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" il genio si perse nel firmamento infinito" - Wilhelm Heinrich Wackenroder




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" il genio si perse nel firmamento infinito"


Wilhelm Heinrich Wackenroder


















Introduzione



"Ho cercato di esprimere le terribili passioni umane attraverso il rosso e il verde"


- Vincent Van Gogh




"L'armonia del colore è un mezzo per arrivare direttamente al contatto dell'anima"

- Wassily Kadinsky


Voglio iniziare la mia ricerca da questa due frasi perché mi sembra che in esse si racchiuda una problematica molto affascinante che forse non avrà mai nessuna risposta concreta, o forse invece ne ha già infinite. Si tratta di capire che cosa sia l'arte, e come mai un'attività che apparentemente non ha alcun scopo susciti in noi tanto piacere.


Il mio è un modesto tentativo di dare una risposta a questa domanda attraverso un cammino filosofico e psicologico.


Ho scelto, tra tutti quelli possibili un percorso particolare che analizza l'arte come l'espressione del nostro io interiore, dei nostri desideri e del nostro inconscio.


Lo strumento che più risponde a queste caratteristiche è il sogno, concepito come la manifestazione che più si avvicina a ciò che noi chiamiamo inconscio.


Da qui la necessità di creare un percorso fatto per gradi; innanzitutto è necessario definire che cosa sia lo strumento che voglio utilizzare per interpretare l'arte, cioè il sogno.

























Il Sogno


Da quando l'uomo ha avuto in possesso il dono della ragione probabilmente ha anche avuto quello dell'immaginazione, infatti entrambe fanno parte della stessa realtà.

Una volta Schopenhauer chiese se esisteva un criterio sicuro per distinguere sogno e realtà, per lui la vita e il sogno sono pagine dello stesso libro, ciò che leggiamo è la vita reale. Ma quando l'ora della lettura è trascorsa (il giorno), noi continuiamo oziosamente a sfogliarlo aprendo pagine a caso.


Il sogno è la parte più intima di ogni persona. Il sogno è un viaggio in cui l'uomo è guidato da delle forze fuori dalle sue volontà. È una visione, uno strumento narrativo che allude ad un'altra realtà, più intima e più completa.


Nelle epoche che potremmo chiamare prescientifiche gli uomini non avevano alcuna difficoltà a dare una spiegazione al sogno. Esso si definisce come una manifestazione di un potere superiore capace di condizionare la vita umana.

Gli antichi greci ritenevano che il sogno fosse un dono del dio Hypnos (figlio della notte primordiale) e fratello di Eros (amore) e Thanatos (morte). In questo modo il sogno è visto come una divinità ambivalente, è sia il riposo notturno con cui l'uomo si rigenera, sia la manifestazione delle paure e delle angosce più grandi attraverso l'incubo. Nell'antica Grecia l'azione onirica aveva due funzioni precise:


a)     Era visto come un viaggio, una sorta di riconciliazione con gli dei e con i defunti, che informavano l'uomo dei pericoli che gli riserva il destino.

b)     Assumeva un valore terapeutico. I malati venivano mandati a dormire in un tempio e nel cuore della notte venivano svegliati da un sacerdote che si faceva raccontare ciò che avevano sognato  per formulare una diagnosi.


Dal momento in cui l'ipotesi mitologica è stata rifiutata, si è resa indispensabile una spiegazione del sogno, che diventa meno immediata di quella precedente.

Ora la visione onirica è intesa come un'azione psichica propria di colui che sogna.

Si possono distinguere tre correnti differenti.


a)     Dal punto di vista filosofico alla sua base vi è uno stato particolare della vita dell'anima che viene elevata a un livello superiore, per Shubert il sogno è la liberazione dello spirito dal potere della natura esterna e un distacco dall'anima dal legame dei sensi, invece per  Scherner e Volkelt sono come degli impulsi psichici, rappresentano manifestazioni di forze dell'anima a cui durante il giorno è stato impedito di dispiegarsi liberamente.

b)     Da un punto di vista medico è un semplice risultato di stimoli sensoriali che colpiscono il soggetto dall'esterno,  e si riduce a un processo corporeo del tutto inutile.

c)     Dal punto di vista popolare i sogni hanno un senso, sono strettamente collegati alla predizione del futuro, quindi si cerca sempre un processo di interpretazione.


