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Utopia




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Utopia


Innanzitutto è bene chiarire il significato di "utopia" : nel linguaggio comune, si dice che è utopico un progetto immaginario, una fantasticheria che non è realizzabile, ma che se lo fosse sarebbe un bene. Tuttavia il termine fu coniato da Thomas More (successivamente latinizzato in S. Tommaso Moro), filosofo e statista inglese del  XVI sec., vissuto in un epoca in cui l'Inghilterra era dilaniata da conflitti interni, il quale volle immaginare un'isola felice in cui gli abitanti conducessero una vita migliore, solidale e pacifica : si trattava dell'isola di Utopia.

L'etimologia proviene dal gioco di parole greche  (luogo che non c'è) ed  (bene) +  (luogo felice) : entrambi i significati possono essere compresi nell'accezione di Tommaso Moro in quanto si trattava di un isola fantastica, quindi non esistente, ma dove regnava la concordia, la tranquillità ed il benessere tra i cittadini.


Tuttavia già nell'Odissea di Omero è possibile riscontrare la tematica dell'utopia nella descrizione della terra dei Feaci, una regione in cui abbondava la ricchezza ed il favore degli Dei rendeva le condizioni di vita ottimali, tanto che il clima, sempre mite, permetteva alla natura la produzione di frutti di varia specie, autonomamente.

Lo stesso motivo fu ripreso successivamente da Esiodo negli "Erga", in cui descriveva le condizioni di vita degli uomini sotto il regno di Crono : la beatitudine degli Dei garantiva loro la liberazione da qualsiasi male ed affanno, la natura spontaneamente produceva i frutti di cui essi avevano bisogno per il sostentamento.

Si tratta tuttavia, di una tipologia di utopia "mitica" dal tono fiabesco, fantastico e soprattutto tecnicamente irrealizzabile che caratterizzerà anche parte della commedia "antica" del V-IV sec. a.C. in commediografi come Cratino, Cratete, Ferecrate, Teleclide, Metagene e Nicofonte.

Un discorso a parte però merita Aristofane. Vissuto durante la crisi politica, sociale ed economica dell'Atene del V-IV sec. , nelle sue commedie riflette le aspettative e le esigenze dei suoi concittadini, di quel tempo in una chiave comica - utopica.

Così negli Acarnesi, rappresentato nel 425 a.C., quando la guerra del Peloponneso era già in corso da ben sei anni e ancora non si apprestava a finire, ritroviamo il contadino Diceopoli che chiede la pace, l'aspettativa dell'uomo greco di quel tempo, in assemblea, in quanto con la guerra non si fanno buoni affari. Rimasto inascoltato, riesce a procurarsela solo in un mercato privato.

La commedia può essere interpretata come un allegoria in cui la pace riescono ad averla solo pochi privilegiati, mentre la quasi totalità della comunità è costretta ad uno stato di conflitto lungo e logorante.

Ancora più significativa è la commedia "Uccelli", rappresentata nel 414 a.C. mentre si apprestava la grande spedizione militare di Atene in Sicilia. Ha come protagonisti Evelpide e Pistetero, che disgustati dal comportamento dei loro concittadini e dalla loro città, ormai invivibile, decidono di fondarne una nuova nel cielo, laddove vivono gli uccelli.

Ma mentre il primo sogna una città 'ideale' in cui siano soddisfatti i bisogni primari degli uomini, il secondo progetta la creazione di un regno da cui partire per conquistare il mondo sia terreno che divino!

Tralasciando la parte fantastica della commedia (la creazione di una città nel cielo, la quale è composta prevalentemente da "uccelli") l'utopia è espressa soprattutto nell'irrealizzabilità del sogno di Evelpide, ovvero nella creazione di una città tranquilla contraddistinta dalla pace (in contrapposizione allo stato di Atene del 414 a.C, ormai in guerra da ben 17 anni!), sogno infranto dal desiderio ambizioso di Pistetero, bramoso di conquista ed espansione, il quale rappresenta il desiderio 'tipico' del genere umano.

Il tema dell'utopia sociale è possibile riscontrarlo anche nella Lisistrata e nelle Ecclesiazuse, nei quali rivendica la posizione delle donne che si rivelano le amministratici non solo della casa ma anche dello stato!

