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Tra le due guerre - "il secolo breve"




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Tra le due guerre


"IL SECOLO BREVE"








Sommario



AREA UMANISTICA


q      Storia dell'arte

Il cubismo

Pablo Picasso

q      Italiano

L'ermetismo

Ungaretti

q      Inglese

The modern age

Virginia Wolf

q      Latino

Seneca

q      Storia

I regimi totalitari

Benito Mussolini e l'avvento del fascismo

Adolf Hitler e la dittatura nazista


q      Filosofia

Friedrich Nietzsche


AREA SCIENTIFICA


q      Fisica

Albert Einstein

La relatività


q      Geografia astronomica

Le eclissi












Storia dell'arte
Il cubismo

La decostruzione della prospettiva


Il cubismo è un movimento artistico sorto all'inizio del nostro secolo ed affermatosi poi negli anni precedenti alla 1° guerra mondiale e subito dopo ad essa. Fu una reazione alla pittura impressionista nel tentativo di ridare valore alle forme. Al di sopra del semplice e puro colore.Già nel periodo post-impressionista gli artisti cominciarono a svincolarsi dalle ferree leggi della costruzione prospettica, come nel caso di Cezanne che deforma volutamente la prospettiva usando angoli visivi diversi l'uno dall'altro.Gli spostamenti del punto di vista sono a volte minimi, e

Neppure percepibili ad un primo sguardo ma, di fatto, demoliscono il principio fondamentale della prospettiva: l'unicità del punto di vista. Pablo Picasso, meditando la lezione di Cezanne, portò lo spostamento e la molteplicità dei punti di vista alle estreme conseguenze, nei suoi quadri le immagini si compongono di frammenti di realtà, visti tutti da angolazioni diverse e miscelati in una sintesi del tutto originale. Questa sua particolare tecnica lo portava ad ottenere immagini dall'apparente incomprensibilità, in quanto risultavano diverse da come la nostra esperienza è abituata a vedere le cose. E da ciò nacque il termine «CUBISMO», dato a questo movimento con intento denigratorio. Il quadro che, convenzionalmente, è indicato come l'inizio del Cubismo è « Les demoiselles d'Avignon», realizzato da Picasso tra il 1906 e il 1907. Subito dopo, nella ricerca sul cubismo s'inserì anche George Braque che rappresenta l'altro grande esponente di questo movimento. Avendo soprattutto a riferimento la ricerca pittorica di Picasso e Braque, il cubismo è sostanzialmente diviso in due fasi principali: una prima definita «CUBISMO ANALITICO» ed una seconda definita «CUBISMO SINTETICO». Il cubismo analitico è caratterizzato da un procedimento di numerose scomposizioni e ricomposizioni che danno ai quadri di questo periodo la loro inconfondibile trama d'angoli variamente incrociati. Il cubismo sintetico, invece, si caratterizza per una rappresentazione più diretta ed immediata della realtà che vuole evocare, annullando del tutto il rapporto tra figurazione e spazio. In questa fase, compaiono nei quadri cubisti dei caratteri e delle scritte. E infine anche i «papier collès»: ossia frammenti, incollati sulla tela di giornali, carte da parati, carte da gioco e frammenti di legno. Il cubismo sintetico più d'ogni altro movimento pittorico, rivoluziona il concetto stesso di quadro portandolo ad essere esso stesso «realtà» e non «rappresentazione della realtà».


Il tempo e la percezione


L'immagine naturalistica ha un limite ben preciso: può rappresentare solo un istante della percezione. Avviene da un solo punto di vista e coglie solo un momento. Quando il cubismo rompe la convenzione sull'unicità del punto di vista di fatto introduce nella rappresentazione pittorica un nuovo elemento: il tempo.

Per vedere un oggetto da più punti di vista è necessario che la percezione avvenga in un tempo prolungato che non si limita ad un solo istante. É necessario che l'artista abbia il tempo di vedere l'oggetto, e quando passa alla rappresentazione porta nel quadro tutta la conoscenza che egli ha acquisito dell'oggetto. La percezione pertanto, non si limita al solo sguardo ma implica l'indagine sulla struttura delle cose e sul loro funzionamento. I quadri cubisti sconvolgono la visione perchè v'introducono quella che è definita la «quarta dimensione»: il tempo. Negli stessi anni la definizione di tempo come quarta dimensione era postulata in fisica dalla teoria della relatività di Albert Einstein. Tuttavia la contemporaneità dei due fenomeni rimane casuale, senza un reale nesso di dipendenza reciproca.


Pablo Picasso


Pablo Picasso (1881-1973) nacque a Malaga, in Spagna, da padre docente d'arte che lo avviò precocemente all' apprendistato artistico. Sin da giovane iniziò a mostrare dei tratti originali ,tra il 1901 e il 1906 si susseguirono in lui due periodi artistici: il primo definito «periodo blu», il secondo definito «periodo rosa». La svolta cubista avvenne nel 1097 e durò pressappoco dieci anni, è del 1907 il quadro «Les damoiselles de Avignon» che segnò l'avvio della stagione cubista di Picasso. In quegli anni fu legato da un intenso sodalizio artistico con George Braque, tanto che alcune opere dei due artisti sono indistinguibili tra loro. Fu in questo periodo che Pablo raggiunse livelli di notorietà mai raggiunti da un altro pittore in questo secolo. La fase cubista fu un periodo di grande sperimentazione, in cui Picasso rimise in discussione il concetto stesso di rappresentazione artistica. Il passaggio dal cubismo analitico a quello sintetico segnò un momento fondamentale della sua evoluzione artistica, egli era sempre più interessato alla semplificazione della forma, per giungere al segno puro che contenesse in sé la struttura della cosa e la sua riconoscibilità concettuale. In seguito ad un viaggio in Italia nel 1917 vi fu una inversione totale nel suo stile, abbandonò la sperimentazione per passare ad una pittura più tradizionale. Le figure divennero più solide e quasi monumentali. Nel 1937 partecipò con altri famosi artisti all' esposizione mondiale di Parigi, esponendo nel padiglione della Spagna il quadro «Guernica» che rimase la sua opera più celebre e una delle più simboliche di tutto il novecento. Negli anni successivi alla 2° guerra mondiale si dedicò con molto impegno alla ceramica, mentre la sua opera pittorica si basò sulla reinterpretazione personale di alcuni tra i più famosi dipinti del passato. Morì nel 1973 all' età di 92 anni.


L' opera più importante: GUERNICA


Guernica è il nome di una cittadina spagnola che ha un triste primato. È stata la prima città in assoluto ad aver subito un bombardamento aereo. Ciò avvenne la sera del 26 aprile 1937 ad opera dell' aviazione militare tedesca. In quegli anni era in corso la guerra civile in Spagna, con la quale il generale Franco cercava di attuare un colpo di stato per sostituirsi alla legittima monarchia. In questa guerra aveva come alleati gli italiani e i tedeschi. Tuttavia la cittadina di Guernica non era teatro di azioni belliche , cosi che la furia distruttrice del primo bombardamento aereo della storia si abbattè sulla popolazione civile uccidendo soprattutto donne e bambini.


Picasso decise di realizzare un quadro che riproponesse questo efferato crimine contro l' umanità, per denunciare, all' esposizione mondiale di Parigi del '37, l' atrocità di tale bombardamento.


Quest' opera di notevoli dimensioni (metri 3,5 x 8) fu realizzata in appena due mesi, ma fu preceduta da un intensa fase di studio,testimoniata da ben 45 schizzi preparatori che Picasso ha lasciato.


Il quadro è realizzato secondo gli stilemi del cubismo: lo spazio è annullato per consentire la visione simultanea dei vari frammenti che Picasso intende rappresentare. Il colore è del tutto assente per accentuare la carica drammatica di quanto è rappresentato. Il posto centrale è occupato dalla figura di un cavallo. Ha un aspetto allucinato da animale impazzito. Nella bocca ha una sagoma che ricorda quella di una bomba. È lui La figura che simboleggia la violenza della furia omicida. Sopra di lui è posto un banalissimo lampadario con una lampadina a filamento. È questo il primo elemento di contrasto che rende intensamente drammatica la presenza di un cavallo cosi imbizzarrito in uno spazio che era fatto di effetti semplici e quotidiani. Il lampadario unito al lume che gli è di fianco sostenuto dalla mano di un uomo, ha evidenti analogie con il lampadario posto al centro in alto del dipinto «i mangiatori di patate» di Van Gogh. Questo è l unica cosa che Picasso cita.