Proprio l'ultimo punto, per quanto possa sembrare il più banale, visto che è impigliato nella sfera della superstizione, si avvicina di più alla realtà. Questo è dovuto al fatto che quello popolare è, in realtà, il primo tentativo di interpretazione di una realtà celata alla logica razionale. Inoltre non si può negare interamente la relazione del sogno con il futuro a cui l'uomo aspira invano, i sogni una volta rielaborati si presentano come l'appagamento di un desiderio del sognatore, e non si può certo contestare che i desideri prevalentemente siano rivolti verso il futuro.

Psicologia e Arte

Sigmund Freud e "L'interpretazione dei sogni"



Fu proprio "L'interpretazione dei sogni" scritta da Sigmund Freud, ad aprire una nuova epoca (fu infatti pubblicata nel 1899, ma per enfatizzare l'importanza dell'opera la data di pubblicazione riportata è il l900) e a rivoluzionarne la maggior parte delle ideologie culturali. Con questa opera il termine "incoscio", inteso come una forza attiva capace di influenzare l'agire umano e fuori dal controllo della coscienza, entra nel vocabolario dell'umanità.

Secondo le sue stesse parole: "L'interpretazione dei sogni rimane la via regia per la conoscenza dell'inconscio, il fondamento più sicuro della psicoanalisi".

Il sogno è una delle manifestazioni dell'inconscio, la sua interpretazione consente di accedere ai contenuti repressi e di comprendere il modo di lavorare dell'inconscio stesso. Durante il sonno

"l'azione censuratrice" esercitata dalla coscienza si affievolisce e i desideri rimossi arrivano ad affiorare con maggior facilità.

Per Freud, infatti, i sogni non sono altro che l'appagamento camuffato di un desiderio, ripudiati o per pudore o per convenzioni morali dalla vita reale nella società, il cosiddetto "disagio sociale".  

Il sogno si propone soprattutto per immagini, il che lo rende molto difficile da adottare a delle definizioni razionali espresse con un linguaggio verbale.

L'interesse di Freud per il sogno e la psicoanalisi lo porta ad analizzare alcune opere d'arte, e soprattutto i loro autori.

In questo modo l'operato di un personaggio del Rinascimento come Leonardo Da Vinci, visto in chiave psicologica attraverso pulsioni sessuali, appare come un uomo che "si è indagato. anziché agire e creare".

Un caso assolutamente interessante è rappresentato da un saggio pubblicato nel 1907 da Freud, dove egli cerca di analizzare le congruenze tra il processo creativo e quello medico/psicoanalitico.

Il saggio in questione è "Il delirio e i sogni nella "Gradiva" di Wilhelm Jensen".























Il delirio e i sogni nella "Gradiva" di Wilhelm Jensen


L'interesse per il rapporto tra psicologia e arte nasce in Freud dopo una discussione con una cerchia di persone che sostenevano che i misteri del sogno siano stati risolti a opera di chi scrive. Il medico si incuriosisce sull'argomento e decide di studiare quei sogni che, mai sognati davvero da qualcuno, sono stati creati dai poeti e attribuiti ai loro personaggi immaginari.

Quando i poeti fanno sognare i personaggi disegnati dalla loro fantasia seguono l'esperienza quotidiana, e cercano di descriverne gli stati d'animo. 

Ciò è ben visibile nell'opera dei Jensen (pubblicata nel 1903) dove il protagonista, l'archeologo Norbert Hanold, visitando un museo di Roma, scopre un bassorilievo che lo colpisce tanto da spingerlo a procurarsi un calco in gesso dell'opera. Su tale bassorilievo è rappresentata una figura femminile nell'atto di camminare, con una grazia così naturale che sembra dar vita all'immagine di pietra. Norbert comincia a sentire progressivamente un'ossessionante attrazione per la figura di pietra, un interesse che egli stesso riconosce andare al di là della curiosità professionale e da alla figura il nome di "Gradiva", l'avanzante.

