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Le misure cautelari




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LE MISURE CAUTELARI


In prima approssimazione le misure cautelari sono quei provvedimenti provvisori, ma immediatamente esecutivi, che tendono ad evitare che il trascorrere del tempo possa provocare uno dei seguenti pericoli:

a. il pericolo per l'accertamento del reato;

b.  il pericolo per l'esecuzione della sentenza;

c.  il pericolo che si aggravino le conseguenze del reato o che venga agevolata la commissione di ulteriori reati.

Le principali caratteristiche delle misure cautelari sono:

strumentalità: strumentalità rispetto al procedimento penale (evitano che il trascorrere del tempo possa provocare i pericoli di cui sopra);

urgenza: essa ricorre quando un ritardato intervento rende probabile il verificarsi di uno dei fatti temuti;

prognosi di colpevolezza allo stato degli atti: il diritto affermato dalla parte deve avere un minimo di elementi di prova della sua esistenza.

immediata esecutività: il provvedimento si dice "esecutivo" quando la polizia giudiziaria ha il potere di adempiere al relativo comando in modo coercitivo, cioè anche contro la volontà di colui che vi si oppone;

provvisorietà: gli effetti del provvedimento sono provvisori, e cioè non condizionano la decisione finale del giudice.

Da tale caratteristica derivano due corollari: in primo luogo, il provvedimento cautelare mantiene la sua esecutività fino a che non sia divenuta esecutiva la sentenza definitiva; in secondo luogo, il provvedimento cautelare è revocabile o modificabile in attesa della sentenza definitiva.

previsione per legge: la Costituzione esige che la legge preveda espressamente i casi ed i modi nei quali il provvedimento dell'autorità giudiziaria può porre limiti alle predette libertà (13 e 14 Cost.);

giurisdizionalità: le misure cautelari sono disposte con un provvedimento emanato dal giudice, perciò di regola il p.m. e la polizia giudiziaria non hanno il potere di disporre misure cautelari.

La riserva di giurisdizione non è assoluta: infatti sia la Costituzione (13.3) sia il codice ammettono che i provvedimenti temporanei possano esser disposti dal p.m. e dalla polizia giudiziaria.

Tali provvedimenti sono definiti "precautelari"; essi devono essere sottoposti a convalida da parte del giudice entro un tempo predeterminato, altrimenti l'indagato deve essere rimesso in libertà;

impugnabilità: nei confronti dei provvedimenti cautelari è possibile presentare impugnazione.

La Costituzione (111.7) impone al legislatore, quanto meno, il ricorso per cassazione per violazione di legge contro tutti i provvedimenti che comportano una limitazione della libertà personale.

Il codice ha esteso questa garanzia perché ha previsto per tutti i provvedimenti cautelari anche un'impugnazione di merito, e cioè l'appello od il riesame.

Il codice prevede varie categorie di misure cautelari:

a. le misure personali comportano limiti alla libertà personale o alla libertà di determinazione nei rapporti familiari e sociali; esse si dividono in:

misure coercitive:

obbligatorie: divieto di espatrio, obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria, allontanamento dalla casa familiare e divieto od obbligo di dimora;

custodiali: arresto domiciliare, custodia in carcere ed in luogo di cura.

Esse comportano per l'imputato una situazione di custodia, dalla quale derivano due conseguenze: quella negativa consiste nella configurabilità del delitto di evasione, ove l'imputato si allontani dal luogo di custodia; quella positiva sta nel fatto che il periodo trascorso in custodia sarà computato come esecuzione della pena detentiva, nel caso in cui questa debba essere eseguita in seguito a condanna;

misure interdittive: consistono nell'applicazione provvisoria a scopo cautelare di determinati divieti.

Sono previsti tre tipi di misure interdittive: la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori, la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, ed il divieto di esercitare determinate professioni, imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;

misure di sicurezza applicate provvisoriamente a scopi cautelari: si tratta del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario per l'imputato che sia affetto da vizio di mente totale, e del ricovero in una casa di cura e custodia per l'imputato semi infermo di mente.