Al cavallo Picasso contrappone sulla sinistra un toro. È esso il simbolo della Spagna offesa. Di una Spagna che concepiva la lotta come scontro leale e ad armi pari. Uno scontro leale come quello della corrida. Invece il bombardamento aereo rappresenta quanto di più vile l uomo possa attuare, perché la distruzione piove dal cielo senza che gli si possa opporre resistenza. Tutto questo viene simboleggiato anche dalla spada spezzata in basso al centro. Le figure inoltre hanno tratti deformati per accentuare espressionisticamente la brutalità dell' evento. Sulla destra una donna si dispera con in braccio il figlio morto. Troviamo sulla destra inoltre altre figure con il volto incerto di chi cerca di capire cosa succede. L ultima figura sulla destra mostra il terrore di che cerca di fuggire da case che si sono improvvisamente incendiate.


Guernica è l opera che rappresenta l' impegno morale di Picasso nelle scelte democratiche e civili. E quest' opera è stata di riferimento per più artisti europei, soprattutto nel periodo post-bellico, quale monito a non esentarsi da un impegno diretto nella vita civile e politica.




Italiano


Solitudine e dolore sono i temi dominanti della letteratura nel periodo che intercorre tra le due guerre. L'esperienza lacerante della prima guerra mondiale ispira gran parte di questa produzione, caratterizzata da versi secchi ed essenziali che riassumono una molteplicità di sensazioni in un breve componimento. La lirica di questo periodo è particolarmente interessante come documentazione e testimonianza di una civiltà in crisi. Nei poeti più rappresentativi di questa nuova corrente letteraria, definita «ERMETISMO», c'è una visione della vita lontana da ottimistiche fiducie espressa con un radicale distacco dalle forme della versificazione ottocentesca



L' ermetismo



La poesia ermetica sorge intorno agli anni Venti e si sviluppa nel periodo compreso tra le due guerre mondiali. Il termine «ERMETISMO» fu adoperato per indicare una nuova poesia caratterizzata da una lirica spoglia ed evocativa, oscura e indecifrabile , come se fosse una scienza occulta, infatti il termine stesso deriva da Ermete, dio delle scienze occulte.


Questa nuova tendenza artistica, rifiuta la concezione della poesia intesa come celebratrice di ideali esemplari (la patria, l' amore, la virtù etc.); segue l' ideale della « poesia pura», libera da forme metriche e retoriche tradizionali, ma anche da ogni finalità pratica e celebrativa. Essa esprime nel modo più autentico il nostro essere più profondo e segreto. Si tratta di una poesia nuova, diversa da quella ottocentesca, da quella crepuscolare che aveva reso la poesia umile, e da quella futuristica che l' aveva resa rumorosa, esteriore ed aggressiva. Il motivo centrale della nuova poesia è il senso della solitudine disperata dell' uomo moderno: perduta la fede per i vecchi valori, egli non ha più certezze a cui ancorarsi solidamente. Nasce perciò una visione della vita sfiduciata e desolata, priva di illusioni: da Ungaretti che raffigura «l' uomo di pena», che si sente in esilio in mezzo agli uomini, a Montale che vede negli aspetti quotidiani «il male di vivere», a Quasimodo che ci ricorda che il destino di ogni uomo è che «sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole». Ad aggravare il senso di solitudine e di mistero concorrono altri elementi: l'incomunicabilità, ossia l' incapacità e l' impossibilità d un colloquio fiducioso ed aperto con gli altri; l' alienazione, ossia la coscienza di essere ridotti ad un ingranaggio nella moderna civiltà di massa; la frustrazione, la coscienza del contrasto tra una realtà quotidiana sempre banale e deludente e l' ideale di una vita diversa ma irrealizzabile.


Ungaretti



Giuseppe Ungaretti è considerato il fondatore dell' ermetismo; egli procede da un' essenziale rivolta contro le forme poetiche tradizionali, per restituire al linguaggio della poesia la sua dimensione essenziale scabra, a volte volutamente oscura. Dal punto di vista umano il suo cammino procede dalla constatazione della solitudine e del dolore dell' uomo, relitto di un naufragio, alla drammatica riconquista delle certezze offerte dalla fede tradizionale, alla coscienza di ripercorrere attraverso l' esperienza dolorosa della propria esistenza, una strada comune a tutti gli uomini.


Biografia


Ungaretti nasce nel 1888 ad Alessandria d' Egitto, da genitori italiani. Nel 1912 si trasferisce a Parigi, dove si laurea alla Sorbona e frequenta gli ambienti dell' avanguardia artistica. Allo scoppio della guerra il poeta, fervido interventista, si arruola e va a combattere sul Carso e poi sul fronte francese. Rientrato in Italia nel 1921, si impiega al Ministero degli Esteri e aderisce al fascismo ( Mussolini firma la presentazione di una sua raccolta). Nel 1936 va a San Paolo del Brasile dove inizia ad insegnare in un università. Durante il soggiorno brasiliano, nel '39 muore il figlio Antonietto di nove anni. Nel '42 torna in Italia e a Roma riprende l' insegnamento universitario. La sua fama di poeta che si era consolidata già dagli anni Venti, cresce col passare del tempo e sempre nuovi poeti si rifanno al suo stile. Muore a Milano nel 1970; l' anno precedente alla sua morte era uscita la raccolta completa di tutte le sue poesie col titolo «Vita di un uomo».





Poetica di Ungaretti


Possiamo partire proprio dal titolo «Vita di un uomo» per illustrare la poetica di Ungaretti. Poesia e biografia sono per lui molto legate, infatti sono proprio le esperienze di vita a determinare alcune precise scelte di stile e contenuto, assolutamente innovative per la poesia italiana. La prima, fondamentalmente, è l' esperienza di soldato; sepolto in trincea tra fango, pioggia e compagni moribondi, il giovane poeta scopre una nuova dimensione della vita e della sofferenza che gli sembra imporre, per poter essere descritta, la ricerca di nuovi mezzi espressivi. Nasce così la raccolta «Allegria di naufragi», nella quale il lavoro di «scavo» comincia, come si è visto, dalla parola. Dall' analisi delle proprie emozioni Ungaretti trae enunciazioni essenziali e fulminee che comportano la distruzione metrica tradizionale: i versi vengono spezzati e ridotti talvolta a singole parole; queste ultimasi stagliano isolate o accostate tra loro con lo strumento dell' analogia, senza punteggiatura, intervallate da spazi bianchi che assumono a loro volta un preciso significato. Quella di Ungaretti fu soprattutto una rivolta morale contro i falsi miti e le pose dannunziane, la ricerca di un linguaggio più autentico che riscoprisse la vera vita dell' anima. La tragica esperienza della guerra gli fece cogliere la vita nella sua essenzialità d' amore, dolore, angoscia della morte e bisogno di ritrovare una fraterna umanità. La poesia «Veglia» [da l' Allegria] è una lirica molto intensa in cui notiamo un' angosciosa presenza simultanea della vita e della morte nella realtà disumana della guerra:


Un' intera nottata

buttato vicino

a un compagno

massacrato

con la sua bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d' amore


Non sono mai stato

Tanto

Attaccato alla vita



Possiamo leggere questa poesia come una pagina di diario che, nella frantumazione del verso tradizionale, nell' isolamento urlato di certe parole chiave (massacrato, digrignata, congestione, penetrata) concentra l' emozione principale del poeta, vale a dire:la morte del compagni, la rivolta contro questa tragica esperienza giornaliera e il desiderio di vita che si rende concreto in quelle lettere piene d' amore. Ungaretti ricorda una notte passata in trincea con un compagno morto, tracciando la descrizione realistica del cadavere di un soldato, suo amico, massacrato dai colpi del nemico: la bocca digrignata, le mani congestionate, il viso immobile illuminato dalla luna piena, così è rappresentato tutto il dramma della guerra. In questa situazione di angoscia il poeta trova la forza di ribellarsi «scrivendo lettere d' amore»: l' orrore e la sofferenza suscitano in lui un' attaccamento alla vita. L' odio per la guerra lo spinge a reclamare il diritto di tutti gli uomini ad amare: la profondità della morte è oltrepassata dall' amore. La descrizione così cruda dell' amico, «di un uomo che non è più uomo», mutilato non solo nel corpo, ma anche nella sua dignità, mostra chiaramente che agli occhi del poeta la guerra «non crea eroi», che nessun uomo può tornare dal fronte rafforzato: la guerra crea solo morti. Ma ancora una volta, le mani, gonfie e impotenti del morto ricordano al poeta che il suo compito è quello di farsi portatore di messaggi di speranza per tutti.

