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Arthur schopenhauer




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ARTHUR SCHOPENHAUER


La rappresentazione

Il punto di partenza della filosofia schopenhaueriana è la distinzione kantiana tra fenomeno e cosa in sé . Per Kant il fenomeno è l' unica realtà accessibile e il noumeno è un concetto limite che serve a ricordare all' uomo i limiti della conoscenza ; per Schopenhauer , invece , il fenomeno è parvenza , illusione , sogno , ovvero ciò che nell' antica sapienza indiana era il 'velo di Maya ' , mentre il noumeno è una realtà che si nasconde dietro l' ingannevole trama del fenomeno , e che il filosofo ha l' obbligo di scoprire . Mentre per il criticismo kantiano il fenomeno è l' oggetto della rappresentazione ed esiste fuori dalla coscienza , il fenomeno di Schopenhauer è una rappresentazione che esiste solo all' interno della coscienza , tanto che egli arriva a riassumere l' essenza del kantismo con la tesi secondo cui il modo è la mia rappresentazione . La rappresentazione ha due aspetti essenziali e inscindibili: soggetto rappresentante e oggetto rappresentato . Essi esistono solo all' interno della rappresentazione e nessuno dei due può sussistere senza l' altro : quindi il materialismo è falso perché nega il soggetto riducendolo all' oggetto , ed è parimenti falso l' idealismo perché nega l' oggetto riducendolo al soggetto La nostra mente agisce secondo tre forme a priori : spazio , tempo e causalità . Poiché , per Schopenhauer , le forme a priori sono paragonabili a vetri sfaccettati attraverso cui si deforma la visione delle cose , la rappresentazione è ingannevole : ma al di là dell' apparenza della realtà fenomenica esiste la verità , sul quale l' uomo non può fare a meno di interrogarsi , perché l' uomo è animale metafisico .


La cosa in sé

Schopenhauer si presenta come il continuatore della filosofia di Kant , perché è sicuro di avere individuato la via d' accesso alla realtà noumeni , possibilità che veniva negata nella ' Critica della ragion pura ' . Se noi fossimo solamente conoscenza e rappresentazione , sostiene Schopenhauer , non potremmo mai uscire dal mondo fenomenico , cioè dalla rappresentazione esclusivamente esteriore di noi e delle cose; ma poiché noi siamo dati a noi stessi non solo come rappresentazione ma anche come corpo , noi non ci limitiamo a vederci dal di fuori , ma ci vediamo anche dal di dentro . Questa esperienza di ripiegamento su noi stessi ci permette di afferrare l' essenza profonda del nostro io , ossia la cosa in sé del nostro essere : la Volontà di vivere , cioè l' impulso alla vita . Il nostro stesso corpo non è altro che la manifestazione fenomenica della volontà di vivere : l' apparato digerente è manifestazione della volontà di nutrirsi , l' apparato sessuale è manifestazione della volontà di accoppiarsi e perpetuare la specie . L' intero mondo fenomenico non è altro che la maniera attraverso cui la volontà si manifesta nella rappresentazione : da qui il titolo della più importante opera di Schopenhauer : ' Il mondo come volontà e rappresentazione ' .


Il pessimismo

Affermare che l' essere è la manifestazione di una Volontà infinita significa dire, secondo Schopenhauer , che la vita è necessariamente dolore . Infatti volere significa desiderare , e desiderare significa essere in uno stato di tensione , per la mancanza di qualcosa che non si ha e si vorrebbe avere . Essendo l' uomo l' essere con la volontà più cosciente e quindi più desiderante , egli risulta destinato a non trovare mai un appagamento totale .

'Nessun oggetto del volere , una volta conseguito , può dare appagamento durevole bensì rassomiglia soltanto all' elemosina , la quale gettata al mendico prolunga oggi la sua vita per continuare domani il suo tormento ' ( Il mondo come volontà e rappresentazione ). Con questa affermazione Schopenhauer afferma che l' appagamento della volontà è brevissimo rispetto alle infinite esigenze dell' uomo, perché il desiderio appagato dà sempre luogo a un nuovo desiderio . Ciò che gli uomini chiamano godimento e gioia è nient' altro che cessazione di dolore , ossia l' uscita da una precedente situazione di tensione , che ne è la condizione indispensabile . Perché vi sia piacere vi deve essere stato necessariamente dolore, non è vero il contrario , perché vi può essere una lunga catena di dolori senza che questi siano preceduti da altrettanti piaceri : sintetizzando , con le parole di Schopenhauer, 'non v' è rosa senza spine , ma vi sono tante spine senza rose ' .

