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Il femminismo - tesina




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INTRODUZIONE


N

ella storia della civiltà occidentale, la donna è sempre stata subordinata all'uomo: le differenze tra i due sessi hanno portato il maschio ad occupare un posto privilegiato nella società. Fin dall'antichità, infatti, la donna è sempre stata considerata un essere inferiore e costretta a vivere in una società fortemente misogina. Molte credenze e pregiudizi che sussistono ancora oggi nell'immaginario collettivo derivano in gran parte dal mondo classico e dal Medioevo, in cui la donna era associata alla strega, al male, alla magia nera.

Sono stati i movimenti femministi della seconda metà del Novecento a porre alcuni interrogativi e a gettare le premesse per la conquista di un futuro migliore, con la costituzione di una società non sessista.



STORIA


Il femminismo


Il femminismo è il movimento politico-ideologico che si propone di estendere i diritti della donna nella società. Il movimento femminista apparve per la prima volta in Francia all'epoca della Rivoluzione francese.

Tuttavia, la donna continuò a restare in una condizione di subalternità all'uomo: erano meno salariate e non avevano ancora ottenuto il diritto di voto.

Solo alla fine dell'Ottocento con il delinearsi della società di massa, emerse in primo piano la questione femminile: le donne, infatti, presero coscienza dei propri diritti e cominciarono ad avanzare rivendicazioni nei confronti della società. Tuttavia, il movimento di emancipazione femminile rimase ristretto ad alcune minoranze prive di un seguito consistente.

Solo in Inghilterra il movimento femminista riuscì a imporsi, concentrando la propria attività sull'estensione del diritto di voto alle donne, di qui il nome "suffragette". La loro guida ideologica era Emmeline Pankhurst, che nel 1903 fondò la Women's Social and Political Union riuscendo a ottenere il diritto al voto politico. Tuttavia, la lotta delle suffragette rimase isolata e furono lasciate sole a combattere la propria battaglia. Infatti, salvo in Inghilterra, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale le donne europee erano ancora escluse dal diritto di voto.

L'emancipazione femminile è stata, quindi, raggiunta lentamente, prima sul piano economico, poi su quello giuridico e intellettuale e solo recentemente sul piano politico.



Il femminismo in Italia


Nel nostro paese la lotta per l'emancipazione femminile si accese in ritardo rispetto al resto dell'Europa, soprattutto perché il panorama sociale era ancora arretrato e vi era un forte influsso conservatore della Chiesa cattolica, la quale vietava alle donne le letture libere, l'istruzione superiore e universitaria e sconsigliava che svolgessero attività fuori casa.

Ai primi nuclei femminili organizzati aderirono le donne della borghesia e le masse femminili cattoliche e socialiste; tra queste ultime si distinse in modo particolare Anna Kuliscioff. Nel 1910 le rappresentanti delle associazione femminili italiane parteciparono al Primo Congresso Internazionale Femminile a Copenaghen, durante il quale l'8 marzo fu dichiarato Giornata Nazionale della Donna.

Dopo la Prima Guerra Mondiale si diffuse l'emancipazione femminile in quanto le donne avevano sostituito nel lavoro i mariti o i fratelli che ora tornavano reduci dal fronte. Di conseguenza, non fu più possibile escluderle dalla vita politica e nel 1923 le donne italiane ottennero il diritto di voto ma tale diritto non fu applicato a causa della riforma fascista. Questo venne, infatti, riconosciuto solo nel 1946 dall'ultimo re d'Italia Umberto di Savoia: infatti il referendum del 2 giugno 1946, che decretò la vittoria della Repubblica, fu il primo che vide la partecipazione femminile.


La condizione femminile oggi


Il movimento femminista prosegue tuttora la sua lotta contro ogni forma di violenza subita dalle donne.

Fra la seconda metà degli  anni '60 e i primi anni '70, si assistè a una ripresa della questione femminile ma in modo più radicale. Acquistava ora sempre più importanza il problema della parità fra i sessi e si affermava la necessità di una profonda evoluzione della società. Le lotte del nuovo femminismo miravano al conseguimento di misure legislative quali la legalizzazione dell'aborto, la riforma del diritto di famiglia e l'accesso alle nuove professioni.

