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Un'esposizione universale particolare: l'e42




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UN'ESPOSIZIONE UNIVERSALE PARTICOLARE: L'E42

".i rinnovamenti più indovinati e più organici delle grandi metropoli moderne sono stati il più spesso ideati ed eseguiti in occasione di esposizioni universali."[1]

VITTORIO  CINI (commissario generale dell'Esposizione Universale Roma)


Il 31 marzo 2008 la città di Milano si è aggiudicata l'organizzazione dell'esposizione universale del 2015 battendo la concorrenza della città turca di Smirne.

Un'esposizione universale è un'imponente manifestazione di tipo fieristico caratterizzata da un tema specifico e ospitata da un unico Paese organizzatore ma con la partecipazione di più Nazioni e/o organizzatori internazionali.  L'organismo che regola e monitora la qualità delle esposizioni è il BIE (acronimo di Bureau of International Expositions o Bureau International des Expositions). Queste manifestazioni colossali differiscono dalle altre fiere minori (e dalle esposizioni internazionali e specializzate) perché richiedono solitamente una progettazione da zero dei padiglioni in cui vengono ospitate le mostre espositive e questo ha spesso spinto le nazioni organizzatrici di tali eventi a una vera e propria competizione per la struttura più spettacolare e memorabile.

Considerato l'elevato numero di Paesi che hanno aderito all'organizzazione che gestisce le esposizioni, questi avvenimenti rappresentano inoltre un rilevante strumento per migliorare le relazioni tra i Paesi che vi partecipano oltre che una notevole occasione per esprimere e pubblicizzare la propria cultura e un veicolo di scambio culturale. Sono proprio questi, come si legge da una nota ufficiale, gli obiettivi dell'Ufficio Internazionale delle Esposizioni (BIE).

" .una expo è un luogo unico dove si pratica educazione attraverso sperimentazione, cooperazione attraverso partecipazione e sviluppo attraverso innovazione. Sono un messaggio d'interesse universale; un'esperienza educativa e ricreativa, laboratori di sperimentazione che mostrano le novità e lo straordinario"[2].

Oltre che dal punto di vista politico-culturale, le esposizioni hanno sempre avuto un notevole impatto anche sull'economia dei Paesi organizzatori. L'organizzazione di tali eventi richiede, infatti, cospicui investimenti. Questi però, soprattutto nei tempi recenti, hanno fruttato un rilevante incremento del locale fatturato imprenditoriale, la creazione di nuovi posti di lavoro oltre che un naturale aumento dell'afflusso di turisti nel periodo interessato dalla manifestazione.

Le esposizioni universali hanno rivestito un ruolo importante anche nella storia dell'architettura, perché per il loro allestimento si sono spesso impegnati architetti aperti a stili innovativi e a inedite sperimentazioni tecniche che hanno plasmato opere divenute in seguito celeberrime. I casi più noti del passato riguardano Londra e Parigi.

Per l'Esposizione Universale del 1851, organizzata da Londra sul tema " Industria di tutte le nazioni", il famoso architetto britannico costruttore di serre Joseph Paxton progettò una struttura in ferro, legno e vetro in cui sarebbe stata poi racchiusa tutta l'esposizione: il Crystal Palace. L'opera di Paxton era fortemente innovativa per il fatto che i materiali utilizzati erano prefabbricati e prodotti in serie. Questo fece sì che l'edificio potesse essere eretto in soli quattro mesi e potesse essere in seguito smontato e ricostruito in un'altra zona della città (oggi l'edificio non esiste più in quanto distrutto da un rogo il 30 novembre del 1936). La tecnica costruttiva utilizzata da Paxton ispirò molti altri architetti nei successivi decenni.

Ancora più famosa è l'opera che venne posta all'entrata dell'Esposizione Universale di Parigi del 1889, una manifestazione mondiale indetta per celebrare i cento anni della Rivoluzione Francese: si tratta della Torre Eiffel. La torre è così chiamata dal nome del suo progettista Gustave Eiffel, lo stesso costruttore della Statua della Libertà. Secondo le prime disposizioni la struttura avrebbe dovuto rimanere in piedi per soli venti anni ma vista l'utilità della struttura per motivi di comunicazione e come laboratorio per studi scientifici le fu permesso di rimanere nel cuore di Parigi anche in seguito. La Torre Eiffel è considerata oggigiorno uno degli esempi di arte architettonica più straordinari al mondo e costituisce uno dei simboli della città di Parigi.