La successiva raccolta «Sentimento del tempo», del 1933, presenta un' evoluzione della poetica di Ungaretti. Gli spunti autobiografici, così numerosi in Allegria di naufragi, diminuiscono, lasciando posto ad una riflessione più essenziale. L' uomo Ungaretti tenta ora di «farsi uomo», cercando nelle proprie emozioni e paure il riflesso di quelle che sono comuni a tutti. Inizia qui il tormentato recupero della fede, la quale può ancora rappresentare un'ancora di salvezza.

Nell' ultima raccolta, «Il dolore», del 1947, la biografia irrompe nuovamente nella poesia, in seguito alla tragica morte del figlio Antonietto, cui sono dedicate le liriche della prima parte; nella seconda parte invece, Ungaretti si sofferma sulle vicende drammatiche della guerra. C'è quindi un rapporto tra le due sezioni, il dolore individuale e quello collettivo danno la misura di un cammino umano segnato dalla sofferenza e dalla difficile riconquista della fede. Tra questi due piani, quello personale, celebrato ne Il dolore e quello collettivo celebrato ne Il sentimento del tempo, si muove tutta la successiva produzione di Ungaretti, che comprende le raccolte «Un grido e Paesaggi, La terra promessa, Il taccuino del vecchio». Il poeta parte dalla riflessione sul destino dell' uomo, conseguenza della drammatica esperienza della morte del figlio, per giungere, con l' aiuto della fede, ad un sereno e malinconico distacco della vita.


Latino

Seneca



Con l'avvento al trono di Nerone, alla morte di Claudio, Roma concepì la speranza che potesse incominciare una nuova era. Agli inizi del suo regno, Nerone sembrò realizzare le migliori aspettative del letterati, ma progressivamente subentrò la delusione, per l'amara constatazione delle più atroci colpe del principe e della sfrenata crudeltà delle repressioni. Seneca vive e soffre il dramma dell'intellettuale combattuto fra l'aspirazione alla vita ritirata e contemplativa a quella attiva. Nelle sue opere si può avvertire un rasserenamento di quei temi di angoscia, oscurità e dolore propri della narrativa del suo tempo e di quella del primo e secondo dopo guerra. Gli intellettuali propagandano infatti, in questo periodo, l'incapacità di trovare la via che dovrebbe portare l'umanità verso la pace e la serenità d'animo. I temi sono sempre quelli della solitudine, del dolore e del crollo delle illusioni, naturale conseguenza degli orrori seminati dai regimi totalitari. Nessun autore latino meglio di Seneca, vissuto accanto a Nerone, poteva essere più vicino a questi temi così dolorosi. Seneca è considerato lo scrittore più moderno della letteratura latina: è l'unico che ci parli ancora come fosse vivo, nella lingua morta di Roma. Nessuno meglio di lui nel mondo antico seppe parlare a tutti gli uomini del casi della vita e della morte.


Biografia


Lucio Anneo Seneca, figlio di Seneca il vecchio, nacque a Cordova, in Spagna intorno al 4 a.c. Si recò a Roma per completare gli studi letterari e filosofici e si avvalse dell'insegnamento del filosofo neopittagorico Sozione, del retore Papiro Fabiano e dello stoico Attalo. Seneca ebbe così l'opportunità di conoscere la dottrina della setta dei Sesti, che fondevano precetti d'origine storica e neopittagorica. Dopo essersi recato in Egitto per motivi di salute, fece ritorno a Roma nel 31, dedicandosi alla poesia e all'arte oratoria. Nel 41, durante l'impero di Claudio, fu accusato di adulterio con la sorella di Calligola, Giulia Livilla, e condannato alla relegatio ovvero l'esilio in Corsica, dove rimase per ben otto anni. Quest'isolamento gli consenti di leggere molto, di avvicinarsi allo stoicismo e di scrivere alcune opere filosofiche. Grazie ad Agrippina, reggente del princeps potè tornare a Roma come maestro del giovane Nerone, che divenne imperatore nel 54. Insieme con il prefetto del pretorio, Afranio Burro, curò l' educazione del princeps, ispirandogli quell'equilibrio che contraddistingue la prima fase del governo neroniano. Nerone, infatti, iniziò a governare con gran moderazione, riproponendo il modello del principato augusteo, che era stato distorto dai suoi predecessori, e ridando una nuova dignità alla nobilitas del senato. Tuttavia, ben presto, si assistette ad un'involuzione che segnò la fine della grande illusione di Seneca e del suo impegno politico a fianco del principe. Seneca guardò impotente Nerone che fece uccidere la madre e la moglie, Ottavia, per sposare Poppea. Nel 59 lo scrittore si ritirò a vita privata, dedicandosi alle lettere e alla filosofia. Nel 65, coinvolto nella congiura dei Pisoni contro Nerone, ricevette l'ordine dall'imperatore di uccidersi ed obbedì, dimostrando in tal modo di saper sfidare quella morte che egli aveva dichiarato di attendere con serenità in tutti i giorni della sua vita.



Saggezza e sofferenza in Seneca


Seneca ritiene che lo scopo della vita umana è avere la forza di resistere al male, di superare le asprezze dell'esistenza e di accogliere il dolore come un tesoro dello spirito. Seneca ripeteva il detto del cinico Demetrio, secondo il quale: "l'essere più infelice della terra è quello che non ha mai pativo avversità". Per lui la felicità è la saggezza e la figura del saggio è quella di un uomo che sa porre questa virtù al di sopra di ogni preoccupazione umana. La felicità maggiore è secondo Seneca «non aver bisogno della felicità», ma riuscire a trovare in se stessi il proprio bene, indipendentemente dal caso, dal destino e dagli uomini. Seneca si rivolge con la sua dottrina non alla folla, ma all'individuo, cioè colui che, pur vivendo in mezzo agli uomini, sente la necessità di trovare in se stesso un punto di congiungimento con l'universo. Alla base della filosofia di Seneca c'è lo stoicismo ma egli non ha confini chiusi di particolari filosofie e spesso trova nell'epicureismo la formula del suo pensiero e della sua aspirazione; ciò perché Epicuro aspirava a raggiungere la serenità interiore attraverso la lucidità intellettuale. Da stoico egli afferma che: " la vita, come sai, non sempre merita di essere conservata, non è un bene il vivere ma il vivere bene; perciò il sapiente vivrà tutto il tempo che ha il dovere di vivere e non tutto il tempo che può vivere". L'uomo quindi, per Seneca, è sempre impegnato nella salvezza di se stesso attraverso la condotta saggia di vita.; è proprio questa condotta che lo aiuta a vincere la solitudine di cui parla Quasimodo, quella disperazione che emerge di fronte ad un mondo che non è più in grado di dare risposte all'umanità ormai allo sbando. Il dolore non si può evitare, ma non si deve cedere ad esso, neanche di fronte alla morte. Nelle «Epistulae ad Lucilium», 124 epistole divise in 20 libri, Seneca raccoglie in forma epistolare tutta la sua filosofia, la sua esperienza, la sua saggezza e il suo dolore e riesce a creare un'opera in cui ciascuno possa trovare un sostegno o una consolazione al proprio dolore. Come risposta alla disperazione che caratterizza la poesia di Quasimodo, le epistole di Seneca sono un invito a vivere bene tenendo presente che «vivere bene», non significa vivere senza dolore, ma sopportare le sventure con serenità; nell'epistola 96 Seneca dice: " Tu ti sdegni tanto o ti lagni per qualche avversità; e non ti rendi conto che il male non sta in quelle avversità, ma nel fatto che ti sdegni e ti lagniSono ammalato? Anche questo fa parte del mio destinosono cose che capitano; dico meglio: devono capitare, non avvengono a caso, ma per volontà divina". In Seneca troviamo due componenti indissolubili: una è quella politica e sociale, cui si legano le sue vicende personali; l'altra è quella filosofica, che comporta una scelta di vita appartata da filosofo, contrapposta alla difficoltà di far coincidere questa scelta con il realismo imposto dalla partecipazione alla vita pubblica. Nel momento in cui Seneca si rese conto di aver perso ogni illusione che Nerone potesse incarnare la figura di un re saggio, capace di autolimitare con la virtù il proprio potere, decise di ritirarsi in solitudine. Il senatore, amico del principe, e il filosofo, erano due realtà incompatibili nell'uomo di Seneca; per lui fare il politico alla maniera del filosofo significava farlo semplicemente da uomo uomo saggio. Seneca era monarchico, convinto che l'unica possibilità per il buon governo, in una situazione in cui il potere era nelle mani del monarca, fossero le qualità stesse di quest'ultimo. Da qui le lodi a Nerone, di cui egli era amico, ma che volle regnare da dittatore. Seneca cerco così di sottrarsi alla morsa della sua amicizia ritirandosi a vita privata. Nerone non accettò le sue dimissioni, non poteva consentirgli di ritirarsi ma egli lo fece ed inoltre smascherò nelle sue «Epistulae ad Lucilium» il meccanismo del potere neroniano così come fanno tanti scrittori che si oppongono al regime dittatoriale in cui vivono. Il «princeps», compreso quel messaggio, gli intimò il suicidio: un suicidio che può facilmente identificarsi con il sacrificio di tante vite innocenti condannate a morte solo perché contrarie all'ideologia di potere o all'olocausto di sei milioni di ebrei ordinato da Hitler durante la seconda guerra mondiale o anche alle innumerevoli vittime di regimi dispotici e violenti. Seneca meglio di chiunque altro ha saputo esercitare una forte suggestione sugli uomini per la sua profonda conoscenza dell'animo umano e per l'accurata indagine delle passioni che lo agitano, ricorrendo a uno stile che mira alla verità, che riesce a colpire le coscienze con parole che siano lo specchio del pensiero e che spingano a riflettere. Il lettore è attratto dal modo in cui egli procede, quasi a scatti, con frasi brevi e ricche di sentenze. Seneca contrappone quindi alla «concinnitas» ciceroniana, caratterizzata da eleganza e simmetria, la sua «inconcinnitas» che predilige periodi assimetrici brevi, con frasi in calzanti che fanno presagire conclusioni ad effetto. Ecco perché, come ho detto all'inizio di questo mio lavoro, Seneca è l'unico che ci parli ancora come fosse vivo, nella antica lingua di Roma.