Una situazione a cui si è arrivati a causa del degrado sociale e politico dell'Atene del suo tempo.


La Repubblica di Platone e la Politica di Aristotele sono sicuramente gli scritti più rilevanti in cui vengono esposte due società 'ideali', da modello.

Platone immagina una società tripartita composta dai produttori, detentori della ricchezza (contadini, artigiani, commercianti), a cui seguivano i custodi, cioè i soldati difensori della città, ed infine i governanti, i quali dovevano essere i filosofi.

Per ogni classe vi è stabilita una ben specificata educazione sociale seguita dalle virtù e dai doveri che i componenti dovevano possedere.

Al fine di scardinare ogni possibile egoismo viene abolita la proprietà privata, la famiglia e le parentele : si immagina quindi una sorta di "comunismo".

Platone era pienamente conscio dell'inattuabilità del suo progetto e sarà per questo che ben presto lo accantonerà per ipotizzare in un nuovo scritto, "Le leggi", un nuovo stato 'ideale', meno perfetto del primo ma non incompatibile con la realtà.

In ogni caso quello di Platone è stato il primo scritto nel quale viene ipotizzata una società "ideale" in tutte le sue componenti, secondo delle leggi razionali e, a distanza di 2000 anni, verrà ripreso ancora da socialisti, comunisti e perfino dai nazisti per le proprie tesi.

Nella Politica di Aristotele s'intravede la società 'ideale' laddove è instaurata la politeia, una specie di democrazia in cui a governare prevale il ceto 'medio', il quale, anche se culturalmente e socialmente mediocre, dovrebbe garantire un governo 'stabile' e, tutto sommato, giusto.


Negli "Uccelli"di Aristofane è possibile riscontrare la rievocazione della città di Turi, la "nuova Sibari", fondata circa 30 anni prima da Atene, la quale era stata nell'immaginario popolare una sorta di miraggio di città 'ideale', un paradiso di 'facile ricchezza'.

Per la sua creazione fu mobilitato un corpo propagandistico di enormi proporzioni per dare risonanza all'evento.

Il progetto iniziale era quello di fondare una polis cosmopolita, in cui si sarebbero riunite le genti di tutta la Grecia, per generare una società che avrebbe dovuto adottare i vantaggi delle proprie polis.

A dirigere la città doveva essere una forma di governo mista tra la democrazia Ateniese e l'oligarchia Spartana.

Vi parteciparono anche personalità di grande prestigio come lo storico Erodoto, il sofista Protagora, l'archittetto-urbanista Ippodamo di Mileto, l'oratore Lisia da giovane, forse anche il filosofo Empedocle.

In realtà tutto il progetto era una mossa strategica di Pericle per estendere l'egemonia di Atene nella Magna Grecia.

Si potrebbe così pensare ad una comparazione con gli "Uccelli" di Aristofane dove Evelpide e Pistetero sono rispettivamente gli intellettuali desiderosi di fondare una città in cui attuare i loro progetti 'ideali' sociali, politici ed urbanistici e Pericle, bramoso di espansione e conquista.

Il progetto della città della 'convivenza' non ebbe successo : i Sibariti furono espulsi ben presto dalla città, e non si riuscì neanche ad attuare un autogoverno stabile in quanto si verificarono una serie di successioni della componente Ateniese con quella Spartana.

Inoltre la città fu caratterizzata da una storia di conflitti sia interni, tra le diverse fazioni politiche per il governo della città, e sia esterni, contro le altre città vicine.

Successivamente, dal fallimento di Turi, viene abbandonata la concezione di creare una società basata su leggi razionali per garantire tranquillità ed equità ai cittadini, ma si ricorse ad immaginare luoghi mitici e fantastici, impossibili da realizzare, scritti con finalità prettamente ludiche e letti per l'esclusivo gusto esotico.

Non si utilizzerà più il dialogo od il trattato per la descrizione di questi luoghi, ma si ricorrerà al racconto di viaggi o al romanzo, riconosciuti come mezzi letterati più leggeri.