Poco dopo, fa un sogno d'angoscia in cui si trova nell'antica città di Pompei proprio nel momento in cui il Vesuvio in eruzione sta per distruggere la città. Nel sogno scorge Gradiva davanti a lui e gli sorge l'idea, decisiva per la strutturazione del delirio, che Gradiva fosse pompeiana e che entrambi fossero vissuti, contemporaneamente, nell'antica Pompei. Prima che egli possa avvertirla, la Gradiva viene sepolta dall'eruzione. La coazione a ripetere è diabolicamente inarrestabile Non riuscendo ad ab-onirizzare tale sogno, il delirio si impossessa di lui. Gradiva in realtà rappresenta un amore celato per la sua vicina di casa Zoe Bertgang, e in più l'estraniazione dalla vita reale a vantaggio della scienza dell'antichità, la quale lascia solamente l'interesse per donne di pietra o di bronzo. E' Zoe stessa, utilizzando, sottolinea Freud, dei procedimenti che molto somigliano a quelli della psicoanalisi, che riesce a guarirlo, all'inizio trattando la follia di Norbert come se fosse realtà in modo che i suoi sentimenti si spostino dalla donna di pietra alla donna di carne, rompendo così il cerchio del delirio.

Il racconto si basa soprattutto sul sogno angoscioso di Norbert. È proprio questo la causa generatrice degli avvenimenti.

Dopo un'intensa reinterpretazione in chiave medica dell'opera, Freud nota che il poeta, anche senza alcuna nozione psicologica, ha fornito uno studio psichiatrico del tutto corretto. Questa scoperta sembra contraddire l'usanza dei medici di allontanare il poeta dal campo dalla psichiatria. In realtà nessun vero poeta ha mai rispettato questo vincolo, la descrizione della vita psichica dell'uomo sembra essere il suo campo ancora prima che questo fosse diventato dell'esclusiva proprietà degli psicologi e dei filosofi. Si può quindi concludere che esiste una grande affinità tra l'arte e la psicoanalisi, da Freud definita come "sapienza poetica".


L'arte sembrerebbe essere una scoperta intuitiva di quanto la psicoanalisi metteva in evidenza a livello concettuale.


Alla luce delle teorie Freudiane alcuni critici hanno spiegato l'espressionismo quale risultato di un "processo inconscio" che turba l'artista nel suo intimo e che è  quindi espulso verso l'esterno per mezzo dell'arte onde turbare anche la mente del pubblico.

Quindi l'opera d'arte risulta essere il comune luogo della proiezione delle pulsioni più profonde e inconsce dello spettatore e dell'artista.




Incubo di Fussli



Durante l'epoca romantica l'uomo si ritrova immerso in un conflitto tra la natura e l'individualità. Nell'arte ciò si può interpretare come un inconsapevole rapporto che si compie tra l'io razionale e l'inconscio.

Diventa perciò interessante esaminare un autore che visse a cavallo tra il '700 e l'800, Fussli. Egli giunge inconsapevolmente a tale sintesi, attraverso il sogno. Il raggiungimento indiretto di tale meta genera paura e angoscia; tali sensazioni fanno sfociare il sogno in incubo (ovviamente, bisogna ricordare che Fussli non poteva ancora sapere che il sogno fosse la rappresentazione mascherata di un desiderio).


Il quadro di Fussli rispecchia una particolare variante del Romanticismo, il Romanticismo 'nero', costituito da un simbolismo che potremmo definire quasi 'Decadente', dove il termine "decadente" sta ad indicare una simbologia e un'iconografia, che sebbene utilizzino immagini per così dire "comuni", risultino però di difficile interpretazione.

