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Studio del moto di un grave




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Studio del moto di un grave


a    Scopo dell'esperimento:

Studiamo il movimento di un "grave" (corpo soggetto unicamente alla forza di gravità), ritenendo trascurabili le altre forze che concorrono a modificarne il moto, lasciandolo semplicemente libero di cadere.


a    Materiale utilizzato:

Un'asta verticale ( con risoluzione di 0,1 cm e fondoscala di 100,0 cm ) dotato di un'elettrocalamita ad un'estremità;

Sei fotocellule collegate al cronometro  per il rilevamento dei tempi;

Diverse sferette in materiali o dimensioni diverse;



Diametro(mm)

Massa (g)








Dispositivo di start collegato all'elettrocalamita e alle fotocellule con risoluzione di 0,001 s;

Squadra;


h      Descrizione dell'esperimento:

Sull'asta, posta perpendicolarmente alla superficie d'appoggio, erano posizionate sette fotocellule, di cui sei rilevavano i tempi ed una dava lo "start".

Il sistema di riferimento in questo caso è verticale e rivolto verso il basso, perpendicolare al piano orizzontale; le condizioni iniziali sono


V0=0 cm/s                       t=0 s y0=0 cm


A questo punto, controllato che le sfere, cadendo, passassero all'interno degli spazi di oscuramento delle fotocellule, di modo che i tempi venissero rilevati, abbiamo attaccato la pallina all'elettrocalamita (poiché l'acciaio risente del suo effetto), e, disattivandola, abbiamo lasciato che la sferetta cadesse per la forza di gravità in presenza di attrito trascurabile.

Abbiamo poi ripetuto l'esperimento con una pallina di massa maggiore per vedere cosa sarebbe successo. Supponiamo che la pallina, essendo più pesante, impieghi meno tempo a cadere. La biglia in questione è più piccola della precedente, e la sua distanza da terra sarà quindi maggiore di 0,8mm, ma la differenza è trascurabile rispetto alla variazione della massa. Per lo stesso motivo abbiamo ripetuto l'esperimento con una pallina di polistirolo.





a    Raccolta dei dati:


Tabella 1: Dati rilevati dalle fotocellule durante la caduta della sfera;


fotocellula

t ( 0.001s)

Pos. Fotocellula sy(cm)























Note alla tabella:


Come punto di riferimento per rilevare le posizione abbiamo preso la parte finale della sferetta. L'incertezza relativa alla posizione della prima fotocellula è data con un'incertezza identica a quella del regolo (pari a cioè 0,1 cm) perché  ne coincide con l'inizio, mentre invece tutte le altre sono date con un'incertezza maggiore (di 0,2 cm) perché, essendo posizionate lungo il regolo, per rilevare la posizione in cui la fotocellula rilevava il tempo abbiamo dovuto far scorrere una squadra perpendicolarmente ad esso, determinando così un'incertezza di misura maggiore.

Inoltre, essendo la sfera in movimento, non eravamo in grado di determinare con precisione la posizione in cui la pallina, precipitando, oscurava la fotocellula.

La serie di misure è stata ripetuta ottenendo risultati compatibili entro le incertezze perciò abbiamo riportato solo una delle serie effettuate.


a    Osservazione dei dati:

Abbiamo escluso a priori che si trattasse di una proporzionalità inversa, perché all'aumentare del tempo aumenta anche lo spazio percorso, ma non si tratta neppure di una proporzionalità diretta, perché al raddoppiare del tempo lo spazio non raddoppia. Ma poiché tra i dati raccolti è presente una correlazione positiva, rimaneva da tentare la strada di una proporzionalità diretta alla seconda potenza.

In questo caso cioè, al raddoppiare del tempo, sarebbe dovuto conseguire il quadruplicarsi dello spazio percorso dalla nostra sfera. Con una rapida verifica possiamo facilmente notare che questa legge non si adatta bene ai dati da noi raccolti: al quadruplicare dello spazio (9,0÷36,0 cm) il tempo è ancora lontano dal raddoppiare (0,145÷0,278 s).

Escludiamo pertanto questa ipotesi.

Cosa potrebbe essere accaduto? Possiamo giustificare questo fatto con un semplice ragionamento.

Il cronometro, mentre rileva i tempi, deve anche elaborare i dati, per cui le rilevazioni avvengono tutte in ritardo. Possiamo ritenere ciò un errore sistematico perché è sempre presente, ma non sappiamo se i tempi vengono variati di una quantità casuale. Se questo fosse vero, sarebbe più difficile eliminare l'inconveniente. Provando così con la memoria e senza, abbiamo notato che più la pallina è vicina all'elettrocalamita, maggiore è la discrepanza tra le due misure. La variazione non è quindi casuale, ma tende a diminuire. Così, supponendo che il moto sia sempre il medesimo sia tra la prima e l'ultima fotocellula sia riprovando l'esperimento, abbiamo ripetuto più volte le misure, lasciando attivata ogni volta una sola fotocellula più quella finale, ripetendo le misure per ogni fotocellula, in modo da riuscire a raccogliere tutti i dati.