Così ritroviamo la Terra di Merope di Teopompo di Chio, gli Iperborei di Ecateo di Abdera, la Panchaia di Evemero, la Città del Sole di Giambulo fino ad arrivare allo scritto Sulla faccia della luna di Plutarco ed alla Storia vera di Luciano (?!).



Nella civiltà Romana ritroviamo solo in pochi autori la tematica utopica, peraltro sviluppata in maniera marginale se non del tutto in modo altamente superficiale. D'altronde quello Romano era un impero di vaste proporzioni,  politicamente e militarmente avanzato, caratterizzato da un forte senso giuridico, dall'orgoglio per la civis e dalla concretezza, al contrario vi era una scarsa propensione all'astrazione filosofica.


[Seneca]


Neanche nel medioevo, periodo in cui vi fu la crisi di quasi tutti i generi letterari, fu ripresa questa tematica.


Bisognerà aspettare l'umanesimo, epoca in cui s'iniziò a pensare a nuove dottrine e a nuovi sistemi politici per migliorare la società del tempo.

Così ritroviamo l'opera "Utopia" di S. Tommaso Moro, statista e filosofo inglese del XVI sec. Nel suo scritto, pubblicato nel 1516, immaginava di aver appreso da un marinaio conoscitore di terre lontane, Raffaele Itlodeo, un isola in cui gli abitanti vivevano nella più totale tranquillità, pace e benessere.

Nella prima parte del trattato vi è un dialogo tra l'autore stesso e Raffaele Itlodeo in cui vengono denunciati i mali dell'Inghilterra del suo tempo come il problema della nobiltà parassitaria, la pena di morte ed i lati negativi della proprietà privata. Aumentava così il divario tra ricchi e poveri e costringeva questi ultimi ad una forte dipendenza verso la nobiltà portandoli a mendicare e a fare lavori pesanti e poco retribuiti.

E' bene chiarire che però questa opera non descrive una società 'possibile' da realizzare in Inghilterra o in qualsiasi altro posto del mondo. Al contrario di Niccolò Macchiavelli, il quale nell'opera "Il principe", presentata lo stesso anno di "Utopia" a Lorenzo de' Medici, partiva dalla società esistente in Italia, per esporre delle teorie da applicare per migliorare lo stato attuale.

Lo stesso Tommaso Moro è ben conscio che la società da lui immaginata è del tutto irrealizzabile e ciò lo si può anche percepire dall'uso che fa di certi nomi come 'ademo' (senza popolo) per designare il principe o Anidro (senz'acqua) per indicare il fiume vicino ad Amauroto (città invisibile).

Dopo il dialogo iniziale tra Raffaele Itlodeo e l'autore, vi è la descrizione dell'isola di Utopia.

Innanzitutto secondo la legge tutti i cittadini sono uguali. In realtà fra di loro esistono delle differenze di classe. La prima è quella tra cittadini liberi e schiavi : questi ultimi non sono né prigionieri di guerra né figli di altri schiavi ma più semplicemente ladri che hanno commesso dei reati gravi. La seconda differenza sta tra i 'lavoratori', i 'letterati' ed i 'governatori'.

I primi, di cui è composta la stragrande maggioranza della popolazione, sono i cittadini (sia uomini e donne) che per legge devono possedere un'occupazione e devono lavorare sei ore al giorno. Le rimanenti sei ore del giorno le possono dedicare a qualsiasi altra attività vogliano : sia al culto che allo svago o allo studio.

Tra questi, i più meritevoli nello studio, sono esentati dalle sei ore lavorative e vengono incaricati come sacerdoti, ambasciatori o persone facenti parte delle istituzioni.
Infine vi sono i 'governatori', i quali sono i principi, i protofilarchi ed i filarchi. Questi compongono il senato, ovvero l'organo decisionale di ogni città dell'isola.

Sono cariche elettive : ogni dieci famiglie si elegge un filarco, ogni dieci filarchi si elegge un protofilarco ed infine tutti i protofilarchi eleggono un principe a vita per la città.

Similmente al pensiero di Platone nella "Repubblica", è abolita la proprietà privata, accusata di produrre egoismo e conflitto : i cittadini lavorano con l'unico scopo di provvedere al proprio sostentamento.

