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Il particolato atmosferico




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Il particolato atmosferico





1 Il particolato atmosferico: definizioni


Con il termine particolato (particulate matter, PM) o polveri totali sospese (PTS) si fa riferimento all'insieme di particelle disperse in atmosfera, solide e liquide, con diametro compreso tra qualche nanometro (nm) e decine/centinaia di micrometri (mm).

Il particolato è costituito da una complessa miscela di sostanze, organiche ed inorganiche, allo stato solido o liquido che, a causa delle loro piccole dimensioni, restano sospese in atmosfera per tempi più o meno lunghi; tra queste troviamo sostanze diverse come sabbia, ceneri, polveri, fuliggine, sostanze silicee di varia natura, sostanze vegetali, composti metallici, fibre tessili naturali e artificiali, sali, elementi come il carbonio o il piombo, ecc.

In base alla natura e alle dimensioni delle particelle possiamo distinguere (Marconi A.,1996):

gli aerosol, costituiti da particelle solide o liquide sospese in aria e con un diametro inferiore a 1 micron (µm);

le foschie, date da goccioline con diametro inferiore a 2 micron;

le esalazioni, costituite da particelle solide con diametro inferiore ad 1 micron e rilasciate solitamente da processi chimici e metallurgici;

il fumo, dato da particelle solide di solito con diametro inferiore ai 2 micron e trasportate da miscele di gas;

le polveri (vere e proprie), costituite da particelle solide con diametro fra 0,25 e 500 micron;

le sabbie, date da particelle solide con diametro superiore ai 500 micron.

Le particelle aerodisperse in atmosfera presentano forme irregolari, perciò sono descritte facendo riferimento al diametro aerodinamico equivalente (dae), definito come il diametro di una particella sferica avente densità unitaria e un comportamento aerodinamico, in particolare la velocità di sedimentazione, uguale a quello della particella considerata nelle medesime condizioni di temperatura, pressione e umidità relativa.

Il concetto di diametro aerodinamico equivalente è utile ai fini della classificazione del particolato in categorie. In tal senso si può ricorrere ai seguenti termini:

PTS (particelle totali sospese): sono le particelle di dimensioni tali da restare in sospensione per un tempo sufficiente ad essere campionate con un sistema di campionamento rispondente a specifiche caratteristiche geometriche in relazione a determinati flussi di prelievo. In pratica sono le particelle con diametro aerodinamico inferiore a 100µm.


PM10: è la frazione di particolato raccolta da un sistema di campionamento tale per cui le particelle con diametro aerodinamico uguale a 10 µm sono campionate con efficienza del 50%.


PM2,5: è la frazione di particolato raccolta da uno specifico sistema di campionamento tale per cui le particelle con diametro aerodinamico uguale a 2,5 µm sono campionate con efficienza del 50%; rappresentano circa il 60% delle PM10.


Spesso il termine particolato è usato come sinonimo di aerosol; gli aerosol sono una sospensione di materiale solido o liquido, con bassa velocità di sedimentazione, in un mezzo gassoso, nel nostro caso l'aria.

In questo contesto, la differenza tra i due termini riguarda l'acqua, che non viene considerata quando si parla di particolato.


E' convenzione, inoltre, suddividere il particolato atmosferico in funzione del diametro aerodinamico nelle seguenti frazioni:

ultrafine (ultra-sottile): diametro aerodinamico compreso tra 0,01 e 0,1 µm; generalmente queste particelle sono costituite dai prodotti della nucleazione omogenea dei vapori sovrasaturi (SO2, NH3, NOX e prodotti della combustione);

fine (sottile): diametro aerodinamico compreso tra 0,1 e 2,5 µm; la loro formazione avviene per coagulo di particelle ultrafini e attraverso i processi di conversione gas-particella - processo di nucleazione eterogenea - oppure per condensazione di gas su particelle preesistenti nell'intervallo di accumulazione. I maggiori costituenti di queste particelle nelle aree industrializzate sono solfati, i nitrati, lo ione ammonio, il carbonio elementare e quello organico; a questi si aggiungono particelle di origine biologica come spore fungine, lieviti, batteri ecc.

coarse (grossolana): diametro aerodinamico compreso tra 2,5 e 100 µm; essenzialmente prodotte da processi meccanici (erosione, risospensione meccanica o eolica, macinazione), esse contengono elementi presenti nel suolo e nei sali marini; essendo inoltre relativamente grandi esse tendono a sedimentare in tempi di poche ore o minuti, ritrovandosi spesso vicino alle sorgenti di emissione in funzione della loro altezza.