I primi successi ottenuti riguardarono principalmente il diritto di famiglia. Di fondamentale importanza è la Legge n.151, in base alla quale con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono gli stessi doveri. Per meglio sottolineare la parità fra i due coniugi la legge prevede la comunione dei beni: ambedue sono considerati ugualmente proprietari del patrimonio familiare e hanno il diritto di amministrare tale patrimonio. Inoltre, nel 1974 fu approvato il referendum sul divorzio che dimostrò il cambiamento del ruolo della donna che non poteva più essere confinata nel nucleo familiare. Infine, tre anni più tardi, nel giugno del 1978 il parlamento approvò la legge n.194 che legalizzava l'interruzione volontaria della gravidanza, meglio conosciuta come aborto, il quale resta tuttora una delle maggiori problematiche etiche. Nella società odierna le donne hanno raggiunto l'indipendenza anche sul piano lavorativo, infatti, possono accedere anche a professioni tradizionalmente considerate maschili quali l'avvocato o il medico e intraprendere addirittura la carriera militare.


ATTUALITA' E RELIGIONE


Nonostante le numerose e fondamentali conquiste che le donne hanno ottenuto nel corso dei secoli, ancora oggi nella società contemporanea in alcuni paesi, in particolare del Medio Oriente, la donna vive ancora in una condizione di sottomissione rispetto all'uomo. La condizione della donna è, infatti, una delle realtà dell'Islam che più sconcertano l'Occidente.

Dal punto di vista religioso non sembrano esserci problemi; per la legge islamica la donna è ontologicamente uguale all'uomo, ha gli stessi doveri, non c'è per essa alcuna discriminazione nella vita eterna che l'attende dopo la morte.

I problemi cominciano quando dal campo religioso si passa a quello sociale.

La donna, finché rimane in famiglia, è sottoposta all'autorità del padre e dopo essersi sposata, passa sotto l'autorità del marito. Paradossalmente esclusa da questa tutela è la nubile non più giovane che può in tutto e per tutto gestirsi senza dipendere dall'altrui beneplacito. Naturalmente, nel mondo islamico, le donne non vivono una condizione di libertà uguale in tutti i Paesi, per cui per parlare dei diritti delle donne islamiche occorre fare delle distinzioni. In alcuni Stati esse hanno ormai ottenuto parecchi privilegi una volta destinati quasi esclusivamente agli uomini, ma negli Stati più tradizionalisti e in quelli che mirano alla reintroduzione a pieno titolo della sharīa, dove le norme del Corano sono interpretate ed applicate in maniera più rigida ed estrema, le donne non vivono una situazione egualitaria in termini di libertà, e sono considerate ad un livello inferiore rispetto all'uomo.

Il principio della superiorità maschile è enunciato dal Corano nella sura IV, detta al-Nisa (delle donne), al versetto 34:


«Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono [per esse] i loro beni. Le [donne] virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse. Allah è altissimo, grande»

Così, in virtù di questo precetto, le donne sono private persino dei fondamentali diritti umani e civili: non godono della libertà di spostamento, della libertà di espressione e di parola; non possono procedere negli studi né tanto meno fare carriera o ricoprire cariche o posizioni di responsabilità in campo civile o religioso. Non possono decidere il proprio destino né quello dei propri figli e sono totalmente sottomesse all'uomo, da cui possono venire ripudiate (e non viceversa). Sono eventualmente costrette a convivere con altre mogli scelte dall'uomo; e sono obbligate a coprire il proprio corpo e spesso anche il viso.

La poligamia è lecita e prevista dal Corano per gli uomini con la limitazione: "se temete di non essere giusti con loro sposatene una sola o le ancelle in vostro possesso". Secondo il Corano l'uomo può ripudiare la moglie e non v'è nessun accenno che la moglie possa farlo nei confronti del marito (come del resto anche nelle società greca e romana).