Per questi motivi dunque l'Expo 2015 potrebbe rappresentare un importante trampolino di lancio per la città di Milano.

L'Italia già in passato ha ospitato altre esposizioni internazionali e universali che l'hanno arricchita di opere nuove.

La prima che si svolse in Italia, riconosciuta dal Bie, fu quella ospitata da Milano nel 1906 il cui tema era quello dei trasporti. Fu questa l'occasione per celebrare il traforo del Sempione (raffigurato anche sui manifesti propagandistici dell'esposizione) che sarebbe stato inaugurato nello stesso anno.


L'ultima tenutasi in Italia è invece l'Expo Internazionale di Genova del 92, incentrata sul tema "La Nave e il Mare". L'esposizione fu indetta per celebrare il cinquecentesimo anniversario della scoperta delle Americhe da parte del genovese Cristoforo Colombo ed ha portato al rinnovamento del Porto Antico della città ligure per opera di Renzo Piano. Dell'evento sono rimasti visitabili l'Acquario (il più importante d'Italia oltre che uno dei più noti nel mondo) e il Bigo (un ascensore panoramico ispirato nelle forme

alle gru da carico montate sulle navi).


Tra le esposizioni universali succedutesi nel corso degli ultimi 150 anni una delle più famose in assoluto, nonostante non si sia mai tenuta a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale, è quella che avrebbe dovuto svolgersi a Roma nel 1942, denominata inizialmente E42.
I primi documenti ufficiali in cui si cita una manifestazione universale da tenersi a Roma risalgono a un carteggio del 1936 tra il governatore di Roma Giuseppe Bottai e Benito Mussolini.
Pochi giorni prima, il 9 maggio 1936, al termine della cruenta guerra d'Etiopia, il Duce aveva proclamato dal balcone di Piazza Venezia la nascita dell'Impero Coloniale Italiano costituito dall'Etiopia, dall'Eritrea, dalla Somalia Italiana (che costituivano l'AOI, cioè l'Africa Orientale Italiana) e dalle colonie che l'Italia aveva annesso in precedenza (Libia, Rodi, Isole del Dodecaneso). Roma era così divenuta la capitale di un impero e, per celebrare questo nuovo ruolo della città e del Paese, Bottai propose a Mussolini di organizzare una manifestazione internazionale da far coincidere con le celebrazioni del 20° anno dalla fondazione dei Fasci di combattimento. L'idea di Bottai fu accolta con favore da Mussolini che però preferiva far coincidere l'evento con il ventennale della marcia su Roma.Ottenute così le necessarie approvazioni internazionali dagli organi competenti, fu promulgata nel 1937 una legge che istituiva per il 1942 un'esposizione universale da tenersi a Roma.

Mussolini, conscio dell'importanza dell'evento, s'impegnò spesso in prima persona affinché tale manifestazione fosse superiore a quelle tenutesi in precedenza.

I progettisti scelti dai fascisti in un primo momento furono Marcello Piacentini (colui che aveva creato un neoclassicismo semplificato che voleva essere a metà strada tra il classicismo e il razionalismo di Terragni e Pagano), Giuseppe Pagano Pogatschnig, Luigi Piccinato (razionalista che era stato da giovane assistente di Piacentini), Ettore Rossi e Luigi Vietti. Questi architetti rappresentavano (insieme a Terragni e G. Muzio) il meglio dell'architettura italiana del tempo ma, ben presto, alcuni di loro si dimisero dagli incarichi affidatigli per i contrasti sorti con Piacentini oltre che per il malcontento derivato dal fatto che i fascisti richiedevano espressamente agli architetti dell'Eur (questa era la sigla dell'esposizione, acronimo di Esposizione Universale Roma) di abbandonare il linguaggio innovativo delle avanguardie e di puntare al monumentalismo. Piacentini si trovò così ad essere, nel giro di breve tempo, il coordinatore della progettazione dell'E42 e, insieme con gli organizzatori che lo coadiuvavano, rispose alla volontà del Duce di creare una profonda differenza tra questa esposizione e le precedenti. Per la prima volta un'esposizione universale avrebbe dovuto avere carattere stabile e, una volta finita, essa non sarebbe scomparsa né avrebbe lasciato quelle poche cose come qualche strada o qualche ponte che normalmente le esposizioni precedenti avevano lasciato. Le strutture dell'E42 sarebbero rimaste nel tempo e avrebbero costituito un nuovo monumentale quartiere cittadino. Tale quartiere (oggi quartiere Europa), oltre agli intenti celebrativi, avrebbe anche assolto la funzione di favorire lo sviluppo di Roma verso il mare. L'EUR, infatti, è collocato lungo un'asse fortemente propagandistico che parte da piazza Venezia, attraversa la via Imperiale (voluta dallo stesso Mussolini) e avrebbe dovuto collegare la città, l'esposizione e il mare.