Non vi è un esercito per la difesa della nazione, ma sono i cittadini stessi che si trasformano in 'difensori' all'occorrenza. Inoltre in nessun caso è ammessa l'aggressione verso altre nazioni.

Le leggi sono poche, basilari e chiare, in modo che rimangano bene impresse agli abitanti.

Non vi è una religione di stato, ad ogni cittadino è permesso professare il proprio culto liberamente. Tuttavia non è ammesso l'ateismo, in quanto secondo Tommaso Moro, è indice di intransigenza ed intolleranza.

Anche nella famiglia si forma una scala gerarchica secondo cui il capofamiglia deve essere la persona più anziana, inoltre i figli devono ubbidire al proprio padre così come la moglie al marito.

Piuttosto bizzarra è la parte relativa al matrimonio, regolato secondo severe leggi, al fine di preservare la famiglia e la moralità. Infatti prima di sposarsi i due interessati vengono fatti spogliare e fatti vedere l'un all'altro per verificare che non vi siano imperfezioni fisiche che possano compromettere il rapporto d'amore instauratosi dopo il matrimonio.


Quello di Tommaso Moro è il primo di una serie di scritti che in un epoca di intesi conflitti e contrasti in tutta Europa, tenta di un immaginare un mondo alternativo, perfetto.

Al 1602 risale la prima stesura della "Città del Sole" del filosofo calabrese Tommaso Campanella, in cui s'immagina un dialogo tra un cavaliere di Malta ed un ammiraglio genovese di ritorno da un viaggio intorno al mondo.

Questi racconta di aver visto un isola all'altezza dell'equatore, identificata da alcuni critici all'odierno Sri Lanka, in cui sorgeva la "Città del Sole", una fortezza praticamente inespugnabile circondata da sette mura ed avente quattro ingressi situati in corrispondenza dei quattro punti cardinali.

Il capo assoluto della città è il sacerdote Sole o Metafisico, al quale vengono associati tre principi con funzioni di collaborazione : Pon (Potenza), Sin (Sapienza) e Mor (Amore). Il primo si occupa dell'esercito e dell'arte militare, il secondo dell'istruzione e delle scienze, infine Mor dell'educazione, della generazione, della salute, del vestiario e del cibo.

Sullo stesso filone di Platone è abolita la proprietà privata, accusata di produrre egoismo e conflitti e, una volta eliminata, secondo Campanella dovrebbero scomparire tutti i reati ad essa connessi.

Vi è quindi la totale messa in comune di ogni bene quali il vitto, le scienze, gli svaghi e perfino le donne! Anche i figli sono cresciuti in comune.

Particolare rilievo viene data all'educazione, regolata secondo precise leggi. Essa è uguale per qualsiasi bambino ed inizia all'età di 3 anni e praticamente non ha fine.

Infatti tutti i cittadini hanno la giornata lavorativa fissata a 4 ore ed il resto del tempo è dedicato oltre che alla preghiera, all'apprendimento e ed allo studio.

Vi è una sorta di forte ripudio verso il commercio, l'unica forma di scambio tollerata è il baratto.

Infine vi è un ampia parte dedicata alla religione : i cittadini credono nell'immortalità dell'anima, inoltre il Sole, capo assoluto della città, riesce a capire i bisogni di questa tramite un complesso sistema piramidale di 'confessioni'.

Analogamente a quanto aveva fatto Tommaso Moro, anche Campanella denuncia quali sono secondo lui i mali del suo tempo : "la tirannide , cioè il degenerare del potere politico in un arbitrio umano che ha smarrito il rapporto con l' autorità divina; i sofismi, cioè il degenerare della cultura in un verbalismo che ha perso il rapporto con la realtà; l' ipocrisia, cioè il degenerare di una religiosità che ha dimenticato il rapporto con l' interiorità".

Benché vi sia il rifiuto della schiavitù, la società disegnata dal filosofo calabrese appare molto meno moderna a quella immaginata quasi un secolo prima dallo statista inglese a causa di un forte e rigido controllo su tutte le attività, basti pensare che persino gli incontri tra due spasimanti devono essere fissati da appositi funzionari.