Occorre che siano presenti gravi indizi di commissione del fatto e che l'imputato sia socialmente pericoloso;

b.  le misure reali (dal latino res, "cosa") toccano singoli beni mobili o immobili ed impongono il divieto di disporre di tali beni:

il sequestro conservativo è posto a tutela della garanzia del pagamento delle somme dovute, tra l'altro, per le spese del procedimento penale o per i danni cagionati dal reato;

il sequestro preventivo è posto al fine di evitare l'aggravamento delle conseguenze del reato.

La Costituzione permette la restrizione della libertà personale solo nei casi e modi previsti dalla legge (13.2: Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge).

Sull'applicazione e sulla revoca delle misure nonché sulle modifiche delle loro modalità esecutive, provvede il giudice che procede. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari

La Costituzione al 13.2 permette la limitazione della libertà personale solo con atto motivato dell'autorità giudiziaria: per "autorità giudiziaria" si deve intendere il "giudice" quando si tratti di materia attinente alla libertà personale (infatti le misure cautelari possono essere solo "richieste" dal p.m.).

All'inizio del procedimento, prima dell'esercizio dell'azione penale, tale organo è il g.i.p.

Dopo che la misura coercitiva è stata eseguita (o notificata), l'imputato ha diritto di essere sentito dal giudice in un interrogatorio definito "di garanzia".

In questo momento il difensore ha la possibilità di conoscere la richiesta del p.m. e gli atti che quest'ultimo ha presentato al giudice (293.3).

I presupposti che consentono di disporre le misure sono suddivisi nelle seguenti categorie:

a. le condizioni generali di applicabilità;

b.  le esigenze cautelari;

c.  i criteri di scelta delle misure.

Il codice pone le seguenti condizioni generali di applicabilità delle misure cautelari personali:

a. una determinata gravità del delitto addebitato all'imputato: non sono applicabili le misure coercitive ed interdittive nei procedimenti per le "contravvenzioni"; inoltre non si possono applicare misure coercitive ed interdittive al di sotto di una soglia minima di gravità del delitto addebitato;

b.  la presenza di gravi indizi di reità;

c.  la punibilità in concreto del delitto: nessuna misura può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata.

Passando alle esigenze cautelari, le misure personali possono essere applicate solo quando esiste in concreto almeno una delle esigenze cautelari indicate tassativamente dal 274 (Esigenze cautelari), cioè:

a. il pericolo di inquinamento della prova;

b.  il pericolo di fuga: occorre tuttavia che il giudice ritenga possibile che all'imputato possa essere irrogata con la sentenza una pena superiore a due anni di reclusione;

c.  il pericolo che vengano commessi determinati delitti:

gravi delitti con l'uso di armi o di altri mezzi di violenza personale;

gravi delitti diretti contro l'ordine costituzionale;

delitti di criminalità organizzata;

delitti della stessa specie di quello per il quale si procede.

Passando ai criteri di scelta delle misure, il giudice, dopo aver ricevuto la richiesta del p.m. e dopo aver accertato che esistono sia i gravi indizi di reità, sia almeno una delle esigenze cautelari, dispone la misura con ordinanza.

Sotto un profilo formale, il giudice non può disporre una misura più grave di quella richiesta dal p.m.

Da un punto di vista sostanziale, egli ha il potere-dovere di scegliere la misura cautelare in base ai criteri che sono espressamente indicati nel 275: la misura da applicarsi deve essere "adeguata" alle esigenze cautelari presenti in concreto, "proporzionata" alla gravità del fatto e della sanzione che potrà essere irrogata, "graduata" in modo tale da applicare la custodia in carcere solo quando ogni altra misura risulti inadeguata.

In un caso il principio di gradualità va incontro ad un'eccezione: si tratta dei delitti di criminalità mafiosa, per i quali è previsto un regime speciale: per essi il codice impone di applicare obbligatoriamente la custodia in carcere, perché presume che nessun'altra misura risulterebbe adeguata.