La seguente figura, fig xxx (Marconi A, 2003) rappresenta la distribuzione dimensionale in termini di massa o volume delle particelle aerodisperse, l'origine e la reazione dinamica tra le particelle ed il mezzo in cui sono sospese:

Le particelle fini con dae < 1 µm hanno una concentrazione in atmosfera compresa tra 10 e 10.000 particelle/cm3, mentre quelle che superano 1 µm di diametro hanno un concentrazione minore di 10 particelle/cm3.

Le particelle con dae < 2,5 µm rappresentano numericamente oltre il 95% delle particelle totali; quelle di dimensioni maggiori, in particolare con dae tra 5 e 50 µm, essendo più pesanti, rappresentano la maggior parte della massa del particolato presente in ambiente urbano.

Le dimensioni delle particelle rappresentano il parametro più importante per la descrizione del loro comportamento e della loro origine; la composizione chimica, la rimozione, ed il tempo di residenza nell'atmosfera sono tutte caratteristiche correlate con le dimensioni delle particelle (Marconi A., 2003).

La seguente figura mostra una rappresentazione schematica della distribuzione in aria ambiente del particolato in funzione del suo diametro:




Fig. x. Distribuzione del numero di particelle e del loro volume in funzione del diametro aerodinamico. (Whitby KT, Sverdrup GM. 1980)


Il processo principale di genesi delle particelle fini dell'aerosol atmosferico è la nucleazione; grazie ad essa si originano particelle di dimensioni maggiori a partire da quelle fini e dai radicali presenti in fase gassosa presenti in atmosfera, che si aggregano per costituire particelle più grandi. Alcuni studi hanno messo in evidenza come l'acido solforico sia la principale specie gassosa che funge da iniziatore del processo di nucleazione, aggregandosi con l'acqua prima e con l'ammoniaca poi, così da formare cluster che, che a loro volta favoriscono la formazione delle particelle più grandi (Raes et al, 2000).

Recentemente sono stati condotti molti studi per comprendere i processi responsabili dell'accrescimento delle particelle. Infatti, le particelle derivanti dalla nucleazione possono condensare e produrre particelle di dimensioni.

La condensazione inizia quando l'equilibrio si sposta verso la fase aerosol e coinvolge principalmente le particelle con diametro compreso tra 0.1 µm e 1 µm.

Un altro fenomeno che porta all'accrescimento delle particelle dell'aerosol atmosferico è la coagulazione, che coinvolge sia particelle solide che liquide, le quali interagiscono con quelle prodotte dalla nucleazione. Il risultato di questa interazione porta ad un accrescimento ulteriore delle loro dimensioni. La coagulazione può interessare anche i prodotti derivanti da reazioni omogenee che avvengono nell'atmosfera (Raes et al, 2000).


Un'altra classificazione prende in considerazione la distinzione tra particolato di origine primaria e secondaria sulla base dei processi che lo hanno generato: le particelle primarie sono quelle che vengono emesse come tali dalle sorgenti naturali ed antropiche, mentre le secondarie si originano da una serie di reazioni chimiche e fisiche in atmosfera.


A questa si aggiunge una classificazione che fa riferimento alle sorgenti naturali o antropiche da cui derivano: negli ambienti interessati da una forte urbanizzazione le particelle aerodisperse derivano essenzialmente dai processi di combustione dei sorgenti mobili, come veicoli a motore, e di sorgenti fisse, come gli impianti per la produzione di energia (USEPA,1999).

La seguente figura mostra in forma sintetica le principali sorgenti di PM naturali ed antropiche (Marconi A., 2003)

Tab.xxx. Le sorgenti naturali ed antropiche di PM10



In generale si può affermare che la composizione del PM è molto variabile e dipende da molti fattori che includono sorgenti, condizioni climatiche, situazione topografica ecc.

