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Sofocle




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Sofocle


Sofocle nacque a Colono, demo agreste situato fra Atene ed Eleusi, intorno al 497

Donatello (1386-1466)


Donatello (1386-1466) Donato di Niccolò di Betto Bardi, detto Donatello, nato

Manet Edouard, Impressionismo


Manet Edouard            Manet, Edouard (Parigi 1832-1883),
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Sofocle nacque a Colono, demo agreste situato fra Atene ed Eleusi, intorno al 497 a.C. Suo padre Sophillos, ricco fabbricante d'armi e proprietario terriero, gli diede la migliore formazione culturale e sportiva che poteva offrirgli l'Atene contemporanea. Egli si distinse a 15 anni, dopo la battaglia di Salamina, conducendo il coro dei giovinetti che celebravano la vittoria di Atene. Secondo un antico mito, in quella stessa battaglia combatté valorosamente Eschilo, e, in quello stesso giorno, nacque Euripide; si tratta naturalmente di una finzione, che tuttavia simboleggia il rapporto di continuità fra i tre tragici, ma anche la distanza anagrafica esistente fra di essi e il rapporto storico-culturale che intercorre tra l'uno e l'altro di loro. La vita di Sofocle accompagna la grandezza e il declino dell'Atene del V° secolo: conobbe  la potenza ateniese al suo massimo splendore e la democrazia istituita da Pericle, del quale fu anche amico. Felice nella  vita privata, dalla moglie Nicostrate ebbe un figlio, Iofonte, poeta tragico anch'egli, e dalla  concubina un altro figlio: Aristone, il cui  figlio, "Sofocle il giovane", scrisse tragedie. Secondo le fonti, tra le quali una Vita che precede i suoi drammi in un certo numero di manoscritti, egli avrebbe messo a frutto le proprie doti musicali e ginniche nell'attività di attore, ma poi, per la debolezza di voce, avrebbe dovuto rinunciare alla recitazione. Già al suo esordio negli agoni drammatici del 468 a.C., gli era toccata la vittoria, sebbene fra i contendenti vi fosse pure Eschilo, e a decretarla fu un collegio giudicante formato dagli strateghi. In seguito il favore degli ateniesi non abbandonò mai Sofocle, sia nei concorsi drammatici, dove ottenne ben ventiquattro vittorie, che nella politica, che lo vide stratega insieme a Pericle nella guerra di Samo (441-440), e forse anche una seconda volta nel 428. Inoltre fu ellenotamo (percettore  dei tributi versati ad Atene dai suoi alleati) nel 443-442 e membro del collegio dei probuli (una sorta di comitato della salute pubblica) nel 413, mentre nel 433 a.C. fu amministratore del tesoro della Confederazione Attica. Secondo il poeta Ione di Chio, "nelle cose politiche non era né abile né solerte, proprio un bravo ateniese come gli altri", ma la Vita attesta invece che egli visse circondato dal successo e dalla benevolenza dei concittadini, grazie anche al fascino suscitato dalla sua personalità amabile e serena. Sofocle, inoltre, rivestì le funzioni di sacerdote di una divinità locale della salute, Halon, e, quando nel 420 il simulacro del dio Asclepio venne trasferito da Epidauro ad Atene, Sofocle fu designato ad ospitarlo nella sua casa, poiché non era ancora pronto il santuario destinato al dio. Una notizia secondo la quale Sofocle, all'annuncio della morte di Euripide, presentò il coro in abiti da lutto e senza corona, e un passo delle Rane di Aristofane, messe in scena nel 405, che lo dice ormai nell'oltretomba, consentono di collocare fra le due date la morte dell'ormai vecchissimo poeta, che avvenne secondo varie notizie per la gioia di una vittoria, o per la fatica di leggere ad alta voce un passo dell'Antigone, oppure per soffocamento prodotto da un acino d'uva. A quell'epoca Sofocle aveva ormai novant'anni, e, nonostante questo, aveva mantenuto fino all'ultimo intatta la propria energia creatrice: lasciava infatti un'opera postuma, l'Edipo a Colono, che fu rappresentata nel 401 a.C. a cura dell'omonimo nipote. Una selezione antica ha salvato in forma integrale sette tragedie di Sofocle. Oltre che dell'Edipo a Colono, conosciamo la data di altre due di queste: l'Antigone, risalente al 442, e il Filottete, che risale al 409. Per datare le restanti si deve ricorrere a supposizioni, per altro non immuni da controversie. Pressoché generale è l'opinione che L'Aiace sia la tragedia più antica, risalente forse al 450, e che l'Edipo Re sia anteriore al 425, ma probabilmente di pochissimi anni. Delle Trachinie, l'unica delle tragedie di Sofocle intitolata al modo tradizionale, secondo la composizione del coro, si può dire tutt'al più che verosimilmente precedettero l'Edipo Re, e dell'Elettra che venne dopo la medesima tragedia. Gli Alessandrini tuttavia, possedevano ben centotrenta drammi di Sofocle, tra i quali solo di pochi era messa in dubbio l'autenticità: ne rimangono ampi e numerosi frammenti nei papiri, uno dei quali, scoperto in Egitto e pubblicato nel , conteneva circa 400 versi di un dramma satiresco, I cercatori di tracce,sulle imprese di Ermes neonato, ma già ladro delle mandrie di Apollo e inventore della lira. Sofocle rappresentò la generazione intermedia fra quelle di Eschilo e di Euripide, al quale per altro sopravvisse di qualche mese; la sua tragedia significa dunque la pienezza della maturità, rispetto all'arcaica drammaturgia di Eschilo e alla crisi già esplosa in Euripide. La sua lunghissima carriera teatrale coincide con la piena affermazione dell'idea di "tragico". Egli visse l'epoca delle Guerre Persiane nella fanciullezza e nell'adolescenza, quanto bastava per sentire la grandezza della resistenza greca all'invasione. Ma gli toccò anche di vivere in un tempo in cui non era più possibile condividere la sicurezza eschilea che le problematiche dell'uomo potessero venire risolte con l'aiuto benevolo e onnipotente degli dei.

