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Purificazione di una proteina




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PURIFICAZIONE DI UNA PROTEINA


OBIETTIVO:              estrarre la proteina GFP (Green Fluorescent Protein) da una batterio di E. Coli trasformato.


MATERIALI USATI: provette, pipette (0,5-10 μL; 10-100 μL;100-1000 μL), lisozima, batteri trasformati, centrifuga, colonna cromatografia a interazione idrofobica, provettone, siringa.

La purificazione di una proteina consiste nel separarla da tutte le altre. Per fare questo, è necessario conoscere la sua composizione chimica (struttura primaria) e la sua disposizione spaziale (struttura terziaria). La GFP è una proteina che in natura è presente nella medusa tropicale Aequorea Victoria, che se ne serve come esca o per spaventare eventuali predatori. Questa proteina ha la seguente conformazione:

Si contano 11 foglietti ß (in verde) che costituiscono la parete di un cilindro, chiamato, a causa dei suoi componenti, ß-barile. α-eliche "chiudono" il barile e sostengono (tramite legami a idrogeno) il cromoforo, una struttura composta di 3 amminoacidi che permette l'emissione di luce verde in seguito a stimolazione con raggi UV.

Come fonte di GFP, abbiamo utilizzato i batteri precedentemente trasformati con un plasmide che conteneva le informazioni per la GFP.

Per la separazione dalle altre proteine, si utilizza un Colonna cromatografia ad interazione idrofobica. Consiste in una sorta di piccolo imbuto sul fondo del quale vi è una particolare resina, formata da microsfere poste su di un filtro. La GFP contenuta nel batterio trasformato è polare (o idrofila). Dopo che il contenuto citoplasmatico è stato separato dal resto tramite centrifugazione, gli viene aggiunta una soluzione salina. Questa ha la funzione di abbassare il potenziale idrico dell'acqua; le molecole polari dell'acqua tendono ad idratare preferenzialmente gli ioni salini, che di conseguenza non interagiscono più con la proteina. Essa ha la capacità di modificare la propria conformazione e lo fa disponendo all'interno gli amminoacidi idrofili e all'esterno quelli idrofobi, adattandosi al nuovo ambiente. La proteina risulterà dunque, in questa soluzione, apolare (o idrofoba), ed adeguata a interagire con la resina della colonna. Mettendo poi questa soluzione nella colonna, si fermeranno nella resina solamente le proteine apolari (un numero limitatissimo). Se poi torniamo a rialzare il potenziale ionico della soluzione aggiungendo lo stesso sale, ma ad una concentrazione via via minore, le poche proteine rimaste riassumeranno la conformazione polare e verranno "sciacquate" con la soluzione. Tuttavia le microsferette della resina (palline di silicio amorfo ricoperte da barrette a interazione idrofobica) sono studiate per fare dei legami più forti con la GFP, per cui questa sarà l'ultima proteina a staccarsi dalla resina e sarà relativamente facile raccoglierla.


La purificazione si svolge in tre fasi principali:


LISI DELLE CELLULE BATTERICHE: viene aggiunto lisozima, un enzima che digerisce la parete cellulare. La soluzione di batteri+enzima viene poi centrifugata ad altissima velocità per separare sostanze solide ed insolubili (pellet) dal resto del contenuto citoplasmatico

AGGIUNTA DI SALE: Viene aggiunto Solfato d'Ammonio  allo scopo precedentemente illustrato di abbassare il potenziale idrico dell'acqua nei confronti della proteina.

PASSAGGIO ATTRAVERSO LA COLONNA CROMATOGRAFICA: la soluzione di sale e contenuto citoplasmatico viene spinta, tramite una siringa senz'ago attraverso la resina. Prima si fa passare la soluzione attraverso la resina, poi si aggiunge il sale a concentrazione molto minore e si raccoglie la proteina purificata.

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Appunti su: cromatografia per interazione idrofobica gfp,



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