2 Origine del particolato atmosferico.                                              


Come già precedentemente detto, il particolato può essere suddiviso, oltre che in funzione delle particelle che lo compongono, anche in base ai processi che lo hanno generato; infatti, grazie a questa seconda metodologia il particolato atmosferico è suddiviso in particolato primario e secondario.

Il particolato primario è costituito da particelle, sia fini che grossolane, originatesi direttamente da processi meccanici di erosione, dilavamento e rottura di particelle più grandi, da processi di evaporazione dello spray marino in prossimità delle coste, da processi di combustione ed è emesso in atmosfera direttamente nella sua forma finale da sorgenti identificabili. Esso sarà dunque molto concentrato nell'aria immediatamente circostante il suo punto di emissione.

Al contrario, il particolato secondario è costituito dagli aerosol, contenenti quasi esclusivamente particelle fini, dal diametro inferiore a 1 µm, che si generano dalla conversione dei gas in particelle solide. Il particolato secondario, infatti, si forma grazie a processi di condensazione di sostanze a bassa tensione di vapore, precedentemente formatesi attraverso evaporazione ad alte temperature, o grazie a reazioni chimiche tra inquinanti primari allo stato gassoso presenti in atmosfera (Brasseur et al, 1999)


La composizione del particolato dipende dall'area di provenienza e dalla tipologia di sorgente di emissione (Facchini M.V, 2001).

Le sorgenti di PM sono comunemente riunite sotto due grandi categorie: le sorgenti naturali e quelle antropiche.

Sorgenti naturali sono ad esempio le particelle di roccia e di suolo erose, sollevate o risospese dal vento, il materiale organico e le ceneri derivanti da incendi boschivi o da eruzioni vulcaniche, le piante (pollini e residui vegetali), le spore, lo spray marino, i resti degli insetti ecc;

Sorgenti antropiche sono invece legate principalmente all'uso di combustibili fossili (produzione di energia, riscaldamento domestico), alle emissioni degli autoveicoli, all'usura dei pneumatici, dei freni e del manto stradale, a vari processi industriali (raffinerie, processi chimici, operazioni minerarie, cementifici), allo smaltimento di rifiuti (inceneritori) ecc.

Grandi quantità di polveri si possono inoltre originare in seguito a varie attività agricole.




Tab.xxx Le sorgenti del particolato atmosferico (IAR, 2002)


Si stima che ogni giorno vengono immesse nell'aria circa 10 milioni di tonnellate di particolato (Air Quality Guidelines Europe" 2nd edition, 2000); di queste, le particelle grossolane sono dovute soprattutto a fenomeni naturali, mentre quelle più fini derivano per lo più da attività antropiche.


A livello globale, le masse di particolato prodotte per cause naturali sono preponderanti (circa il 94%) rispetto a quelle prodotte dalle attività umane; tuttavia le sorgenti antropiche sono in grado di immettere in atmosfera una maggior quantità di particelle contenenti sostanze tossicologicamente rilevanti per la salute e per l'ambiente. Inoltre queste ultime tendono a concentrarsi spazialmente, cioè  rendono alcune zone maggiormente a rischio rispetto ad altre: ne sono un tipico esempio i centri urbani e industriali.

Fig. xxx Emissioni globali dei principali componenti dell'aerosol atmosferico

Lou J.C et al, 2005)



Fig. xxx Emissioni globali dei principali componenti dell'aerosol atmosferico

Lou J.C et al, 2005)

Molti studi provano infatti che la concentrazione tipica di particelle antropogeniche presente in un'atmosfera urbana può rappresentare un serio rischio per la salute dell'uomo (Sesana, 2004.; Raes et al., 1999, ECC).

Alla luce di queste evidenze assumono rilevanza considerevole il monitoraggio e la caratterizzazione di tali zone e la quantificazione del contributo dato da ciascuna sorgente, al fine di individuare provvedimenti specifici di controllo e mitigazione o di politica ambientale per uno sviluppo sostenibile.