Nella sura 'della Luce'. il v. 31 prescrive che le credenti abbassino gli sguardi e: "custodiscano le loro vergogne, non mostrino troppo le loro parti belle" ad altri che agli uomini della famiglia e: "non battano i piedi sì da mostrare le loro parti nascoste". Secondo un'usanza che è precedente al Corano questo versetto proibirebbe alla donne di mostrare il volto e quindi avrebbe giustificato nei tempi passati l'esistenza dei ginecei (harem) in cui erano rinchiuse le donne, custodite nel caso di personalità di grande ricchezza, da guardiani evirati, nonché l'uso oggi in alcuni Stati islamici di vesti che coprono interamente il viso. Circa l'obbligo di portare il velo e coprire il volto non c'è alcun versetto che lo prescriva espressamente.
Se tutto ciò appare in qualche modo soggetto a interpretazione sì da smentire chi affermi apoditticamente che il velo o la supremazia dell'uomo sulla donna siano previsti, nella loro accezione più avvilentemente maschilista, dal Corano, ben diversa è la situazione legata al diritto ereditario. È  infatti detto in merito all'eredità ai figli "Iddio vi raccomanda di lasciare al maschio la parte di due femmine" e in molti altri punti del Corano si evidenzia uno stato d'inferiorità della donna rispetto all'uomo, anche se sono frequenti le raccomandazioni ai mariti di trattare con gentilezza e giustizia le loro mogli anche nei rapporti sessuali, anche in caso di poligamia.

                        

Donna con velo. Donna con burka.

FILOSOFIA


Filosofe femministe: Simone De Beauvoir e Luce Irigaray


L'emancipazione della donna nel 900 ha determinato anche la nascita del pensiero femminile nel campo della filosofia occidentale.


Simone De Beauvoir.   


Nata a Parigi il 9 gennaio 1908 da una famiglia della alta borghesia, fin da giovane Simone rivelò una grande passione per lo studio, diventò infatti un'allieva esemplare alla Sorbona, dove incontrò quello che sarà il compagno della sua vita, il filosofo esistenzialista Jean- Paul Sartre. Simone De Beauvoir è considerata la madre del movimento femminista, fu infatti sostenitrice del femminismo dell'uguaglianza, che si proponeva il raggiungimento di una parità di diritti con il modello maschile di riferimento della cultura occidentale. La sua opera più importante, "Il secondo sesso" è un saggio fondamentale che da un lato fa il punto sulle conoscenze biologiche, psicoanalitiche e storiche esistenti sulla donna, dall'altro apre la strada a quella discussione radicale sulla condizione femminile che avrebbe caratterizzato i decenni successivi.


Luce Irigaray.

È una filosofa e psicoanalista nata in Belgio nel 1930, vicina al movimento delle donne anche se non direttamente coinvolta in esso. La sua tesi di laurea "Speculum: l'altra donna" costituisce una vera e propria critica radicale alla concezione psicoanalitica della donna. La Irigaray svolge così una reinterpretazione dell'intero pensiero filosofico dell'Occidente e si confronta con Platone, Nietzsche, Heidegger e Freud. Un'altra critica importante è quella rivolta a Simone De Beauvoir, infatti sottolinea l'errore di chi si proponesse di ottenere una inesistente uguaglianza tra uomo e donna, ma al contrario sottolinea la differenza e l'intrinseca diversità della natura femminile: la differenza sessuale. Da questo punto di vista, l'io, il soggetto, l'uomo, ossia i tradizionali concetti della filosofia, non possono più essere considerati come un'unità, ma devono essere posti come una dualità.






GRECO E LATINO


Il ruolo della donna nel mondo greco e romano.


Il problema della condizione della donna e della sua subordinazione all'uomo non è solo recente, ma affonda le sue radici più profonde nella misoginia che caratterizzava il mondo greco e romano e che ebbe grande influenza sulla cultura occidentale fino al Medioevo.


Nelle civiltà greca e romana la donna apparteneva, insieme agli schiavi e agli stranieri, a quella classe sociale esclusa dalla partecipazione alla vita politica.

Il suo ruolo era principalmente quello di procreare, di generare gli eredi e di custodire la casa; tanto che a Sparta Licurgo prescrisse addirittura degli esercizi fisici per le donne, che sconcertarono gli Ateniesi abituati a uno stile di vita più rigido.

In ogni caso, la caratteristica fondamentale della società greca, che influenzerà quella romana, è la misoginia (dal greco mysos=odio e gyne=donna). Tale avversione nei confronti della donna traeva origine dalle opere di scrittori, filosofi e poeti. In particolare, Esiodo fu l'iniziatore della poesia misogina, in quanto è il primo a narrare il mito di Pandora con cui si attribuisce alla donna la causa di ogni sofferenza sulla terra. Forte di questa antica tradizione la società greca relegò le donne in ambiti strettamente domestici, tanto che a loro era destinata la parte della casa chiamata gineceo. Ma come si svolgeva la vita quotidiana di una donna nell'antica Grecia?