Storia


I regimi totalitari





Concetto di totalitarismo


Di stato «TOTALITARIO»si cominciò a parlarne in Italia verso la metà degli anni '20, per denotare le caratteristiche dello stato fascista contrapposto allo stato liberale. L'espressione è presente nella voce «Fascismo» dell'enciclopedia italiana (1932), sia nella parte scritta da Giovanni Gentile sia in quella redatta da Mussolini, dove si afferma la novità storica di «un partito che governa totalitariamente una nazione». Nella Germania nazista, invece il termine ebbe scarsa fortuna e si preferì parlare di stato «AUTORITARIO».

Una delle più precise definizioni di totalitarismo in ambito storiografico venne offerta in uno studio del 1951 da Hannah Arendt, che sottolineò la novità del regime totalitario rispetto alle vecchie forme dispotiche, nell'annientamento dell'individuo attraverso la combinazione di terrore e ideologia. La studiosa ne «Le origini del totalitarismo» individuò tre condizioni essenziali al sorgere di questo fenomeno: in primo luogo il tramonto dello stato nazione e l'affermarsi dell'imperialismo; in secondo luogo il crollo del sistema classista e dei suoi valori; infine l'individuazione della moderna società di massa.

Strettamente collegati al significato di totalitarismo sono i seguenti punti:


I regimi totalitari elaborano un' ideologia onnicomprensiva e finalistica in cui l'individuo diviene strumento di realizzazione di un ordine superiore;

Strumento essenziale è il partito unico di massa, guidato da un leader, definito dittatore;

Il partito instaura un sistema di terrore, fisico e psicologico, mediante una polizia segreta e un forte apparato di propaganda;

Il regime totalitario detiene il monopolio dei mezzi di comunicazione di massa; in modo analogo controlla monopolisticamente tutti gli strumenti di lotta armata;

Anche in ambito economico il totalitarismo si manifesta nella ricerca del controllo dell'intera economia


Benito Mussolini e l'avvento del fascismo





Il FASCISMO, in quanto fenomeno totalitario, fu il primo in ordine cronologico a creare un partito unico di massa e un'ideologia che ruotassero attorno alla figura di un dittatore. Guida del fascismo italiano fu Benito Mussolini. Egli era un grande oratore. La sua forza comunicativa si basava su frasi brevi, pronunciate con tono trionfalistico; faceva grande uso di metafore, di terminologia militare e spiritualistica. Proclamava i suoi discorsi con brevi periodi, con incalzante ritmo delle parole e con un continuo ricorso all'antitesi. Il suo lessico era povero e tuttavia ricco di enfasi, di pause sapienti, di richiami eroici e patriottici, che avevano l'unico scopo di esaltare la folla. Ma la sua capacità politica aveva ben più profonde radici.



Nato a Predappio, in provincia di Forlì, il 29 luglio 1883, aveva militato nel Partito Socialista mostrando una chiara inclinazione verso il sindacalismo rivoluzionario, tanto che, nel 1912, divenne direttore de «L'Avanti»; ma un suo editoriale in favore dell'intervento in guerra a fianco della Francia scatenò la polemica del partito, tradizionalmente antibellico. Fu allora costretto alle dimissioni del giornale e quindi, espulso dal partito.

Nel 1919 fondò i «Fasci d'azione interventista» e si diede alla preparazione del programma del nuovo movimento:


politica estera orientata in senso imperialistico e difensivo;

diminuzione dell'orario di lavoro a otto ore definitive;

minimi di paga;

obbligo ai proprietari di coltivare la terra, con la sanzione che le terre non coltivate fossero date a cooperative di contadini, sopratutto reduci dalla guerra;

una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo;

sequestro di tutti i beni alle congregazioni religiose e l'abolizione di tutte le mense vescovili;

revisione di tutti i contratti di forniture di guerra e sequestro dell'85% dei profitti di guerra;


Il fascismo in Italia raccolse le forze sociali disperate, di provenienza politica assai diversa socialisti, anarchici, sindacalisti rivoluzionari, cattolici clericali, nazionalisti, repubblicani atei, ex ufficiali monarchici), unificate dal malcontento nei confronti delle agitazioni operaie e contadine e del trattato di pace. Il 28 ottobre 1922, le squadre fasciste, dopo aver assaltato un grande numero di Camere del Lavoro, marciarono su Roma, affermando di voler governare il Paese.

Il primo governo di Mussolini ottenne la fiducia a pieni poteri con una maggioranza schiacciante: 429 voti contro 116 e 7 astenuti alla Camera, e 196 voti contro 19 al Senato. All'opposizione restarono soltanto comunisti, socialisti e repubblicani.

Mussolini creò, intanto, il Gran Consiglio del Fascismo, che avrebbe progressivamente esautorato il Parlamento, e legalizzò le squadre armate, trasformandole in milizia personale. Per conciliarsi e garantirsi l'appoggio del Vaticano e del clero cattolico, firmò i Patti Lateranensi con la Santa Sede; mentre il 3 gennaio 1925 promulgò le così dette «leggi fascistissime».

Fu così soffocata la libertà di stampa; furono abolite le libertà politiche e sindacali; gli antifascisti furono epurati nell'amministrazione pubblica; tutti i poteri del governo furono trasferiti al DUCE; vennero istituiti il confino di polizia, la pena di morte, il tribunale speciale e la polizia segreta. Per irrobustire l'orgoglio nazionale, Mussolini creò un vero e proprio impero coloniale: Libia, Etiopia, Somalia, Eritrea e Albania, dovevano mettere l'Italia sullo stesso livello delle altre potenze e fare di essa la nazione guida dell'Europa e il faro della civiltà nel mondo.

Il Duce inoltre incentivò il cinema, il teatro, l'arte e l'architettura, la quale si dimostrò essere gigantesca e magniloquente, come simbolo del potere e della grandezza dell' ideologia fascista.

Certo è che, per un ventennio, l'Italia, sotto il fascismo, rimase nel complesso isolata delle più vive correnti culturali e artistiche europee e mondiali, chiusa all'interno di una mediocrità provinciale che il regime esaltava come propria virtù. Né ciò avveniva per caso: l'abbassamento del livello culturale faceva parte della strategia politica del regime che aveva sospinto la popolazione a credere nei miti piuttosto che ragionare, a scambiare la retorica con la realtà, a delegare ogni decisione al Duce, dal momento che egli aveva «sempre ragione».

Nel campo del lavoro, dell'industria e dell'agricoltura, Mussolini avviò importanti riforme economiche e diede inizio ad importanti opere pubbliche. Neppure la gioventù fu risparmiata dall'indottrinamento; anzi, il regime considerava fondamentale «addestrare» gli italiani al regime fascista, fin dalla nascita: la «Gioventù Italiana del Littorio» aveva il compito di creare un uomo che fosse «naturalmente» fascista, che vivesse a pensasse «spontaneamente» da fascista. Parallelamente a questo condizionamento capillare, ogni opposizione era messa a tacere. Partiti e sindacati furono dichiarati illegali e gli oppositori politici furono bastonati, messi in galera o mandati in esilio, a volte assassinati.