Una volta immesse in atmosfera, le particelle vanno incontro ad un'evoluzione a opera di diversi meccanismi, quali condensazione, evaporazione, coagulazione e attivazione, ma la loro concentrazione in aria, che in genere, in condizioni di aria pulita, è dell'ordine di 1-1,5 µg/m3, viene comunque limitata dalla naturale tendenza alla deposizione per effetto della gravità e/o per deposizione secca o umida (Hemond et al, 2000). La deposizione secca è il trasferimento diretto alla superficie terrestre e procede senza l'intervento delle precipitazioni.

La deposizione umida, al contrario, comprende tutti i processi che comportano il trasferimento alla superficie terrestre in forma acquosa (come pioggia, neve o nebbia).

Inoltre la permanenza in atmosfera è fortemente condizionata dalla natura dei venti , dalle precipitazioni e dalle dimensioni delle particelle. In quest'ultimo caso le particelle con un diametro superiore a 50 µm, visibili in aria, sedimentano piuttosto velocemente causando fenomeni di inquinamento su scala molto ristretta, mentre le più piccole possono rimanere in sospensione per molto tempo; alla fine gli urti casuali e la reciproca attrazione le fanno collidere e riunire assieme raggiungendo così dimensioni tali da acquistare una velocità di caduta sufficiente a farle depositare al suolo.

Il trasporto a lunga distanza, invece, è governato principalmente dall'azione del vento. Si è osservato che particelle con diametro minore di 10 µm sono capaci di coprire distanze superiori ai 5000 km, soprattutto sopra regioni marine.

Tale fenomeno è stato osservato analizzando campioni di aerosol raccolti lungo le coste dell'Atlantico occidentale, in cui è stata trovata polvere proveniente dal deserto del Sahara (Brasseur et al, 1999).



1 Composizione chimica del particolato atmosferico.


Il particolato atmosferico, in generale, contiene solfati, nitrati, ammonio, materiali organici, specie crostali, sali marini, ioni idrogeno e acqua.

Di queste specie, il solfato, l'ammonio, il carbonio organico e alcuni metalli di transizione predominano nelle particelle fini, che sono legate principalmente a fonti secondarie.

Tuttavia, nella frazione fine si trovano anche composti di origine primaria, come il carbonio elementare, alcuni metalli e gli IPA (Facchini MV, 2001).

Al contrario, i materiali crostali (silicio, calcio, magnesio, alluminio, ferro ecc.) e le particelle organiche biogeniche (polline, spore, frammenti di piante) fanno parte solitamente della frazione grossolana, che deriva principalmente da fonti primarie.

Gli ioni inorganici solubili in acqua costituiscono uno dei maggiori componenti del particolato atmosferico: Cl-, NO3-, Na+, Mg2+ e Ca2+ predominano nel particolato grossolano, invece, SO42- e NH4+ si trovano preferibilmente nel particolato fine (Seinfeld e Pandis; Van Dingenen et al, 2004).

La composizione chimica del particolato dipende dall'area di provenienza e dalla tipologia delle sorgenti di emissione dominanti, cioè dal tipo di insediamenti della zona, e, poiché le particelle possono rimanere sospese nell'aria per parecchi giorni e quindi trasportate anche a grandi distanze, il loro carico in una città dipende non solo dalle fonti locali ma anche dalla quota trasportata.




Fig. xxx Composizione percentuale tipica dell'aerosol in località urbane, continentali rurali e marine


Dalle precedenti figure (Ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio, 2003 - https://www.minambiente.it) si può notare inoltre che il particolato che si origina in aree urbane, rurali o naturali presenta caratteristiche comuni tranne che per la concentrazione del carbonio elementare: tali differenze sono più evidenti se si considera il particolato totale, ma sono meno significative per il PM10  e per la frazione più fine.


Componente

Principali sottocomponenti

Effetti biologici

Metalli

Ferro, vanadio, nickel, rame, platino e altri.

Possono innescare processi infiammatori, causare danni al DNA e alterare pal permeabilità delle pareti cellulari attraverso la produzione di composti reattivi dell'ossigeno (soprattutto radicali liberi idrossilici) nei tessuti.

Composti organici

Possono essere adsorbiti sulla superficie delle particelle; alcuni composti organici volatili o semivolatili possono formare particelle essi stessi.

Possono causare mutazioni al DNA, cancro; altri sono irritanti e possono indurre reazioni allergiche.

