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Caratteristiche geologiche e geomorfologiche dell'ammasso roccioso




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CARATTERISTICHE GEOLOGICHE E GEOMORFOLOGICHE DELL'AMMASSO ROCCIOSO


1. Inquadramento Geografico


L'area in cui si trovano le antiche cave sotterranee sottende una superficie di circa 15 km2 ed è distribuita fra i comuni di Arcisate, Bisuschio, Clivio, Saltrio e Viggiù.

Il limite settentrionale coincide grosso modo con la cresta spartiacque dell'allineamento dei monti Useria - S. Elia - Orsa - Pravello; ad est si estende fino al confine con la Confederazione Elvetica seguendo il corso del Torrente Clivio; verso sud il limite è individuabile con una linea ideale congiungente Molino dell'Olio (Comune di Viggiù) con il nucleo urbano di Brenno Useria; ad ovest il limite corre lungo un allineamento che congiunge il margine occidentale dell'abitato di Brenno Useria con le pendici occidentali del Monte Useria.

Detto settore risulta compreso nel foglio 31 I SE "Arcisate" della carta IGMI alla scala 1:25.000 (figura 1). In particolare le cave di pietra oggetto del presente lavoro sono ubicate sul versante meridionale del massiccio del Monte Orsa, in località Piamo-Vallera (Comune di Viggiù) e prendono rispettivamente il nome di Cava Danzi e Cava Beltrami.


Figura 1. Foglio 31 I SE "Arcisate" della carta IGMI.


























Figura Stralcio foglio 31 I SE "Arcisate" della carta IGMI.

Inquadramento Geologico


Il settore di studio appartiene, dal punto di vista geologico, all'unità tettonica delle Alpi meridionali o Sudalpino (e più precisamente alle Prealpi Lombarde Occidentali) costituito da una serie di scaglie tettoniche che, in seguito ai movimenti compressivi legati all'inizio della chiusura del Bacino Ligure-Piemontese (orogenesi alpina), sono parzialmente sovrascorse le une sulle altre: i piani di scorrimento immergono irregolarmente a Nord, producendo un'apparente vergenza verso Sud di gran parte degli elementi tettonici.

Le rocce affioranti, esclusivamente di natura sedimentaria a composizione prevalentemente carbonatica (calcari e dolomie) e subordinatamente selciosa, si sono formate un arco di tempo compreso fra il Triassico superiore (circa 230 M.a.) e il Cretaceo inferiore (figura 2).

Strutturalmente i suddetti corpi rocciosi sono organizzati in una successione di pieghe anticlinali e sinclinali, con assi a direzione media prevalente E-W o NNE-SSW, variamente dislocate da lineamenti ad andamento prevalente N-S e subordinatamente WSW-ENE, già presenti durante la fase distensiva triassico superiore-giurassico inferiore, che determinò la tipica configurazione paleogeografica a horst e graben, parte dei quali furono riattivati durante l'orogenesi meso e tardo alpina.

Il substrato roccioso è ricoperto dalla serie di depositi plio-quaternari di origine continentale, prevalentemente di genesi glaciale, fluvio-glaciale e fluviale, e subordinatamente di origine lacustre, spesso rimodellati dall'azione antropica.



Substrato roccioso

Nel corso del rilevamento,  effettuato dal Politecnico di Milano - Dipartimento di Ingegneria Idraulica, Ambientale, Infrastrutture Viarie, Rilevamento - in collaborazione con lo Studio Geologico Associato ABM, sono state riconosciute una serie di formazioni (ben visibili in figura 2) caratterizzanti il substrato roccioso. Vengono di seguito riportati i caratteri tipici della sola formazione di Calcare di Saltrio, la cui estrazione avveniva nelle cave oggetto di questa indagine, cercando di affiancare, alla descrizione puramente litologica, informazioni complementari quali spessore, limiti con le altre formazioni, ambiente deposizionale e contenuto fossilifero.


Figura .3. Schema dei rapporti stratigrafici.



Calcare di Saltrio (lias inferiore; sinemuriano)


Rappresenta la porzione basale del Calcare di Moltrasio.

