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Pablo picasso, cubismo, "guernica"




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PABLO PICASSO

CUBISMO

"GUERNICA"






Guernica è il nome di una cittadina spagnola che ha un triste primato. È stata la prima città in assoluto ad aver subìto un bombardamento aereo. Ciò avvenne la sera del 26 aprile del 1937 ad opera dell'aviazione militare tedesca. L'operazione fu decisa con freddo cinismo dai comandi militari nazisti semplicemente come esperimento. In quegli anni era in corso la guerra civile in Spagna, con la quale il generale Franco cercava di attuare un colpo di stato per sostituirsi alla legittima monarchia. In questa guerra aveva come alleati gli italiani e i tedeschi. Tuttavia la cittadina di Guernica non era teatro di azioni belliche, così che la furia distruttrice del primo bombardamento aereo della storia si abbatté sulla popolazione civile uccidendo soprattutto donne e bambini. Quando la notizia di un tale efferato crimine contro l'umanità si diffuse tra l'opinione pubblica, Picasso era impegnato alla realizzazione di un'opera che rappresentasse la Spagna all'Esposizione Universale di Parigi del 1937. Decide così di realizzare questo pannello che denunciasse l'atrocità del bombardamento su Guernica. L'opera di notevoli dimensioni (metri 3,5 x 8) fu realizzata in appena due mesi, ma fu preceduta da un'intensa fase di studio, testimoniata da ben 45 schizzi preparatori che Picasso ci ha lasciato. Il quadro è realizzato secondo gli stilemi del cubismo: lo spazio è annullato per consentire la visione simultanea dei vari frammenti che Picasso intende rappresentare. Il colore è del tutto assente per accentuare la carica drammatica di quanto è rappresentato. Il posto centrale è occupato dalla figura di un cavallo. Ha un aspetto allucinato da animale impazzito. Nella bocca ha una sagoma che ricorda quella di una bomba. È lui la figura che simboleggia la violenza della furia omicida, la cui irruzione sconvolge gli spazi della vita quotidiana della cittadina basca. Sopra di lui è posta un lampadario con una banalissima lampadina a filamento. È questo il primo elemento di contrasto che rende intensamente drammatica la presenza di un cavallo così imbizzarrito in uno spazio che era fatto di affetti semplici e quotidiani. Il lampadario, unito al lume che gli è di fianco sostenuto dalla mano di un uomo, ha evidenti analogie formali con il lampadario posto al centro in alto nel quadro di Van Gogh «I mangiatori di patate». Di questo quadro è l'unica cosa che Picasso cita, quasi a rendere più esplicito come il resto dell'atmosfera del quadro di Van Gogh - la serenità carica di valori umani di un pasto serale consumato da persone semplici - è stata drammaticamente spazzata via. Al cavallo Picasso contrappone sulla sinistra la figura di un toro. È esso il simbolo della Spagna offesa. Di una Spagna che concepiva la lotta come scontro leale e ad armi pari. Uno scontro leale come quello della corrida dove un uomo ingaggia la lotta con un animale più forte di lui rischiando la propria vita. Invece il bombardamento aereo rappresenta quanto di più vile l'uomo possa attuare, perché la distruzione piove dal cielo senza che gli si possa opporre resistenza. La fine di un modo di concepire la guerra viene rappresentato, anche in basso, da un braccio che ha in mano una spada spezzata: la spada, come simbolo dell'arma bianca, ricorda la lealtà di uno scontro che vede affrontarsi degli uomini ad armi pari. Il pannello si compone quindi di una serie di figure che, senza alcun riferimento allegorico, raccontano tutta la drammaticità di quanto è avvenuto. Le figure hanno tratti deformati per accentuare espressionisticamente la brutalità dell'evento. Sulla sinistra una donna si dispera con in braccio il figlio morto. In basso è la testa mutilata di un uomo. Sulla sinistra, tra case e finestre, appaiono altre figure. Alcune hanno il volto incerto di chi si interroga cercando di capire cosa sta succedendo. Un'ultima figura sulla destra mostra il terrore di chi cerca di fuggire da case che si sono improvvisamente incendiate. Guernica è l'opera che emblematicamente rappresenta l'impegno morale di Picasso nelle scelte democratiche e civili. E quest'opera è stata di riferimento per più artisti europei, soprattutto nel periodo post-bellico, quale monito a non esentarsi da un impegno diretto nella vita civile e politica.