Origine biologica

Virus, batteri e loro endotossine (lipopolisaccaridi), frammenti di origine animale o vegetale (ad esempio i frammenti di polline), spore fungine.

I pollini possono scatenare risposte allergiche nelle vie respiratorie dei soggetti sensibili; i virus ed i batteri possono provocare risposte immunitarie a difesa delle vie respiratorie.

Ioni

Solfati (di solito sotto forma di ammonio solfato), nitrati (di solito sotto forma di nitrato di ammonio o di sodio), ioni idrogeno (H+).

L'aciso solforico può, a concentrazioni relativamente alte, danneggiare la clearance mucociliare e aumentare le resistenze delle vie respiratorie nei soggetti con asma; gli ioni idrogeno possono modificare la solubilità (e la biodisponibilità) dei metalli e degli altri composti adsorbiti sulle particelle.

Gas reattivi

Ozono, perossidi, aldeidi.

Possono adsorbirsi sulle particelle ed essere trasportate nelle basse vie respiratorie causando lesioni ai tessuti.

Parte centrale della particella

Materiale carbonioso.

Il carbone causa irritazione dei tesuti polmonari, proliferazione delle cellule epiteliali e, per esposizioni croniche, fibrosi.

(1) Formati per neutralizzazione del vapore di acido solforico, generato dall'ossidazione del biossido di zolfo emesso dalla combustione di carburanti contenente zolfo, come ad esempio quelli usati nella autotrazione e nelle centrali termiche a olio o carbone.
(2) Formatisi dal vapore di acido nitrico, che si genera in atmosfera nelle reazioni degli ossidi di azoto.

Tab.  Componenti chimiche delle polveri e loro effetti biologici (Health Effects Institute, 2000, 2001, 2002).



2 Qualità dell'aria:PM10


Il particolato atmosferico viene correntemente misurato come PM10, che è definito dalla normativa italiana come "la frazione di materiale particolato sospeso in aria ambiente che passa attraverso un sistema di separazione in grado di selezionare il materiale particolato di diametro aerodinamico di 10 μm con una efficienza di campionamento pari al 50%" (Min. Ambiente, 2002 - https://www.minambiente.it).

Secondo il censimento Ecosistema Urbano 2006 la presenza di polveri sottili nell'aria è ormai un emergenza con cui le pubbliche amministrazioni sono costrette a confrontarsi ogni nuovo autunno-inverno.

Lo dimostra il fatto che il monitoraggio sistematico del PM10, fino agli ultimi anni piuttosto scarso, ha ormai quasi raggiunto la stessa diffusione di CO e NO L'inquinamento da polveri sottili mostra infatti una criticità diffusa: in 41 comuni su 79 (52%), almeno una centralina ha registrato un valore medio annuo superiore al valore limite per la protezione della salute umana di 41.6 µg/m3 previsto dalla direttiva comunitaria per il 2004.

Le situazioni più critiche si registrano in particolar modo a Firenze, Genova e nelle città della pianura padana (Torino, Milano, Verona, Vicenza). Se consideriamo la media delle centraline, troviamo ben 26 città con valori al di sopra del limite previsto, che, si ricorda, dovrebbe essere rispettato da ogni singola centralina. Accanto a queste situazioni particolarmente critiche, si cominciano a notare alcuni segnali di miglioramento: salgono a 30 le città con valori sempre inferiori al limite di 40 µg/m3 previsto per il 2005, sette in più rispetto all' anno precedente. All'interno di questo gruppo le uniche grandi città presenti sono Catania e Trieste, mentre tutti gli altri sono per lo più comuni medio-piccoli, con le prime quattro posizioni occupate dai capoluoghi di Provincia del Friuli Venezia Giulia.

Se infine si fa riferimento ai superamenti orari salta all'occhio che la situazione continua a peggiorare di anno in anno: nel 2004 ben il 74% dei comuni supera per più di 35 volte il valore limite relativo ai superamenti orari di 55 µg/m3 e la percentuale sale addirittura all'84% se consideriamo la soglia di 50 µg/m3 prevista per il 2005. (Ecosistema Urbano 2004, 2005, 2006, Legambiente - https://www.legambiente.com



3 Effetti del particolato atmosferico.




3.1 Effetti sul clima e sul microclima



Il particolato atmosferico assorbe e/o riflette le radiazioni provenienti dal Sole in funzione della dimensione e composizione chimica delle particelle che lo compongono, e della lunghezza d'onda della radiazione stessa.

