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Lorenzo Lotto




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Lorenzo Lotto




PICTOR CELEBERRIMUS




Biografia L'opera del Lotto non trovò grande fortuna presso gli storici dell'arte che quasi dimenticarono la sua bibliografia. Al contrario, verso la fine dell'Ottocento si avverte un crescente calore di interesse intorno alla sua opera. Le ragioni di questa tardiva rivalutazione sono da cercare, da una parte, nella straordinaria modernità(o inquietudine) di spirito, e sensibilità; dall'altra, nel linguaggio pittorico estremamente personale e pieno di anticipazioni. Nato a Venezia nel 1480,Lotto appare sulla scena artistica all'inizio del Cinquecento a Treviso, presso la raffinata corte del vescovo Bernardo de' Rossi da Parma che,assicurandogli commissioni di alto livello e il contatto con un ambiente culturale elevato, lo porta ad una veloce maturazione artistica, intellettuale e una altrettanto precoce affermazione personale. La prima opera datata e firmata da Lotto, la Madonna col Bambino, San Pietro e San Giovannino del 1503, è proprio un quadro per Bernardo de' Rossi e mostra ancora un Lotto legato ai modelli della sua educazione artistica. Educazione formata sicuramente a Venezia nella migliore scuola allora esistente quella di Giovanni Bellini,il suo linguaggio iniziale presenta già una ben definita personalità, pur con qualche influsso da parte di: Alvise Vivarini, il Pennacchi, Antonello da Messina, Giovanni Bellini detto il Giambellino ed infine Jacopo de' Barbari, il quale probabilmente lo apre verso il mondo della pittura del nord che è molto importante nella composizione del linguaggio lottesco, e sarà nutrita da pitture, stampe e presenze; il peso culturale del centro Fondaco o il secondo soggiorno a Venezia del Dürer non sono da sottovalutare. L'insieme di queste influenze affermano un Lotto con grande carattere: forse è giusta la definizione di Leonello Venturi che lo dice autodidatta. Dopo l'attività trevigiana, nella quale troviamo: Sogno di fanciulla, San Gerolamo,i ritratti del Vescovo de' Rossi e della Donna di Digione, del Giovane di Vienna e la pala di Santa Cristina; l'attività del lotto a Roma viene attestata da due pagamenti nel 1509 e leggibile nelle opere posteriori, ma nessun documento o opera che ci informi della durata e della'attività nella città. In quegli anni il massimo peso tocca all'influsso di Rafaello, il quale determina in lui la crisi che lo stacca dal Quattrocento. Nella Deposizione di Jesi e nella Trasfigurazione l'influsso raffaellesco si risolve in un disorientamento provvisorio; ma come sottolinea il Pignatti il colore lottesco si fa più fluido e trasparente. A contatto con la natura della Lombardia Lotto definisce un linguaggio che assorbe alcuni tratti leonardeschi (denunciati dalla Madonna col Bambino di Dresda), e nordici che mostrano un paesaggio assemblato secondo un ordine naturale realistico e caotico. Prima grande opera del periodo bergamasco è la pala di Santo Stefano alla quale seguono le meravigliose pale di San Bernardino e di Santo Spirito. La sua pittura diviene più stabile, senza titubanze. A Trescore, vicino Bergamo,egli dipinge nell'oratorio dei Suardi le storie di Sante Barbara, Chiara e Maria Maddalena con una chiara luminosità con un gusto per la narrazione così che la drammaticità della storia di Barbara assume quasi un tono fiabesco. Intorno al 1526 Lorenzo Lotto ritorna a Venezia ed è proprio in questo periodo che Lotto raggiunge la sua maturità. Nei ritratti di questo periodo viene fuori sempre di più la sua natura carica di sentimenti ed emozioni escludendo lo spirito razionale proprio del Rinascimento. Gli ultimi anni trascorrono con il continuo desiderio di pace e quiete che s'intrecciano al motivo economico che affligge il vecchio pittore. Lo si vede impegnare gioie e pietre incise, cerca di vendere qualche quadro, ne manda a Roma in Sicilia e Loreto;quando nel '49 lascia per sempre Venezia affida alcuni cammei e gioielli al Sansovino, suo amico, che glieli manda dietro poco dopo. La morte arriverà nel 1556. leggendo la critica lottesca s'incontrano i nomi moderni di: Goya, Delacroix, Manet, Degas. Senza dubbio la sua pittura è ricca di allusioni al futuro. Così da poterlo definire un precursore, tardogotico e protobarocco.