Le donne erano abituate a vivere nell'ombra, non solo socialmente, ma anche fisicamente in quanto era normale che vivessero in casa, lontano dal sole e di conseguenza avessero un colorito pallido che denotava l'appartenenza a una famiglia agiata. Alle donne ricche era permesso di uscire in alcune occasioni, quali feste religiose, nascite o riti funebri. È necessario inoltre distinguere tra i diversi tipi di donne: le mogli, servivano a procreare e ad accudire fedelmente la casa, vi erano poi le concubine, destinate a soddisfare i piaceri sessuali degli uomini, e infine le eteree, ovvero le prostitute di professione che intrattenevano l'uomo con danze e spettacoli durante i banchetti. Infine, vi erano le donne anziane che venivano considerate un oggetto ormai inutile, questo può essere considerato uno dei lati più irrispettosi della misoginia classica.


Nell'antica Roma la condizione femminile conobbe fasi alterne nel corso dei secoli.

La donna romana nel periodo più antico era totalmente subordinata al potere patriarcale. In questa prima fase esistevano due categorie di donne ben distinte: le donne per bene, le matronae, e tutte le altre. La matrona romana si distingueva già dall'abbigliamento in quanto indossava la stola che la proteggeva da sguardi indiscreti e la identificava come una donna sposata. Il compito della matrona romana era quello di riprodurre la discendenza del marito, perpetuandone la stirpe; ma era necessario che tale discendenza fosse legittima, da qui deriva l'assoluto divieto di commettere adulterio, che veniva considerato una turbatio sanguinis.

A tale proposito è doveroso citare il celebre episodio mitico di Lucrezia, narrato da Livio nella sua opera "Ab Urbe condita". Questa donna, essendo stata violentata da Sesto Tarquinio, afferma la propria natura di uxor pudica attraverso il suicidio, considerato l'unico rimedio necessario. Lucrezia assurge, così, a modello paradigmatico della matrona romana, che incarna i valori tipici del mos maiorum, primo fra tutti la pudicizia. (cfr. la moglie di Eufileto)

Con il passare del tempo, nel periodo tra il principato e l'impero la donna potè godere di maggiore libertà ma non dei diritti politici. Durante questa fase della storia romana alcuni autori riscontrarono i segni di una decadenza morale e si diffuse una tendenza misogina simile a quella greca. In particolare, Giovenale esprime la sua profonda avversione verso il genere femminile nella Satira VI, che rappresenta uno dei più feroci documenti di misoginismo di tutti i tempi, in cui emerge la figura di Messalina, augusta meretrix, che incarna un modello di donna diametralmente opposto a quello di Lucrezia.


APPROFONDIMENTO: La donna nel teatro di Euripide

Euripide è considerato il più moderno dei tre tragediografi anche per aver dato ampio spazio nelle sue tragedie alle figure femminili. Basti pensare a Medea, Al cesti, Fedra, Andromaca, Elettra, Ecuba,  tutte donne forti e determinate che si impongono come protagoniste indiscusse delle tragedie.


Alcesti

Al cesti è una donna eroica, la migliore di tutte le donne (), l'unica che decide consapevolmente di morire per amore al posto del marito. Ella non è più lo stereotipo della donna-oggetto di proprietà dell'uomo, ma ci appare libera di avere e dichiarare valori propri e dotata della capacità di decidere per sé e per gli altri. Il sacrificio d'amore le conferisce gli onori a cui una donna non può aspirare: l'immortalità della fama, il kleos, valori tipici dell'eroe omerico. D'altra parte, Admeto non può essere considerato egoista in quanto, malgrado ne abbia l'animo straziato, è costretto ad accettare il dono divino offerto da Apollo, che in quanto tale non poteva essere rifiutato. Al cesti, dunque, al di là di qualsiasi considerazione razionale sul futuro dei figli orfani di padre, desidera morire per il suo sposo; ma proprio sul piano emotivo sta il senso del tragico: da una parte desiderosa di morire, dall'altra umanamente attaccata alla vita. In questo caso, tuttavia, la morte diventa funzionale alla vita, l'amore vuole la resurrezione, Al cesti infatti esprime la fiducia che gli dei possano rivolgere lo sguardo agli uomini e offrire loro la salvezza.