Tabella 2: Rilevamento dei dati senza l'ausilio della memoria


N° fotocellula

Pos. Fotocellula sy (cm)

t ( 0.001s)























a    Osservazione dei dati:

In questo caso, invece, al raddoppiare del tempo (0,139÷0,276 s) notiamo finalmente che lo spazio è quadruplicato ( 9,0÷36,0 cm ) come avevamo ipotizzato precedentemente. Si tratta quindi di una proporzionalità diretta alla seconda potenza del tipo y=kt2.


a    Verifica analitica: rapporti posizione/tempo2


t ( 0.001s)

y (cm)

t² (s²)

y/t² (cm/s²)

































a    Osservazione dei dati:

Come possiamo vedere dalla tabella, i rapporti s/t² sono tra loro compatibili, pertanto l'ipotesi di legge è confermata: si tratta infatti di una proporzionalità diretta alla seconda potenza.


o      Calcolo della legge con la retta dei minimi quadrati



t² (s²)

y(cm)

x2 (s4)

x*y (cm2*s)

Y (cm)

y-Y (cm)

(y-Y)2 (cm2)

























































S









y= (479±2)                cm

Questa costante è compatibile con i rapporti calcolati in tabella. Se vogliamo calcolare anche la bontà dell'adattamento della retta dei minimi quadrati sui nostri dati, troviamo il coefficiente di correlazione


o      Calcolo del coefficiente di correlazione



(x- x ) (s2)

(y- y ) (cm)

(x- x )2(s4)

(y- y )2(cm2)

(x- x )* (y- y ) (s2*cm)






















2,35E-05





















S







x =0,08 s2      

y= 38,6 cm

r =0,999973


Come possiamo vedere dal coefficiente di correlazione e dal grafico, la retta si adatta bene ai nostri dati.


La legge trovata è quindi

y= (479±2)


Proviamo a questo punto a variare la massa della pallina lanciata, per capire se questo parametro influisce sulla caduta della pallina.

Effettuando l'esperimento nella stessa maniera abbiamo osservato che i dati raccolti dalla prima e dall'ultima fotocellula (0,140 e 0,412 s) erano compatibili con quelli ottenuti nell'esperimento precedente (0,139 e 0411 s) entro le incertezze di misura.

Pertanto nei due casi le sferette subivano la stessa accelerazione in condizioni iniziali di moto uguali. La legge rimarrà quindi la stessa.

Abbiamo quindi provato lanciando una pallina di polistirolo con infissa una vite, (in  modo che subisse l'attrazione dell'elettrocalamita), ma la pallina, o perché sbilanciata dalla vite o perché troppo leggera, non passava entro gli spazi di oscuramente delle fotocellule, impedendoci così di rilevare questa serie di dati.


a    Conclusioni:

Da questo esperimento abbiamo imparato innanzitutto a non fidarci mai ciecamente degli apparecchi elettronici che utilizziamo, perché come abbiamo visto tenendo attiva la memoria del cronometro i dati erano affetti da un'incertezza sistematica tendente a diminuire. Se non ci fossimo posti dei problemi non saremmo riusciti a trovare la legge che correla la posizione con il tempo.

Riflettiamo ora sull'ipotesi fatta prima del secondo esperimento (supponiamo che la pallina, essendo più pesante, impieghi meno tempo a cadere). Le nostre esperienze quotidiane ci hanno abituato a pensare che un corpo con massa maggiore cada più velocemente. essendo abituati a vivere in un mondo dove l'attrito è presente, non riusciamo nemmeno a concepire come un corpo si potrebbe muovere in assenza di esso. Ne è un classico esempio il foglio di carta. Se prendiamo due fogli identici di carta e ne appallottoliamo uno, lasciando l'altro steso, e li facciamo cadere contemporaneamente e dalla stessa altezza, noteremo che quello appallottolato raggiungerà il terreno prima di quello disteso.

Ma sperimentalmente ciò non è accaduto: le due biglie, se le avessimo fatte cadere contemporaneamente, avrebbero raggiunto il suolo allo stesso istante.

Se la seconda biglia avesse percorso lo stesso spazio in un tempo minore, l'accelerazione dovrebbe essere maggiore; poiché però entrambe sono soggette alla sola forza di gravità, questo non sarebbe stato possibile. Se fosse accaduto, era perché era entrata in gioco un'altra forza che concorreva a modificarne il moto. Pertanto in condizioni di attrito trascurabile la massa del grave non influisce sul suo moto.

Studiamo ora la legge ricavata mediante la retta dei minimi quadrati: la posizione è legata al tempo mediante una proporzionalità diretta alla seconda potenza con coefficiente (479±2) cm/s2. Trattandosi di un moto uniformemente accelerato, l'equazione oraria sarà

abbiamo però premesso nell'introduzione che il corpo è soggetto unicamente alla forza di gravità, mente le altre forze sono trascurabili. Se confrontiamo il valore dell'accelerazione di gravità ( 980 cm/s2) con la costante della legge,ci aspettavamo che esso fosse compatibile con il doppio della costante. Questo però non è avvenuto, e  per questo ci poniamo alcuni interrogativi. Se abbiamo detto che l'unica forza in gioco doveva essere la gravità, perché in realtà l'accelerazione non è questa? A questo punto possiamo ipotizzare due casi: o il valore fornito dell'accelerazione di gravità è piuttosto approssimato, oppure era presente nel corso dell'esperimento dell'attrito, che ha modificato il corso degli eventi.




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