Dipinti :SAN GEROLAMO PENITENTE(PARIGI,LOUVRE,1506).Commissionata dal vescovo Bernardo de' Rossi. Fece parte della collezione del Cardinale Fesch: ma nel 1857 venne esposta al Louvre. La tavoletta raffigura San Gerolamo, il santo che meglio rappresenta la possibilità di giungere all'unione mistica col divino attraverso la ricerca intellettuale e lo studio; per questo Lotto lo dipinge circondato da vari libri, aperti e chiusi. Per costruire, per la prima volta questo soggetto, che diventerà caro a Lotto, ha ben presente i modelli belliniani: impostazione ambientale, prospettiva cromatica e colorismo; tuttavia non ne tiene conto. Se Bellini dà alle sue raffigurazioni di San Gerolamo degli sfondi in cui ogni elemento ha un posto preciso che assume un significato composto dal senso dell'equilibrio e di serenità del quadro, Lotto al contrario riconduce tutta l'esperienza del santo alla sensazione emotiva di un ambiente aspro e ostile (influenzato sicuramente dall'omonima opera del Dürer). Da ricordare è la movimentata profondità cromatica e luministica del paesaggio, il gioco delle rocce con le venature degli alberi spogli, e il santo "disteso a studiare, a battersi il petto e a far cura del sole"(Coletti)




GLI AFFRESCHI DI TRESCORE ORATORIO SUARDI STORIE DI SANTA BARBARA. La decorazione con Storie di Santa Barbara fu commissionata dai conti Suardi per l'oratorio che sorge nei pressi della loro villa. Illustra il tema del Cristo fonte di redenzione e aggredito dall'eresia così, nell'oratorio del nobile ghibellino Battista Suardi, rappresenta al centro della un enorme scena Cristo, un po' grossolano con le braccia spalancate. Ai suoi piedi si trovano i committenti, Battista Suardi con la moglie e la sorella a mezzo busto oranti. Dalle dita del Cristo partono dieci tralci di vite, traduzione visiva della frase pronunciata da Cristo durante l'Ultima Cena "Io sono la vite, voi i tralci", che formano dei medaglioni dentro i quali sono dipinti figure di sante e santi variamenti aggruppati e che dei giganti eretici, riconoscibili dai loro nomi scritti(Helvidius, Sabillanus, Paganus, ecc.) e armati di roncole, arrampicati su scale a pioli tentano invano di portare ; il simbolo del sangue redentore di Cristo(la vite) viene vittoriosamente difesa da san Gerolamo e sant'Ambrogio che dall'alto dei tondi, aprono i grossi libri delle Scritture ottenendo la caduta dei nemici. La semplice e diretta comunicazione fa sì che la storia di santa Barbara, che si svolge sulla stessa parete, venga narrata in uno spazio unico caratterizzata da edifici che servono ad ambientare e scandire i vari momenti della storia. Le storie si susseguono, da sinistra a destra, secondo il seguente ordine: Barbara con due compagne; il padre, un pagano che vive in Asia Minore, per impedire che la figlia conosca il cristianesimo, la rinchiude in una torre in costruzione, dove tuttavia (come si intravede attraverso la porta) viene avvicinata da un santo vecchio, che si finge medico e la converte; all'aperto inginocchiata prega Dio. Nel tempietto la si vede che spregia gli idoli; all'interno del palazzo posto accanto, la fanciulla confessa la sua nuova fede al padre che la insegue con la scimitarra alzata ; Barbara fugge trascinandosi lo strascico del vestito, fuori dal porticato a archi penduli dove le sue compagne fanno piangendo grandi gesti; sopra, l'inseguimento continua sul vialetto boscoso, come un gioco innocente. Un pastore indica al padre dove ella è nascosta. Così in fondo a un androne il genitore la trascina per i capelli davanti al giudice, nell'androne Barbara viene spogliata, frustata, appesa per i piedi e colpita con martelli viene percossa per essere rinchiusa nel carcere dove Cristo appare a confortarla. Giudicata una seconda volta, riappesa per le mani, viene ustionata con le fiaccole, condotta davanti a un terzo tribunale, ecco un angelo che gli dona dei panni per celare la sua nudità e lo scempio delle mammelle recise, un quarto giudice che siede in una luminosa loggia con armati a cavallo e gonfaloni al vento, emette la sua condanna a morte: sempre preceduta dal feroce padre e seguita dal suo fedele cane bianco, simbolo di amore e di fedeltà. La nuda vergine passa tra la meraviglia della gente sulle piazze, donne da una parte e uomini dall'altra due veli bianchi precedono il carnefice padre che trascina Barbara sulla collina sopra l'osteria e la decapita ma subito dopo un fulmine lo incenerisce, intanto che il funerale della Santa passa sotto il dirupo. Sulla piazza si affacciano case rustiche ,l'osteria col cappello da cardinale a fare insegna con due fiaschi e fieno a ciambella che dice stalla, le donne del paese che hanno esposto la loro roba polli uova; e la bancarella del pane: una cornice rustica e colorita per la serie di crudeltà che rende il tutto una fiaba.


