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Effetti sociali e culturali del nucleare




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EFFETTI SOCIALI E CULTURALI DEL NUCLEARE       



RUSSELL E "HAS MAN A FUTURE"



Bertrand Russell (Ravenscroft - Galles, 1872 - 1970) oltre ad essere stato un grandissimo filosofo e matematico (ne ricordiamo soprattutto la sua interpretazione della Matematica come logica delle relazioni e le sue famose antinomìe, fra le quali spicca quella degli insiemi normali) è stato, anche, un attivo pacifista continuamente in lotta per la difesa dei diritti umani. In uno dei suoi libri, "Has Man a Future?" (Ha un futuro l'uomo?), egli riflette sull'era atomica e sulle sue origini ma propone anche un ritratto sintetico e fedele della situazione storico-politica che fece da sfondo alla nascita delle prime bombe atomiche:







". L'era nucleare, nella quale la razza umana sta vivendo e nella quale, a breve, potrebbe morire, è iniziata per l'opinione pubblica con il lancio di una bomba atomica su Hiroshima il 6 agosto del 1945. Ma per gli scienziati nucleari e per qualche autorità Americana, essa è iniziata nel momento in cui la costruzione di un'arma nucleare è stata possibile. Il lavoro per la sua costruzione è stato iniziato dagli Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna molto tempo prima l'inizio della seconda guerra mondiale.

L'esistenza di possibili forze esplosive nei nuclei degli atomi è stata ipotizzata sin da quando la struttura di quest'ultimi fu scoperta da Rutherford. Un atomo consiste in una minuscola parte centrale chiamata "nucleo" e da elettroni che circolano attorno ad esso. L'atomo di idrogeno, che è il più semplice ed il più leggero, ha solo un elettrone. Gli atomi più pesanti ne hanno sempre di più all'aumentare del peso. La prima scoperta fatta su ciò che succede nei nuclei è stata la radioattività la quale è causata da particelle che vengono sparate fuori dal nucleo. E' stato scoperto che una grossa quantità dell'energia è rinchiusa nel nucleo ma, fino a poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, non erano stati trovati dei metodi per poterla utilizzare interamente. Una scoperta rivoluzionaria fu quella che, in certe circostanze, la massa può essere trasformata in energia, in accordo con la formula di Einstein che asseriva che l'energia formata è pari alla massa persa moltiplicata per il quadrato della velocità della luce. La più semplice illustrazione (di questo fenomeno, ndt) è osservabile nel processo che avviene tra l'idrogeno e l'elio. Una atomo di elio consiste in quattro atomi di idrogeno e, perciò, ci si potrebbe aspettare che esso abbia quattro volte la massa dell'idrogeno. Ma questo non avviene. Se fissiamo il numero 4 come valore della massa dell'elio, la massa dell'idrogeno non è 1 ma 1,0008. Quando quattro atomi di idrogeno si combinano per fare un atomo di elio, l'eccesso (di massa, ndt) viene rilasciato sotto forma di energia e cessa di esistere come massa. Questo è il motivo per il quale il sole è caldo, perché esso è una fabbrica di elio. La stessa cosa avviene ogniqualvolta gli elementi più leggeri si combinano per formare quelli più pesanti e questo è il processo, chiamato "fusione", che viene usato nella bomba H.

La bomba A, invece, si basava su un processo differente, dipendente dalla radioattività. In questo processo, chiamato "fissione", un atomo pesante si scompone in due atomi più leggeri. In generale, nelle sostanze radioattive, questa fissione avviene con una velocità costante che è lenta nelle sostanze che si trovano in natura. Ma c'è una forma di uranio, chiamato U235, che, quando è puro, causa una reazione a catena che si espande come il fuoco ma con una rapidità enormemente più grande. Questa è la sostanza utilizzata nella costruzione della bomba atomica. Ma ci furono una serie di difficoltà da essere superate. La prima di queste fu quella di separare l'U235 dall'uranio ordinario, nel quale esso è presente solo in una piccola porzione. Il traditore Fuchs (Klaus Fuchs, uno scienziato americano che vendette segreti nucleari all'USSR, ndt) fece un prezioso lavoro nell'agevolare questo processo ed è ironico il fatto che se la sua infedeltà fosse stata scoperta prima, la bomba A non sarebbe stata pronta in tempo per essere usata contro i giapponesi.