Litologia trattasi di una formazione a dominanza calcarea cui, subordinatamente, sono associati litotipi dolomitici e marnosi.

Prevalgono calcari fini, compatti, a frattura scheggiosa, di colore grigio azzurrognolo o nocciola, spesso con chiazze e screziature tendenti ad un rosso-violaceo o rosato, a stratificazione piano parallela e strati di spessore variabile fra 10 e 40 cm (rari banchi fino al metro); la distribuzione della selce, in noduli centimetrici o liste, di colore giallastro o grigio è irregolare: talvolta sporadica e occasionale talora concentrata.

Tali facies, che si rinvengono nella parte superiore della formazione accennando al passaggio al sovrastante Calcare di Moltrasio, costituiscono il cosiddetto "cappello" o "cappellaccio", cioè la parte scartata dai cavatori.

Al di sotto del cappellaccio, per uno spessore massimo valutabile intorno alla decina di metri, si trovano i livelli coltivati nell'ambito dei quali sono tradizionalmente distinguibili tre "tipi" principali:

Facies tipo Viggiù: calcarenite epiclastica spesso dolomitica (doloarenite) a grana prevalentemente fine o media, occasionalmente grossolana, a tessitura omogenea, di colore grigio chiaro in patina d'alterazione, tendente ad un giallo sporco o colore bianco avorio su frattura fresca.

All'interno degli strati si riconoscono spesso laminazioni incrociate e accenni di gradazione.

La roccia, pur conservando compattezza, si presenta porosa per la presenza di microcavità millimetriche di forma irregolare e contorni sgranati a volte così pervasive da conferirle un aspetto "spugnoso".

I componenti clastici sono costituiti in prevalenza da intraclasti e da ooliti spesso frammentate; meno abbondante è il materiale organogeno (bioclasti).

Negli strati calcarei della cava, in località Tassera (parete a destra dell'ingresso di cava per chi osserva frontalmente), sono presenti cristalli di pirite.

Facies tipo Saltrio: biocalcarenite di colore nocciola chiaro o biancastro in cui i componenti principali sono costituiti da resti e frammenti di steli di crinoidi e, subordinatamente, di brachiopodi, molluschi e piastre di echinodermi; a volte (si veda, ad esempio, il tornante strada per il Monte S. Elia, presso l'imbocco di una galleria della Linea Cadorna) si presenta come encrinite con diffusi e abbondanti resti di steli di Crinoidi (Pentacrinus sp.), chiaramente visibili anche ad occhio nudo con punteggiature verdastre riferibili alla presenza di glauconite.

La roccia è molto compatta, con granulometria prevalente da media a grossolana.

Negli affioramenti entro la cava Salnova la formazione presenta comunque una notevole eterogeneità soprattutto per quanto riguarda le variazioni cromatiche.

Sono diffuse facies di calcari neri finemente laminati, calcari chiari di colore nocciola o verdastri con "inclusi" di calcari neri con selce scura in noduli centimetrici o liste, calcari di colore rosso mattone con screziature gialle e aranciate.

Sempre all'interno della cava Salnova, in prossimità del limite con la Dolomia Principale, il Calcare di Saltrio acquista una colorazione violacea o rosso vinata (arenite).

Facies tipo Poaggia: micrite laminata di colore nero o grigio (pelmicrite) in strati di spessore generalmente decimetrico.

Pietra di Brenno: il livello coltivato è costituito da una calcarenite fine di colore chiaro, variabile fra giallognolo e bianco sporco, compatta; su frattura fresca si presenta ruvida al tatto.

Verso l'alto la calcarenite assume colore nocciola, la frattura diviene pseudo scheggiosa e la tessitura più grossolana; sono presenti venature di calcarenite fine di aspetto "sabbioso" di colore giallognolo che conferiscono alla roccia una struttura gradata.

Superiormente (livello non coltivato) si assiste ad una alternanza irregolare di calcarenite a grana da media a fine (spesso dolomitizzata), di colore nocciola o rosato e calcilutiti compatte, di colore nocciola, di aspetto saccaroide e a frattura scheggiosa.

Fiore del S. Elia: con questa denominazione viene indicata una breccia di età liassica particolarmente apprezzata nel secolo scorso come pietra ornamentale.

