TIZIANO:
Fu l'artista preminente della scuola veneziana e una delle figure chiave
nella storia dell'arte occidentale. Secondo alcune ricostruzioni della sua
biografia compì la sua formazione artistica a Venezia, prima nella bottega dei
Bellini, quindi con Giorgione, acquisendo però (nonostante la grande influenza
che ebbe su di lui) presto un autonomo linguaggio artistico. Inoltre guarda con
interesse le opere di Dùrer e di Fra Bartolomeo. Per la sua grande abilità
ritrattistica è chiamato in molte delle principali corti italiane ed europee.
Frequenta cernie d letterati e poeti e elabora soggetti pittorici che evidenziano
le sue conoscenze mitologie e filosofiche. L'artista acquista sempre più fama
togliendo spazio ai colleghi tra cui Lotto che dovrà cercare lavoro nelle
province. Le opere di Tiziano ottengono una diffusione europea anche per l'alto
rango dei committenti e costituiscono il testo fondamentale per l'aggiornamento
linguistico dei pittori dell' Italia settentrionale nel 500.
L'ambientazione mitico-agreste, in un paesaggio frondoso e dalla densa
atmosfera, avvertiva subito lo spettatore colto del tempo che la scena si
svolgeva nella serena Arcadia cantata da poeti e musicisti; l'inserimento dei
personaggi in abiti contemporanei (un cortigiano suonatore e un cantante
pastore) consentiva agli spettatori del
tempo di identificarsi con loro. La classica naturalezza delle due ignude
richiama alle veneri ( simbolo della sintesi conciliatoria di bellezza
interiore e esteriore) in armonia con la natura. Probabilmente le 2 ignude
hanno una natura divina o semidivina (dee,muse,ninfee) e alludono allegoricamente alla Poesia o alla Musica.
La monumentalità delle figure dagli incarnati sensuali, la loro indubbia
derivazione dall'antico, il loro prevalere fisico sul paesaggio inducono ad
attribuire l'opera a Tiziano. Mente intonazione complessiva del dipinto che
esalta l'armonia della musica nel concerto della natura evidenzia invece una
coerenza con i dipinti d Giorgione ecco perché l'opera inizialmente era stata
attribuita a Giorgione.
- AMOR SACRO E AMOR PROFANO
La scena è ambientata in un paesaggio idilliaco e moralizzato che
contrappone diverse allegorie dell'amore: paesaggio scosceso e difeso da un
castello a sinistra (a rappresentare la VIRTU); paesaggio disteso popolato da greggi,
cani e amanti (allusione al PIACERE); e al centro sarcofago classico trasformato
in fonte, nel quale un fanciullo alato, l'Amore, rimescola l'acqua
(TEMPERANZA). 2 donne (somiglianti) occupano le estremità del sarcofago in
atteggiamenti di meditata sospensione: quella a destra è nuda e appena coperta
da 1 velo bianco e un gran manto rosso sul braccio che regge una lampada ardente, mentre quella a sinistra
si presenta con una veste candida, una preziosa cintura, guanti. Il dipinto è
il raffinato dono nuziale di Nicolò d'Aurelio alla moglie Laura Bargotto. La
donna a sinistra rappresenta la sposa ideale, mentre quella a destra costituisce
invece una allegoria amorosa, allude alla purezza spoglia e innocente
dell'amore spirituale. Nella meditazione tra castità e sensualità, propiziata
dall'azione centrale dell'Amore, risiede la forza spirituale del matrimonio. Le
due donne assumono le sembianze di due figure opposte e complementari della storia
del neoplatonismo: la Venere
mondana e la Venere
celeste. Ecco perchè il titolo "amor sacro e amor profano". Inoltre c'è una
accentuata frontalità della scena. Inoltre è presente una forte chiarezza
compositiva e ricercate simmetrie cromatiche che rimandano a Giorgione.
Rappresentava l'attualizzazione di un tema mitologico dalla forte
connotazione umanistica, sulla scia della venere di Dresda di Giorgione
derivando ancora dal modello della Venus pudica, sarebbe collocato in un
interno aristocratico animato dalla presenza ben sveglia della Vergine,ben
consapevole della sua bellezza. ( cane=
fedeltà).
Dipinta per il cardinale Alessandro Farnese tra il 1544 e il 1546. La
tela illustra una metamorfosi amorosa di Giove, trasformatosi in pioggia d'oro
per poter raggiungere la bella Danae, rinchiusa in una torre da suo padre che
aveva timore di venir ucciso dal possibile figlio di Danae come aveva detto un
oracolo. Dalla loro unione nascerà Perseo. Il nudo mitologico femminile rimanda
alla Venere e alla sua bellezza cosmologica. Tiziano dipinge un nudo un po'
azzardato sia per la personalità della Venere (sveglia e ben consapevole della
sua bellezza) sia per la postura azzardata (che si prepara ad essere fecondata)
sia per il colore della carne (vivo reale, ottiene volumi morbidi, sfumati). Il
dipinto fu eseguito senza l'ausilio di disegni preparatori. Non piace perchè nn
rispecchia i canoni della cultura veneta (nn ha linee nette e il nudo è troppo
azzardato).
Tiziano la voleva sulla sua tomba, ma essendo morto di peste venne
buttato in una fossa comune. L'opera viene completata da un suo allievo. La
pieta viene dipinta su una grande superficie realizzata cucendo insieme tele d
dimensione e trame diverse, al fine di ottenere l'inusuale formato quasi
quadrato della pala, al centro del quale si colloca la Vergine con il figlio
morto deposto sulle ginocchia. Essi sono affiancati dalla Maddalena e da una
figura con il manto rosso in cui è riconosciuto l'autoritratto di Tiziano (nelle
vesti di Giobbe, Nicodemo o Girolamo) che chiede pietà dei suoi peccati tenendo
una mano a Gesù . I personaggi sono disposti lungo la diagonale che da Tiziano,
passa per Maria, per la Maddalena,
fino a Mosé (prefigurazione del redentore). Opposta a Mose c'è la statua della
Sibilla che predisse la crocifissione di Cristo. La scena è inserita in un
contesto importante (l'architettura rimanda al classicismo e all' antichità che
si tramanda nel tempo) affronta il tema della morte e resurrezione: Tiziano è
pronto per terminare la vita terrena e iniziare quella celeste. Appoggiato al
leone di destra (sotto la sibilla) c'è appoggiato un quadro nel quadro in cui vi
è ritratto Tiziano e suo figlio che pregano al cospetto della Vergine apparsa
in cielo). l'anfora a sinistra rappresenta i vizi e l'angioletto che tiene 1
fiaccola è il simbolo della rinascita e della luce divina. Tiziano usa i colori
tono su tono sfumando, usa cromie calde che derivano tutto dall'oro.
Tiziano come
Lotto non dipinge
più con il pennello ma usa la spatola e entra a modellare con le dita
(avvicinandosi alla scultura) entrando spiritualmente e fisicamente nelle loro
opere.
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