Il fatto che la costruzione di una bomba potesse essere possibile era noto ai fisici nucleari sin dalla scoperta della razione a catena, avvenuta poco prima dell'inizio della seconda guerra mondiale. Malgrado tutti gli sforzi per la segretezza, molta gente sapeva che il lavoro per la sua costruzione era in atto.

Lo sfondo politico del lavoro degli scienziati atomici fu la determinazione nello sconfiggere il nazismo. E' stato creduto - io penso giustamente - che una vittoria nazista sarebbe stata un terribile disastro. E' stato, inoltre, creduto, nelle nazioni occidentali, che gli scienziati tedeschi fossero molto avanti nella costruzione di una bomba A e che, se essi avessero preceduto l'occidente, avrebbero probabilmente vinto la guerra. Quando la guerra finì, si scoprì, con il completo stupore sia degli scienziati americani che di quelli inglesi, che i tedeschi erano lontani dal successo e, come tutti sanno, che i tedeschi furono sconfitti prima che qualsiasi arma nucleare fosse costruita. Ma io non penso che gli scienziati nucleari dell'occidente possano essere accusati per aver creduto il lavoro (della costruzione di una bomba atomica, ndt) urgente e necessario. Anche Einstein lo favorì. Quando, comunque, la guerra tedesca finì, la gran parte di questi scienziati che avevano collaborato nella costruzione della bomba A, considerarono opportuno che essa non venisse utilizzata contro i giapponesi, i quali erano già vicini alla sconfitta e, in ogni caso, essi non costituivano una minaccia per il mondo come Hitler. Molti di loro fecero pressanti proteste al governo americano suggerendo che, invece di utilizzare la bomba come un'arma di guerra, esso avrebbe dovuto, con un pubblico annuncio, farla esplodere in un deserto e che il controllo futuro dell'energia nucleare avrebbe dovuto esser posto nelle mani di un'autorità internazionale. Sette dei più eminenti tra gli scienziati nucleari prepararono e scrissero quello che è conosciuto come "The Frank Report" che essi presentarono al Segretario della Guerra nel giugno del 1945. Questo è un documento veramente ammirabile ed acuto e, se esso avesse ottenuto il consenso dei politici, nessuno dei conseguenti terrori sarebbero nati."


Riporto anche il testo originale dal quale è stata effettuata la traduzione:


The atom bomb

'The nuclear age in which the human race is living, and may soon be dying, began for the general public with the general public with the dropping of an atom bomb on Hiroshima on 6 August, 1954. But for nuclear scientists and for certain American authorities, it had been known for some time such a weapon was possible. Work towards making it had been begun by the United States, Canada and Britain very soon after the beginning of the Second World War. The existence of possibly explosive forces in the nucleus of atoms had been known ever since the structure of atoms was discovered by Rutherford. An atom consists of a tiny core called the 'nucleus' with attendant electrons circling round it. The first discovery that had to do with what goes on in nuclei was radio-activity, which is caused by particles being shout out of the nucleus. It was known that a great deal of energy is locked up in the nucleus, but, until just before the outbreak of the Second World War, there was no way of releasing this energy in any large quantity. A revolutionary discovery was that, in certain circumstances, mass can be transformed into energy in accordance with Einstein's formula which stated that the energy generated is equal to the mass lost multiplied by the square of the velocity of light. The simplest illustration is in the relation of hydrogen and helium. A helium atom consist of four hydrogen atoms, and one might, therefore, have expected that it would have four times the mass of an hydrogen atom. But this is not the case. Taking the mass of a helium atom as 4, the mass of the hydrogen atom is not 1, but 1,008. When four hydrogen atoms combine to make a helium atom, the excess is released as energy and ceases to exist as mass. That is why the sun is hot, because the sun is a helium factory. The same sort of thing happens whenever lighter elements combine to form heavier ones, and it is process, called 'fusion', which is used in the H-bomb.

The A-bomb, however, used a different process, depending upon radio-activity. In this process, called 'fission', a heavier atom splits into two lighter atoms. In general, in radio-active substances this fission proceeds at a constant rate which is slow where substances occurring in nature are concerned.

But there is one form of uranium called 'U235' which, when it is pure, sets up a chain reaction which spreads like fire, though with enormously greater rapidity. It is this substance which was used in making the atom bomb. There were a number of difficulties to be overcome. The first of these was to separate out U235 from ordinary uranium, of which it formed only a small portion. The traitor Fuchs did valuable work in furthering this process, and it is an ironic fact that if his treachery had been discovered sooner the A-bomb would not have been ready in time for use against the Japanese.