Accanto al dolore , che è la realtà durevole , e al piacere , che è qualcosa di breve, Schopenhauer pone come terza condizione esistenziale la noia , che subentra quando viene meno il desiderio oppure il dolore . Quindi il filosofo conclude che ' la vita umana e come un pendolo che oscilla incessantemente fra il dolore e la noia , passando attraverso l' intervallo fugace , e per di più illusorio , del piacere e della gioia ' .

Poiché la volontà , che è un desiderio inappagato , si manifesta in tutte le cose , allora il dolore non riguarda solo l' uomo , ma tutte le creature . Se l' uomo soffre di più , è semplicemente perché , avendo maggiore consapevolezza , sente di più il pungolo della volontà . Per lo stesso motivo il genio soffrirà di più dell' uomo comune , perché ' chi aumenta il sapere moltiplica la sofferenza ' . Così Schopenhauer perviene ad una delle concezioni più pessimistiche di tutta la storia del pensiero , ritenendo che il male non sia solo nel mondo , ma nel Principio stesso da cui dipende . In questa vicenda irrazionale della vita , l' individuo appare soltanto uno strumento per la specie ; al di là del breve sogno dell' esistenza individuale , l' unico fine della natura sembra essere quello di perpetuare la vita , e con essa , il dolore . Testimonianza di quest' unico interesse della Natura , è riscontrabile , per Schopenhauer , nella manifestazione dell' amore . Il fine dell' amore , o lo scopo per cui esso è voluto dalla Natura , è l' accoppiamento - procreazione ;   ciò vuole dire che l' individuo è il burattino della Natura proprio nell' atto in cui pensa di realizzare maggiormente il proprio godimento e la propria personalità : prova dell' essenza biologica dell' amore , è per Schopenhauer , la triste constatazione che la donna , dopo aver procreato e allevato i figli , perde ben presto bellezza e attrattiva . Per il filosofo non c' è amore senza sessualità tant'è che in un passo dal sapore pre - psicanalitico scrive che ' ogni innamoramento , per quanto etereo voglia apparire , affonda sempre le sue radici nell' impulso sessuale ' . Per queste ragioni l' amore viene sentito inconsapevolmente come peccato e vergogna , perché esso commette il più grave dei delitti , cioè la perpetuazione di creature destinate a soffrire . L' amore , per Schopenhauer , non è altro che ' due infelicità che si incontrano , due infelicità che si scambiano , e una terza infelicità che si prepara ' .


La critica degli ottimismi

Schopenhauer apre una polemica contro l' ottimismo cosmico che caratterizza buona parte delle filosofie e delle religioni occidentali . Questo schema di pensiero interpreta il mondo come un organismo perfetto , provvidenzialmente governato da un Dio oppure da una Ragione immanente ( Hegel ) . Questa visione , pur essendo consolatrice e a ciò va attribuito il suo successo nel corso dei secoli , risulta essere palesemente falsa, perché la vita è un' esplosione di forze irrazionali , e il mondo è il luogo di dolore, illogicità e sofferenza . Tutto ciò si verifica non solo nella natura , ma anche nella società , dove vige  secondo Schopenhauer , la legge della giungla . Quindi un mondo governato da un Dio e la realtà di un mondo caotico e malfatto sono in aperta contraddizione .