Oltre ai nuovi contenuti architettonici emergono anche le diverse finalità dell'evento rispetto ai precedenti nel suo genere. L'esposizione non avrebbe dovuto avere più finalità prettamente economiche come quelle passate ma sarebbe dovuta essere un'esposizione universale che celebrasse il prestigio e la potenza dell'Italia fascista che si sentiva erede delle glorie della Roma antica.

Il titolo della manifestazione sarebbe stato "Olimpiadi della civiltà: ieri, oggi, domani" e come simbolo dell'evento venne scelto l'aureo di Adriano ripetuto nel sesterzio Antonino Pio dove per la prima volta compare la dicitura ROMA AETERNA.

Proprio questa dicitura poneva l'accento sulla volontà di rifarsi a un passato glorioso di cui i fascisti si sentivano eredi. Per questo motivo, come scrisse Piacentini in un suo articolo pubblicato sulla rivista bimestrale dell'esposizione, questo quartiere dal punto di vista architettonico avrebbe dovuto essere "storicamente ed esteticamente inquadrato con le altre parti della città e il fondamento dell'ispirazione avrebbe dovuto essere lo stesso delle realizzazioni classiche".

I principi dell'arte classica sarebbero stati infatti rispettati tanto per i singoli edifici quanto per la concezione generale del quartiere.

L'ispirazione ai modelli classici è evidente nello schema planimetrico del quartiere che è impostato su un sistema di assi principali, ortogonali tra loro. I progettisti dell'E42 riproposero, infatti, lo schema urbanistico della città romana: un ampio viale centrale in direzione nord-sud che nelle città romane veniva chiamato cardo (attualmente via Cristoforo Colombo), tagliato trasversalmente da strade secondarie che i romani avrebbero definito decumani. L'area risulta così essere suddivisa in isolati quadrangolari secondo l'operazione che nell'antichità veniva chiamata centuriazione (dal nome degli appezzamenti regolari in cui il territorio era diviso che erano detti appunto centurie).

I modelli classici ispirarono naturalmente anche le architetture dell'EUR.

Nel quartiere, a primo impatto, colpiscono subito le architetture dei propilei (porticati antistanti alle porte di un tempio o di un palazzo e delle esedre che, come sostenuto dai progettisti, servivano a guidare gli occhi sugli edifici di maggiore interesse. Così agli occhi del visitatore che avrebbe oltrepassato la porta che dava accesso all'esposizione (la Porta Imperiale) si sarebbe aperta una visione che gli avrebbe ricordato quella dei fori della Roma imperiale.

Oltrepassata la Porta Imperiale si accedeva infatti nella Piazza delle Esedre (oggi piazza delle Nazioni Unite). E' questa una piazza che rispecchia il nuovo classicismo delle architetture voluto dal regime. Due esedre contrapposte delimitano la piazza proprio come avveniva nei Fori Imperiali e in particolare in quello di Traiano.

Nelle città della Roma antica il foro era il centro della vita cittadina e sorgeva là dove il cardo s'incrociava con il decumano. Il foro era solitamente costituito da una piazza (spesso porticata) sulla quale affacciava solitamente un tempio.