The fact that such a bomb should be possible had been evident to nuclear physicists since the chain reaction was discovered just before the beginning of the Second World War. In spite of all attempts at secrecy, many people knew that work towards its manufacture was in progress.

The political background of the atomic scientists' work was the determination to defeat the Nazis. It was held - I think rightly - that a Nazi victory would be an appalling disaster. It was also held, in Western countries, that German scientists must be well advanced towards making an A-bomb, and that if they succeeded before the West did they would probably win the war. When the war was over. It was discovered, to the complete astonishment of both American and British scientists, that the Germans were nowhere near success, and, as everybody knows, the Germans were defeated before any nuclear weapons had been made. But I do not think that nuclear scientists of the West can be blamed for thinking the work urgent and necessary. Even Einstein favoured it. When, however, the German war was finished, the great majority of those scientists who were already on the verge of defeat and, in any case, did not constitute such as menace to the World as Hitler. Many of them made urgent representations to the American Government advocating that, instead of using the bomb as a weapon of war, they should, after a public announcement, explode it in a desert, and that future control of nuclear energy should be placed in the hands of an international authority. Seven of the most eminent of nuclear scientists drew up what is known as 'The Frank Report' which they presented to the Secretary of War in June 1945. This is a very admirable and far-seeing document, and if it had won the assent of politicians none of our subsequent terrors would have arisen."




ITALO SVEVO E "LA COSCIENZA DI ZENO"


Italo Svevo (Trieste, 1861 - Treviso, 1928) non sentì mai parlare di bomba atomica. Ma la sua acuta sensibilità lo fece diventare inconsapevole profeta di quella che sarà la paura nei confronti del nucleare. Già ai suoi tempi l'uomo aveva perso la fiducia nella tecnologia e, in un certo senso, si aspettava che, prima o poi, proprio tramite essa, si sarebbe autodistrutto a compimento della decadenza ormai inoltrata, come acme della "malattia" diffusa che non risparmiava nessuno. Nelle ultime pagine de "La coscienza di Zeno", sotto riportate, Svevo annuncia l'apocalisse del mondo: un uomo ".un po' più ammalato." degli altri, pone il più forte esplosivo mai costruito, al centro della terra  ".ove il suo effetto potrà essere il massimo.": una ".forte esplosione." cancella in un batter d'occhio tutto il pianeta e, con esso, scompaiono tutte le sue ".malattie.":












".24 Marzo 1916


Dal Maggio dell'anno scorso non avevo più toccato questo libercolo. Ecco che dalla Svizzera il dr. S. mi scrive pregandomi di mandargli quanto avessi ancora annotato.

  È una domanda curiosa, ma non ho nulla in contrario di mandargli anche questo libercolo dal quale chiaramente vedrà come io la pensi di lui e della sua cura. Giacché possiede tutte le mie confessioni, si tenga anche queste poche pagine e ancora qualcuna che volentieri aggiungo a sua edificazione. Ma al signor dottor S. voglio pur dire il fatto suo. Ci pensai tanto che oramai ho le idee ben chiare.

Intanto egli crede di ricevere altre confessioni di malattia e debolezza e invece riceverà la descrizione di una salute solida, perfetta quanto la mia età abbastanza inoltrata può permettere. Io sono guarito! Non solo non voglio fare la psico-analisi, ma non ne ho neppur di bisogno. E la mia salute non proviene solo dal fatto che mi sento un privilegiato in mezzo a tanti martiri.

Non è per il confronto ch'io mi senta sano. Io sono sano, assolutamente. Da lungo tempo io sapevo che la mia salute non poteva essere altro che la mia convinzione e ch'era una sciocchezza degna di un sognatore ipnagogico di volerla curare anziché persuadere. Io soffro bensì di certi dolori, ma mancano d'importanza nella mia grande salute. Posso mettere un impiastro qui o là, ma il resto ha da moversi e battersi e mai indugiarsi nell'immobilità come gl'incancreniti. Dolore e amore, poi, la vita insomma, non può essere considerata quale una malattia perché duole.

Ammetto che per avere la persuasione della salute il mio destino dovette mutare e scaldare il mio organismo con la lotta e sopratutto col trionfo. Fu il mio commercio che mi guarì e voglio che il dottor S. lo sappia.