Da ricordare che Campanella pochi mesi prima della stesura del suo scritto, organizzò una congiura per liberare la Calabria dal dominio spagnolo ed instaurare una sorta di 'comunismo' simile a quello esposto.

Tuttavia la congiura fu presto scoperta, ed egli evitò la condanna a morte fingendosi pazzo. Rimase in carcere per ben 27 anni!


A concludere il filone utopico del periodo umanista sarà sir Francis Bacon (successivamente italianizzato in Francesco Bacone), filosofo, magistrato e politico inglese del XVII sec. con lo scritto "La nuova Atlantide", composto tra il 1614 e il 1617, rivisto nel 1624 ma mai completato.

E' bene notare che Bacone, durante la sua carica di magistrato, fu accusato di aver ricevuto denaro da una delle parti che doveva giudicare e, condannato di corruzione, dovette ritirarsi dagli incarichi ricoperti, ma grazie alla grazia concessagli personalmente dal re d'Inghilterra, non fu incarcerato.

Tuttavia Bacone è anche è anche uno dei capostipiti del metodo scientifico moderno, inoltre nei suoi scritti enuncia delle teorie per migliorare la società attuale. Egli quindi potrebbe essere definito disonesto dal punto di vista politico, ma onesto da quello etico.

In "La nuova Atlantide" immagina di essere naufragato in un isola fino ad allora sconosciuta, su cui sorge la città di Bensalem, e che dopo aver superato una prima riluttanza da parte dei suoi abitanti, riuscirà ad entrare ed a conoscere il sistema e la società della città stessa.

In seguito, nel suo scritto, giustificherà l'avversione all'accoglienza dei suoi cittadini per volontà del saggio re Salomone, il quale, per preservare la civiltà locale, fece una scelta isolazionistica.

Viene riaffermato il valore della famiglia, vista come istituzione basilare della società. In contrapposizione a Platone, il quale l'aveva abolita per i governanti ed i custodi, e a Campanella che invece l'aveva duramente criticata in quanto sorgente di corruzione, tendente a privilegiare l'interesse privato rispetto a quello pubblico.

E' descritta anche la "Festa della Famiglia", che ogni cittadino può richiedere qualora provi di possedere almeno trenta discendenti in vita di età maggiore ai tre anni. Essa viene celebrata completamente a spese dello stato.

L'atto sessuale è permesso anche prima del matrimonio, anzi ne è proprio la base per consolidare un futuro rapporto. Non mancano quindi critiche anche a Tommaso Moro, il quale richiedeva che la sposa dovesse essere vergine e che prima del matrimonio i due interessati si vedessero nudi.

Viene rivisto il tema della religione, che per Campanella aveva assunto una singolare importanza, mentre in Bacone viene limitato all'unico compito di tenere a freno ai vizi.

Da notare che i cittadini di Bensalem sono tutti cristiani.

Al di là della famiglia, particolare rilievo assume la parte relativa alla scienza. La città viene concepita come un grande laboratorio scientifico all'aria aperta in cui vengono studiati tutti i fenomeni della natura e sperimentate nuove tecniche e invenzioni nei più disparati campi: "vi sono luoghi per vari tipi di esperienze: caverne, stagni, cascate, pozzi, fonti, osservatori marini grazie ai quali condurre esperimenti in condizioni ambientali particolari; laboratori per esperimenti meteorologici, case di cura e termali, orti botanici, giardini zoologici, gabinetti ottici, laboratori per lo studio dei suoni e dei profumi, officine meccaniche."

Secondo Bacone il sapere scientifico e tecnologico è la vera chiave per garantire il benessere di tutti i cittadini.

Quella di Bensalem ne risulta essere una civiltà scientificamente avanzata, in cui l'uomo ha addirittura imparato a volare o ha già inventato medicine in grado di allungare la vita.

A governare la città non sono più i filosofi di Platone, detentori di una conoscenza 'astratta', né addirittura il sacerdote di Campanella, il quale non è detto che abbia delle capacità innate per farlo, ma gli scienziati, detentori di un sapere 'pratico'.