Trattasi di una breccia con elementi da spigolosi a subarrotondati dolomitici, di colore grigio o bruni (Dolomia Principale) ,di dimensioni variabili da pochi cm (1-2 cm a 8-10 cm) ad alcuni decimetri, imballati in matrice dolomitica di colorazione variabile dal grigio-bruno al rosa pallido al rosso acceso.

Abbondanti sono le venature riempite da calcite bianca di cristallizzazione secondaria.

Area di affioramento la formazione affiora senza soluzione di continuità lungo una fascia che da località Piamo (frazione di Bisuschio) si sviluppa fino al confine con la Confederazione Elvetica (limite del settore di rilevamento).

La pietra di Viggiù veniva coltivata in numerose cave fra cui le più significative sono quelle alla Tassera,  Catella, Malnati-Danzi a Piamo, Beltrami alla Vallera, della Cooperativa marmisti della Vallera Alta; la pietra del Poaggia era coltivata in cave nell'alveo del Torrente omonimo (cava Franzi, cava Negretti & Restelli, cava F.lli Piatti); la pietra di Saltrio affiora nella cava del Rio Ripiantino, nelle cave di Levante e di Ponente e alla cava Salnova.

Nella zona di Brenno gli affioramenti più significativi si segnalano nella cava ad est della chiesa (il cui accesso è ora in terreni di proprietà privata) e in un assaggio sul versante antistante il piazzale di ingresso della ditta "Norda".

Per quanto concerne le facies brecciata, l'affioramento più significativo è rappresentato dalla cava situata poco dopo il tornante a quota 590 m s.l.m. sulla strada che sale al Monte S. Elia - Monte Orsa.

Spessore la potenza del Calcare di Saltrio è parecchio incostante, variando fra pochi metri e 15-20 metri

Queste oscillazioni sono di origine primaria, in risposta a variazioni durante la deposizione del sedimento, o secondarie di natura tettonica.

Limite inferiore il Calcare di Saltrio è a contatto con la Dolomia Principale; trattasi di un limite netto sottolineato dal passaggio litologico fra dolomia e calcare. Lungo parte del versante meridionale del massiccio S.Elia-Orsa, esso è a contatto con le dolomie alternate a marne della Dolomia del Campo dei Fiori.

Limite superiore il limite superiore è transizionale, spesso di difficile individuazione; in generale è sottolineato da variazioni cromatiche con la comparsa di calcari grigio scuri o neri, dall'incremento della frazione silicea o dalla comparsa di calcareniti medie o grossolane brune passanti talvolta a microbrecce.

Ambiente deposizionale tale successione sedimentaria marca la fase trasgressiva che caratterizza la transizione fra il Triassico e il Giurassico accompagnata da una chiara differenziazione all'interno del bacino sedimentario della Lombardia occidentale.

In altri termini, a partire dal Sinemuriano (Lias inferiore), si verificò un importante evento trasgressivo: il mare cominciò ad invadere nuovamente le terre emerse e la trasgressione iniziò probabilmente nella regione della Valcuvia, proseguendo poi verso est raggiungendo la regione di Saltrio nel Lotharingiano.

Il processo di approfondimento non avvenne tuttavia in modo uniforme, così che si potevano individuare aree emerse e carsificate (alto strutturale di Arzo) ("soglie" o "rughe " secondo gli schemi di J. Auboin) ed aree depresse ("solchi"), molto più estese e fortemente subsidenti (Bacino del Monte Nudo e Bacino del Monte Generoso), occupate precocemente da sedimenti carbonatici bacinali.

Le facies tipo lumachella del Calcare di Saltrio (calcari encrinitici) indicano una deposizione in corrispondenza di rughe scarsamente o per nulla subsidenti caratterizzate da acque poco profonde e agitate.

La fauna descritta nella Formazione di Saltrio è molto ricca: gli Autori hanno catalogato oltre 100 specie distribuite fra Crinoidi, Brachiopodi, Bivalvi, Gasteropodi e Cefalopodi (Nautiloidi e Ammoniti).