Esso ha quindi un'influenza diretta sul bilancio energetico terrestre, a cui è legato il clima, e l'effetto complessivo dipenderà dal quantitativo relativo di energia luminosa riflessa verso lo spazio (backscattering) rispetto a quella assorbita.

Inoltre le particelle di PM possono agire indirettamente a favore di un raffreddamento del pianeta in quanto fungono da nuclei di condensazione per le nuvole, aumentando la probabilità di formazione delle nuvole; infatti se da un lato esse riflettono la luce solare, riflessione più efficiente rispetto a quella degli oceani e delle terre emerse, portando ad un raffreddamento della superficie della Terra, dall'altro possono avere però anche un ruolo nei fenomeni d'assorbimento della radiazione infrarossa terrestre, contribuendo positivamente al riscaldamento della Terra.

Il particolato ha effetti anche sul microclima urbano: infatti, nei centri urbani l'inquinamento dell'aria contribuisce all'effetto "isola di calore", creato dall'elevata cementificazione delle città, inibendo la perdita di radiazioni ad onde lunghe durante la notte.

Oltre a questo, il particolato presente su città di grandi dimensioni può ridurre anche di più del 15% la quantità di radiazione solare che raggiunge il suolo, effetto evidente soprattutto quando il Sole è basso sull'orizzonte perché il cammino percorso dalla luce attraverso l'aria inquinata aumenta al ridursi dell'altezza del Sole. Quindi, a una data quantità di particolato, l'energia solare sarà ridotta in modo più intenso in città poste ad alte latitudini e nei periodi invernali.

Rispetto alle zone rurali circostanti, l'umidità relativa delle città è generalmente più bassa del 2-8%; ciò è dovuto al fatto che le città sono più calde e che le acque meteoriche scorrono via rapidamente, ma nonostante ciò sulle città le nubi e la nebbia si formano frequentemente grazie alle attività umane che nelle aree urbane producono grandi quantità di particelle che fungono da  nuclei di condensazione, favorendo appunto la formazione di nubi e nebbie, e, quando i nuclei igroscopici sono numerosi il vapor d'acqua condensa rapidamente su di essi, a volte anche in situazioni di sottosaturazione, determinando così un aumento delle precipitazioni sulle città dovuto proprio al particolato atmosferico (Lutgens et al, 1995).



Effetti sugli ecosistemi,  su piante e materiali.


Il particolato atmosferico, in seguito a deposizione secca o umida, può contribuire ai processi di acidificazione (associata in particolare ad H2SO4 e HNO3) e di eutrofizzazione (associata ai sali nitrati) degli ecosistemi terrestre e acquatico.

L'acidificazione dei suoli può portare al rilascio di elementi tossici come l'alluminio provocando seri danni alle piante e alle varie forme di vita acquatica.

Inoltre si hanno effetti diretti sulla vegetazione in relazione ad un'azione acida e ossidante delle particelle, che porta al danneggiamento dei tessuti vegetali. A questi se ne aggiungono altri le cui ricerche condotte finora riguardano soltanto gli effetti da polveri specifiche: ad esempio, le polveri provenienti dai forni per cemento, che interagendo con la nebbia o la pioggia, formano una spessa crosta sulla superficie fogliare a mo di scudo per la luce solare interferendo con la fotosintesi ed inibendo lo sviluppo della pianta.

Il clima e l'inquinamento atmosferico, interagendo tra loro, degradano il patrimonio artistico, architettonico ed archeologico, ed è stato osservato che i danni ai materiali sono legati soprattutto alla composizione chimica e allo stato fisico dell'inquinante. Un primo danno indiretto è causato dall'annerimento dei materiali dovuto alla sedimentazione del particolato il quale può, inoltre, fungere da serbatoio di acidi provocando corrosioni.