Lo scenario che ci prospetta è quello di una stanza, circondata da una tenda, che circoscrive lo spazio. Una donna, distesa sul letto, ha un sonno agitato a causa dell'arrivo di due figure tetre: una cavalla e uno spiritello.
Riguardo la prima creatura è curioso notare la valenza che ha per indicare l'incubo, che in inglese si traduce con 'nightmare'. Se il termine viene scomposto, troviamo i termini 'mare', puledra o cavalla, e 'night', notte/notturno, da qui quindi 'cavalla della notte/cavalla notturna' (night-mare) o appunto incubo (nightmare).
Anche il folletto è un incubo, non solo per il suo aspetto mostruo, ma anche etimologicamente, da 'incubo' latino, ovvero sedere sopra: notare infatti che la creatura è posta a carponi proprio sopra il petto della donna, quasi nell'atto di soffocarla.
La donna soffre, sia per il respiro affaticato che la spinge a cercare di allontanarsi per recuperare il fiato, sia per la presenza delle creature che non gli agevolano il sonno.
















Il Surrealismo


Leggendo Freud sorge un inquietante idea che tutto si risolva nel materialismo, che qui viene portato all'esasperazione. Viene messo in dubbio il libero arbitrio dell'umanità: nella vita psichica vi è assai meno libertà di quanta siamo propensi a credere, forse non ve ne è affatto. Ciò che chiamiamo casualità sembrerebbe poter essere spiegata da leggi note, anche se in realtà solo intuibili.

Una risposta a tale tesi sembra giungere nel campo artistico, dove la libertà soppressa dal disaggio sociale, tenta di svincolarsi attraverso lo studio dell'inconscio e la conseguente liberazione di esso.


Nel 1924 Andrè Breton pubblica il manifesto del surrealismo attribuendo a Freud la funzione di padre spirituale del movimento. La psicoanalisi, infatti,  si rivela il miglior metodo per raggiungere la libertà dell'immaginazione. Essa si manifesta proprio come accade in un sogno: mediante un libero scorrimento di immagini nella propria mente.


La cosiddetta surrealtà è la soluzione di due stati, sonno e veglia, in una specie di realtà assoluta. È un automatismo psichico, cioè un processo automatico che si realizza senza il controllo della ragione e fa sì che l'inconscio emerga e si esprima mentre siamo svegli.


Ma la spiegazione dell'arte come l'espressione libera del proprio io interiore non è una prerogativa dei surrealisti. Questa concezione in un certo senso sembrerebbe nascere da quando la figura dell'artista comincia ad essere distinta da quella dell'artigiano.




























Filosofia e Arte


" il genio si perse nel firmamento infinito"

- Wilhelm Heinrich Wackenroder



Immanuel Kant vedeva l'arte come la produzione di oggetti belli. E il bello aveva un significato che andava al di là di ogni altro valore, la bellezza è un valore a parte che non prelude a nessuna conoscenza, ma puramente al sentimento del piacere disinteressato e fine a se stesso.


Friedrich Schelling ne dava una definizione ancora più attinente alla visione moderna: l'arte è l'opera di un genio, che spinto da una frenesia creatrice dovuta alla propria passione compie una sorta di sintesi tra la libertà e la natura, tra il finito e l'infinito, tra il conscio e l'inconscio.


Su questa linea di pensiero vi è un'interessante interpretazione da parte di uno scrittore tedesco Wilhelm Heinrich Wackenroder, che colpito, senza riuscire a definirla razionalmente, dalla grandezza di Raffaello, interpreta l'arte come genialità fondata sul misterioso e sull'irrazionale.

L'incomprensibilità del genio diventa un irrazionalismo sentimentale, in polemica contro coloro che vorrebbero spiegare l'arte secondo regole e canoni prestabiliti, negando così il "mistero" dell'ispirazione artistica.

Raffaello è un esempio di come l'artista stesso non sappia spiegarsi "l'innato stimolo" che lo tiene "in continua ed attiva tensione". Quindi sembrerebbe che:


"L'arte non si impara e non può essere insegnata, ma la sua vena, se è condotta e indirizzata per uno stretto sentiero, indomita sprizza fuori dall'anima dell'artista"



L'unica regola, o meglio aspirazione, per l'artista è la genuina originalità, cioè la reale sincerità dell'ispirazione. Sembrerebbe di trovarsi di fronte alla completa rottura con il classicismo e il concetto di arte imitativa.