Fra queste ultime i tipi Arietites Bucklandi, Oxinoticeras oxynotum, Asteroceras obtusum e il bivalve Gryphaea arcuata sono caratteristici del Sinemuriano permettendo una datazione abbastanza certa della formazione.


3. Assetto strutturale


L'area di studio appartiene, dal punto di vista geologico, all'unità tettonica delle Alpi Meridionali o Sudalpino, di cui fanno parte le formazioni rocciose a sud della Linea Insubrica.

In particolare rientra nel settore delle Prealpi Lombarde Occidentali denominato comunemente in letteratura come "Zona del Varesotto-Luganese". Le ipotesi più recenti (Pieri & Groppi, 1981; Bernoulli et al., 1990; Schönborn,1990-1992; Schumacher & Laubscher, 1996), elaborate anche sulla base dell'interpretazione di profili sismici (NRP 20 e CROP), interpretano la struttura delle Alpi Meridionali come il prodotto della giustapposizione di diverse "unità tettoniche" variamente sovrascorse le une sulle altre secondo un modello cinematico a thrust e ramp-fold.

Il segmento di Alpi Meridionali compreso fra il Lago Maggiore e il Lago di Como, secondo tali schemi, sarebbe il prodotto dell'interferenza" di due sistemi tettonici completamente differenti, quali il "complesso Ivrea-Ceneri" e la "nappe Orobica Superiore".  Quest'ultima, smembrata da importanti lineamenti tettonici ad andamento N-S ed E-W, risulta a sua volta composta da varie unità tettoniche: il settore di studio appartiene all'unità denominata "Morcote - Salvatore-Valcuvia belt".

All'interno dell'unità le rocce vulcaniche permiane, che ricoprono il basamento, costituiscono il nucleo di una anticlinale asimmetrica (Anticlinale dell'Arbostora) con piano assiale immergente ad ovest e il cui fianco meridionale è costituito dalla cintura di rocce sedimentarie San Salvatore-Valcuvia.

L'interpretazione delle indagini sismiche a riflessione profonde (linee sismiche S3 e S7 NRP 20) evidenzia come ad ovest della Linea di Lugano siano presenti piani di scollamento nord vergenti discordanti con la superficie orizzontale che delimita la falda Orobica Inferiore e con i piani di sovrascorrimento immergenti a sud in corrispondenza del fianco dell'anticlinale dell'Arbostora e delle principali falde tettoniche.  Tali piani (backthrust) sono l'espressione di fenomeni di raccorciamento crostale durante le fasi compressive dell'orogenesi alpina e suggeriscono quindi l'esistenza di vari sistemi di ramp-fold.

L'attuale inclinazione degli strati è dovuta all'orogenesi alpina che ha determinato il sollevamento del massiccio carbonatico di Monte S. Elia-Monte Orsa-Monte Pravello, che si presenta oggi come una struttura sostanzialmente monoclinale, a strati immergenti mediamente verso sud con inclinazioni variabili fra 30 e 40°.

Verso sud le formazioni rocciose sono coperte da coltri di depositi plio-quaternari, di spessore progressivamente crescente man mano che ci si avvicina al settore della Pianura padana, dove in alcuni pozzi, per la ricerca di idrocarburi, le medesime formazioni sono state intercettate ad oltre 4000 metri di profondità.

Il tema strutturale dominante nel settore rilevato è costituito da una tettonica di tipo plicativo con successione di pieghe anticlinali e sinclinali con asse orientato ENE-WSW a raggio piuttosto ampio così da permettere, soprattutto alle formazioni giurassiche, una diffusione areale molto ampia.


Sinclinale di Viggiù

Piega con asse ad orientazione ENE-WSW che si sviluppa dalla piana immediatamente a sud del Monte Useria passando per gli attuali nuclei urbani di Viggiù e Saltrio e con prosecuzione a nord di Grasso Inferiore ove il nucleo è costituito dalle formazioni del Selcifero (Radiolariti), ritrovabili solo in limitati affioramenti sparsi in località Grasso e, più estesi, nell'alveo del Torrente Ripiantino.

Nella zona di Brenno il nucleo è invece costituito dai calcari liassici.