Si instaurò, cosi, un autentico clima di terrore. Nel giro di un decennio dalla presa del potere la ferrea dittatura fascista era compiuta.




Adolf Hitler e la dittatura nazista


La crisi economica del dopo guerra, l'inflazione che faceva lievitare i prezzi e diminuire il potere d'acquisto dei salari, la diffusa disoccupazione alimentavano i desideri di qualche «brusca novità» che rianimasse lo stanco spirito tedesco.

Fu in questo quadro che il NAZISMO riuscì ad affermarsi e che l'ex caporale Adolf Hitler riuscì ad impadronirsi del potere ed a diventare «Fuhrer», il Duce o la Guida unica della Germania. Hitler aveva militato inizialmente nel Partito Operaio Tedesco, di aspirazione socialista. Quando ne ebbe in pugno le leve lo trasformò nel Partito Nazionalsocialista, comunemente detto Nazismo.


Egli aveva già al suo servizio, prima di prendere il potere, un vero esercito irregolare. Erano le «squadre» denominate SA ovvero reparti d'assalto al servizio del partito, comandate dal capitano dell'esercito Ernst Rohm, che in seguito furono sostituite dalle famigerate SS ovvero squadre di protezione. La cieca fedeltà agli ordini del Fuhrer e dei capi nazisti rese possibile ad Hitler, l'attuazione del proprio programma. Al centro della concezione hitleriana c'era un'utopia nazionalista e razzista. Fervente antisemita sin dalla giovinezza, sostenitore di una concezione «darwiniana» della vita, intesa come lotta perenne in cui i più forti sono destinati a vincere, Hitler credeva in una razza conquistatrice e superiore, quella ARIANA, progressivamente inquinatasi per la commistione con le razze «inferiori». Il popolo in cui l'arianesimo si era conservato era quello tedesco, che aveva il compito di governare sul mondo. A tale scopo fu approntata una vera e propria ideologia dello sterminio di massa e del «genocidio» dei nemici interni: i lager e le camere a gas sarebbero arrivati di lì a poco tempo. Venne soppressa la libertà di stampa e le SA e le SS si abbandonarono a vere e proprie «spedizioni punitive». Da questo momento la «liquidazione» degli avversari procedette più spedita. Gli ebrei furono cacciati da ogni ufficio pubblico; i funzionari più importanti furono nominati direttamente dai nazisti;i più irriducibili nemici del regime furono assassinati: più di 300 eminenti personalità tedesche antinaziste furono trucidate nella sola giornata del 30 giugno 1934. L'anziano presidente della repubblica Hinderburg morì un mese più tardi. Pur conservando la carica di cancelliere, Hitler divenne anche presidente. Un plebiscito sanzionò la nuova situazione. Hitler era diventato l'autentico, assoluto, onnipotente padrone del Terzo Reich, ossia del terzo impero tedesco dopo quello Sacro romano medioevale e quello prussiano. Una volta salito al potere, egli attuò una serie di riforme, volte a reprimere lo stato liberale: si fece conferire pieni poteri per quattro anni, sciolse il Partito Comunista e i sindacati e cominciò ad epurare l'amministrazione dello Stato. La costituzione di una nuova polizia politica, la Gestapo, gli dette lo strumento per controllare rigidamente tutto il paese. Il punto cardinale era il «Fuhrerprinzip» ovvero il principio del capo; il Fuhrer era nello stesso tempo il capo supremo, la guida del popolo ed espressione delle aspirazioni di tutti, punto di riferimento per tutti. Dal popolo erano esclusi gli elementi «anti-nazionali», i cittadini non ariani,gli zingari e in particolare gli ebrei; l'obbiettivo del programma antisemita attuato da Hitler e dai suoi generali, era di portare tutti gli ebrei allo sterminio completo. Leggi razziali vennero promulgate all'indomani della presa del potere: Hitler, infatti, emanò la legge per la difesa dei «cittadini del Reich» e del sangue, che di fatto degradava gli ebrei a esseri umani di secondo classe, con diritti inferiori e senza cittadinanza. Era il 15 settembre 1935. Fra l'altro, vennero anche proibiti i matrimoni tra ebrei e ariani. Gli ebrei erano allora in Germania una ristretta minoranza: circa 500.000 su una popolazione di 60 milioni di abitanti. Ma diversamente da quanto accadeva nei paesi dell'Europa orientale, erano in prevalenza concentrati nelle grandi città e occupavano le zone medio-alte della scala sociale: erano per lo più, commercianti, liberi professionisti, intellettuali, artisti, industriali e finanzieri. Nei loro confronti, la propaganda nazista riuscì a risvegliare quei sentimenti di ostilità che erano largamente diffusi nell'Europa centro-orientale. La notte del 9 novembre 1938 nei quartieri ebraici furono commesse violenze contro negozi, abitazione e sinagoghe, mentre molti ebrei vennero picchiati o uccisi. Questa passò alla storia come la «notte dei cristalli», per via delle molte vetrine dei negozi frantumate. Da quel momento, la vita degli ebrei divenne sempre più difficile: negati di qualsiasi diritto, privati dei loro beni, oggetto di violenza e di nuove misure repressive, fu imposto loro anche il divieto di emigrazione. Fino a quando, nella sede dell'Interpol di Berlino, venne elaborata una soluzione finale della questione ebraica: era dato per scontato che gli ebrei dovessero essere eliminati fisicamente; si trattava solo di adottare le modalità per procedere allo sterminio totale e realizzare l'obbiettivo esposto da Hitler il30 gennaio 1939: «nessun insediamento fuori d'Europa, nessun ghetto in Europa». Poiché le fucilazioni di massa erano difficili da mantenere segrete, il sistema scelto per lo sterminio fu il gas tossico, il famigerato «Zyclon B». Nel gennaio 1942 treni carichi di ebrei partirono dai paesi occupati dai nazisti verso campi di sterminio costruiti appositamente. Nei LAGER i nuovi arrivati vennero divisi in prigionieri abili ed inabili al lavoro. Per questi ultimi c'era la morte immediata; per i primi un calvario di stenti inauditi prima dell'eliminazione. Per tutti dopo la morte il forno crematorio. Il numero totale delle vittime dell'OLOCAUSTO fu stimato, dopo la guerra, in poco meno di sei milioni di morti. Con la ragione del più forte e imponendo al popolo un duro, pesante sforzo, Hitler riuscì a trasformare la Germania. La «Wehrmacht», o esercito, venne ricostruita, riarmata e magnificamente addestrata. La «Luftwaffe», o aviazione, divenne insieme alle divisioni di «Panzer», carri armati, e all'artiglieria l'arma più potente non solo dell'armata tedesca, ma del mondo intero. Ugualmente risorse l'economia tedesca: industria, agricoltura e commercio furono potenziati. Nel 1939 il Reich produceva da solo l'11% dei prodotti industriali del mondo. Fu proprio in quell'anno che Adof Hitler lanciò la sfida al mondo e alla civiltà incitando così i suoi fedelissimi:

«CHIUDETE I VOSTRI CUORI ALLA PIETA'! AGITE CON BRUTALITA'!LA RAGIONE É DEL Più FORTE.!»

Il mondo intero andava incontro ad una nuova spaventosa tragedia!




Filosofia


Friedrich Nietzsche



La vita


Friedrich Nietzsche, nacque nel 1844 a Rocken in Germania, figlio di un pastore e di madre di origini anch'essa pastorizie. Rimasto orfano del padre in tenera età , crebbe affidato alle cure della madre. Donna di solide qualità morali ma di cultura limitata. A Naumburg, dove la famiglia si era trasferita, ricevette i suoi primi insegnamenti di religione, latino e greco e imparò a suonare il pianoforte. Dopo aver abbandonato la celebre scuola teologica di Pforta, con disappunto della madre, Nietzsche studiò filosofia classica all'università di Bonn e Lipsia, diventando professore della disciplina all'università di Basilea a soli 24 anni; in quel periodo si iniziarono a delineare sempre più le sue inclinazioni filosofiche. Entrò in relazione con Richard Wagner, del quale divenne amico ed estimatore. Il loro rapporto si andò affievolendo sempre più con il tempo quando egli iniziò ad orientarsi nostalgicamente verso il cristianesimo e l'abbandono dei valori vitali, propri dell'antichità classica, verso uno spirito di rinuncia e rassegnazione; tutto ciò al contrario di Wagner che era visto come estremo rappresentante del Romanticismo. L'ultimo periodo della vita, fu caratterizzato da una precaria condizione fisica, dovuta alla pazzia, ed un continuo spostarsi tra la Svizzera e l'Italia settentrionale, tra cui Torino, che divenne una delle sue città preferite. Fu molto condizionato da una visione malinconica, che lo portò all'attesa della morte, espressa nell'opera «Umano troppo umano», ma che non arrivò. La svolta la ebbe con «Aurora» e «La gaia scienza» nel quale afferma la speranza del filosofo, di poter condurre l'umanità verso un altra prospettiva di vita. A questo punto ritrovò in se stesso un senso di ottimismo, pensando di poter uscire dalla solitudine e di poter trovare comprensione e successo; ma fu subito deluso a causa di un spiacevole fatto. La vita amorosa non vide particolari interessi, tranne che una ragazza di 24 anni che lo segue nella sua filosofia, ma che poi lo illude di essere sua discepola, la quale si innamora di un suo discepolo. Negli ultimi anni della sua vita, quando ormai è soprafatto dalla malattia, inizia ad avere successo, con la composizione di diverse opere, tra cui le più importanti: «Così parlò Zarathustra», «Al di là de bene e del male», «Ecce homo».