Se, dunque, il prodotto artistico è privilegio di pochi geni, ogni uomo sente però la grandezza misteriosa dell'arte e questo stesso sentimento è, con la natura, il messaggio di Dio all'umanità:


"L'arte esercita una meravigliosa potenza sul cuore dell'uomo, per vie oscure e misteriose

L'arte, inoltre, appare come l'unico modo per sopportare l'eterna sofferenza del mondo. Così secondo Friedrich Nietzsche l'arte è la liberazione dell'uomo dall'oppressione della razionalità. Quindi trova che l'arte moderna dovrebbe rispecchiare i canoni della tragedia greca che è la conciliazione tra due impulsi vitali. Quello apollineo connesso al culto di dio Apollo, indica l'aspetto luminoso e rassicurante che porta a idealizzare la realtà nelle figure degli dei, dunque una vita perfetta. È perciò un impulso che produce belle forme e trova la sua maggiore espressione nella scultura. I secondo impulso è quello dionisiaco connesso al culto del dio Dioniso, che è anche il dio del vino. Esso esprime quindi un impulso di ebbrezza che induce a dimenticare la propria individualità e l'immergersi nel caos della vita, riconciliandosi con gli altri e con la natura nel canto e nella danza. Quando predomina il primo impulso, il secondo si indebolisce, nell'arte deve prevalere l'impulso irrazionale non soggetto ad alcuna moralità, qui la tragedia greca appare come l'esempio più grande del compromesso più riuscito tra questi due impulsi. 





Tutto questo sembrerebbe portare ad una precisa conclusione:









"L'unica differenza tra la Grecia immortale e l'epoca contemporanea è costituita tra Sigmund Freud, il quale ha scoperto che il corpo umano, puramente neoplatonico all'epoca dei greci, è oggi pieno di cassetti che soltanto la psicoanalisi è in grado di aprire."

Salvador Dalì  







































Avida Dollars


Salvador Dalì è sicuramente uno dei personaggi più stravaganti del 20simo secolo, egli stesso si definisce "il santo patrono" o "Genio"

Ecco come Freud ne parla scrivendo ad un suo amico Stefan Zweig che gli aveva organizzato un appuntamento nel 1938:

'Caro signore, bisogna realmente che io vi ringrazi della parola di introduzione che mi ha condotto il visitatore di ieri. Poiché fino a quel momento ero tentato di considerare i surrealisti, che apparentemente mi hanno scelto come santo patrono, come dei pazzi integrali (diciamo al 95%, come per l'alcool puro). Il giovane Spagnolo, con i suoi candidi occhi di fanatico e la sua indubbia padronanza tecnica, mi ha incitato a riconsiderare la mia opinione. In realtà, sarebbe molto interessante studiare analiticamente la genesi d'un quadro di tal genere. Dal punto di vista critico si potrebbe tuttavia dire che la nozione d'arte si rifiuta ad ogni estensione quando il rapporto quantitativo tra il materiale inconscio e l'elaborazione precosciente non si mantiene entro limiti determinati. Si tratta qui, in ogni caso, d'un serio problema psicologico.'

È interessante notare che nonostante fosse considerato il "padre" dell'arte moderna lo stesso Freud definiva l'espressionismo e il surrealismo come non-arte, anzi coloro che professavano queste idee erano solamente "dei pazzi integrali non adatti ai circoli culturali". L'opinione di Freud cambia dopo l'incontro avvenuto nel 1938 con Salvador Dalì, il quale gli sembra un soggetto estremamente interessante e sincero. L'artista, in effetti, con il giudizio negativo nei confronti dei surrealisti di Freud si trova in un certo senso d'accordo, anche se da punti di vista differenti, se non opposti. Afferma:

"L'unica differenza tra me e i surrealisti sta nel fatto che io sono surrealista"

Infatti secondo Dalì, a differenza di Freud, l'errore della maggior parte dei surrealisti non era quello di confondere il libero flusso di idee dell'immaginazione con l'arte generando la pazzia, ma piuttosto di non farlo abbastanza, o nel modo corretto, poiché limitati da schemi razionalistici della società.