Anticlinale di Brenno

Piega con asse subparallelo a quella precedentemente descritta, leggermente asimmetrica; si sviluppa dal rilievo a sud del Monte Useria passando per il cimitero di Brenno, la località Tassera e proseguendo verso est fino a Grasso.

Nella porzione occidentale al nucleo affiora la Dolomia Principale, mentre all'estremità orientale perde progressivamente la propria identità riducendosi (località Grasso) ad una blanda curvatura ad ampio raggio nelle formazioni del Selcifero.


Sinclinale di Loro

Piega simmetrica ad ampio raggio con asse orientato all'incirca WNW-ESE con fianchi immergenti con inclinazione variabile fra 10 e 20°; il nucleo è costituito dai calcari cretacei della Maiolica. Per quanto concerne la tettonica rigida (faglie e fratture), l'elemento principale è rappresentato da una faglia ad andamento N-S che si sviluppa fra la sella ad est del Monte S. Elia e, verso sud, lungo l'alveo del Torrente Poaggia.

La presenza della faglia è documentata sia da evidenze di tipo geologico (contatto fra la Dolomia Principale e le formazioni calcaree liassiche) che morfologiche (calcari intensamente fratturati).

Nella zona del Monte S. Elia (crinale ad est del poligono di tiro) sono presenti importanti fratture di trazione di lunghezza pluridecametrica ed ampiezza fino ad alcuni metri, direzione SW-NE immersione NW e inclinazioni superiori a 70° che interessano la formazione della Dolomia Principale.

In generale nella zona sono riconoscibili varie famiglie di fratture che tendono a scomporre l'ammasso roccioso in blocchi di varie dimensioni; tali sistemi hanno direzioni variabili fra WNW-ESE, NW-SE, E-W e N-S con inclinazioni e immersione varie.

Per quanto concerne le cave rilevate sono stati definiti importanti sistemi di frattura in prossimità della ex Cava Catella (località Piamo): la prima famiglia ha direzione circa N-S intersecata da altri sistemi ad andamento E-W.

Trattasi di fratture beanti con apertura metrica e rigetti fino a 4-6 m; lungo il sistema meridiano si è verificato il crollo di una grossa porzione di versante che ha parzialmente ostruito la cava. 



4. Inquadramento Geomorfologico


La morfologia della zona in esame è principalmente legata all'assetto strutturale, all'azione della  gravità, alla diversa risposta delle varie litologie ai processi di erosione chimico-fisica, all'azione modellatrice dei ghiacci e delle acque superficiali ed alla non trascurabile attività antropica.

Lungo il crinale settentrionale del massiccio S. Elia-Orsa-Pravello e lungo il versante nord del Monte Useria, l'immersione degli strati rocciosi di Dolomia Principale verso S (strati a reggipoggio) ha determinato la formazione di pareti e/o scarpate subverticali, anche di notevole sviluppo; lungo tali versanti rocciosi si verificano spesso distacchi di materiale lapideo, a causa di un rapporto particolarmente sfavorevole fra superfici di discontinuità e morfologia; il processo viene agevolato inoltre dall'azione erosiva dei vari agenti operanti (acque meteoriche e di ruscellamento, cicli gelo-disgelo, ecc.).

I blocchi ed i massi crollati vanno ad alimentare le falde di detrito poste alla base di queste pareti; la dimensione dei vari elementi rocciosi è funzione del grado di fratturazione della roccia alimentante.

L'azione della gravità è anche ben documentata lungo la zona di raccordo Monte S. Elia - parete rocciosa a NNW di essa e lungo il versante meridionale del massiccio del Monte Orsa, alla quota di circa 770-780 m s.l.m., lungo il naso roccioso posto ad Ovest della linea di media tensione che conduce energia elettrica alle strutture sulla cima dell'Orsa dalla cabina posta nei pressi degli impianti della cava Salnova. 

Infatti sono ben visibili fratture di trazione, di lunghezza da decametrica a pluridecametrica, larghezza fino a 2 m e profondità variabile, con presenza o meno di riempimento di materiale lapideo grossolano o terrigeno. Esse indicano lenti processi di scivolamento di porzioni anche rilevanti di ammassi rocciosi.