Il più famoso architetto romano, Vitruvio Pollione, nel De Architettura espone i punti principali di cui la progettazione di un foro deve tener conto[3]. In particolare si sofferma sul fatto che ogni foro avrebbe dovuto avere ampi portici sotto i quali avrebbero dovuto trovare posto le botteghe dei banchieri. Questi passi del testo di Vitruvio non passarono inosservati dagli architetti dell'EUR che concepirono per Piazza delle Esedre dei portici in cui probabilmente avrebbero dovuto trovare posto le biglietterie dell'esposizione.


Tuttavia il progetto originale di M. Paniconi e G. Pediconi, due giovani architetti romani cui era stato affiancato il più esperto G. Muzio, prevedeva anche quattro alte colonne sormontate da statue e dodici gruppi scultorei su bassi piedistalli che avrebbero evidenziato l'asse della via imperiale, oltre che quattro bassorilievi da realizzare sugli edifici che avrebbero celebrato le repubbliche marinare, l'impero fascista e le gesta di Roma contro Cartagine. Però, a causa dello scoppio delle ostilità belliche della seconda guerra mondiale, il progetto fu terminato solo nel dopo guerra e fu in parte rivisto e modificato. Tuttavia è ugualmente evidente il legame con gli edifici della Roma imperiale e in particolar modo con quelli realizzati da Apollodoro di Damasco nel foro di Traiano.

Tra gli edifici che si possono osservare oggi all'EUR, vi è un'altra opera che riprende esplicitamente una costruzione del Foro di Traiano: si tratta del bassorilievo in travertino realizzato da Publio Morbiducci sulla parete destra dell'ingresso del commissario di Palazzo degli Uffici. L'artista s'ispirò direttamente alla tradizione del rilievo storico romano e in particolare alla Colonna Traiana.

La Colonna Traiana venne eretta nel foro di Traiano tra il 110 d.C. e il 113 d.C. per celebrare le due vittoriose campagne militari di Traiano in Dacia. La Dacia era zona ricca di risorse minerarie e fu proprio l'oro dei Daci che consentì a Traiano di sostenere una politica di grandi lavori pubblici che portò tra l'altro alla costruzione del foro e dei mercati che portano il suo nome. La Colonna Traiana, attribuita allo stesso architetto del foro, è fasciata da un lungo nastro figurativo che narra i più importanti avvenimenti delle due guerre in Dacia. Al fregio celebrativo di età ellenistica come quello dell'ara di Pergamo, l'artista, identificato in Apollodoro di Damasco, lo stesso architetto del foro noto anche come Maestro delle imprese di Traiano o semplicemente Maestro di Traiano, sostituisce un'attenzione particolare alla storia che è raccontata secondo il suo esatto svolgimento.

Ed è proprio agli eventi storici che Publio Morbiducci (che aveva già visionato altre esposizioni in passato, partecipando tra l'altro all'Esposizione Universale di New York nel 1939) rivolge l'attenzione nello scolpire il proprio bassorilievo. Morbiducci illustra, infatti, la storia della città di Roma attraverso le sue opere edilizie, dalle origini leggendarie fino alla prima metà del XX secolo. Nel fregio si riconoscono numerosi edifici della Roma antica e della Roma moderna (Colosseo, Pantheon, basilica di san Pietro, Campidoglio, Vittoriano) e alcuni principali protagonisti della storia di Roma tra i quali Romolo, Remo, Ottaviano Augusto, Benito Mussolini. Nonostante non vi sia un nastro che si avvolga a spirale intorno alla colonna, è palese che l'opera di Morbiducci nasca da una rivisitazione delle colonne coclidi romane (e in particolare della Colonna Traiana) per quanto riguarda "il sistema di lettura in un interrotto fluire di episodi" e per la tecnica narrativa. Attraverso il susseguirsi continuo delle vicende di Roma, Morbiducci crea una sintetica celebrazione della "continuità" della storia e della grandezza della città dalle origini fino alla Roma di Mussolini. La composizione del bassorilievo appare unitaria, nonostante i numerosi episodi che vi sono raffigurati, grazie anche ad alcuni elementi di raccordo: i personaggi storici trionfanti a cavallo e i vexilla posti a sottolineare la continuità della gloria di Roma. Anche questo è un espediente ripreso dalla Colonna Traiana in cui il nesso collegante è dato dalla figura di Traiano che si ripete a scandire e a collegare le varie scene. Probabilmente è stato proprio il tema della continuità, sottolineato in quello che avrebbe dovuto essere il simbolo stesso della manifestazione che riportava appunto la dicitura ROMA AETERNA, che può aver suggerito all'artista di adottare questo schema.