L'applicazione delle misure cautelari personali avviene in due fasi.

Nella prima vi è una decisione del giudice fondata su una richiesta che viene presentata dal p.m. senza che sia sentita la difesa; nella seconda fase il g.i.p. deve interrogare l'indagato ed il difensore deve essere preavvisato dell'atto e deve esser presente.

All'indagato non è riconosciuto il diritto alla prova, ed il giudice decide solo su atti e documenti scritti.

La prima fase del procedimento applicativo ha inizio quando il p.m. chiede per scritto al g.i.p. l'adozione di una misura cautelare personale, e termina quando il giudice prende una decisione sulla richiesta.

La procedura è segreta, e cioè deve svolgersi all'insaputa dell'indagato e del suo difensore.

Il p.m. ha l'obbligo di presentare al giudice gli elementi su cui la richiesta si fonda, nonché tutti gli elementi a favore dell'imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate (291.1).

Il giudice ha un solo limite al suo potere di decidere sulla richiesta presentata dal p.m.: non può applicare una misura più grave di quella richiesta.

Viceversa, il giudice può applicare sia la misura richiesta, sia una misura meno grave; ma può anche non applicare misura alcuna.

La motivazione, in base alla normativa precedente, poteva essere sommaria: ora deve essere esaustiva.

Il giudice deve precisare gli elementi di fatto dai quali si ricavano i gravi indizi, le esigenze cautelari ed i criteri di scelta della misura.

L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico ed a favore dell'imputato.

L'ordinanza che dispone la custodia cautelare è eseguita, su incarico del p.m., dalla polizia giudiziaria mediante consegna all'imputato di copia del provvedimento, con avvertimento della facoltà di nominare un difensore di fiducia.

L'ordinanza che dispone una misura obbligatoria è notificata all'imputato.

La seconda fase del procedimento applicativo ha inizio nel momento in cui la misura cautelare personale è eseguita; si conclude con l'interrogatorio davanti al g.i.p. (interrogatorio di garanzia).

In seguito all'interrogatorio dell'indagato, il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari.

Il g.i.p. deve depositare immediatamente, insieme all'ordinanza applicativa della misura, anche la richiesta del p.m. e gli "atti presentati con la stessa".

Un avviso di deposito deve essere notificato al difensore, che può esaminare gli atti in cancelleria.

L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del pubblico ministero non può precedere l'interrogatorio del giudice

L'interrogatorio condotto dal giudice deve avvenire entro un termine breve (5 giorni se è disposta la custodia in carcere; 10 giorni per tutte le altre misure); inoltre, deve svolgersi entro 48 ore se il p.m. ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare.

Il compito di porre le domande all'indagato spetta al giudice, e solo a lui.

Il p.m. può anche non esser presente all'interrogatorio.

Se nel caso concreto il p.m. è assente e il difensore presenta eccezioni, il giudice può non conoscere i risultati delle indagini, e quindi può non essere in grado di decidere; infatti non sono depositati tutti gli atti compiuti durante le indagini, ma solo quelli che sono stati selezionati dal p.m.

Ed ancora, se la difesa chiede la revoca o la sostituzione della misura ed il p.m. è assente, il giudice non ha il potere di decidere subito: in base al 299, deve attendere fino a due giorni per conoscere l'eventuale parere del p.m. sulla richiesta dell'indagato.

Il codice prevede tre ipotesi nelle quali può esser modificata la misura cautelare applicata:

a. la revoca, che deve essere immediatamente disposta:

quando si accerti che le condizioni generali di applicabilità (gravità del delitto, gravi indizi di reità, punibilità in concreto del delitto) risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti (299.1);

quando si accerti che siano venute meno completamente le esigenze cautelari.

b.  la sostituzione in melius, che deve esser disposta quando le esigenze cautelari, pur non essendo venute meno, risultano "attenuate"; o quando la misura non appare più proporzionata all'entità del fatto od alla sanzione che si ritiene potrà essere inflitta;

c.  la sostituzione in peius, che può esser disposta dal giudice solo su richiesta del p.m.