Anche a monte dell'imbocco della cava Catella, a Est di Piamo, si nota un sistema di fratture di trazione, accompagnate da fratture di svincolo laterale, che ha determinato la subsidenza di parte del versante roccioso, come documentato dal contatto non stratigrafico fra Calcare di Saltrio e Calcare di Moltrasio; in questo contesto, molto probabilmente, la presenza di un vuoto in sotterraneo, dovuto alle antiche attività estrattive, ha contribuito al dissesto, impostato comunque lungo linee di debolezza preesistenti. 

Gli scivolamenti planari e talora rototraslativi coinvolgono in genere la copertura detritica superficiale (materiale eluviale) e i depositi quaternari (di versante o glaciali). L'innesco degli scivolamenti è favorito da una serie di concause (agenti, a seconda dei casi, separatamente o congiuntamente), tra cui le scadenti caratteristiche meccaniche dei depositi residuali di versante (a matrice limoso-argillosa, caratterizzati da ridotto angolo d'attrito e rapido decremento della coesione in condizioni di saturazione), la concomitante presenza di venute idriche profonde e copertura superficiale a bassa permeabilità, l'elevata acclività dei versanti, l'erosione al piede.

Come forme di erosione mostrano nicchie di distacco di forma semicircolare o semiellittica, in genere caratterizzate da evidente concavità e pendenza sensibilmente maggiore di quella media del pendio sul quale si impostano.

Come forme di accumulo mostrano corpi di frana lobiformi, con tipico rigonfiamento al piede e pendenza ridotta rispetto a quella media del pendio.

Esempi di questa tipologia di dissesto sono riconoscibili in più punti del territorio in esame; si tratta in genere di fenomeni circoscritti, di piccola estensione, la cui pericolosità va inquadrata soprattutto per gli incrementi del trasporto solido dei corsi d'acqua in occasione di precipitazioni intense.

Le creste di morene sono osservabili in modo più o meno evidente nei pressi della località Piamo Superiore e lungo il settore di affioramento dell'Allogruppo di Besnate indifferenziato, delimitato dal centro abitato di Viggiù, dal confine tra Italia e Svizzera e dall'alveo del T. Clivio.

Esse, come i massi erratici allineati, indicano i vari margini glaciali e risultano utili in corso di ricostruzione delle geometrie dei depositi e di conseguenza delimitare i depositi di complessi diversi. 

Per quanto concerne l'azione modellatrice dei ghiacci, le varie fasi glaciali ed interglaciali, succedutesi nel tempo, sono state accompagnate da processi di erosione, trasporto e deposito che hanno dato luogo a varie forme: queste possono essere ancora ben visibili, parzialmente visibili o del tutto smantellate dai successivi agenti operanti (soprattutto azione fluviale ed antropica).

Nel territorio in esame, si ritrovano essenzialmente massi erratici, creste di cordoni morenici (più o meno conservate) e terrazzi fluvoglaciali.

I massi erratici sono stati cartografati unicamente quando di dimensioni significative e si possono presentare come sparsi, isolati e allineati a testimoniare un margine glaciale; principalmente si riscontrano elementi porfiroidi gneissici e subordinatamente micascistosi.

Molto diffusi e ben evidenti nelle zone interessate dai depositi quaternari sono i terrazzi ed i relativi orli: un terrazzo è una superficie pianeggiante costituita da depositi fluvioglaciali o alluvionali che si trova sospesa al di sopra dell'attuale alveo del corso d'acqua o del fondovalle e rappresenta uno stadio di evoluzione precedente.

Gli orli di terrazzi fluvioglaciali e fluviali sono stati cartografati con un'unica simbologia, in quanto originati dall'azione erosiva delle acque, avvenuta ovviamente in tempi differenti; in particolare gli orli di terrazzi fluviali sono ben visibili in quanto delimitano superiormente le profonde incisioni operate dai corsi d'acqua attuali, che solcano, interrompendoli, i depositi appartenenti all'Allogruppo di Besnate indifferenziato, mettendo talvolta in affioramento il substrato roccioso.   

L'azione antropica è tale da incidere sensibilmente le forme originarie del territorio: le aree attualmente urbanizzate hanno visto ad esempio profondi rimaneggiamenti del substrato ed i vari materiali movimentati hanno in alcuni casi modificato pesantemente, e spesso completamente obliterato, l'assetto morfologico originario del paesaggio.