PABLO PICASSO


Considerato come il pittore più celebre del XX secolo. Egli non  smise mai, fino all'ultimo attimo della sua vita, di produrre un'arte sconcertante e sovrabbondante, né di alimentare controversie e discussioni, come nessun altro artista aveva fatto fino ad allora. Era ritenuto da molti l'incarnazione stessa dello spirito del male teso a distruggere la tradizione artistica, ma già  a  partire  dagli  ultimi quindici o vent'anni della sua vita, per le nuove generazioni, egli non faceva più parte dell'avanguardia. Il mito della costante originalità e vigoria della sua arte, ampiamente sostenuto dalla stampa internazionale e dai suoi numerosi ammiratori, non poteva più nascondere il reale e sensibile inaridimento della sua vena creativa, soprattutto in ambito pittorico. In effetti, in confronto ai profondi sconvolgimenti che le sue opere avevano provocato nel campo dell'arte nella prima metà del  Novecento, la sua più recente produzione appariva normale, se non addirittura conservatrice. Tuttavia, ciò non diminuisce la straordinaria importanza dell'artista negli anni 1907-14 e 1926-34, né il suo contributo decisivo  allo  sviluppo  del  cubismo  e  in  seguito  del surrealismo. Nella seconda metà del secolo, Picasso aveva solamente cessato di essere un artista rivoluzionario per  divenire  un  simbolo remoto, senza più legami reali con le problematiche dell'arte.

Il bambino prodigio Nei primi anni della sua formazione artistica, il giovane Picasso ha un eccellente maestro nel padre, pittore e  professore  di  disegno  (a Malaga, a La Coruña, poi a Barcellona), che intuisce il genio precoce del figlio. Di fatto, quest'ultimo non tarda ad affermarsi  e,  benché le opere del periodo tradiscano ancora una certa goffaggine nella composizione, l'acquisizione accademica del «mestiere» si dimostra già straordinaria, soprattutto nei ritratti. L'opera Scienza e Carità del 1897 (Museo Picasso,  Barcellona),  che  riceve  una  menzione onorifica all'Esposizione nazionale di belle arti di Madrid e una medaglia d'oro a Malaga, testimonia che questa acquisizione  ha  ormai raggiunto la perfezione. La trasformazione di Picasso da pittore accademico ad artista d'avanguardia si attuerà attraverso l'esempio di Thèophile-Alexandre Steinlen  e  di  Toulouse-Lautrec,  nonché  grazie all'atmosfera culturale creata dal movimento dell'Art nouveau, diffusosi allora a livello internazionale e sensibile sia a Barcellona sia a Parigi.

«Un pittore dell'avanguardia artistica»: Picasso non ha mai negato di  essere  stato,  secondo  le  sue  stesse parole, «un pittore dell'avanguardia». I suoi esperimenti lo condurranno a una sintesi tra un  certo  verismo  che  pone  l'accento sugli aspetti più miserabili e drammatici della vita, caratterizzato dalla scelta di soggetti popolari  e  patetici  (bambini,  mendicanti, infermi, madri sofferenti), e un trattamento decorativo dell'immagine derivato dal «sintetismo» di Gauguin e degli artisti di Pont-Aven, che una quasi totale monocromia  (in  blu  e  color  carne)  spinge  verso l'idealismo. Dal 1901 al 1904 si sviluppa quello che più tardi verrà definito il «periodo blu»  di Picasso. Esso corrisponde  a  un  momento particolare della sua vita, nel quale il giovane pittore vive tra Barcellona e Parigi (dove si reca per ben tre volte dal 1900 al 1903). Nel 1904, Picasso si stabilisce definitivamente a Parigi e  trova  uno studio nel famoso «Bateau-Lavoir»  di rue Ravignan, prendendo così una decisione di  importanza  capitale  in  quanto  nella  vita  culturale parigina, la sua arte trovò innumerevoli stimoli fecondi. Risale a quest'epoca l'incontro, per lui decisivo, con la poesia, nella persona di Guillaume Apollinaire, Max Jacob e, un po'  più  tardi,  di  Pierre Reverdy. Il meraviglioso testo che Apollinaire gli dedica nel numero di La Lume del 15 maggio 1905, suggella il profondo legame (generalmente trascurato dai critici) tra Picasso e la poesia. È allora che la pittura dell'artista inizia a trasformarsi: siamo nel «periodo rosa».