Attonito e inerte, stetti a guardare il mondo sconvolto, fino al principio dell'Agosto dell'anno scorso. Allora io cominciai a comperare. Sottolineo questo verbo perché ha un significato più alto di prima della guerra. In bocca di un commerciante, allora, significava ch'egli era disposto a comperare un dato articolo. Ma quando io lo dissi, volli significare ch'io ero compratore di qualunque merce che mi sarebbe stata offerta. Come tutte le persone forti, io ebbi nella mia testa una sola idea e di quella vissi e fu la mia fortuna. L'Olivi non era a Trieste, ma è certo ch'egli non avrebbe permesso un rischio simile e lo avrebbe riservato agli altri. Invece per me non era un rischio. Io ne sapevo il risultato felice con piena certezza. Dapprima m'ero messo, secondo l'antico costume in epoca di guerra, a convertire tutto il patrimonio in oro, ma v'era una certa difficoltà di comperare e vendere dell'oro. L'oro per così dire liquido, perché più mobile, era la merce e ne feci incetta. Io effettuo di tempo in tempo anche delle vendite ma sempre in misura inferiore agli acquisti. Perché cominciai nel giusto momento i miei acquisti e le mie vendite furono tanto felici che queste mi davano i grandi mezzi di cui abbisognavo per quelli.

Con grande orgoglio ricordo che il mio primo acquisto fu addirittura apparentemente una sciocchezza e inteso unicamente a realizzare subito la mia nuova idea: una partita non grande d'incenso. Il venditore mi vantava la possibilità d'impiegare l'incenso quale un surrogato della resina che già cominciava a mancare, ma io quale chimico sapevo con piena certezza che l'incenso mai più avrebbe potuto sostituire la resina di cui era differente toto genere. Secondo la mia idea il mondo sarebbe arrivato ad una miseria tale da dover accettare l'incenso quale un surrogato della resina. E comperai! Pochi giorni or sono ne vendetti una piccola parte e ne ricavai l'importo che m'era occorso per appropriarmi della partita intera. Nel momento in cui incassai quei denari mi si allargò il petto al sentimento della mia forza e della mia salute.

Il dottore, quando avrà ricevuta quest'ultima parte del mio manoscritto, dovrebbe restituirmelo tutto. Lo rifarei con chiarezza vera perché come potevo intendere la mia vita quando non ne conoscevo quest'ultimo periodo? Forse io vissi tanti anni solo per prepararmi ad esso!

Naturalmente io non sono un ingenuo e scuso il dottore di vedere nella vita stessa una manifestazione di malattia. La vita somiglia un poco alla malattia come procede per crisi e lisi ed ha i giornalieri miglioramenti e peggioramenti. A differenza delle altre malattie la vita è sempre mortale. Non sopporta cure. Sarebbe come voler turare i buchi che abbiamo nel corpo credendoli delle ferite. Morremmo strangolati non appena curati.

La vita attuale è inquinata alle radici. L'uomo s'è messo al posto degli alberi e delle bestie ed ha inquinata l'aria, ha impedito il libero spazio. Può avvenire di peggio. Il triste e attivo animale potrebbe scoprire e mettere al proprio servizio delle altre forze. V'è una minaccia di questo genere in aria. Ne seguirà una grande ricchezza nel numero degli uomini. Ogni metro quadrato sarà occupato da un uomo. Chi ci guarirà dalla mancanza di aria e di spazio? Solamente al pensarci soffoco!

Ma non è questo, non è questo soltanto.

Qualunque sforzo di darci la salute è vano. Questa non può appartenere che alla bestia che conosce un solo progresso, quello del proprio organismo. Allorché la rondinella comprese che per essa non c'era altra possibile vita fuori dell'emigrazione, essa ingrossò il muscolo che muove le sue ali e che divenne la parte più considerevole del suo organismo. La talpa s'interrò e tutto il suo corpo si conformò al suo bisogno. Il cavallo s'ingrandì e trasformò il suo piede. Di alcuni animali non sappiamo il progresso, ma ci sarà stato e non avrà mai leso la loro salute.

Ma l'occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c'è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa. Gli ordigni si comperano, si vendono e si rubano e l'uomo diventa sempre più furbo e più debole. Anzi si capisce che la sua furbizia cresce in proporzione della sua debolezza. I primi suoi ordigni parevano prolungazioni del suo braccio e non potevano essere efficaci che per la forza dello stesso, ma, oramai, l'ordigno non ha più alcuna relazione con l'arto. Ed è l'ordigno che crea la malattia con l'abbandono della legge che fu su tutta la terra la creatrice. La legge del più forte sparì e perdemmo la selezione salutare. Altro che psico-analisi ci vorrebbe: sotto la legge del possessore del maggior numero di ordigni prospereranno malattie e ammalati.

Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' più ammalato, ruberà tale esplosivo e s'arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie."

Nelle pagine riportate il protagonista della "Coscienza", Zeno Cosini, dimostra di aver imboccato una nuova strada: egli ha superato la torpida inettitudine che sinora ha contrassegnato la sua vita, ha scoperto l'azione. Si è cioè immerso nel commercio e, favorito dalla situazione creata dalla I guerra mondiale, realizza lucrosi affari. L'accettazione dell'azione, l'inserimento nella vita significa superamento della malattia, cioè della consapevolezza paralizzante di quanto di precario, di storto e di alienante ci sia nella vita, negli atteggiamenti dei "sani", di coloro che non sentono questa frattura, questa dimensione esistenziale. Ma l'illusione di essere guarito, in un certo qual modo, amplia la consapevolezza di Zeno: accettare le regole del giuoco della vita non significa non riconoscerne la disumanità. E Zeno, che pur è ora immerso nell'azione della vita, proclama che la vita attuale è inquinata alle radici e che essa ha già messo in moto una spirale - l'agonismo produttivistico senza esclusione di colpi - che ladistruggerà: l'uomo, che si è messo al posto degli alberi e delle bestie, ora produce ordigni: gli ordigni si comprano e si vendono: da qui all'esplosione enorme, alla catastrofe inaudita che distrugge il pianeta il passo è breve. Il brano è da vedere, anzitutto, come approdo alla vocazione critica di Svevo nei confronti della società borghese. Molti critici insistono sul pessimismo profetico e anticipatore di queste pagine (e alla luce di quello che successe 22 anni dopo la pubblicazione del romanzo, ovvero l'esplosione della prima bomba atomica su Hiroshima, non ne hanno, certo, tutti i torti) e ne prospettano una lettura in senso modernamente impegnato. Il critico Salvatore Guglielmino ci propone, invece, di leggere il brano ".alla luce di tutto il romanzo, in cui consapevolezza e ironia si fondono" e ci rimanda alle parole del Pampaloni secondo il quale: ".La lettura di questa pagina, per mantenersi coerente col mondo poetico dello scrittore, mi sembra essere un'altra. Soltanto la fine del mondo potrebbe liberarci dalla malattia. L'uomo moderno, represso dalla inconsapevolezza del proprio stato, incapace d'ironia, non può produrre che catastrofi. Artifici, menzogne ed impotenza vanno di pari passo. L'unica età dell'oro possibile sulla terra è quella dell'uomo che accetta la precarietà ed il condizionamento prepotente della vita. Tolleranza, autocoscienza e ironia sono le vie possibili, a portata di mano, della salvezza."

Personalmente, considero queste ultime riflessioni come la chiave di lettura più profonda ed acuta della moderna diffidenza generalizzata nei confronti dell'energia nucleare. Il sospetto verso questa innovativa e, non mi stancherò mai di dirlo, pulita fonte di energia rinnovabile ha radici assestate quanto antiche che possono risalire, a mio parere, anche alla seconda rivoluzione industriale. L'uomo, in quel periodo, ha iniziato ad associare la tecnologia alla disumanizzazione delle fasi produttive prima e di gran parte dei rapporti sociali poi. La "fredda" tecnologia è stata presente nella guerra sempre in maniera più evidente ed il senso di sfiducia in essa è aumentato senza soste. Nel corso del XX secolo, l'energia nucleare è stata associata (non certo dai fisici nucleari ma dall'opinione pubblica non ben informata) quasi esclusivamente ai fatti di Hiroshima e di Chernobyl. "L'uomo scienziato, che vuole sfidare la natura stessa agendo sulle caratteristiche più intrinseche della materia, non può produrre che catastrofi, distruzione e morte": questa penso che sia l'inconscia e superficiale analisi dell'opinione pubblica riguardo l'energia nucleare.

Spero che l'informazione come quella che mi sono ritrovata a fare con questo lavoro riesca a "convincere" la maggior parte delle persone (soprattutto quelle che qualche decina di anni fa votarono il referendum contro l'uso pacifico dell'energia nucleare in Italia) ad avere più fiducia nell'uomo e nella tecnologia, abbandonando posizioni di rigido distacco nei confronti di quella che, prima o poi, a mio parere, diventerà l'unica fonte di energia dell'umanità.


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