Di particolare interesse è la critica che muove D. Fusaro a Bacone, in quanto non è detto che uno scienziato sia un buon politico : "se si ha al governo un medico , per dire, ed egli con le sue competenze tecniche proibisce il fumo da medico avrà senz' altro agito benissimo, ma non é detto che da politico abbia agito altrettanto bene : sono due aspetti in fin dei conti piuttosto distinti la tecnica e la politica."

A questo punto Bacone ne approfitta per stabilire la differenza tra maghi e scienziati.

I primi sono individui di qualità eccezionali che insegnano segreti solo agli apprendisti stregoni, prestando attenzione che essi non trapelino e non vengano conosciuti dal resto della società. Non a caso il mago scrive in un linguaggio ermetico, per non farsi capire dal popolo : il sapere quindi rimane in mano solo a pochi eletti.

Gli scienziati collaborano, invece, per arrivare ad un bene collettivo, fruibile a tutti, il quale non è frutto del talento o di grandi intuizioni di un singolo individuo ma del lavoro di una "équipe" di scienziati dove ciascuno di essi contribuisce inserendo un tassello all'opera finale.

A Bensalem quindi si può ritrovare una grande comunità di scienziati che lavorando in cooperativa contribuiscono al benessere di tutti.


E' possibile riscontrare delle analogie tra l'opera di Moro (Utopia), quella di Campanella (La città del Sole) e quella di Bacone (Nuova Atlantide).

La prima è che i luoghi descritti sono tutti e tre delle isole poste a distanze lontanissime dall'Europa e la loro posizione non è chiaramente specificata. Ciò tende a dare anche un carattere mitologico e fantastico alle 3 opere.

Tutte e tre le società sono fondate sul lavoro, e secondo una razionalizzazione di questo e grazie ad una partecipazione di tutti gli elementi della società, donne comprese, vi è una diminuzione delle ore destinate al lavoro ed una maggiore produttività da parte della comunità.

Vi è un totale rifiuto verso la guerra, viene supposta solo la difesa da parte di una milizia civile o di un esercito permanente in caso di aggressione di un altro stato.
Infine tutte e tre le società sono 'precomuniste', caratterizzate dall'abolizione della proprietà privata, ed è lo stato che si occupa della distribuzione dei beni.

Da notare come in Moro vengano approfonditi più l'aspetto relativo alla società ed alle istituzioni, in Campanella più quello relativo all'educazione ed alla religione, mentre in Bacone quello relativo alla famiglia ed alla scienza.


In ogni caso a questo filone si aggiungeranno ben presto dei romanzi o dei trattati in cui verranno immaginate delle società 'ideali' proiettate su isole fantastiche : basti pensare al "Naufragio delle isole galleggianti" (1753) di Morelly, "Supplemento al viaggio del signor Bougainville (1772) di Diderot, "I viaggi di Gulliver" (1726) di Swift, "L'anno 2440" (1771) di L. S. Mercier,  "Viaggio in Icaria" (1840) di Cabet, "Erewhon" (1872) di Butler.

Tuttavia gli autori di questo filone di scritti sono ben consci che le società da loro proposte sono totalmente irrealizzabili e quindi si possono definire dei 'sogni' di come vorrebbero che fosse la società contemporanea.

Nel 1800 si aggiungerà un nuovo filone di pensatori che ipotizzeranno dei sistemi politici in grado di formulare delle società 'ideali'. I più importanti saranno Michail Bakunin, padre dell'ideologia del movimento anarchico, e Karl Marx, padre del comunismo.


Michail Bakunin, vissuto in un periodo di incessanti conflitti tra i lavoratori e la classe dirigente, fu un filosofo russo impegnato costantemente in moti rivoluzionari un po' in tutta l'Europa, fu incarcerato numerose volte e perfino sconfinato in Siberia nel 1861.

In "Stato ed Anarchia", la sua opera principale, pubblicata nel 1873 in russo, esponeva la sue tesi per la realizzazione di una società 'ideale', anarchica.

Egli vedeva lo stato, identificato nelle istituzioni repressive come la polizia, la magistratura, il carcere e l'esercito, come il principale oppressore dell'uomo che, invece, nasceva libero.