Le attività di cava, sia dismesse (materiale per fabbricazione della calce), sia ancora esistenti (pietrisco) hanno determinato e determinano la formazione di scarpate di roccia subverticali di notevole estensione e sviluppo, molto visibili in quanto non mitigate da interventi di ingegneria naturalistica.

I fronti principali sono localizzati lungo il versante meridionale del Monte Useria, lungo il versante nord-occidentale del rilievo montuoso di Brenno, lungo il versante occidentale del Monte S. Elia, al raccordo con la piana fluvioglaciale e presso il fronte di lavorazione della cava Salnova lungo le pendici meridionali del Monte Orsa.

Molto più nascoste e quindi con minore impatto visivo, essenzialmente perchè sviluppate in sotterraneo, sono le evidenze sul substrato roccioso delle antiche attività di estrazione di pietra ornamentale dalla formazione rocciosa del Calcare di Saltrio.

Al contrario, come già evidenziato precedentemente, di una certa rilevanza morfologica e ben visibili a causa della generale assenza di colonizzazione di materiale vegetale, sono gli scarti di materiale lapideo derivanti dall'attività suddetta, depositati appena a valle di alcuni di tali siti.

Infine sono stati riconosciuti i principali orli di terrazzo antropici: alcuni sono dovuti al rimodellamento di preesistenti orli naturali (per antiche attività agricole), altri legati alla realizzazione della ferrovia, di vie di comunicazione e di aree a morfologia pianeggiante destinate alla costruzione di edifici.




5. Cenni sullo stato attuale delle antiche cave


CAVA DANZI


La cava è ubicata in località Piamo, lungo il versante orografico sinistro. È una delle più estese fra le cave per l'estrazione del Calcare di Saltrio e presenta diversi imbocchi che conducono ad ambienti intercomunicanti tra di loro, dove avveniva l'attività di escavazione.

La carrabile di accesso all' imbocco basso della cava risulta ancora ben praticabile; da qui la cava si sviluppa in sotterraneo, con coltivazione a camere e pilastri, seguendo la stratificazione del Calcare di Saltrio, fino ad intersecare, a quote più alte, la superficie topografica anche grazie a più accessi realizzati lungo vari livelli di coltivazione. Gli accessi superiori sono fiancheggiati da murature a secco; strutture simili si ripetono a più livelli entro le zone di coltivazione. 

Si notano ancora molte delle attrezzature utilizzate per i lavori di estrazione del materiale, quali zone di ancoraggio del filo elicoidale e argano per il taglio e la movimentazione dei blocchi cavati.

Si segnalano sistemi di fratture subverticali ad andamento N-S, beanti, ad elevata persistenza e con abbondanti fenomeni di stillicidio e sistemi secondari ad essi perpendicolari, a sviluppo lineare più ridotto, con spaziatura media dei lineamenti principali compresa fra 4 e 6 m.

In corrispondenza delle discontinuità ad andamento N-S sono presenti terminazioni di condotti carsici (pozzi), di diametro variabile fra 0,5 e 3 m.

Nella parte più orientale e alta del sotterraneo si riscontra la presenza di un piccolo laghetto, le cui acque erano con molta probabilità utilizzate durante le fasi di lavorazione. Sembra corretto ipotizzare che tale invaso venga alimentato da acque provenienti da sorgenti carsiche. La coltivazione si protrasse fino al 1974.


CAVA BELTRAMI


La cava è ben raggiungibile lungo carrabile. 

In prossimità dell'imbocco si notano, sulla superficie di calpestio, elementi rocciosi tabulari che testimoniano i fenomeni di distacco innescatisi lungo i giunti di stratificazione; alcuni pilastri sono stati rafforzati con muri a secco per sostenere gli strati sovrastanti.

Si notano superfici di discontinuità di direzione circa N-S, spaziate fra 1 e 6 m, alcune delle quali con apertura fino a 30 cm con stillicidio abbondante, intersecate ortogonalmente da un altro sistema di discontinuità (E-W), a minor persistenza, con apertura pluricentimetrica.







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