Tuttavia il monumento simbolo della manifestazione avrebbe dovuto essere Palazzo della Civiltà Italiana, oggi meglio conosciuto come Colosseo Quadrato. Questo edificio, infatti, avrebbe dovuto ospitare la mostra della civiltà italiana e diventare subito dopo l'esposizione il museo stesso dell'evento. Per  questo motivo il palazzo sarebbe dovuto divenire il simbolo della continuità tra la gloria del passato e la grandezza del presente fascista. Così gli architetti Giovanni Guerrini, Bruno La Padula e Mario Romano, che erano stati i vincitori del concorso indetto dagli organizzatori della mostra, decisero di ispirarsi alla meraviglia architettonica del mondo antico, universalmente riconosciuta come simbolo di Roma: il Colosseo.

Il Colosseo era denominato dai romani Amphiteatrum Flavium (dal nome della famiglia imperiale dei Flavi che lo fece edificare tra il 72 e l'80 d.C.) ma è poi stato ribattezzato Colosseo (dal greco xolossòs) per la vicinanza di una gigantesca statua di Nerone, alta oltre 50 metri, che Nerone aveva fatto erigere durante il suo impero e che era sopravvissuta alla distruzione della Domus Aurea (anche se secondo altri il nome Colosseo è dovuto alle dimensioni colossali dell'edificio). Quest'opera rappresentava un gioiello ingegneristico per l'epoca poiché il solo modello a cui gli ingegneri romani potessero fare riferimento per raggruppare una grande massa di persone intorno a un'arena era il teatro greco. Nel teatro greco, però, la verticalizzazione dell'edificio, necessaria per raggruppare il maggior numero di spettatori possibile davanti alla scena, era ottenuta sfruttando il declivio naturale delle colline a cui veniva addossata la struttura. I progettisti romani invece, con stupefacente genialità, decisero di concepire un nuovo edificio a sviluppo verticale unendo le strutture portanti di due teatri greci dal lato su cui si svolgeva la scena (e da qui l'origine di anfiteatro). La maestosità dell'edificio fu tale che, nonostante le spoliazioni dei barbari che invasero Roma e degli stessi abitanti della città, chiunque lo osservasse ne rimasse stupefatto. Questo accadde anche al Venerabile Beda, il monaco anglosassone che nell'VII secolo d.C. dopo aver osservato l'opera pronunciò la famosa profezia: "Finché esisterà il Colosseo esisterà Roma, quando cadrà il Colosseo cadrà anche Roma, quando cadrà Roma cadrà anche il mondo" .

Gli architetti dell'EUR, rifacendosi a tanta grandezza, concepirono un'opera monumentale che rispondeva alle esigenze del neoclassicismo semplificato di Marcello Piacentini: il Colosseo Quadrato. I progettisti vollero dare così al palazzo "un'imponenza di massa a sviluppo verticale, una solennità grandiosa, una chiara espressione di romana italianità"[5].


Il risultato di tutto ciò è una struttura che conserva le qualità tipiche del classicismo: armonia, ritmo, proporzione, equilibrio. L'opera, divenuta col tempo un'icona architettonica del novecento italiano, è un parallelepipedo a base quadrata, alto 50 metri, che sorge su un podio con due gradinate collocate su due lati opposti. Ai quattro angoli del podio sono collocati quattro gruppi scultorei raffiguranti i dioscuri Castore e Polluce (i due mitici eroi greci figli di Zeus e Leda) realizzati da Morbiducci e da Alberto Felci, mentre sotto i fornici del pian terreno sono collocate ventotto statue in marmo che illustrano le arti e i mestieri (ovviamente riferiti alla civiltà italiana).