Ciò avviene sia quando le esigenze cautelari risultano essersi aggravate, sia quando l'imputato ha trasgredito alle prescrizioni che concernono la misura.

Le misure cautelari personali si estinguono in due modi differenti: in seguito ad un provvedimento del giudice che accerta il modificarsi dei presupposti applicativi (ope iudicis), e per perdita di efficacia dovuta al verificarsi di determinati eventi previsti dalla legge (ope legis).

La prima evenienza si verifica nelle ipotesi di sostituzione e di revoca appena esaminate.

La seconda evenienza si verifica in vari casi:

a. quando per il medesimo fatto e nei confronti della medesima persona, alla quale è stata applicata la misura, intervenga un provvedimento anche non definitivo che esclude l'addebito;

b.  quando sia decorso il termine massimo di durata della singola misura cautelare prima della definizione del procedimento con sentenza di condanna irrevocabile;

c.  quando a seguito di condanna la pena irrogata è inferiore o eguale alla custodia cautelare già subita.

Il termine massimo è stato posto allo scopo di attuare due garanzie costituzionali:

a. 13.5 Cost.: La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva;

b.  27.2 Cost.: L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

Il codice prevede due tipologie di termini: i termini massimi intermedi (o di fase), ricollegati a determinate fasi (o gradi) del procedimento, ed il termine massimo complessivo:

a. il primo termine intermedio copre il periodo di tempo che va dall'inizio delle indagini preliminari al rinvio a giudizio o all'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato.

In relazione ai più gravi delitti, entro un anno deve intervenire il decreto che dispone il giudizio;

b.  il secondo termine intermedio copre il periodo di tempo che va dal rinvio a giudizio fino alla sentenza di condanna di primo grado.

In relazione ai più gravi delitti, la condanna deve intervenire entro un anno e sei mesi;

c.  il terzo termine intermedio copre il periodo di tempo dell'appello.

La condanna in grado di appello deve intervenire entro un anno e sei mesi;

d.  il quarto termine intermedio copre il periodo di tempo del ricorso per cassazione.

La sentenza irrevocabile deve intervenire entro un anno e sei mesi;

e.  il termine massimo complessivo si riferisce alla durata dell'intero procedimento.

Esso costituisce il limite entro il quale deve intervenire la sentenza di condanna irrevocabile ed opera a prescindere dalla durata dei singoli termini intermedi.

Ove la custodia cautelare superi i termini massimi previsti dal codice, la stessa si estingue di diritto e l'imputato deve essere liberato immediatamente (306).

La custodia è ripristinata se l'imputato ha trasgredito le prescrizioni della nuova misura cautelare o se è stata emessa sentenza di condanna in primo o secondo grado e vi è pericolo di fuga.

Vediamo ora le impugnazioni contro le misure cautelari personali.

Il codice prevede tre mezzi di impugnazione: il riesame, l'appello ed il ricorso per cassazione.

Il procedimento relativo al singolo mezzo di impugnazione si svolge in modo autonomo rispetto al procedimento penale, che segue il suo corso.

Il riesame è ammesso contro le ordinanze che applicano per la prima volta (ab initio) una misura coercitiva; la richiesta può esser proposta esclusivamente dall'imputato o dal suo difensore, non dal p.m.

L'appello è ammesso nei confronti di tutti gli altri provvedimenti in tema di misure cautelari personali.

Esso può essere proposto dall'imputato, dal suo difensore e dal p.m.

Competente a decidere sia sul riesame, sia sull'appello è il tribunale (in composizione collegiale) del capoluogo del distretto di corte d'appello nel quale ha sede il giudice che ha disposto la misura; nella prassi, tale organo è denominato tribunale della libertà.

Il ricorso per cassazione è ammesso di regola contro le decisioni emesse in sede di riesame e di appello.

I tre mezzi di impugnazione non hanno efficacia sospensiva sul provvedimento che limita la libertà personale.