Morì infine a Weimar nel 1900.





Il pensiero


Friedrich Nietzsche, un nome che ha fatto la storia di quest'ultimo secolo, oltre che la filosofia. Il suo pensiero ha influenzato tutta la cultura novecentesca, da cui sono nati, infatti, movimenti come il Decadentismo, il Simbolismo, e via via tutti gli altri del primo novecento, senza escludere l'influenza che ha avuto sul Nazismo e su personaggi come D'annunzio. La sua filosofia dell'irrazionalità, lui è un «maestro del sospetto», cioè, un pensatore eminentemente critico-negativo, che attraverso un processo di «demitizzazione» e «desacralizzazione» è riuscito a distruggere tutti i miti e le credenze, in quanto convinto che gli uomini abbiano costruito una serie di certezze per poter sopportare l'impatto con il caos della vita, che ad uno sguardo profondo si rivelano solo come necessità di sopravivenza, le quali il filosofo, mediante una serie di itinerari del proibito, ha il compito di mettere a nudo. Deve svelare dietro le apparenze, ogni verità, dietro ogni sistema etico o ogni modello di comportamento, individuare sempre precisi condizionamenti esterni, psicologici e sociali. Questo tipo di polemica del passato, non è semplicemente una critica delle idee o dei sistemi, ma una messa in discussione della civiltà occidentale, che ha dato vita alle credenze, cui l'uomo è stato influenzato e condizionato. Da qui la critica verso Socrate in quanto il fondatore della razionalità, che dava spiegazione attraverso la ragione a qualsiasi cosa. Nella sua prima opera «La nascita della tragedia», egli contesta l'immagine della grecità di impronta classicista, secondo la quale i greci, crearono opere belle e armoniose, perché tale era il loro spirito. La tragedia è la massima espressione artistica e culturale della civiltà ellenistica, perché in essa si verifica un incontro, che è il superamento del dualismo che ha caratterizzato l'essenza della grecità, e dalla cui lotta e conciliazione, la tragedia sarebbe appunto nata. Questa dualità, è rappresentata da:


Lo spirito Dionisiaco, scaturisce la forza vitale, dal senso caotico del divenire, l'istinto originario della ragione e si esprime nell'esaltazione dei sentimenti, nell'ebbrezza vitalistica e nella creatività della musica. Questo spirito è legato alla figura di Dioniso, dio dell'oscurità, del disordine e del non conforme, che rappresenta l'energia istintuale, l'eccesso e dunque gli impulsi di emancipazione e di abbandono per cui la forma espressiva, non può essere che la musica passionale che a sua volta genera passione;

Lo spirito Apollineo scaturisce dalla fuga di fronte al flusso imprevedibile degli eventi, e che si esprime nelle forme limpide ed armoniche dell'arte plastica. L'apollineo è dunque legato alla figura di Apollo, Dio della luce, della misura e della bellezza formale. Che simboleggia il moto verso la perfezione, dando vita alla scultura e all'architettura;


Il primo è lo spirito della natura dell'uomo, che da origine alla vita, mentre il secondo è stato creato, proprio come tentativo di razionalizzare il caos dell'esistenza rendendo accettabile la vita; è dal loro contrasto che nasce la tragedia, riconosciuti nella parte drammatica recitata, nella danza e nel canto del coro. Lo spirito Apollineo, con Euripide, prende il sopravvento su quello Dionisiaco, in quanto si inizia a rappresentare nell'arte la mediocrità del quotidiano. Ciò segna la fine della tragedia, parallelamente segnata dalla vittoria dello spirito socratico, che con la sua razionalità, pretende di racchiudere in concetti l'esistenza, imponendo sulla vita e sul mondo il primato della ragione. La morte della tragedia e l'abbandono dello spirito Dionisiaco, affermano un processo di decadenza, con la nascita della religione, dell'etica e della morale, che ha segnato profondamente tutta l'esistenza dell'uomo, fino a che non è arrivato appunto Nietzsche, il quale si considera «il primo decente uomo» dopo «la falsità che dura millenni», ed è pienamente consapevole del suo destino d'eccezione che porta il suo nome, ad «una crisi, quale mai si era vista sulla faccia della terra, la più profonda collisione della coscienza, una decisione evocata contro tutto ciò che finora è stato creduto, preteso, consacrato. Io non sono un uomo, sono una dinamite». Il suo compito è perciò ora quello di preparare l'umanità ad un'altra visione, alla pura realtà che non sia in grado di frenare LA VOLONTA' DI POTENZA dell'uomo. Prepararla ad un duro colpo che sconvolgerà l'esistenza, quello della «morte di Dio», di cui il vero artefice è l'uomo, che abbandonando tutti i valori, potrà tornare alla sua natura, alla sua origine dove non era vincolato da nessuna credenza,k viveva in un unico mondo, ed una sola vita, senza quella ultraterrena, perché l'aldilà non esisterà più. Sarà Zrathustra ad abolire per sempre il dualismo tra questi due mondi, tra quello vero e quello apparente, creato dalla filosofia greca, e da cui nascerà un altro uomo:


«UEBERMENSCH» o «IL SUPERUOMO»


La morte di Dio, segna l'avvento del Superuomo, che diventa protagonista della storia, porgendosi al di sopra del valori della civiltà occidentale, la religione, la morale e la scienza, in quanto considerate nient'altro che mistificazioni volute dalla massa per ostacolare il cammino degli uomini superiori, ed il risultato dello spegnersi nel corso dei millenni dell'originaria «volontà di potenza», ossia dell'energia creatrice dell'uomo e dei suoi valori vitali.

I super uomo è colui che è in grado di accettare la vita; di rifiutare la morale tradizionale e di operare una trasvalutazione dei valori; di «reggere» la morte di Dio, guardando in faccia il reale al di là delle illusioni metafisiche; di superare il nichilismo; di collocarsi nella prospettiva dell'eterno ritorno e di porsi come volontà di potenza. Alla base di queste considerazioni, il Superuomo si proietta nel futuro, perciò viene tradotto con l'oltre-uomo, proprio per evidenziare la differenza tra il Superuomo del futuro e l'uomo del presente.

Questo concetto, è alla base della filosofia nicciana, ed in cui tutto è riassunto e si risolve.

Il Superuomo, in un quadro generale, risulta abbastanza chiaro, al contrario però di una visione concreta sfuggente.

Ha avuto diverse interpretazioni, come ad esempio quella di sinistra, che vede nell'incarnazione del soggetto, un'umanità liberata; le interpretazioni di destra sono state quelle più sconvolgenti, prendendo in considerazione il Nazismo, che vede la proclamazione di un'elite superiore.

Tutte queste interpretazioni, derivano dalla complessità di questa tematica, rivelata anche, politicamente parlando da un ambiguità di fondo, come egli si sia contemporaneamente servito a far valere ideali sia liberali che antiliberali, sia democratiche che antidemocratiche. Queste contraddizioni, sono proprio volute per una denunzia nel corso della sua opera a tutti gli idoli politici, dai nazionalisti ai socialisti, ai democratici.

Tutto ciò spiega quale sia il suo vero messaggio, di carattere esclusivamente filosofico, del suo significato più profondo, di cui Nietzsche si serve per esprimere il progetto di un nuovo essere qualificato da una serie di caratteristiche che emergono oggettivamente dall'insieme della sua opera, perciò: accettazione della vita, critica della morale, morte di Dio, superamento del nichilismo. Perciò non un Superuomo di carattere politico, la quale conseguente interpretazione ne dimostra il suo fallimento, ma piuttosto colui, che avendo preso coscienza del fatto che tutti i valori tradizionali sono crollati, è in grado di tornare ad essere «fedele alla terra», liberandosi dalle culture. Il Superuomo ha in sé una forza creatrice, che gli permette di operare la traslazione dei valori e di sostituire ai vecchi doveri la propria: volontà di potenza.