Il pellegrinaggio alle fonti: A dire il vero, si può a malapena parlare di un «periodo rosa»,  ma  è innegabile che a partire dal 1905 Picasso si liberi dagli eccessi del sentimentalismo che aveva caratterizzato le sue opere precedenti e che da allora gli ocra, le terre, i rossi  comincino  a  scaldare  la  sua fredda tavolozza. I saltimbanchi sognanti che egli dipinge a quel tempo non rivelano solamente l'amore del  pittore  per  il  circo,  ma anche una visione meno esasperata della vita (legata forse alla diminuzione della miseria degli  anni  vissuti  a  Montmartre)  e  una modificazione della sua teoria estetica. In particolare, cambia la relazione tra il soggetto e la pittura. Fino al 1905, cioè, la pittura non aveva altra funzione che quella di descrivere il  soggetto,  senza escludere una deformazione espressionistica, ma tuttavia con gran rispetto per la realtà descritta. In seguito, tendono ad affermarsi le emozioni propriamente materiali della pittura:  così,  un  particolare tocco di rosso viene ad avere la stessa importanza del sentimento della malinconia o della tenerezza materna. Inoltre il disegno tende a essere semplificato. Picasso non pensa  certamente  di  eliminare  dai suoi quadri la rappresentazione delle emozioni: al contrario, gli pare più giusto esprimere i sentimenti invece di descriverli. Impegnato a rafforzare l'intensità del suo linguaggio pittorico,  egli  incontrerà naturalmente sul suo cammino l'espressionismo proprio delle arti primitive, tese soprattutto a mettere in risalto le dimensioni sovrumane del sacro. Sia che si ispiri all'arte africana od oceaniana, all'arte iberica o all'arte romanica della Catalogna (richiamandosi addirittura al Greco),  Picasso  non  fa  che  confermare  la  propria volontà di sostituire lo spirito del sentimento alla sua rappresentazione letterale. Ma, curiosamente, questo periodo di transizione primitivista lo conduce a una espressività pura, molto lontana dalla figurazione.

«Les demoiselles d'Avignon»: L'influenza del primitivismo inizia ad agire sulle concezioni estetiche di Picasso nel 1906 a Gósol, durante un'estate trascorsa in Catalogna. Essa raggiunge il culmine con la lunga elaborazione di  Les Demoiselles d'Avignon (fine del 1906 - autunno del 1907, Museum of Modern Art, New York). Questo quadro è senza dubbio il primo esempio di un'opera che s'impone innanzitutto come rottura, come lacerazione, come dissonanza; prima di allora  non  era  mai  avvenuto niente di simile né nell'arte di Delacroix, né in quella di Courbet, di Manet, di Cézanne o di Van Gogh, nelle  cui  opere  si  manifestava ancora un certo desiderio di armonia, un tentativo di piacere e di convincere. Ancora oggi, le Demoiselles  d'Avignon  appaiono  come  un irreparabile affronto inferto alle tradizionali regole della pittura: lo scandaloso trattamento usato nella rappresentazione del viso  delle due donne sulla destra della composizione ha permesso qualsiasi libertà stilistica alla pittura successiva di Bacon, di Kooning  o  di Dubuffet, ma non è più stato uguagliato, se non da Picasso stesso; quanto alla violenza imposta allo spazio pittorico, una volta ammessa, ha dato inizio a una serie ininterrotta  di  sconvolgimenti  spaziali, nell'arte di Kandinskij, di Mondrian o di Polock. I detrattori di Picasso affermano che  questo  quadro  ha  definitivamente  aperto  la strada all'arbitrario, su cui, in ultima analisi, si fonda la maggior parte dell'arte moderna: ormai, l'artista si concede qualsiasi licenza sia nella concezione dell'opera sia nella sua esecuzione. Non  si  può far a meno di pensare che questa manifestazione dei diritti inderogabili dell'artista  costituisca  l'elemento  ambiguo  di  tutta l'opera successiva di Picasso, stretta tra l'ansia di espressività dell'autore e le esigenze strutturali del quadro. Liberatosi presto da questi problemi, Picasso entra in  contatto  con  l'opera  del  grande artefice della pittura moderna, Cézanne, mentre risente ancora l'influenza dell'arte primitiva  del  cosiddetto  «periodo  negro». A conclusione di questa fase, l'esempio di Cézanne lo porterà a inventare il cubismo; tuttavia al termine del periodo cubista, la  sua tendenza all'espressionismo senza ostacoli gli farà svolgere un ruolo non trascurabile nell'ambito della pittura surrealista.