Il riesame è una impugnazione completamente devolutiva, che permette all'imputato di ottenere il controllo giurisdizionale sulla legittimità e sul merito del provvedimento che applica una misura coercitiva ab initio.

Poiché si tratta di un'impugnazione completamente devolutiva, il tribunale ha il potere di valutare la legittimità ed il merito della misura coercitiva senza essere vincolato né dagli eventuali motivi del ricorso dell'imputato, né dalla motivazione del provvedimento che ha applicato la misura.

Il tribunale della libertà valuta i presupposti della misura coercitiva tenendo conto sia degli atti che erano conosciuti dal giudice che ha emanato il provvedimento, sia degli atti e documenti che le parti hanno presentato successivamente al tribunale stesso.

La richiesta di riesame deve essere presentata dall'imputato o dal suo difensore entro il termine di 10 giorni a pena di inammissibilità.

La richiesta è presentata nella cancelleria del tribunale della libertà.

Il tribunale ha un potere cognitivo limitato; può decidere sugli atti scritti presentati dal p.m. e non su tutti gli atti di indagine raccolti fino a quel momento.

L'udienza si svolge in camera di consiglio e cioè con un contraddittorio facoltativo.

Il p.m. ed il difensore dell'imputato devono essere preavvisati e possono partecipare all'udienza: se presenti, essi hanno il diritto di esporre oralmente le proprie conclusioni.

Il tribunale decide sulla base degli atti scritti e dei documenti presentati: non si può disporre l'audizione di persone, né l'assunzione di prove non rinviabili, né imporre al p.m. di svolgere determinate indagini.

Il tribunale della libertà può pronunciare quattro tipi di decisione:

a. può dichiarare l'inammissibilità della richiesta di riesame (ad es. se è stata presentata oltre i termini);

b.  può annullare l'ordinanza per carenza di uno degli elementi essenziali o per vizi di merito;

c.  può riformare, e cioè modificare la misura, ma solo in modo più favorevole all'imputato;

d.  può confermare la misura coercitiva anche per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento originario.

L'appello è un'impugnazione limitatamente devolutiva che permette di controllare tutti quei provvedimenti presi dal giudice in tema di misure cautelari personali, che non sono sottoponibili a riesame.

Pertanto, l'appello è un mezzo di impugnazione residuale rispetto al riesame e riguarda tutte quelle ordinanze che non applicano per la prima volta (ab initio) una misura coercitiva.

Competente a decidere sull'appello è il tribunale (in composizione collegiale) del capoluogo del distretto di corte d'appello nel quale ha sede il giudice che ha disposto la misura.

Il p.m. può presentare appello al tribunale della libertà contro l'ordinanza del giudice che ha applicato una misura cautelare personale meno grave di quella da lui richiesta; o ancora, contro l'ordinanza che ha concesso la revoca o la sostituzione della misura su richiesta dell'imputato.

L'appello deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro 10 giorni dall'esecuzione o notificazione del provvedimento.

Le modalità di svolgimento del procedimento di appello ed i poteri di cognizione del tribunale sono in buona parte simili a quelli previsti per il riesame.

La più importante differenza consiste nelle formalità che regolano la dichiarazione con cui le parti redigono l'appello; essa deve precisare (a pena di inammissibilità) i motivi per i quali il soggetto interessato ritiene che il provvedimento debba essere annullato o modificato.

Il ricorso per cassazione costituisce, in primo luogo, una impugnazione esperibile contro le decisioni che il tribunale della libertà ha pronunciato sulla richiesta di riesame o sull'appello.

In secondo luogo, è un'impugnazione concessa all'imputato (o al suo difensore) in alternativa alla richiesta di riesame.

Il ricorso resta vincolato ai limiti di cognizione che sono propri della corte di cassazione.

All'imputato è riconosciuto il diritto ad ottenere un'equa riparazione per l'ingiusta custodia cautelare.

La domanda di riparazione è presentata dall'imputato dopo che la sentenza è divenuta irrevocabile; sulla richiesta decide la Corte d'appello con un procedimento in camera di consiglio.