I processi corrosivi si intensificano con l'aumento dell'umidità in atmosfera; infatti, il particolato funge da nuclei di condensazione per le goccioline di acqua nelle quali si dissolvono molti gas che aumentano l'acidità delle deposizioni.

Il particolato inoltre danneggia i circuiti elettrici ed elettronici, insudicia gli edifici e le opere d'arte e riduce la durata dei tessuti.




Effetti sulla visibilità.


La visibilità è definita come la più grande distanza, in una certa direzione, alla quale viene visto e identificato un oggetto scuro alla luce del giorno, o una fonte di luce non focalizzata nella notte (Samara, Kouimtzis et al, 2003).

La riflessione della radiazione solare ad opera del particolato in particolare delle particelle di dimensioni nell'ordine della lunghezza d'onda del visibile è la causa principale della diminuzione della visibilità atmosferica.





Effetti sulla salute umana.

In passato si riteneva che l'esposizione alle polveri rappresentasse un rischio per la salute solo se associata all'esposizione al diossido di zolfo. Recenti studi hanno evidenziato un ruolo preminente delle polveri nel produrre effetti dannosi anche indipendentemente dalla presenza del diossido di zolfo (SO2).

Oggi il particolato atmosferico viene collocato tra i principali fattori di rischio ambientale per la salute: l'esposizione ad inquinamento atmosferico è particolare perché ne è soggetta tutta la popolazione ed è quindi praticamente inevitabile e non riducibile a zero. Il sistema maggiormente attaccato dal particolato è quello respiratorio e il fattore di maggior rilievo per lo studio degli effetti è la dimensione delle particelle in quanto da essa dipende la capacità di penetrazione nelle vie respiratorie;
in tal senso si distinguono tre frazioni:

frazione inalabile: include tutte le particelle che riescono a entrare dalle narici e dalla bocca;

frazione toracica: comprende le particelle che riescono a passare attraverso la laringe e ad entrare nei polmoni durante l'inalazione, raggiungendo la regione tracheo-bronchiale (inclusa la trachea e le vie cigliate);

frazione respirabile: include le particelle sufficientemente piccole da riuscire a raggiungere la regione alveolare, incluse le vie aeree non cigliate e i sacchi alveolari.


Il PM10 e il PM2,5 sono assimilabili rispettivamente alle frazioni toracica e respirabile.

FIG XXX Deposizione delle particelle inalatenelle varie regioni dell'apparato respiratorio in funzione delle dimensioni delle particelle (Marconi A, 2003).



Queste elaborazioni, sotto forma di norme di valore internazionale, definiscono anche delle convenzioni per il campionamento a cui devono conformarsi gli strumenti di prelievo delle particelle delle varie frazioni.

Le nuove convenzioni sono state definite per il campionamento delle frazioni: inalabile, toracica e respirabile (come porzioni delle polveri totali), e sono rappresentate da curve aventi il 50% di efficienza in corrispondenza del Da, diametro di taglio pari a, rispettivamente, 100 µm, 10 µm (o PM10) e 4 µm (oPM4).

Per la salvaguardia delle persone più suscettibili negli ambienti di vita è stata definita anche una curva con il 50% di efficienza in corrispondenza del Da di 2,5µm (PM2,5).

Queste norme di riferimento si applicano agli ambienti di lavoro e di vita e sono identiche per i due tipi di ambienti, ad eccezione della frazione respirabile,il cui prelievo è basato sulla curva con un diametro di taglio di 2,5 µm.

Il campo di applicazione di questi concetti si estende dall'ambiente lavorativo a quello

outdoor e indoor in quanto lo stato di inquinamento da PM dei vari tipi di ambienti contribuisce a determinare l'entità e la qualità dell'esposizione per via inalatoria delle persone ed, in particolare, dei residenti nei centri urbani.

Nella seguente figura vengono riportate le curve di efficienza corrispondenti alle convenzioni per il campionamento delle varie frazioni di particelle aerodisperse.


FIG XXX Convenzioni per il campionamento delle diverse frazioni espresse come percentuali delle particelle sospese totali negli ambienti di lavoro e di vita (Marconi A, 2003)


Le vie respiratorie possiedono una serie di 'meccanismi di difesa' contro le sostanze estranee che penetrano in esse: le vie aeree superiori sono rivestite da una mucosa, costituita soprattutto da cellule cigliate e di cellule caliciformi, che secernono muco.
Le ciglia delle cellule si muovono a onda, in modo coordinato in modo da trasportare la sottile patina di muco e le sostanze estranee che vi restano attaccate verso la cavità orale, dove vengono inghiottite.