ITALIANO



Le figure femminili nella letteratura tra 800 e 900.




I romanzi della letteratura italiana tra 800 e 900 pullulano di personaggi femminili; tra questi ne ho scelti alcuni per delineare un quadro sull'evoluzione della figura femminile in ambito letterario.

Manzoni nelle sue opere ci offre diversi personaggi femminili tra cui ricordiamo Lucia, ne "I Promessi Sposi". Lucia è l'immagine ideale della femminilità cristiana: come suggerisce il suo nome, è colei che illumina, la donna-angelo con funzione salvifica, strumento della Grazia divina che conduce alla conversione l'Innominato e suscita nella monaca di Monza la nostalgia per l'innocenza perduta; ella, privata di ogni elemento erotico, incarna un ideale femminile particolarmente caro alla borghesia ottocentesca: la vergine che con la sua purezza redime dal peccato le anime corrotte ed offre loro un'occasione di salvezza.

Verga nei suoi romanzi veristi ci offre tipi femminili più realistici tra cui Nedda, Mena, Bianca Trao, Isabella. In particolare la Lupa, protagonista dell'omonima novella, e altre donne dei romanzi pre-veristi come "Tigre reale", "Eros", "Una peccatrice", anticipano la femme-fatal dannunziana.

Nella produzione dannunziana la figura femminile è connotata da accesa sensualità, da una bellezza seducente e raffinata, talvolta anche da lussuria e aggressività. Ne "Il Piacere" compaiono due tipi di donne: Elena Muti e Maria Ferres. La prima incarna in sé l'erotismo lussurioso, la seconda invece incarna un ideale femminile opposto alla femme-fatal. Ne " Il Trionfo della morte" emerge Ippolita Sanzio, che si caratterizza come la femme-fatal per eccellenza e diviene nemica del protagonista.

La donna assume una funzione narrativa molteplice nello sviluppo della tematica pirandelliana del contrasto tra vita e forma. Il rapporto con la donna presenta l'ambivalenza dell'attrazione e della repulsione e si configura in termini di conflitto. La donna, infatti, rappresenta la parte oscura dell'uomo e il punto di vista femminile mette in discussione l'ordine e la coscienza maschile. Per esempio, in "Uno, nessuno e centomila" è la rivelazione da parte della moglie del naso pendente a destra che fa precipitare Vitangelo Mostarda in una profonda crisi d'identità.

Infine, nelle raccolte di Montale la donna diventa il destinatario privilegiato e assume diversi nomi Clizia (Irma Brandeis), Mosca (Drusilla Tanzi), Volpe o Annetta. Vi è una ripresa della funzione femminile nel Dolce Stil Novo: la donna di Montale diviene una moderna Beatrice dantesca, che accompagna il poeta nel suo viaggio tra conoscibile e in conoscibile. Ma questa figura di donna-angelo appare in visione laica perché non conduce a una reale salvezza, ma è solo un'immagine di possibile consolazione.


APPROFONDIMENTO: La figura di Beatrice in Dante.


Beatrice è per Dante persona e personaggio, persona in quanto donna realmente vissuta, personaggio in quanto creatura celeste "venuta da cielo in terra a miracol mostrare".


Vita Nova.

L'incontro con Beatrice costituisce il punto di svolta della maturazione umana e poetica di Dante, la cui vita viene "rinnovata dall'amore". Nella Vita Nova il poeta delinea il suo cammino interiore che lo porta a comprendere i canoni dell'amor cortese, il cui unico fine è cantare le lodi della donna amata; viene dunque inaugurata la poetica della loda che avrà grande fortuna tra i poeti successivi. Beatrice viene descritta secondo il modello della donna angelo tipico del Dolce Stil novo, i suoi attributi sono, infatti, la dolcezza dello sguardo, "che 'ntender no la può chi no la prova",il sorriso, la bellezza del volto, la grazia e la modestia dei suoi gesti. Dante, inoltre, riesce a superare il conflitto di Guinizzelli tra amore per la donna e amore per Dio, attribuendo a Beatrice la funzione di tramite tra l'uomo e Dio; tuttavia nella Vita Nova ella è ancora legata alla sua precisa individualità storica e alla sfera privata del poeta.



Divina Commedia.