Il presupposto del diritto ad ottenere l'equa riparazione consiste nell'ingiustizia sostanziale o formale della custodia cautelare subita (nelle due forme della custodia in carcere o dell'arresto domiciliare).

Il codice non impone di accertare se essa sia dovuta ad un atto illecito compiuto dall'autorità giudiziaria: ciò avrebbe comportato un onere della prova molto pesante per il richiedente.

La prima ipotesi, di tipo sostanziale, è prevista dal 314.1: Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave.

La seconda ipotesi, di tipo formale, è prevista dal 314.2: Lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità [.].

Tuttavia il codice pone al diritto alla riparazione alcuni ostacoli.

Il primo ostacolo è che Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della misura di una pena ovvero per il periodo in cui le limitazioni conseguenti all'applicazione della custodia siano state sofferte anche in forza di altro titolo.

Il secondo è dato dal fatto che l'imputato non ha diritto alla riparazione se ha "dato causa" o ha "concorso a dare causa" all'ingiusta custodia cautelare per dolo o colpa grave (314.1).

Una forma speciale di riparazione dell'ingiusta custodia cautelare è il diritto del lavoratore ad essere reintegrato nel posto di lavoro (102-bis disp. att.).

Le misure cautelari reali comportano un vincolo di indisponibilità su cose mobili od immobili.

Le misure in oggetto possono esser disposte, di regola, solo dal giudice.

Il codice prevede due tipi di misure reali: il sequestro preventivo ed il sequestro conservativo.

I due tipi di sequestro sono applicabili nei procedimenti per qualsiasi genere di reato: quindi anche per le contravvenzioni.

Il sequestro conservativo ha lo scopo di garantire l'adempimento delle obbligazioni civili sorte in conseguenza sia del compimento del reato, sia del costo del procedimento penale; esso mira ad evitare che nell'attesa della condanna definitiva si disperdano le garanzie patrimoniali, e cioè i beni mobili od immobili.

Soggetti legittimati a chiedere al giudice il sequestro conservativo sono il p.m. e la parte civile.

Il sequestro conservativo ha la caratteristica di poter essere richiesto solo contro l'imputato od il responsabile civile; e cioè dopo che l'azione penale è già stata esercitata.

Il provvedimento è disposto dal giudice senza che venga sentita la controparte.

L'imputato o il responsabile civile possono chiedere al giudice che il sequestro sia convertito nella prestazione di una cauzione idonea.

Il sequestro preventivo pone su di una cosa mobile od immobile un vincolo di indisponibilità che ha la finalità di interrompere il compimento di un reato o di impedire il compimento di nuovi reati.

Il codice prevede tre ipotesi di sequestro preventivo (321):

a. quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso

b.  quando vi è il pericolo che la cosa possa agevolare la commissione di altri reati (321.1);

c.  quando la cosa è pericolosa in sé, poiché di essa è consentita od imposta la confisca.

La finalità di prevenzione comporta che questo tipo di sequestro possa essere chiesto al giudice solo dal p.m.; durante la fase delle indagini è competente a disporlo il g.i.p.

La revoca del sequestro preventivo può esser chiesta al giudice dal p.m., dall'imputato o da chiunque ne abbia interesse.

Il sequestro deve essere revocato quando sono venute meno le esigenze preventive previste dalla legge.

Nel corso delle indagini preliminari si può fare eccezione alla regola secondo cui il sequestro preventivo è disposto dal giudice su richiesta del p.m.: quando non è possibile attendere il provvedimento del g.i.p., il sequestro preventivo è disposto con decreto motivato del p.m.

Prima dell'intervento di quest'ultimo, in caso di urgenza procedono al sequestro gli ufficiali di polizia giudiziaria, i quali trasmettono il verbale al p.m. stesso.

Contro il decreto di sequestro emesso dal giudice possono presentare richiesta di riesame l'imputato, il difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione.

Sulla richiesta decide (in composizione collegiale) il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento.


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