Picasso cubista e surrealista: In effetti, il cubismo di Picasso (ma anche quello di Braque) si disinteressa rapidamente dell'oggetto figurato. Il tocco costruito  di Cézanne, la sua geometrizzazione dello spazio conducono non già a un'integrazione razionale del soggetto osservato (natura morta, ritratto o paesaggio) al supporto, come nel caso del maestro di Aix, ma a una pittura di tipo puramente irrazionale che,  non  contenta  di liquidare rapidamente il soggetto, struttura lo spazio immaginario del quadro. Sembra che il cubismo di Picasso si opponga all'arte di Cézanne come l'idealismo al materialismo. Ma, nel 1912, Picasso ha  un ripensamento che lo riconduce all'oggetto, grazie alla tecnica del collage, mediante la quale  il  mondo  esterno  entra  nella  pittura. L'uniformità dei colori del cubismo detto «sintetico» costituisce un ulteriore tradimento nei confronti di Cézanne, questa volta  a  favore di Gauguin. L'esperienza cubista ha messo fine alla dissociazione, introdotta durante il «periodo rosa», tra la rappresentazione letterale e lo spirito delle forme: quando l'artista desidererà di nuovo «trattare»  un soggetto (per esempio, dipingere una donna), potrà ormai farlo senza più  preoccuparsi  di  rispettare  la  logica  delle strutture anatomiche. Lasciando da parte il «ritorno a Ingres»  del 1915, la collaborazione ai Balletti russi a partire dal 1917 e il periodo  detto «pompeiano», caratterizzato dalla raffigurazione di pesanti matrone, sembra esserci, dunque, una perfetta continuità tra  la  pittura  cubista  di Picasso e la sua pittura di carattere surrealista, che s'inaugura nel 1925 con La danza (Tate Gallery, Londra) e che  prosegue  praticamente per una ventina d'anni, con un'estrema libertà nei confronti dei principi anatomici. Non è un caso se,  durante  questi  vent'anni,  il corpo e il viso della donna costituiscono i temi favoriti di Picasso: incoraggiandolo a seguire i suoi istinti più profondi, il  surrealismo facilita la rappresentazione plastica dei suoi desideri erotici, in cui si mescolano tenerezza e sadismo.  

Eros e Thanatos: In questo periodo, e soprattutto a partire dal 1931  (al  castello  di Boisgeloup, nell'Eure), la scultura comincia ad assumere un ruolo molto importante nell'attività artistica di Picasso. In passato l'artista aveva già creato alcune opere plastiche, tra cui una Testa di donna del 1909  e  numerose  costruzioni  realizzate  in  materiali diversi dal 1912 al 1914. Ma non sorprende che il ricorso sempre più erotizzato all'oggetto, e in particolare all'oggetto donna, si traduca ben presto nelle tre dimensioni con uno sviluppo  di  creatività  tale per cui molti ritengono che Picasso scultore sia altrettanto grande, se non addirittura più grande,  di  Picasso  pittore  (lavorazione  del ferro, assemblaggio degli oggetti e modellatura). Peraltro, benché nella sua produzione del periodo  prevalga  l'ispirazione  voluttuosa, egli s'interessa anche ai problemi del tempo (si pensi innanzitutto allo scoppio della guerra in Spagna). Il celebre quadro Guernica (1937 Carsón del Buen Retiro, Madrid) riflette curiosamente non soltanto  la profonda indignazione dell'artista per il bombardamento della città basca da parte dell'aviazione nazista, ma anche la propria  situazione sentimentale, segnata dall'amore per tre donne contemporaneamente. Visi di donne dai tratti distorti dall'angoscia e non già rallegrati dalle gioie amorose  si  succedono  nella  sua  opera  fino  al  1944, connessi in parte alla travagliata storia della compagna dell'artista, Dora Maar, che stava attraversando un momento particolarmente infelice. Mentre si svolgono molto vicino all'atelier dell'artista, in rue des  Grands-Augustins,  i  combattimenti  per  la  liberazione  di Parigi, Picasso dipinge un Baccanale (collezione privata) che s'ispira a Poussin e poco tempo dopo aderisce ufficialmente al Partito comunista francese. Questa  adesione  lo  porterà  a  eseguire  alcuni quadri «impegnati», come il Massacro di Corea (1951, collezione dell'artista) o le allegorie di La Guerra e la Pace (1952,  Vallauris) e anche a pubblicizzare, grazie alla sua celebre Colomba, il Movimento della Pace.  