Nella Divina Commedia Dante riprende il filo della narrazione da dove si era interrotta l'opera giovanile, ovvero da quella crisi spirituale in cui lo aveva gettato la morte della donna amata. La nuova e definitiva svolta si compie sempre nel nome di Beatrice. È lei, infatti, non più donna ma solo creatura angelica, a dare inizio al processo di salvezza del poeta, inviando in suo soccorso Virgilio, allegoria della ragione. Ma le facoltà umane non possono condurre Dante oltre il Purgatorio, nel Paradiso guida del poeta è la stessa Beatrice, allegoria della teologia. Rispetto alla Beatrice della Vita Nova è figura, in quanto assume un ruolo e una funzione di portata ben diversa: elevare il poeta a una dimensione non più terrena ma divina, donandogli la beatitudine eterna (beatrix = portatrice di beatitudine). Nella Commedia Dante rappresenta l'intera umanità, che compie il suo viaggio voluto da Dio. In questa nuova dimensione il miracolo che Beatrice aveva rappresentato solo per Dante, diventa ora il miracolo per l'umanità. La donna amata, l'ispiratrice della sua poesia, diviene dunque il tramite che permette a Dante e all'umanità di giungere al Paradiso e alla contemplazione di Dio.






INGLESE


English Feminism

In the middle of the 19th century, many women started to campaigned peacefully for the right to vote. In 1903 Emmeline Punkhurst founded the "Women's Social and Political Union", which included some suffragettes. For over ten years the Suffragettes tried to get the Parliament to change the law and allow women to vote. But only in 1918 women gained the vote, when the "Qualification of Women Act" gave women over the age of thirty the vote if they were householders. Ten years later, the "Equal Franchise Act" gave all women aged 21 the right to vote.

In 1960s a new feminism began with the founding of the National Organization for Women. The women's movement of the 1960s and 1970s drew inspiration from the civil rights protest and was made up by women belonging to the middle class. Feminism reached its peak in the early 1970s, when an "Equal Rights Amendment" to the Consitution was approved by the American Congress.

Virginia Woolf: an icon for the Feminist movement


The role of the women in the family and in the society, their psychological and intellectual characteristics and their relationship with the men were amply debated in the 20th century. The modern writer Virginia Woolf is considered a milestone in the history of feminism. In fact, her works deal with the role of women in society, for example "Mrs Dalloway" or the essay "A Room of One's Own". Woolf shows how the relationship between woman and man is made complex and difficult not only by social conventions but also by psychological links with the family, of which women are the central part.



"A Room of One's Own"

This essay is a series of lectures on the subject of women and literature. Woolf's arguments are clearly presented: in the past women had no existence, even if a woman had the same gifts as a man, social disadvantages would prevent her from writing. Woolf stresses the necessity for women to gain economic indipendence and intellectual freedom (A room of one's own); only then Shakespeare's hypothetical sister, who was as gifted as her brother, will be able to be born again and write great poetry.





STORIA DELL'ARTE


La rappresentazione della donna attraverso i secoli

Nell'iconografia antica, la donna era associata alla fecondità: datrice di vita, svolgeva il ruolo essenziale della perpetuazione della specie.



Venere di Willendorf


Nella civiltà egizia e cretese si cominciò a scoprire la bellezza e l'armonia della donna come oggetto, ma an che in quanto ispiratrice dell'amore. La figura femminile cretese prefigurava già quelli che saranno i canoni di bellezza che ritroveremo nel primo Novecento. Ma i Greci si avvicinarono ancor di più all'immagine della bellezza modernamente intesa, l'ideale di bellezza greco si basava sulle giuste proporzioni. Dalla donna madre o dalla vergine vestita, i Greci passarono al nudo puro dell'Afrodite.


Nike di Samotracia Venere di Milo Afrodite Cnidia


L'arte romana rappresentò la donna ricoperta di vesti fluenti

e dall'espressione dignitosa.

Il soggetto caratteristico delle sculture romane erano le matrone, le donne per bene, dotate di un abbigliamento che le identificava come tali.


L'arte bizantina la ritrae raffinata e con vesti ricchissime; tipico esempio il noto ritratto in mosaico dell'imperatrice Teodora nella Basilica di S. Vitale a Ravenna.