Non vi è, al contrario di Marx, una distinzione tra il capitalismo e gli altri sistemi politici : per Bakunin il capitalismo non è che un altro sistema burocratizzato e gerarchizzato che si serve dello stato per attuare i suoi meschini disegni.

Condanna anche il sistema proposto da Mazzini, in quanto non è che sia necessario separare il potere spirituale della Chiesa da quello temporale che invece deve avere lo Stato, ma, invece, è necessaria l'abolizione di entrambe le istituzioni.

C'è da dire, inoltre, che al tempo di Bakunin, ormai il sistema rivoluzionario di Mazzini non faceva più paura agli stati europei!

Quello del filosofo russo, insomma, è un sistema mancante del più totale controllo da parte di alcuna istituzione, gli uomini devono provvedere al proprio sostentamento cordialmente e pacificamente senza che vi sia l'intervento di alcun organo superiore potenzialmente prevaricatore ed oppressore.

Rifacendosi a Proudhon, Bakunin crede che una volta instauratosi l'anarchia, i cittadini siano in grado di riunirsi pacificamente prima in comuni, successivamente in federazioni regionali che a loro volta saranno in grado di riunirsi in una più grande federazione che, al limite, potrà estendersi a tutta l'umanità.

Per attuare la rivoluzione, non ci sarà un sistema politico superiore a cui si farà a capo, né il fulcro sarà composto propriamente dal proletariato sociale (la massa operaia), ma bensì dal sotto-proletariato, composto dalle masse diseredate e degradate (in particolare le plebi contadine), sotto la guida di una ristretta cerchia di intellettuali 'declassati', emarginati dagli strati sociali.

La massa del sotto-proletariato dovrebbe quindi, anche con l'uso della violenza riuscire, a prevaricare la forza repressiva dello stato.

Le teorie del filosofo russo furono molto seguite nell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, in modo particolare in Spagna ed in Italia, paesi che, a quel tempo, erano fortemente arretrati dal punto di vista economico e sociale.

Inoltre alcune tesi da lui sostenute furono riprese anche da Lenin all'indomani della rivoluzione russa nell'ottobre del 1917.

Tuttavia, storicamente l'anarchia non si affermò mai per un periodo lungo, anzi ci fu solo in fasi di transizione seguenti ad una rivoluzione sociale di vasta scala.

In ogni caso, a causa della voluta mancanza di controllo da parte di alcun organo, ebbe sempre un carattere degenerativo e mai aspetti positivi.

La morale di fondo che ne traggo è che l'uomo di per sé è una brutta bestia e che quando ne ha la possibilità, senza che alcun organo glie lo impedisca, ha sempre la misera tendenza che lo porta alla prevaricazione verso un altro pari.

Karl Marx, filosofo, economista e politico tedesco, si propone lo stesso intento di Bakunin, ovvero la cancellazione delle distinzioni di classi e la creazione di un'unica classe egualitaria, in cui la ricchezza è distribuita in modo uguale, ma per arrivare a ciò parte da un analisi più profonda e più specifica.

Marx individua un conflitto che si protrae nella storia fin dall'antichità, in cui vi è sempre una ristretta classe detentrice dei mezzi di produzione, usati per mantenere il potere, ed una classe povera, priva di questi mezzi, soggiogata e quindi sottomessa : cittadini e schiavi erano le due classi in lotta all'epoca dei greci, patrizi e plebei quelle all'epoca dell'Impero Romano, poi vennero le lotte tra nobili e servi della gleba nel medioevo, infine, nell'epoca contemporanea a Marx, le due classi in lotta sono il capitalismo (gli industriali) e il proletariato (gli operai).

Tuttavia, crede che nel capitalismo si produrrà un tremendo "effetto a catena" che lo porterà ad una profonda degenerazione, che comporterà il suo stesso superamento.

L'imprenditore cercherà sempre di più a trarre un maggiore profitto dalla merce, per fare ciò innanzitutto investirà sempre di più in nuovi macchinari in grado di produrre di più ma che toglieranno sempre più occupazione agli operai.