Inoltre fra le cellule della mucosa vi sono le terminazioni di finissime fibre nervose le quali possono essere irritate dalle sostanze nocive presenti nell'aria, e possono determinare una contrazione della muscolatura dei bronchi, un aumento della secrezione di muco e provocare la tosse.

Negli alveoli, cioè le parti più profonde dei polmoni, la funzione di ripulitura non è più svolta da queste cellule, ma da altre cellule chiamate macrofagi, cellule spazzine che mangiano e smaltiscono i batteri penetrati nell'organismo, nonché i resti di cellule distrutte.

Le sostanze nocive che penetrano nelle vie aeree possono, sia a seguito di esposizioni acute che di esposizioni croniche, danneggiare in vario modo tutti questi meccanismi di difesa; l'impatto si ha, comunque, quando la velocità delle particelle si annulla per effetto delle forze di resistenza inerziale alla velocità di trascinamento dell'aria, che decresce dal naso sino agli alveoli.

Questo significa che man mano che si procede dal naso o dalla bocca attraverso il tratto tracheo-bronchiale sino agli alveoli, diminuisce il diametro delle particelle che penetrano e si depositano (Jansen KL et al, 2005)

Se le particelle depositate sono liquide o solubili possono essere assorbite dai tessuti in qualsiasi punto dove si depositano e provocare dei danni intorno a tale punto.

Le particelle insolubili possono essere trasportate, in base alle loro dimensioni, verso altre parti del tratto respiratorio o del corpo, dove possono essere assorbite o provocare danni biologico.



La seguente figura mostra schematicamente i principali livelli di deposizione nell'apparato respiratorio a seconda del diametro delle particelle inspirate.



Figura X .Principali livelli di deposizione polmonare a seconda del diametro delle particelle



Quindi, a prescindere dalla tossicità, le particelle che possono produrre degli effetti negativi sull'uomo sono sostanzialmente quelle di dimensioni più ridotte, mentre quelle maggiori di 15 micron vengono generalmente rimosse dal naso.

Il particolato che si deposita nel tratto superiore dell'apparato respiratorio (cavità nasali, faringe e laringe) può generare vari effetti irritativi come infiammazione e secchezza del naso e della gola, effetti molto più gravi se le particelle hanno assorbito sostanze acide come il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, ecc. (Brunekreef B. et al, 2005).

Inoltre per la particolare struttura della superficie, le particelle possono anche adsorbire dall'aria sostanze chimiche cancerogene, che una volta entrate nei tratti respiratori, prolungando i tempi di residenza, ne accentuano gli effetti.

Le particelle più piccole penetrano nel sistema respiratorio a varie profondità e possono trascorrere lunghi periodi di tempo prima che vengano rimosse, per questo sono le più pericolose. Queste, infatti, possono raggiungere gli alveoli polmonari dando luogo ad un possibile assorbimento nel sangue con conseguente intossicazione o aggravare, inoltre, le malattie respiratorie croniche come l'asma, la bronchite e l'enfisema (Kunzli N. et al, 2005)

Le persone più vulnerabili sono gli anziani, gli asmatici, i bambini e chi svolge un'intensa attività fisica all'aperto, sia di tipo lavorativo che sportivo.
Nei luoghi di lavoro più soggetti all'inquinamento da particolato l'inalazione prolungata di queste particelle può provocare reazioni fibrose croniche e necrosi dei tessuti che comportano una broncopolmonite cronica accompagnata spesso da enfisema polmonare.

Le ricerche epidemiologiche sugli effetti del particolato atmosferico sulla salute sono relativamente recenti.

La maggior parte degli studi sul particolato effettuati finora mostrano l'esistenza di associazioni statistico-epidemiologiche, ovvero una supposta consequenzialità causale tra l'aumento di inquinamento e l'aumento di patologie, ma questo argomento verrà trattato nei successivi capitoli.


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