Amava spesso ripetere:

"Non sono io il Clown! Ma questa società mostruosamente cinica e così ingenuamente incosciente che gioca a far la seria per meglio nascondere la propria follia. Perché io - non lo ripeterò mai abbastanza - non sono pazzo. La mia lucidità ha persino raggiunto un tale livello di qualità e di concentrazione che non esiste una personalità più eroica e più prodigiosa in questo secolo e, a parte Nietzsche (e, fra l'altro, lui è morto pazzo), non se ne trova l'equivalente in altri. La mia pittura ne è testimonianza."

La grande personalità di Dalì si nota ancora di più attraverso le sue opere, dove adotta un suo personalissimo metodo di automatismo psichico che chiama "metodo paranoico critico".

Le immagini che l'artista cerca di fissare sulla tela nascono dal torbido agitarsi del suo inconscio (paranoia), e riescono a prendere forma solo grazie alla razionalizzazione del delirio (momento critico). Ed è proprio grazie a ciò che gli elementi onirici riescono a "materializzarsi" sulla tela.

"Al levare del sole (.) mi sedevo davanti al cavalletto piazzato davanti al letto (.). La prima immagine del mattino era quella della tela che sarebbe stata anche l'ultima immagine che avrei visto prima di andare al letto. Cercavo di addormentarmi fissandola (.) e a volte mi alzavo nel mezzo della notte per guardarla un attimo al chiaro di luna. O meglio (.) l'intera giornata, seduto davanti al cavalletto, fissavo la tela come un medium per vederne sorgere gli elementi della mia immaginazione. Quando le immagini si collocavano esattamente nel quadro li dipingevo immediatamente, a caldo. Ma, a volte, dovevo spettare delle ore e restare in ozio con il pennello immobile in mano prima di vedere nascere qualcosa."

Utilizzando immagini diverse secondo il  metodo paranoico-critico, Salvador Dalì realizza quadri di notevole complessità, contenenti immagini doppie, in cui gli elementi appartengono a più figure realizzate in scale diverse. La ricerca delle molteplici composizioni diviene quasi un gioco di abilità, in risposta al virtuosismo del pittore. Con questo genere di pittura intende dimostrare l'organizzazione fisica del sistema di percezioni della vista in cui i neuroni ottici capovolgono le immagini, si tratta quindi di seppellire e disseppellire pensieri, idee e emozioni.

Nell'occasione del loro unico incontro Dalì mostra a Freud l'opera che secondo lui lo consacrerà come uno dei suoi migliori discepoli: "La metamorfosi di Narciso"

Vi è presente un tipico percorso mentale di Dalì, che parte da un ricordo che ha lasciato delle tracce ancora vive nella sua memoria, e dal quale si mettono in moto tutta una serie di ingranaggi dove l'intelligenza analitica si mescola alla violenza dei fantasmi onirici.

La scelta iconografica deriva da un viaggio in Italia compiuto dall'artista come dimostrano le figure nude sullo sfondo che evocano pose classiche e atteggiamenti formali tipici dell'arte rinascimentale Il mito classico del giovane Narciso, che innamoratosi della propria immagine riflessa in uno specchio d'acqua e impossibilitato a possederla si trasforma nel fiore che porta il suo nome, offrì lo spunto all'artista per inscenare questa metamorfosi ovidiana in un'ambigua relazione tra illusione e realtà. La splendida figura accovacciata di Narciso, che giganteggia come una roccia sulla superficie lucida e riflettente del lago, si trasforma nel suo doppio che assume l'aspetto di una grande mano pietrificata che regge un uovo crepato da cui nasce il fiore narciso. Le fasi di trasformazione sono rese in una narrazione consecutiva da sinistra a destra, così anche i colori opachi e le forme dapprima trasparenti, evanescenti e quasi invisibili acquistano gradatamente una connotazione realistica e concreta, come un lento risveglio dopo un sogno visionario.








Conclusione


Il concetto di arte è mutevole varia probabilmente con gli usi e i costumi di ogni epoca, se non da persona a persona.

Così per Kant l'arte è il prodotto di un piacere disinteressato fine a se stesso, che non ha alcuna funzione morale ne etica. Un giudizio, anche se per certi versi coglie l'aspetto pratico dell'opera artistica, che ci lascia una nozione fredda e assai riduttiva di ciò che dovrebbe essere il luogo d'azione della passione e dell'emotività umana.

