento, con assunzione diretta;
  • il contratto individuale di lavoro, che: deve essere stipulato per iscritto ad substantiam; deve essere depositato presso la federazione sportiva nazionale per l'approvazione; può contenere una clausola compromissoria, con conseguente definizione arbitrale, anche obbligatoria, delle controversie; non può avere durata superiore a 5 anni (con esclusione dell'applicazione della L. 230/1962 sul contratto a termine);
  • il patto di non concorrenza per il periodo successivo alla risoluzione del contratto, che è vietato;
  • la cessione del contratto, che è ammessa sempreché vi sia il consenso dell'atleta;
  • la disciplina limitativa dei licenziamenti, che non si applica al lavoro sportivo.

Il lavoro artistico

Presenta delle affinità con il lavoro sportivo il lavoro artistico, che consiste nell'attività di spettacolo e nelle prove svolte dal personale artistico e tecnico - orchestrali, corali, ballerini, artisti e tecnici della produzione televisiva, cinematografica, radiofonica, teatrale, e lavoratori ad essi equiparati. Come afferma MAZZIOTTI, 'la valutazione come autonomo o dipendente del lavoro artistico svolto con una certa continuità deve essere operata tenendo conto della particolarità delle prestazioni artistiche e dell'alto grado della loro autonomia'. Il lavoro artistico è soggetto ad uno speciale collocamento.

Poiché né il codice civile né la legislazione speciale forniscono una specifica nozione della fattispecie, la categoria dei lavoratori dello spettacolo può essere individuata alla luce del D.M. 15 marzo 2005 che ha integrato ed aggiornato, tenendo conto dell'evoluzione della professionalità, la classificazione  in tre distinti gruppi dei soggetti assicurati all'apposito Fondo di previdenza dell'Enpals.

Si tratta, in particolare:

della categoria dei lavoratori a tempo determinato che prestano attività artistica o tecnica direttamente connessa con la produzione e la realizzazione di spettacolo;

della categoria dei lavoratori a tempo determinato che prestano attività al di fuori delle ipotesi contemplate nel precedente raggruppamento;

i lavoratori dello spettacolo con rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Il lavoro giornalistico

Il lavoro giornalistico, di norma, è un rapporto di lavoro dipendente che si instaura tra il giornalistica professionista, da un lato, e gli editori di quotidiani o riviste o agenzie di informazione per la stampa, dall'altro. Da tale definizione si evince che l'attività giornalistica può essere svolta solo dagli appartenenti all'ordine professionale: giornalisti e pubblicisti.

La particolarità del rapporto - derivante sia dalla natura intellettuale della prestazione lavorativa sia dalla natura dell'attività imprenditoriale (che è quella di un'impresa di tendenza) - consiste in un affievolimento del vincolo di subordinazione. Tale affievolimento comporta che i giornalisti, in caso di cambiamento dell'indirizzo politico del giornale, possono dimettersi senza perdere né i benefici economici né la c.d. indennità fissa, cioè quella particolare indennità cui hanno diritto nell'ipotesi di licenziamento dovuto a colpa dell'editore.

Il lavoro domestico

Il rapporto di lavoro domestico può essere definito come quel rapporto avente ad oggetto la prestazione dei servizi necessari al governo della casa ed ai bisogni personali e familiari del datore di lavoro da parte di terzi estranei, che assumono la posizione tipica di lavoratori subordinati. E ciò sia che si tratti di personale con qualifica specifica (istitutori, maggiordomi, bambinaie diplomate, ecc.), sia che si tratti di personale adibito a mansioni generiche (cameriere, cuochi, bambinaie comuni, ecc.). Al fine dello svolgimento della prestazione di lavoro domestico, non sempre è necessaria la coabitazione; tuttavia, essendo il lavoro prestato nella stessa sfera in cui si svolge la vita privata del datore, esso implica sempre l'elemento della convivenza, inteso in senso lato. Ciò spiega perché non è considerato lavoro domestico:

  • quello svolto a favore, non della comunità familiare, ma dell'attività professionale di uno dei suoi membri;
  • quello svolto fuori del luogo in cui si svolge la vita privata del datore: ad es., in alberghi, pensioni, ecc. (così, MAZZIOTTI).