Sotto l'aspetto della fede, Sofocle occupa una posizione intermedia tra Eschilo, pervaso dalla fede, e Euripide, scettico e razionale. Privi di fiducia negli dei, i protagonisti sofoclei sono dannati all'errore e alla sofferenza che ne è la conseguenza, e fondano così il prototipo dell'eroe propriamente "tragico". Sofocle, in una certa misura, ha inventato questo prototipo di eroe: tutti gli eroi e le eroine delle sue tragedie, sono investiti del privilegio, se non  di dirigere, almeno di condurre l'azione drammatica. Nasce così la figura dell'eroe tragico, né completamente uomo (possiede qualità più che umane), né completamente dio (resta sottoposto alla volontà divina). Ma, , l'eroe tragico, posto tra l'uomo ed il dio, rifiuta il destino, si rivolta o, se si sottomette, preferisce morire.

Sofocle, sebbene buon cittadino, ama i ribelli, gli indomabili. Il tema della rivolta, della rivolta giusta che un uomo risoluto sostiene contro la ragione di Stato, è al centro della sua opera: non esiste una legge più giusta di quella della coscienza. Tutti gli eroi di Sofocle rispondono allo stesso modello di determinazione tenace: Elettra,  Aiace,  Edipo soprattutto, che si ostina a cercare con accanimento i responsabili della maledizione di Tebe, per poi  scoprire che è lui il colpevole, ed assumere su di se la  punizione. Tutti quest'eroi, fuori del comune, segnati dal destino, possiedono lo stesso coraggio e tentano disperatamente di lottare, prima di essere distrutti dalla volontà degli dei. Questi, d'altra parte, sono sempre onnipotenti sul destino degli umani, ma la giustizia e la responsabilità degli uomini sono ugualmente affermate: così la tragedia mette ai primi posti l'uomo, che può, in certa misura, prendere in mano il suo destino. Le opere di Sofocle sono fortemente unitarie, accentrate intorno a personaggi solidi, sui quali si fonda l'altissima poesia dei singoli drammi.
Gli eroi delle sue opere sono magnanimi e sventurati, nobili e incolpevoli; è un poeta che possiede una sincera pietà, la sofferenza dell'uomo gli sembra troppo grande e immeritata, il mistero della giustizia gli rimane quasi sempre insoluto.