Dalle scene a tinte forti degli affreschi pompeiani che mostravano la donna come oggetto di piacere, secondo una concezione certamente di derivazione orientale, si passò poi ad una rappresentazione ieratica, mistica, della figura femminile che veniva svuotata di ogni connotato sensuale, tanto che ad essere dipinte furono soprattutto Madonne e sante, sempre legate al ruolo salvifico che esse svolgevano
Nell'iconografia medievale la bellezza femminile era riservata alle immagini sacre e, tra tutte, la Donna per eccellenza, Maria, protagonista indiscussa in tutti i campi dell'arte, fino ai tempi odierni. La diffusione del Cristianesimo ebbe infatti enormi influenze nella rappresentazione della donna nell' arte, ormai concepita solo nella sua sacralità.

Giotto, Madonna di Ognissanti       Cimabue, Madonna di S. Trinita Masaccio, Maestà



Tale consuetudine è rimasta fino all'epoca rinascimentale allorquando, secondo le nuove concezioni che riportavano l'uomo al centro dell'universo, anche la donna si riappropriava dei suoi connotati corporali e sganciati da una dimensione esclusivamente trascendente.
Un esempio per tutti: nell'Estasi di Santa Teresa del Bernini , le espressioni della Santa in estasi e quella dell'Angelo che la sovrasta puntandole un dardo acuminato, fanno pensare più a scene di amorini che a castigati afflati mistici. Quanta distanza dalle ieratiche iconografie bizantine!!



Molteplici e svariati sono i modelli di donne e madonne splendidamente dipinte e scolpite dai più grandi artisti della storia, da Raffaello a Michelangelo; da Botticelli a Donatello, da Tiziano a Canova. Emblema assoluto della donna ispiratrice d'arte è senza alcun dubbio la "Gioconda" di Leonardo.


  

Maddalena Doni, Raffaello              La Gioconda, Leonardo Dama con l'ermellino,Leonardo


Venere, Botticelli        


Oltre a Venere ed Eva, le Tre Grazie furono uno dei soggetti più rappresentati nella storia dell'arte: l'umanità femminile propone un messaggio di bellezza senza tempo,fuori dalla storia: le donne non agiscono, non fanno la storia e sono portatrici di sentimento.


     

Tre Grazie, Canova                           Primavera, Botticelli




Fa la storia "La libertà che guida il popolo" di Delacroix, simboleggiata come donna giovane, bella e forte che, a seno nudo, guida con slancio il popolo sulle barricate: si tratta di una figura idealizzata, emblema ottimale dello spirito femminile che nella società del tempo non gode ancora di questa affermazione.








Le donne dei quadri impressionisti esprimono vitalità, fusione con la natura, grazia, giovinezza, e sono rappresentate realisticamente nelle loro condizioni di lavoro o di tempo libero.          

Donna con parasole, Monet Lezione di danza, Degas Bagnante, Renoir


Un discorso particolare meritano alcune figure femminili di Edouard Manet, come la donna dallo sguardo perduto nel vuoto del Balcone, che sembra esprimere l'incapacità di aderire al proprio ruolo, il tormentato dissidio tra esigenze dell'interiorità e del ruolo sociale, che viene espresso anche da tanta letteratura coeva.



Maya desnuda, Goya

Se Paul Gauguin identifica nei nudi delle donne polinesiane l'innocente felicità di una natura libera e incontaminata dalla civiltà, altri come Klimt scelgono come soggetto di raffigurazione la conturbante Salomè e riprendono dal decadentismo estetizzante l'ideale della femme-fatal, della donna come inquietante trappola sensuale, bella e irrazionale, miscela di amore e morte.


Donne tahitiane, Gauguin                      Salomè, Klimt Nudo seduto,Modigliani


Mentre nei manifesti futuristi si inneggia al disprezzo della donna, un tema ricorrente nelle opere di Boccioni è quello della madre.




Anche la scomposizione dei corpi operata da Pablo Picasso nella fase cubista crea effetti di grande espressività, dolente e intensa attraverso il ricorso ai modelli del primitivismo e con una sintesi formale che evidenzia anche una disgregazione del soggetto donna e una crisi d'identità pur nella volontà di apparire.

Les demoiselles de Avignone, Picasso


Warhol trasforma il volto di Marylin in icona, non ritrae una persona, ma la sua immagine pubblica. L'affermazione femminile degli anni'60 trova così, in questo contesto artistico, la sua massima criticità artistica.

























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