Fisica

Albert Einstein



Alber Einstein nacque a Ulm (Wurttemberg) il 14 marzo 1879. Fece i primi studi a Monaco di Baviera nel ginnasio Liutpold ed ebbe la prima educazione matematica da uno zio ingegnere. Nel 1894, in seguito a un rovescio di fortuna, la famiglia Einstein lasciò la Germania e si trasferì on Italia dove il padre lavorò come elettrotecnico a Milano, a Pavia, a Isola della Scala e in altre località del Veneto. Il piccolo Albert peregrinò fino a Genova donde emigrò in Svizzera e, fra non lievi difficoltà economiche, si iscrisse alla scuola cantonale di Aurau, dove si guadagnò il certificato di ammissione alla celebre scuola politecnica di Zurigo. Qui nel 1910 conseguì la laurea e l'abilitazione all'insegnamento della matematica e della fisica. Nel 1911 ottenne la cittadinanza Svizzera e si occupò, come perito tecnico, dell'Ufficio Federale dei Brevetti di Berna. Gli anni tra il 1902-1909 rappresentano il periodo della sua più intensa produzione scientifica. La scoperta dei fondamenti della teoria speciale della relatività, che nel 1912 gli valse la nomina a professore ordinario di matematiche superiori al Politecnico di Zurigo. Nel novembre 1913 ebbe una cattedra di fisica nell'accademia prussiana delle scienze di Berlino e nella primavera 1914 , succedendo a Enrico Vant't Hoff, fu chiamato a dirigere il Kaiser-Weilhelm-Intitut per la fisica. Nel 1933 le persecuzioni politiche e razziali indussero Einstein, poichè era ebreo, a lasciare l'Europa. Emigrò negli Stati Uniti d'America ed entrò a far parte dell'Institute for Advanced Studes di Princeton, dove morì nel 1955.



Albert Einstein ha dato alla fisica moderna il contributo di una creazione geniale che rimarrà nei secoli futuri una pietra miliare nella storia del pensiero umano. Nel 1905, la memoria «Zur Elektrodynamik bewegter Korper». Gettò le basi della teoria speciale della relatività, fondata sulla costanza della velocità della luce nel vuoto quale limite superiore dell'osservabilità di qualsiasi fenomeno. Uno dei risultati che Einstein aveva dedotto da questa teoria, e cioè che massa ed energia sono equivalenti, doveva avere quarant'anni dopo una terribile conferma, con una forza di distruzione mai conosciuta: lo scoppio della prima bomba atomica.

Pochi sanno che in questo avvenimento Einstein ebbe una parte fondamentale. Si deve al suo diretto intervento se il Presidente Roosevelt mise a disposizione i colossali capitali necessari per quelle ricerche che dovevano portare ala bomba di Hiroshima. Nel 1939 i fisici Fermi e Szilard erano pervenuti a importanti risultati nel campo della fisica atomica, in particolare della disintegrazione dell'uranio, e avevano intuito le tremende possibilità derivanti dall'impiego dell'energia atomica per scopi bellici. Tuttavia essi sapevano che non sarebbero stati ascoltati a meno che la questione non venisse direttamente presentata da un'alta personalità mondiale; Fermi e Szilard conferirono con Einstein. Einstein non desiderava immischiarsi in questioni militari, ne tanto meno desiderava incoraggiare la costruzione dell'arma più terribile che fosse mai stata costruita dall'uomo. Tuttavia egli sapeva bene che se la Germania fosse giunta per prima in possesso dell'energia atomica, non avrebbe esitato ad usarla come strumento di dominazione del mondo. Tralasciando i lavori, del resto notevoli, che egli ha compiuto sulla teoria dei moti browiniani, sulla teoria statica dei campi gravitazionali, e il poderoso contributo apportato alla teoria del quanti (si deve ad Einstein l'ipotesi del «FOTONE»), non si può trascurare, per la sua immensa portata, l'ormai classica memoria apparsa nel 1916: «Die Grundlagen der allgemeinen Relativitatstheorie». Essa comprende una nuova teoria della gravitazione; spostamento delle immagini stellari durante una eclisse totale di sole (deflessione dei raggi luminosi in un campo gravitazionale). Il 29 marzo 1919 si sarebbe verificata una eclisse totale di sole che poteva offrire favorevoli condizioni per la verifica della teoria di Einstein. La Royal Society e la Royal Astronomic Society di Londra incaricarono un comitato presieduto dall'illustre fisico Sir Arthur Eddington di fare i preparativi per una spedizione nella zona in cui il sole sarebbe apparso totalmente oscurato. Furono inviate due spedizioni in due punti molto lontani fra loro entro la zona di eclisse totale: una nel Sobral, nord Brasile, l'altra nelle isole Principe, golfo di Guinea.

Il 6 novembre 1919 la Royal Society e la Royal Astronomic Society annunciarono che i raggi di luci sono effettivamente deviati nel campo gravitazionale del sole e proprio nella quantità predetta dalla nuova teoria di Einstein. A. N. Whitehead, presente a quella seduta, racconta fra l'altro: « Fu per me una fortuna essere presente alla seduta della Royal Society a Londra quando l'Astronomer Royal annunciò che le lastre fotografiche della famosa eclisse, misurate dai suoi colleghi nell'osservatorio di Greenwich, avevano confermato la predizione di Einstein secondo la quale i raggi deviano passando vicino al sole. Vi era un'atmosfera di dramma greco. Noi eravamo il coro che commentava i decreti del destino, rivelati dallo svolgersi di avvenimenti eccezionali sullo sfondo il ritratto di Newton a ricordarci che la più grande generalizzazione scientifica stava ora, dopo più di due secoli, per ricevere la prima modificazione una grande avventura del pensiero era giunta salva alla riva». In quel tempo era presidente della Royal Society Sir J. Thomson, il famoso fisico. Nell'aprire la seduta egli definì la teoria di Einstein «uno dei più grandi successi della storia del pensiero umano» e aggiunse: «Non è la scoperta di un isola fuori mano, ma di un intero continente di idee scientifiche».

Negli ultimi anni della sua vita Einstein lavorava a una «teoria generalizzata della gravitazione», tendente a legare in un'unica relazione le due teorie della relatività e dei quanti. Einstein avvertiva tuttavia: «A causa di difficoltà matematiche non ho ancora trovato il modo pratico di controllare i risultati della mia teoria con una dimostrazione sperimentale».

A conclusione di queste brevi considerazioni, voglio riportare il giudizio sull'opera di Einstein di un grande fisico francese, Louis de Broglie, cui si devono fra l'altro, le idee nuove che stanno alla base della meccanica ondulatoria: «per tutti gli uomini colti, siano essi o meno votati a qualche ramo della Scienza, il nome di Albert Einstein evoca lo sforzo intellettuale geniale, che capovolgendo i dati più tradizionali della fisica è riuscito a stabilire la relatività delle nozioni di spazio e di tempo, l'inerzia dell'energia e l'interpretazione in qualche modo puramente geometrica delle forze di gravitazione. É infatti questa un'opera ammirevole, paragonabile alle più grandi opere che s'incontrano nella storia delle scienze, ad esempio quella di Newton; di per se stessa, basterebbe ad assicurare al suo autore una gloria imperitura».






Geografia astronomica


Nel capitolo precedente si è accennato all' eclisse totale di sole che si sarebbe verificata il 29 marzo 1919, grazie alla quale furono verificate le teorie di Albert Einstein sulla deflessione dei raggi luminosi in un campo gravitazionale. Ora ci apprestiamo a spiegare cosa sono le eclissi e le loro caratteristiche.