Caratteristico dell'opera è il motivo dell'arco a tutto sesto, ripetuto cinquantaquattro volte per ogni facciata (9 per fila e sei per colonna) non casualmente. Infatti, si dice che gli archi simbolizzino le lettere del nome Benito (6 come le file di archi per ogni facciata) e del cognome Mussolini (9 come le colonne di archi). Tuttavia non è per questa ragione che il motivo dell'arco è divenuto un elemento caratterizzante la costruzione. L'arco, infatti, come scrisse Piacentini, è stato assunto come elemento architettonico che collega passato e futuro, che richiama agli occhi del visitatore gli archi del Colosseo, per evidenziare, qualora non fosse già evidente, la continuità tra passato e presente.

Nel quartiere emerge dunque una gigantesca operazione storicista a dispetto di quanto fosse avvenuto nelle altre manifestazioni che avevano preceduto quella romana dove si era preferito dare sfoggio delle potenzialità tecnologiche di Paesi ospitanti proiettati verso il futuro.

Le scelte del regime tuttavia non furono condivise da tutti gli architetti che parteciparono alla progettazione delle opere. Le posizioni diverse determinarono contrasti e generarono dibattiti rimasti vivi per decenni tant'è che ancora oggi tra gli esperti si discute se per Roma l'EUR sia stato, vista la grande attenzione riservatagli, il primo quartiere moderno (nonostante il monumentalismo voluto del regime fascista) oppure se in realtà si possa considerare il quartiere, valutandone il risultato artistico, come un'occasione perduta per costruire un quartiere all'altezza di quelli che contemporaneamente sorgevano in Europa.

Riccardo Mariani, docente di progettazione urbanistica all'Università di Ginevra e autore di diverse opere sul quartiere Europa, sostiene che al tempo della progettazione dell'EUR non c'erano in Italia degli artisti di una qualità tale da poter far pensare a una soluzione moderna. Secondo Mariani, non si può parlare effettivamente di occasione perduta, ma piuttosto ci si deve soffermare sul fatto che l'EUR è un'immagine del sistema che l'ha generato. Così i rimpianti a suo avviso sono ingiustificati, essendo l'EUR una fotografia di quella che è stata la storia d'Italia durante il ventennio fascista.

In verità le affermazioni di Mariani appaiono ingiustificate dal punto di vista artistico. Se è vero che l'EUR è una sintesi di alcuni caratteri tipici del regime fascista non è altrettanto vero che gli artisti italiani del tempo non si resero conto di quello che avveniva contemporaneamente all'estero. Tra coloro che inizialmente parteciparono ai concorsi, molti proposero delle soluzioni diverse, spesso suggerendo l'uso di materiali "moderni " come il ferro o il vetro il cui uso era stato abbondante nelle precedenti manifestazioni.

Emblematiche sono al proposito le parole di Giuseppe Pagano nel commentare i progetti vincitori dei concorsi indetti dagli organizzatori. Pagano si diceva stupito della povertà di fantasia, della decadenza del gusto, dell'incapacità di giudizio architettonico di persone che lui definiva "autorevoli" (con riferimento a Piacentini e agli organizzatori dell'evento) che a suo giudizio finirono per scartare i progetti migliori per riprendere "le inutili, impacciatissime colonne" [6].

Questo evidenzia come il monumentalismo voluto da Mussolini in realtà non trovasse tutti d'accordo e, infatti, ben presto provocò le dimissioni di coloro le cui idee contrastavano con le esigenze di Piacentini e del regime (tra cui lo stesso Pagano).

Proprio su questo si è soffermato Pino Scaglione, un architetto contemporaneo autore di articoli e saggi critici sull'esposizione universale del 1942, che ha rilevato che molti artisti non poterono dare sfogo alla loro creatività a causa d'imposizioni provenienti dall'alto. Scaglione valuta gli edifici dell'EUR architettonicamente scadenti, frutto esclusivamente di ossessionanti esigenze monumentali e in generale giudica le opere del quartiere come strumenti di perseguimento del consenso politico a causa dei fini propagandistici che ne guidarono la costruzione.

A mio avviso il quartiere risulta essere palesemente frutto di una forzatura voluta dal regime. Come ha scritto Scaglione, si ha l'impressione che in Italia, al tempo, non mancassero le potenzialità per la costruzione di un quartiere moderno ma queste furono accantonate per lasciar posto ad altri intenti.