La tragedia di Sofocle fu una creazione artistica di grande equilibrio in cui le qualità strutturali e formali si uniscono in un organismo di estrema perfezione. Le fonti antiche informano sulle innovazioni tecniche che Sofocle apportò alla struttura della tragedia. Esse gli attribuiscono l'invenzione della scenografia, più precisamente l'introduzione di fondali mobili oppure di scenari dipinti secondo le regole della prospettiva, infatti elementi di una scenografia grandiosa anche se rudimentale erano indubbiamente già presenti in Eschilo. Maggiore importanza ha l'aumento dei coreuti da dodici a quindici, e soprattutto fondamentale fu l'introduzione di un terzo attore avvenuta all'epoca dei suoi esordi, grazie alla quale risultava superata la rigida contrapposizione eschilea di due posizioni antitetiche, in questo modo i rapporti interpersonali divennero più articolati, permettendo di ampliare dialoghi e battute, di conseguenza il ritmo teatrale divenne più vario e dinamico. Grazie a queste riforme Sofocle riuscì ad accentuare il rilievo attribuito all'individuo, innalzandolo al ruolo dell'eroe, visto come portatore di un destino proprio e irrepetibile, la sua dannazione e la sua gloria. Ma la fondamentale innovazione introdotta da Sofocle nella tragedia fu lo scioglimento della sua struttura trilogica in tre drammi indipendenti, mentre Eschilo si era servito di una continuità tematica all'interno della quale le singole tragedie rappresentavano le varie scansioni di un'unica storia. Quest'ultimo era stato il creatore della tragedia concepita come l'espressione delle relazioni dell'uomo con gli dei, trattando dell'esistenza travagliata dell'uomo inserita all'interno di una stirpe, di cui l'individuo, per quanto fossero grandiose le sue vicende, non costituiva che un anello. Restava a Sofocle mitigare, ridurre, perfezionare questo genere nuovo. Eschilo era stato il poeta del destino umano, sottoposto all'onnipotenza divina, che portava fino alla punizione dell'orgoglio degli uomini, come nei casi ad esempio di Agamennone e Prometeo. Aveva ignorato i dialoghi, e i suoi personaggi erano soltanto i semplici portavoce dei grandi problemi morali e religiosi che erano incaricati di diffondere. Nella tragedia di Sofocle, al contrario, il protagonista assoluto diventa l'uomo singolo, e questo è evidenziato anche da un'altra innovazione apportata dal tragediografo: mentre tradizionalmente alle tragedie veniva assegnato il titolo in base alla composizione del coro, con Sofocle la struttura dei drammi precedenti lascia il posto a quella dei drammi autonomi ed eponimi (che portano il nome dell'eroe protagonista).Con lui, perciò, si accentua l'importanza del personaggio protagonista umano, che non appare mai schiacciato dal Fato, ma che proprio dalla sua vana lotta con questo, riceve una piena dimensione umana, portatore di un destino che è la sua dannazione e, contemporaneamente, la sua gloria. I suoi eroi quindi, erano immersi in un mondo di contraddizioni incurabili, di conflitti con forze inevitabilmente destinate a travolgerli. Il teatro, con Sofocle, si propone di rappresentare sia una realtà alternativa rispetto all'esperienza quotidiana, sia l'immagine della condizione umana. Il suo dramma si sviluppa attraverso il calcolato e incalzante svolgersi della sceneggiatura: la successione degli avvenimenti dimostra una consapevole ricerca degli effetti della sospensione e del colpo di scena. Questi due elementi di grande incisività, consentono alla vicenda teatrale di divenire simbolo dello svolgersi dell'esistenza. All'interno del dramma, i personaggi, non possiedono un'evoluzione psicologica né un contrasto interiore, la vicenda è costruita interamente sull'azione; al centro degli eventi sta il destino dell'eroe, un problema esclusivamente individuale, che egli deve affrontare da sé, e con il quale deve misurarsi. Il teatro di Sofocle è popolato da protagonisti imponenti e inflessibili, che rimangono fedeli alla propria natura e ai propri progetti fino all'esito ultimo, che spesso vedrà la loro rovina, ma che non esclude la possibilità di una salvazione. Sofocle evita di fare riferimenti al presente all'interno   delle sue tragedie, nonostante discuta avvenimenti e problematiche attuali nella dimensione del mito; egli si propone di interpretare il posto dell'uomo nel mondo e quello dell'individuo nella collettività: rappresenta il destino umano e l'atteggiamento che il protagonista sostiene di fronte a fati che non dipendono da lui. Non apre spazio alle contese e ai problemi sociali del suo tempo, che ispirano tante parte della tematica euripidea: la condizione delle donne, la dignità umana degli schiavi, l'universalità dell'uomo. Eppure nella sua opera si rispecchia la società dell'Atene contemporanea, nella fase più alta del suo splendore anche se già incrinata dai primi sintomi di quella rovina che inevitabilmente l'attende. La battaglia già perduta all'inizio che l'eroe sofocleo combatte con il suo destino, è forse la stessa che gli ateniesi sentivano di combattere contro la storia; ma Sofocle non dichiara le cause della sconfitta se non nel fatto stesso di essere uomini. Nelle sue tragedie è evidente un netto contrasto fra l'agire del singolo e una struttura politica e sociale che conferiva il massimo potere alla collettività. L'eroe e il coro, ossia l'individuo e la comunità non riescono a collaborare e soffrire insieme, come accadeva in Eschilo: l'eroe è solo nell'agire e nel patire, l'individuo prevale sulla collettività, e di essa provoca a crisi. Allo stesso tempo è anche escluso da essa, che in questo caso non coincide necessariamente con il coro, e si oppone alla sua forma istituzionalizzata che è lo stato. La comunità non riesce più a contenere l'individuo, né questo si considera parte di essa: Aiace, Antigone, Filottete e lo stesso Edipo sono esempi di un'emarginazione, volontaria oppure subita. Prima che la propria longevità eccezionale lo faccia assistere al suo declino, Sofocle testimonia, col suo teatro, le certezze che animano il cittadino ateniese, fiducioso di poter controllare ogni evento con la propria volontà.

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