Le eclissi

Un' eclissi avviene quando un corpo astronomico, come per esempio un pianeta o un satellite, si colloca tra una sorgente di luce (es. il sole) e un altro corpo. Quindi le eclissi sono il parziale o totale oscuramento di un corpo celeste da parte di un altro. Sono chiamate anche occultazioni, quando riguardano il Sole o la luna vengono definite eclissi solari o eclissi lunari, e queste sono le più visibili dalla superficie della terra. Queste eclissi avvengono quando la luna, ruotando attorno alla terra, si allinea con essa e con il sole assumendo delle posizioni che la vedono ora in opposizione (luna-terra-sole), ed ora in congiunzione (terra-luna-sole). Così nel primo caso sarà dalla parte opposta al sole con la terra in mezzo e nella fase di piena, mentre nel secondo caso si troverà nella stessa direzione del sole, e dunque fra questo e la terra, nella fase di luna nuova. La luna e la terra però, essendo corpi rigidi, e dotati dunque di una certa massa, creano dei coni d'ombra e di penombra che si proiettano nella spazio. Accade così che il nostro pianeta nelle eclissi lunari, trovandosi fra il sole e la luna, proietta un cono d'ombra e uno di penombra che impediscono alla luna, mentre li attraversa, di essere illuminata. Viceversa nelle eclissi solari, la luna sta in mezzo e proietta un cono d'ombra ed uno di penombra che oscurano la terra quando questa li attraversa. Ma l'orbita della luna non è concidente con quella terrestre, ossia non sta sullo stesso piano di quest'ultima, ha infatti un'inclinazione di 5 gradi. Se così non fosse ad ogni luna nuova avremmo un'eclisse di sole, così come ad ogni luna piena avremmo un'eclisse di luna. Da questo ne deriva che le due orbite si intersecano in due punti che vengono chiamati nodi, che sono uniti da una retta immaginaria, la linea dei nodi. Le eclissi inoltre vengono divise in categorie a seconda che il corpo oscurato lo sia in tutto o in parte:


Eclissi totale: quando la luna viene a trovarsi in uno dei nodi ( il corpo è completamente oscurato);

Eclissi parziale: quando la luna si trova nelle vicinanze dei nodi ( il corpo è parzialmente oscurato;

Eclissi anulare: è un sottoinsieme delle eclissi parziali, e si verifica quando il corpo oscurante è leggermente più piccolo del corpo oscurato: se l'allineamento tra i due è perfetto , il corpo oscurato resta visibile come un anello attorno al corpo oscurante. Questo si verifica quando le luna è in apogeo.


Le eclissi solari



Le eclissi solari allora avvengono quando la luna, in fase di luna nuova, viene a trovarsi fra la terra ed il sole , esattamente lungo la retta che congiunge la nostra visuale con il centro del sole (linea dei nodi), ed in prossimità del punto chiamato nodo. Praticamente in caso la terra attraversa i coni d'ombra e di penombra, provocati dalla luna, rimanendone oscurata, mentre dalla superficie terrestre il disco lunare ci apparirà transitare davanti a quello solare toccandolo apparentemente e creando quelle fasi che descrivono ogni eclisse ossia il primo contatto, il secondo contatto, la fase di totalità, il terzo contatto ed infine l'ultimo contatto. Inoltre il disco lunare, a causa della distanza dal sole, è uguale apparentemente a quello solare, così che esso lo copre totalmente o parzialmente a seconda della posizione.


Considerando anche che le dimensioni apparenti del disco lunare variano a seconda dell'orbita, che essendo ellittica porta il satellite a distanze variabili dalla terra di 405000 km all'apogeo, il punto più lontano, r di 363000 km al perigeo, il punto più vicino, si verificheranno dei casi in cui il globo lunare apparirà più piccolo rispetto a quello solare creando così l'eclisse anulare di sole. Praticamente allora dalla terra, nelle zone sottoposte al cono d'ombra si osserverà un'eclisse totale, mentre in quelle toccate dalla penombra un'eclisse parziale. Naturalmente laddove il cono d'ombra della luna non tocchi la terra come dicevamo a causa della distanza, vi sarà una eclisse anulare.


L'effetto combinato della rotazione terrestre con quella lunare rendono l'evento breve, circa 7 minuti, visto che l'ombra proiettata dalla luna sulla terra si sposta da ovest verso est con una velocità di circa 3000 km/h. inoltre essa è visibile solo da una ristretta fascia terrestre larga al massimo un migliaio di chilometri. Durante l'eclisse solare è possibile notare alcuni tra i fenomeni solari più belli come la corona solare o le protuberanze oltre ad un particolare effetto ottico, creato dalla luce del sole che attraversa le alture lunari, che sono i grandi Baily.



Le eclissi lunari




L'eclisse lunare avviene invece quando la luna, in opposizione al sole, viene a trovarsi nel cono d'ombra generato dalla terra ed in prossimità dei nodi. Può essere parziale o totale, a seconda che il nostro satellite vi sia immerso completamente o solo parzialmente. Giacche la terra proietta anche un cono di penombra la luna può essere oscurata solo lievemente, infatti rimane comunque visibile, essendo illuminata dalla luce solare deviata dall'atmosfera, che conferisce un colore rossastro, a differenza di quella solare l'eclisse lunare è visibile da tutto l'emisfero in cui la luna si trovi sopra l'orizzonte.


Ciclo di saros


Uno dei fenomeni che accomuna le eclissi solari e quelle lunari è la loro periodicità, ossia il loro ripetersi secondo la stessa sequenza dopo un periodo che viene chiamato ciclo di saros che fu scoperto dagli antichi astronomi babilonesi






































Inglese

The modern literature


The negative effects of the First World war characterized inter-war British culture defined as «the Age of Modernism».In terms of the novel's development the Great war of 1914-18 marks a fundamental break between the old world and the new. For many people the experience of the war, in which hundreds of thousand had been killed, shattered their faith in society and institutions.

The modernists, horrified by the effects of war and mechanized society in general, were interested in recovering the unique experience of the individual by exploring and recreating his/her inner world. Virginia Woolf ( together with J. Joyce) was a brilliant exponent of Modernism.

She lived through that exiting period which produced the modernist movement, but at the same time through the brutal history of a world war, which finally proved too much for her unstable mental condition.  

Virginia Woolf



she was born in London in 1882, her father was the literary critic Leslie Stephen ( and her mother too came from an aristocratic background).She came from a very high intellectual family environment that influenced her on her approach to writing and to art in general.

When Virginia was thirteen, her mother died and she suffered a nervous breakdown , a difficulty that marked all her life.In 1904, she found a circle of intellectuals «the Bloomsbury Group». Its members included for instance the writer E. M. foster and other important men of art.

In 1915 she published her first novel The Voyage Out. In 1917 she and her husband Leonard Woolf founded the «Hogarth Press» which will publish most of Virginia's book as well as many other innovative writers.

Her modernist masterpieces:

Mrs Dalloway (1925)

To The Lighthouse (1927)

Orlando

The Waves (1931)

Between the Acts


Virginia drowned herself in the River Ouse in 1941.

Her narrative technique


Virginia Woolf is very important in the history of the Novel because of her experiments with narration.

First of all she rejected the story. For her, events were not important; what was important was the impression they made on characters that experienced them. She stressed the subjectivity of experience better than the objectivity of events. The great technical innovation she introduced was to shift the point of view inside her characters' minds, so revealing them through their own thoughts, sensations and impressions. This led to abandon another traditional convention of the characters' minds, her novels involve shifting backwards and forwards in the according to the sensations the characters experience.


Mrs Dalloway

The novel is set in London, on a mid-June day in 1923.

It has a "thin" plot and tell about a day in the principal character's life: Clarissa. She is a forty-year-old lady who lives in London with her husband Richard and her daughter Elizabeth. The novel begins with Clarissa who leaves her house to buy some flowers in Mulberry's and ends with the party itself. She is in fact preparing a party that will take place in the evening in her house. The novel developed through a mosaic of reminiscences, considerations about past and present situations and impressions. The entire action is centered on her and it is around her between the opening and closing of the book, that a host of people come and go, meet and part, linked to each other by their present or past ties with Clarissa. Her evening party finally brigs them together.


It is through all these people's minds that the action really develops, through their thoughts, their feelings and recollections, presented in an alternation of flashbacks and present actions, which now and then intersect and from the supporting texture of the book. Virginia Woolf abandoned the traditional technique of novel writing for a now more modern form. Therefore she eliminated traditional plot and direct dialogues, turning into an interior monologue. She was an intelligent practitioner of stream of consciousness fiction, the process of interior though and memory. In fact mind has processes of its own, which obviously need different methods of narration. This is why she contained the plot within an ordinary day; she needed to shift back and forward in the time, intermingling past, present and future. Moreover she no longer focuses her writer is what Virginia called «the moments of being», that is to say the moments of intensity, of perception, of vision in the "incessant shower of innumerable atoms" that strike our minds every day, as she wrote in her much-quoted statement:


"Examine for a moment an ordinary mind on ordinary day, the mind receives a myriad impressions-trivial, fantastic, evanescent, or engraved with the sharpness of steel. () Life is not a series of gig lamps symmetrically arranged; life is a luminous halo, a semi-transparent envelope surrounding us from the beginning of consciousness to the end. Is it not the task of novelist to convey this varying, this unknown and uncircumscribed spirit, whatever aberration and complexity it may display, with as little mixture of the alien and external as possible? (); we are suggesting that the proper stuff of fiction is a little other than custom would have us believe it"







. Cfr. The New Mirror of the Times (c)

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