Il mercato degli operai, secondo Marx, funziona in modo analogo a quello delle merci : vi sarà una maggiore domanda di manodopera che comporterà una diminuzione dei salari seguita da una esasperazione della giornata lavorativa dell'operaio stesso.

Di fronte ad una maggiore disoccupazione ed ad una diminuzione della possibilità d'acquisto da parte della massa operaia, si creerà una crisi di sovrapproduzione che a sua volta comporterà un ulteriore esasperazione di competitività tra le varie industrie, le quali tenderanno a creare dei monopoli a scapito dei concorrenti.

Si verrà così a generare una situazione di forte contraddizione sociale in cui la stragrande maggior parte della ricchezza sarà nelle mani di pochi capitalisti mentre il resto della popolazione, composta dal proletariato, sarà ridotta alla miseria.

Il proletariato, quindi, tramite una rivoluzione, che comporterà l'espropriazione dei mezzi di produzione (le fabbriche) e l'abolizione della classe dominante.

Solo così si potrà interrompere il conflitto di classe tra 'ricchi' e 'poveri' che si protrae praticamente dall'inizio dell'umanità.

Ad una prima fase di dittatura da parte del proletariato seguirà il Comunismo : i mezzi di produzione saranno a disposizione dell'intera comunità così come qualsiasi altro bene.

Per rispondere alla critica di Bakunin secondo cui lo stato, così come la religione, sono dei mezzi di oppressione e quindi sono istituzioni da abolire, è necessario capire che per Marx la vera struttura di uno stato è l'economia, lo stato stesso e la religione sono dei caratteri secondari (sono la cosiddetta 'sovrastruttura') che dipendono dall'economia, e quindi una volta modificata questa, cambieranno anche i caratteri dello stato.

A differenza di Bakunin le tesi esposte da Marx ebbero grande seguito nei paesi più industrializzati come Francia e Germania.

Alcune delle sue teorie furono infatti attuate nella Comune di Parigi del 1872, ma questa storicamente non ebbe un gran successo, anzi.


Tuttavia, ironia della sorte, il comunismo si andò invece affermando proprio in paesi economicamente 'poveri' come la Cina o la Russia : le teorie di Marx furono infatti riprese da Mao Tse Tung e da Lenin e costituivano l'ideologia di fondo della Terza Internazionale.


[Lenin / Esperienza del comunismo in Russia]


La tematica dell'utopia la si può anche intravedere anche da un punto di vista prettamente letterario ed è possibile analizzarla tramite il futurismo italiano, movimento letterario che si sviluppò dal 1909 fino all'inizio della seconda guerra mondiale.

Al 1909 risale infatti la pubblicazione a Parigi da parte di Marinetti del "Manifesto del Futurismo", dal quale è possibile capire gli scopi che si proponeva questa corrente.

E' un movimento aggressivo, affascinato dalla velocità, dalla "guerra -  sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore del liberatori, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna."

Vi è inoltre il rifiuto d'ogni aspetto del passato : "Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie", è necessario pertanto elaborare uno stile libero ed un pensiero nuovo.

Vi è quindi un nuovo stile, in cui ovviamente non vi è alcun elemento proveniente dalla cultura classica o ottocentesca, ma anzi vi è una totale rielaborazione caratterizzata dall'uso delle "parole in libertà", ovvero nella mancanza di qualsiasi legame sintattico - grammaticale fra loro.

La giustificazione della guerra, da parte dei futuristi, è perché è l'unico modo per cancellare il passato e costruire un nuovo mondo.

I futuristi, infatti, furono tutti interventisti all'inizio della prima guerra mondiale, e successivamente fu un movimento fortemente legato al fascismo.

Ma la glorificazione della guerra fu ben presto un illusione che disperse, durante e dopo la prima guerra mondiale, molti degli intellettuali e dei letterati che fino a prima avevano dato pieno appoggio a questo movimento.

La conoscenza e il vivere in prima persona gli orrori che provoca la guerra, d'altronde, ha avuto effetti shockanti su di loro.

Anche il dopoguerra, caratterizzato da un periodo difficile e doloroso, che apriva un futuro non facile ma anzi totalmente ignoto, fu un'altra delle cause per la morte del movimento.

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