Per questo sono d'accordo nel dire che in un primo momento si potesse parlare di occasione perduta soprattutto nel confronto con le esperienze straniere come il Werkbund a Stoccarda nel 1927 che produsse il quartiere Weissenhof Estate, un esempio di architettura moderna cui parteciparono vari architetti europei tra cui Le Corbusier e Walter Gropius. Tuttavia, oggi, il completamento dell'EUR con altri edifici, ha conferito al quartiere un carattere di contemporaneità altrimenti impossibile con le sole costruzioni dell'epoca di concezione. Ciònonostante emerge inevitabilmente il contrasto tra il dinamismo contemporaneo (con il traffico e i nuovi addensati edifici) e la pesante monumentalità originale che rende alcune costruzioni quasi uno sfondo scenografico eretto per il passaggio d'imponenti cortei marziali.

Quello che a mio giudizio è mancato è stata forse la capacità di iniziare un processo di svecchiamento culturale che ci facesse abbandonare la tendenza a imitare gli antichi, un elemento caratteristico della cultura italiana che spesso vive imitando il glorioso passato e purtroppo scadendo talvolta nel monotono (come aveva denunciato Madame de Stael per quanto riguarda la letteratura).

La mia conclusione e il mio auspicio per Milano 2015 è che si riesca a guardare oltre i nostri centri storici affinché i turisti che verranno in Italia non ammirino solo fori, macerie o colonne, ma possano osservare nuove moderne costruzioni che rivalutino l'arte italiana.





















BIBLIOGRAFIA


Maurizio Calvesi, Enrico Guidoni, Simonetta Lux, E 42. Utopia e scenario del regime. Urbanistica, architettura, arte e decorazione, Cataloghi Marsillio, Venezia, 1987 (disponibile presso la biblioteca di Castelvecchio)

- AA.VV., Civiltà: rivista bimestrale dell'esposizione universale di Roma n°1, Bompiani, Milano 21/aprile/1940-XVIII (disponibile presso la biblioteca di Castelvecchio)

- Piero Ostilio Rossi, Roma. Guida all'architettura moderna 1908-1984 (Capp. 72-73), Edizioni Laterza, Roma, 1984 (disponibile presso la biblioteca di Castelvecchio)

- Riccardo Mariani, E42. Un progetto per l'"Ordine Nuovo", Edizioni Comunità, Milano, 1987 (disponibile presso la biblioteca di Castelvecchio)

- Pino Scaglione, Eur a Roma. Controguida d'architettura, Testi & Immagini, Veneria (TO), 2000

- Eleonora  Bairati, Anna Finocchi, Arti in Italia (cap. XXIV- scheda 44), Loescher, Torino, 1988

- Giorgio Cricco, Francesco Paolo Di Teodoro, Itinerario nell'arte volume I (Cap. 8, itinerario 8),
Zanichelli, 2003

- Claudia Viggiani, Alla scoperta dell'EUR. Eurtour itinerari culturali, Ufficio Editoria ATP Roma, Roma,2007

AA.VV., Bureau International des Expositions, BIE, Parigi, 2008
Disponibile all'indirizzo: https://www.bie-paris.org/

- San Paolo l'EUR e la Garbatella.opportunità di conoscere Roma


Nella compilazione dell'elaborato ho fatto riferimento anche a nozioni acquisite nel corso del viaggio di istruzione  a Roma tenutosi nell' anno scolastico 2007/2008 che ha previsto, tra l'altro, la visita al quartiere Europa (noto come EUR) .




Maurizio Calvesi, Enrico Guidoni, Simonetta Lux, E 42. Utopia e scenario del regime. Urbanistica, architettura, arte e decorazione, Cataloghi Marsillio, Venezia, 1987 Pag.148.


Bureau of International Expositions, https://www.bie-paris.org/.

Vitruvio Pollione, De Architettura, V, Capp I e II

Beda il Venerabile, Collectanea, VII sec a.C.

Op. cit. (vedi nota 1) Pag 354

Piero Ostilio Rossi, Roma. Guida all'architettura moderna 1908-1984 (Capp. 72-73), Edizioni Laterza, Roma, 1984 Capp 72- 73

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