La donna e la pittura di Ricasso: Il breve periodo felice, dovuto all'incontro  con  Françoise  Gilot  e alla fine della guerra, è caratterizzato dal quadro Joie de vivre (o Pastorale) dipinto ad Antibes (1946, Museo Grimaldi, Antibes). Straordinarie sculture si succedono, da l'Uomo  con  l'agnello  (1944, eretto a Vallauris nel 1950) a la Capra (1950) anticipazione delle figure di lamiera piegata e dipinta del 1960-63. Nel  1947, l'artista inaugura a Vallauris una nuova e feconda attività, quella di ceramista. Nel 1950, Le signorine in  riva  alla  Senna  (Kunstmuseum, Basilea), che si rifà a Courbet, è forse l'ultima opera ricca d'inventiva di Picasso e segna l'inizio di un periodo  di  riflessione sui capolavori della pittura, durante il quale l'artista dipingerà una serie di varianti delle Donne d'Algeri (1954-55) di Delacroix, di Las Meniñas (1957) di Velázquez del  Déjenuer  sur  l'herbe  (1960-61)  di Manet e delle Sabine (1962-63) di David. Oltre a meditare sui grandi pittori del passato per tentare forse di scoprire i loro segreti o  di compararli ai suoi, la donna e il mistero della carne diventano i suoi maggiori interessi. Nel corso degli ultimi anni della sua vita, sia nella pittura sia nell'incisione (anch'essa ugualmente abbondante), il tema che l'artista predilige è il rapporto tra il pittore e la donna, generalmente nuda, della quale fa il ritratto. Si deve  riconoscere  a Picasso il merito di aver consacrato i suoi ultimi sforzi a mettere instancabilmente in luce il  significato  essenzialmente  amoroso  del gesto pittorico



IL CUBISMO

Il percorso dell'arte contemporanea è costituito di tappe che hanno segnato il progressivo annullamento dei canoni fondamentali della pittura tradizionale. Nella storia artistica occidentale l'immagine pittorica per eccellenza è stata sempre considerata di tipo naturalistico. Ossia, le immagini della pittura devono riprodurre fedelmente la realtà, rispettando gli stessi meccanismi della visione ottica umana. Questo obiettivo era stato raggiunto con il Rinascimento italiano che aveva fornito gli strumenti razionali e tecnici del controllo dell'immagine naturalistica: il chiaroscuro per i volumi, la prospettiva per lo spazio. Il tutto era finalizzato a rispettare il principio della verosimiglianza, attraverso la fedeltà plastica e coloristica. Questi principi, dal Rinascimento in poi, sono divenuti legge fondamentale del fare pittorico, istituendo quella prassi che, con termine corrente, viene definita «accademica». Dall'impressionismo in poi, la storia dell'arte ha progressivamente rinnegato questi principi, portando la ricerca pittorica ad esplorare territori che, fino a quel momento, sembravano posti al di fuori delle regole. Già Manet aveva totalmente abolito il chiaroscuro, risolvendo l'immagine, sia plastica che spaziale, in soli termini coloristici. Le ricerche condotte dal post-impressionismo avevano smontato un altro pilastro della pittura accademica: la fedeltà coloristica. Il colore, in questi movimenti, ha una sua autonomia di espressione che va al di là della imitazione della natura. Ciò consentiva, ad esempio, di rappresentare dei cavalli di colore blu se ciò era più vicino alla sensibilità del pittore e ai suoi obiettivi di comunicazione, anche se nella realtà i cavalli non hanno quella colorazione. Questo principio divenne, poi, uno dei fondamenti dell'espressionismo. Era rimasto da smontare l'ultimo pilastro su cui era costruita la pittura accademica: la prospettiva. Ed è quando fece Picasso nel suo periodo di attività che viene definito «cubista». Già nel periodo post-impressionista gli artisti cominciarono a svincolarsi dalle ferree leggi della costruzione prospettica. La pittura di Gauguin ha una risoluzione bidimensionale che già la rende antiprospettica. Ma colui che volutamente deforma la prospettiva è Paul Cezanne. Le diverse parti che compongono i suoi quadri sono quasi tutte messe in prospettiva, ma da angoli visivi diversi. Gli spostamenti del punto di vista sono a volte minimi, e neppure percepibili ad un primo sguardo, ma di fatto demoliscono il principio fondamentale della prospettiva: l'unicità del punto di vista. Picasso, meditando la lezione di Cezanne, portò lo spostamento e la molteplicità dei punti di vista alle estreme conseguenze. Nei suoi quadri le immagini si compongono di frammenti di realtà, visti tutti da angolazioni diverse e miscelati in una sintesi del tutto originale. Nella prospettiva tradizionale la scelta di un unico punto di vista, imponeva al pittore di guardare solo ad alcune facce della realtà. Nei quadri di Picasso l'oggetto viene rappresentato da una molteplicità di punti di vista così da ottenere una rappresentazione «totale» dell'oggetto. Tuttavia, questa sua particolare tecnica lo portava ad ottenere immagini dalla apparente incomprensibilità, in quanto risultavano del tutto diverse da come la nostra esperienza è abituata a vedere le cose. E da ciò nacque anche il termine «Cubismo», dato a questo movimento, con intento denigratorio, in quanto i quadri di Picasso sembravano comporsi solo di sfaccettature di cubi. Il Cubismo, a differenza degli altri movimenti avanguardistici, non nacque in un momento preciso né con un intento preventivamente dichiarato. Il Cubismo non fu cercato, ma fu semplicemente trovato da Picasso, grazie al suo particolare atteggiamento di non darsi alcun limite, ma di sperimentare tutto ciò che era nelle sue possibilità. Il quadro che, convenzionalmente, viene indicato come l'inizio del Cubismo è «Les demoiselles d'Avignon», realizzato da Picasso tra il 1906 e il 1907. Subito dopo, nella ricerca sul Cubismo si inserì anche George Braque che rappresenta l'altro grande protagonista di questo movimento che negli anni antecedenti la prima guerra mondiale vide la partecipazione di altri artisti quali Juan Gris, Fernand Léger e Robert Delaunay. I confini del Cubismo rimangono però incerti, proprio per questa sua particolarità di non essersi mai costituito come un vero e proprio movimento. Avendo soprattutto a riferimento la ricerca pittorica di Picasso e Braque, il cubismo viene solitamente diviso in due fasi principali: una prima definita «cubismo analitico» ed una seconda definita «cubismo sintetico». Il cubismo analitico è caratterizzato da un procedimento di numerose scomposizioni e ricomposizioni che danno ai quadri di questo periodo la loro inconfondibile trama di angoli variamente incrociati. Il cubismo sintetico, invece, si caratterizza per una rappresentazione più diretta ed immediata della realtà che vuole evocare, annullando del tutto il rapporto tra figurazione e spazio. In questa fase, compaiono nei quadri cubisti dei caratteri e delle scritte, e infine anche i «papier collés»: ossia frammenti, incollati sulla tela, di giornali, carte da parati, carte da gioco e frammenti di legno. Il cubismo sintetico, più di ogni altro movimento pittorico, rivoluziona il concetto stesso di quadro portandolo ad essere esso stesso «realtà» e non «rappresentazione della realtà».