Invece un giudizio più interessante è quello dato da Schelling che associa all'arte la funzione di detentrice della verità intesa come l'assoluto. L'arte ci permette di cogliere l'assoluto nella sua immediatezza e infinità. Si manifesta attraverso la sintesi del finito e dell'infinito, e ciò produce bellezza. Ciò suscita in noi la passione che è il grado più intenso della sensibilità.

Freud intende l'arte come un'indagine personale compiuta dal soggetto. Tale indagine è sicuramente la manifestazione dell'inconscio, nel senso che ciò che l'artista rappresenta è dettato dalla sua esperienza quotidiana, e quindi anche dei suoi desideri rimossi e mantenuti in vita nei cassetti dell'inconscio. Non accetta tuttavia l'arte come libera espressione dell'immaginazione che, a suo parere, dovrebbe sempre stare entro certi limiti se no rischia di uscire dai confini dell'autoindagine ed entrare in quelli della pura e semplice rappresentazione, sgradevole non solo da interpretare ma anche a vedere.

L'aspetto dispregiativo dell'arte viene, invece rivalutato da pensatori come Adorno che vedono in esso un modo per criticare la società e gli inganni a cui essa ci pone di fronte. L'arte, appunto, non deve piacere in quanto ha il compito di rinnegare ogni aspetto di una società ingannatrice e alienante; aspetto che verrà ripreso dai surrealisti e soprattutto da Dalì.

Con l'espressionismo nasce il concetto di arte come proiezione delle pulsioni interne più profonde verso l'esterno, è un tentativo di descrivere il mondo secondo la propria ottica ed emotività.

L'arte è inoltre interpretata come la ricerca di libertà, che ci viene tolta dalla società. Per rispettare a pieno l'etica morale in cui viviamo (come la definisce Adorno, l'industria Culturale che offende la vita) gli esseri umani reprimono le loro pulsioni e i loro desideri all'interno dell'inconscio, ma queste non scompaiono ma rimangono lì, pronte a riaffiorare in ogni momento, è questo il cosiddetto disagio sociale descritto da Freud. I surrealisti cercano di ritrovare questa libertà non limitando i loro impulsi al volere sociale, ma esprimendoli attraverso la surrealtà.


L'arte è ciò che ci permette di sognare una società o una vita più gradevole, è ciò che ci fa sentire liberi, è la materializzazione della nostra anima e del nostro io reale, è infine ciò che ci proietta in un mondo dove i nostri desideri e emozioni hanno la loro più completa e libera realizzazione.

In questo senso l'arte è vita, e riguarda ogni campo della nostra esistenza. E proprio come la vita l'arte non va spiegata e razionalizzata, altrimenti se ne perde il mistero, o la genialità irrazionale come la chiamava Wackenroder. Il mito kantiano di un piacere disinteressato, in tal caso, viene meno e soprattutto si dissolve quell'aura magica che è data dall'immensità del misterioso e sconvolgente infinito.












Bibliografia




  • Battistini, M., Lo sapevi dell'arte, simboli e allegorie, L'Espresso 2004
  • Dalì S., La metamorfosi di Narciso, 1937
  • Dalì, S., Rittrato di Sigmud Freud, 1938
  • Dalì, S., Venere di Milo a cassetti, 1936
  • David, C.F., Il Viandante, 1818
  • Freud, S., Il sogno, Mondadori, 1988
  • Freud, S., L' interpretazione dei sogni Orsa Maggiore, 1992
  • Freud, S., Lettera a Stefan Zweig, 1938
  • Fussli, J., Incubo, 1781
  • Kant, I., Critica del giudizio, Laterza, 2002
  • Nèret, G., Dalì, Taschen 2001
  • Nietzsche, F., La nascita della tragedia, Laterza, 1992
  • Nietzsche, F., Al di là del bene e del male, Rusconi, 2006
  • Schelling, F., Sistema dell'idealismo trascendentale, Bompiani, 2006
  • Schelling, F., Filosofia dell'arte, Prismi, 1986
  • Wackenroder, W., Fantasie sull'arte, 1814
  • Siti vari

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