La disciplina del lavoro domestico è contenuta:

  • negli artt. 2240-2246, c.c.;
  • nella L. 27 dicembre 1953, n. 940, per la tredicesima mensilità;
  • nella L. 2 aprile 1958, n. 339;
  • nel D.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1403, che estende anche ai lavoratori domestici l'assicurazione infortuni, contro la disoccupazione e per il carico di famiglia (assegni familiari);
  • nei contratti collettivi, che a seguito della dichiarazione di incostituzionalità del divieto contenuto nell'art. 2068, co. II, C.C. (Corte Cost. 9 aprile 1969, n. 68), possono essere stipulati anche in materia di lavoro domestico.

In particolare, la L. 339/1958 dispone che:

  • l'assunzione del personale domestico avviene direttamente, con l'obbligo per il datore di denunciare, entro 30 giorni dal compimento del periodo di prova, l'avvenuta assunzione al competente ufficio di collocamento;
  • il periodo di prova, regolarmente retribuito, non può essere superiore ad un mese per la categoria impiegatizia e ad 8 giorni consecutivi per la categoria operaia;
  • il lavoratore ha diritto ad un riposo settimanale di una giornata intera, di regola coincidente con la domenica (o di due mezze giornate, una delle quali coincidente con la domenica), ad un conveniente riposo durante il giorno ed a non meno di 8 ore consecutive di riposo notturno.

Ai lavoratori domestici sono poi stati estesi i diritti relativi:

  • alle ferie annuali, che in ogni caso non possono essere inferiori a 15 giorni;
  • al congedo matrimoniale;
  • alla tredicesima mensilità;
  • al preavviso;
  • al trattamento di fine rapporto.

La L. 339/1958 istituisce anche una commissione centrale per la disciplina del lavoro domestico con compiti consultivi e commissioni provinciali con compiti di rilevazione e regolamentari.

Infine, va detto che deve essere considerato rapporto di lavoro domestico subordinato anche il rapporto c.d. di 'ospitalità alla pari', se presenta i caratteri della collaborazione domestica.

Il lavoro alla pari

I datori di lavoro sono tenuti a corrispondere la remunerazione; se si obbligano al vitto e all'alloggio, vi sono particolari precisazioni (es. nutrizione sufficiente). Per gli stranieri si applica l'accordo europeo di Strasburgo del 24.11.69, ratificato dalla L. 304/73,: in specie, pur esclusi dalle assicurazioni sociali, devono essere tutelati contro le malattie mediante polizza da stipulare con compagnie private di assicurazione, a totale carico della famiglia ospitante.

Il rapporto di portierato

Si ha rapporto di portierato quando il lavoratore (portiere) è adibito alla custodia di uno stabile condominiale, abitato cioè da più proprietari od affittuari. Tale rapporto è disciplinato da alcune leggi speciali e dalla contrattazione collettiva. Presenta le seguenti particolarità:

  • si costituisce senza il tramite degli uffici di collocamento;
  • il prestatore deve essere munito di apposita licenza rilasciata dall'autorità comunale, in difetto della quale il rapporto è tuttavia qualificato egualmente come di portierato se tali sono state le mansioni di fatto svolte;
  • il prestatore deve essere iscritto nel registro dei portieri;
  • è prevista la possibilità per il portiere di farsi sostituire da un familiare per periodi brevi nell'arco della giornata: come si vede, si tratta di una particolarità rispetto agli altri rapporti di lavoro subordinato che si caratterizza per l'infungibilità della prestazione.

Al portiere, come corrispettivo del lavoro svolto, deve essere garantito:

  • il salario;
  • la tredicesima mensilità;
  • l'alloggio gratuito, con luce, acqua e riscaldamento.


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