Un' altra menzogna contro cui si scaglia il filosofo tedesco è l' ottimismo sociale , cioè la tesi della bontà e socievolezza dell' uomo . Se si va oltre le illusioni che gli adolescenti hanno sulla realtà , si può osservare , secondo Schopenhauer , che la regola di fatto dei rapporti umani è il conflitto e il tentativo di sopraffazione reciproca ( 'l' uomo è l' unico animale che faccia soffrire gli altri al solo scopo di far soffrire ') . Ciò sarebbe testimoniato dalla malcelata soddisfazione del nostro istinto egoistico rispetto alle disgrazie altrui . Se gli uomini vivono in comunità , ripete Schopenhauer riprendendo Hobbes , non è per simpatia o congenita socievolezza , ma soprattutto per bisogno . Lo Stato con le sue leggi è stato eretto non tanto per un' intrinseca eticità dell' uomo , ma solo per la necessità di difendersi e di regolamentare gli istinti aggressivi degli individui . Ultimo ottimismo contro cui si scaglia Schopenhauer è l' ottimismo storico , che caratterizza non solo l' idealismo romantico , ma tutta la cultura dell' 800 . Per il filosofo , gli storici , a furia di studiare gli uomini , finiscono per perdere di vista l' uomo o per cadere nell' illusione che gli uomini mutino davvero di epoca in epoca . Ma se siamo in grado di guardare oltre le apparenze , , non si può fare a meno di scoprire , in accordo con la saggezza orientale , che il destino dell' uomo presenta caratteri immutabili : ' mentre la storia ci insegna che in ogni tempo avviene qualcosa di diverso , la filosofia si sforza di innalzarci alla concezione che in ogni tempo fu , e sarà sempre la stessa cosa ' .


Come liberarsi del dolore

Schopenhauer afferma che la vita è dolore , e che l' esistenza , in virtù del dolore che la costituisce , risulta tal cosa che si impara poco per volta a non volerla . Si potrebbe quindi pensare che il pensiero di Schopenhauer porti ad una filosofia del suicidio universale  ; invece il filosofo rifiuta il suicidio per due motivi :

1) perché ' il suicidio , lungi da essere negazione della volontà , è invece un atto di forte affermazione della volontà stessa ' , in quanto ' il suicida vuole la vita ed è solo malcontento delle condizioni che gli sono toccate' ; 

2) perché il suicidio uccide solo una manifestazione fenomenica della Volontà di vivere, lasciando intatta la cosa in sé , che pur morendo in un individuo rinasce in mille altri. Per Schopenhauer la risposta al dolore del mondo sta non nel suicidio ma nella liberazione dalla Volontà di vivere ; questo processo salvifico avviene in tre tappe : l' arte , la morale e l' ascesi .

L' ARTE , per Schopenhauer , è conoscenza libera e disinteressata che si rivolge alle idee , cioè alle forme pure delle cose : questo avviene perché nell' arte questo amore, questa guerra , questo dolore diventano l' amore , la guerra , il dolore , ovvero l' essenza immutabile di tali fenomeni . Per questo suo carattere contemplativo e per questa sua capacità di muoversi nel mondo delle forme eterne , l' arte sottrae l' individuo alla catena dei bisogni e dei desideri quotidiani : di conseguenza l' arte, secondo Schopenhauer , risulta catartica per eccellenza perché l' uomo , grazie ad essa , più che vivere contempla la vita , elevandosi al di sopra della volontà , del dolore e del tempo .

L' ETICA DELLA PIETÀ : la morale , per Schopenhauer , è un tentativo di superare l' egoismo e di vincere la lotta interminabile degli individui tra di loro , che costituisce un' ingiustizia ed è una delle maggiori cause di dolore . Pur riconoscendo , come Kant, che la morale deve essere disinteressata , per Schopenhauer essa non nasce da un imperativo categorico dettato dalla ragione , ma da un sentimento di pietà attraverso cui sentiamo come nostre le sofferenze altrui . Quindi la pietà non nasce da una logica astratta , ma dall' esperienza vissuta , che ci accomuna agli altri e permette di identificarci con i loro tormenti . La pietà si concretizza nelle virtù della giustizia , che consiste nel non fare a gli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi , e della carità, che consiste nel fare del bene al prossimo .

L' ASCESI : essa nasce dall' orrore dell' uomo per quella Volontà di cui egli è manifestazione fenomenica . , e si concreta nell' astensione dal piacevole , nella ricerca dello spiacevole , nell' espiazione e nella volontaria macerazione personale . La soppressione della Volontà è l' unico atto di libertà concesso all' uomo : quando si raggiunge questo obiettivo non si raggiunge l' estasi , come accade per il misticismo cristiano , ma l' esperienza del nulla , cioè di negazione del mondo .     



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