Ritratti : BERNANDO DE' ROSSI (Napoli, Pinacoteca Nazionale,1505).Uno dei capolavori del periodo trevigiano, manifesta una chiara adesione dei modi di Antonello da Messina. La fisionomia del vescovo è colta con un attenzione estremamente realistica; anche l'espressione non è quella rigida e impenetrabile dei ritratti di parata, ma si rivela mobilie e inquieta, segnata forse dalle preoccupazioni per il governo spirituale di una città Treviso, i cui notabili amavano così poco il de' Rossi che avevano tentato di ucciderlo nel settembre del 1503. Da notare inoltre la meravigliosa tenda verde, posta sullo sfondo, ricca di pieghe e la sottile striscia di cielo che indicano una novità apportata da influssi nordici. In origine al ritratto si collegava una "coverta",un coperto protettivo che oggi è custodito a Washington. Oltre ad avere la funzione di celare e proteggere il ritratto del vescovo, il coperto allegorico fornisce una specie di profilo spirituale del vescovo, mettendo in risalto l'aspirazione alla cultura e alla conoscenza delle verità divine. I riferimenti classici, testamentari e filosofici che stanno dietro all'iconografia della tavoletta sono molto difficili da comprendere; si può però riassumere il senso complessivo del dipinto marcando la bipartizione tra il lato destro dell'immagine, con elementi negativi e quello sinistro in cui tutti gli elementi sono positivi. Sulla destra si vede un cielo tempestoso, una nave in naufragio, un satiro ubriaco ed eccitato, delle anfore di vino e latte in un prato verde. A sinistra invece il terreno è arido e pieno di sassi: un bambino è impegnato con strumenti musicali e di misura, si dedica in altre parole ad una conoscenza razionale. Sullo sfondo, sempre sulla sinistra, l'ulteriore voglia di coscienza porta un putto avente diverse paia di ali a scalare una montagna la cui vetta è invisibile perché coperta dalle nubi; la presenza del dorato su queste rivelano che sulla cima del monte c'è una fonte di luce, simbolo di una conoscenza che va oltre quella puramente razionale. L'intera figurazione rimanda alle aspirazioni del de' Rossi: lo scudo con il leone rampante, emblema araldico del vescovo, è poggiato sul tronco dell'albero facendo si da essere rivolto verso il putto con in mano i strumenti della conoscenza razionale; poco sopra, appeso al tronco, lo scudo di cristallo con la testa di gorgone evoca, la sapienza della dea Minerva. In questo modo Bernardo de' Rossi è un uomo che superata la fase ferina del satiro, si dedica all'esercizio della ragione e della cultura per poter arrivare alla sapienza spirituale.





ANDREA OLDONI(Hampton Court, Royal Gallery,1527). Lo stupendo ritratto, lodato da Crowe e Cavalcaselle, è una indiretta testimonianza del contatto con gli ambienti culturali di avanguardia che l'Odoni stesso frequentava. L'antiquario esibisce il simbolo della sua passione, l'antichità, la pittura è in nero e verde e presenta una triste consapevolezza del tempo. Tra i frammenti marmorei splendono le monete, i libri sul tavolo e la statuetta di Diana efesina che Oldoni ha nella mano, come auspicio di fecondità nel matrimonio.


LUCREZIA VALIER(Londra,National Gallery, 1530):Moglie di un giovane membro della famiglia Pesaro, che si fa raffigurare mentre sbandiera i simboli della sua onestà e virtù: il ricco abito che indossa indica l'alto rango a cui appartiene, nella mano sinistra tiene un foglio su cui è disegnata l'omonima Lucrezia, la matrona romana suicida per lavare l'oltraggio della violenza subita, mentre con il gesto della mano destra indica il cartiglio poggiato sul tavolo contenente un motto latino tratto da Tito Livio che tradotto dice "Nessuna donna disonesta vivrà secondo l'esempio di Lucrezia" alludendo così al suo nome di battesimo e alle sue virtù morali.

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