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Cratere




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CRATERE


Astronomia

Crateri lunari. La superficie lunare è incisa da una straordinaria quantità di depressioni circolari, talvolta molto ampie (100 ÷ 200 e oltre km di diametro), spesso di dimensioni ridotte (alcune dal diametro di pochi metri). Si è proposta la definizione di circhi lunari per le prime, ma più spesso la consuetudine porta a indicarle col nome di crateri. In genere si osserva al centro dei crateri maggiori un picco in apparenza roccioso, che può raggiungere l'altezza del bastione delimitante la conformazione, e cioè 6 ÷ 7 km.

I tentativi di spiegare la genesi dei crateri lunari portarono alla formulazione di due ipotesi: a chi sosteneva l'ipotesi di fenomeni vulcanici, si opponeva chi preferiva la teoria meteoritica, in base alla quale, non esistendo un'atmosfera lunare che freni e consumi le meteoriti, l'impatto con la superficie sprigionerebbe un'enorme energia e quindi la formazione di vasti crateri, non sottoposti all'erosione successiva, per l'assenza di acqua e aria.

Queste due teorie, che potremmo definire classiche nel senso che sono nate quasi immediatamente con le prime osservazioni telescopiche, dopo la conquista della Luna da parte dell'uomo sono state superate da una teoria che in un certo senso le concilia. Si pensa infatti che buona parte delle depressioni lunari siano di origine meteoritica e che in seguito agli urti possano essersi verificati fenomeni di tipo vulcanico.

I crateri, soprattutto i più grandi, sono contraddistinti da nomi di famosi scienziati di ogni epoca. I più caratteristici sono, in ordine di dimensione, Clavius (230 km), Grimaldi (220 km), Schickard (215 km), tutti situati nella regione australe della Luna, che nella nuova definizione proposta prendono il nome di circhi. Tra i crateri veri e propri citiamo Copernicus (190 km), Tycho (87 km) Kepler (33 km). Da questi ultimi hanno origine sistemi di strisce radiali, dall'aspetto lattiginoso, che si estendono per centinaia di chilometri e sono ben visibili in prossimità o durante la fase del plenilunio.



Geografia fisica

Il camino o condotto vulcanico termina al fondo del cratere, che è beante durante i periodi di attività del vulcano e otturato dalla lava solidificata e dalle frane cadute dalle pareti nei periodi di quiete. La forma e le dimensioni di un cratere dipendono dal tipo di attività del vulcano, dalla sua violenza e dalla natura della lava emessa; ad es., il cratere a forma di coppa, dalla pendenza relativamente dolce, deriva dal semplice accumulo di materiale eruttato (lapilli, scorie, bombe) attorno alla bocca eruttiva. Quando l'evacuazione dei gas e dei materiali di proiezione è più violenta, il cratere prende la forma di un imbuto, la cui pendenza dipende dalla natura dei materiali che lo compongono. Un'esplosione violenta genera infine un cratere con le pareti quasi verticali.

Alcuni vulcani costituiti da lave basaltiche hanno crateri con pareti verticali, spesso incastrati l'uno nell'altro e a fondo orizzontale, risultando da sprofondamenti successivi. Alcuni crateri, le calderas o caldeiras, sono depressioni vulcaniche estremamente vaste, che possono raggiungere fino a una ventina di chilometri di diametro e la cui profondità (da qualche decina a diverse centinaia di metri) è solo una frazione piuttosto piccola della larghezza; sono dovute a sprofondamenti successivi a eruzioni esplosive parossistiche; l'orizzontalità relativa del fondo deriva dalla sedimentazione di ceneri e scorie che le piogge fanno scivolare dalle pareti. All'interno di una caldeira si osservano generalmente coni vulcanici dovuti a una ripresa di attività posteriore alla formazione della depressione (tipici esempi si possono osservare nelle Canarie, in Giappone, ecc.).


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