Il tempo e la percezione

L'immagine naturalistica ha un limite ben preciso: può rappresentare solo un istante della percezione. Avviene da un solo punto di vista e coglie solo un momento. Quando il cubismo rompe la convenzione sull'unicità del punto di vista di fatto introduce nella rappresentazione pittorica un nuovo elemento: il tempo. Per poter vedere un oggetto da più punti di vista è necessario che la percezione avvenga in un tempo prolungato che non si limita ad un solo istante. È necessario che l'artista abbia il tempo di vedere l'oggetto, e quando passa alla rappresentazione porta nel quadro tutta la conoscenza che egli ha acquisito dell'oggetto. La percezione, pertanto, non si limita al solo sguardo ma implica l'indagine sulla struttura delle cose e sul loro funzionamento. I quadri cubisti sconvolgono la visione perché vi introducono quella che viene definita la «quarta dimensione»: il tempo. Negli stessi anni, la definizione di tempo, come quarta dimensione della realtà, veniva postulata in fisica dalla Teoria della Relatività di Albert Einstein. La contemporaneità dei due fenomeni rimane tuttavia casuale, senza un reale nesso di dipendenza reciproca. Appare tuttavia singolare come, in due campi diversissimi tra loro, si avverta la medesima necessità di andare oltre la conoscenza empirica della realtà per giungere a nuovi modelli di descrizione e rappresentazione del reale. L'introduzione di questa nuova variabile, il tempo, è un dato che non riguarda solo la costruzione del quadro ma anche la sua lettura. Un quadro cubista, così come tantissimi quadri di altri movimenti del Novecento, non può essere letto e compreso con uno sguardo istantaneo. Deve, invece, essere percepito con un tempo preciso di lettura. Il tempo, cioè, di analizzarne le singole parti, e ricostruirle mentalmente, per giungere con gradualità dall'immagine al suo significato.










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