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La new economy




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La new economy



La Nuova Economia vive e si espande non nel nostro mondo reale, ma in quello virtuale della Rete, nel quale la tecnologia dell’informazione e comunicazione creano competizione globale. Nel commercio su Internet l'innovazione, le idee e la velocità sono molto più importanti della produzione di massa. L’innovazione della Nuova Economia si è fatta sentire anche nelle società che basano il loro business sulla New Economy hanno, infatti completamente stravolto i criteri di valutazione finanziaria che si applicano alle società.

La New Economy si può definire come l’insieme dei molteplici cambiamenti qualitativi e quantitativi che, durante gli ultimi 15 anni, hanno trasformato la struttura, le funzioni e le regole dell’economia. La New Economy, quindi, può essere semplicemente ma efficacemente intesa come una nuova tecnica commerciale alla cui base vengono interposte le tecnologie informatiche e più in particolare Internet, la rete informatica internazionale per eccellenza, che appunto rappresentano esplicitamente gli strumenti essenziali per svilupparla.




Le origini della rete.


Negli anni Sessanta, i ricercatori cominciarono a fare esperimenti collegando alcuni computer fra loro attraverso le linee telefoniche, usando i fondi dell'ARPA del dipartimento della difesa degli Stati Uniti.

L'ARPA voleva vedere se computer che si trovavano in luoghi diversi potevano essere collegati usando una nuova tecnologia conosciuta come commutazione di pacchetto. Questa tecnologia, mediante la quale i dati diretti verso una certa destinazione sono spezzati in piccole parti, ognuna con il proprio 'indirizzo di destinazione', portava con sé la speranza di poter permettere a diversi utenti di usare e condividere la stessa linea di comunicazione. L'intenzione di ARPA non era quella di creare l'odierna comunità internazionale di utilizzatori della Rete ma di sviluppare una rete che potesse continuare a funzionare anche in caso di attacco nucleare.

I precedenti tentativi per mettere in rete i computer richiedevano una linea per ogni computer sulla Rete, una sorta di ferrovia mono-binario.

Questo sistema permette ai computer di condividere i dati e ai ricercatori di scambiare posta elettronica, o e-mail. In se stessa, l'e-mail è una specie di rivoluzione: offre la possibilità di spedire lettere dettagliate alla velocità di una telefonata.

Quando questo sistema, conosciuto come ARPANet, crebbe, alcuni intraprendenti studenti di college (ed uno delle scuole superiori) svilupparono un modo di usarla per tenere delle conferenze online. Queste iniziarono come discussioni orientate al mondo scientifico, ma presto si sono ramificate fino a coprire praticamente ogni argomento, man mano che la gente ha compreso le potenzialità di poter 'parlare' a centinaia, o addirittura migliaia di persone attraverso il Paese.

Negli anni Settanta, ARPA ha aiutato lo sviluppo di regole, o protocolli, per trasferire i dati tra differenti tipi di reti di computer. Questo protocollo 'internet' (da 'internetworking', interconnessione) ha reso possibile lo sviluppo della rete internazionale che abbiamo oggi e che collega ogni tipo di computer attraverso i confini nazionali. Prima della fine degli anni Settanta, si sono sviluppati i collegamenti fra ARPANet e i servizi corrispondenti negli altri paesi. Il mondo è ora unito in una ragnatela di computer.

Negli anni Ottanta questa rete di reti, che diventa comunemente nota come Internet, si espande con velocità fenomenale. Centinaia, poi migliaia, di università, enti di ricerca e agenzie governative iniziano a connettere i loro computer a questa rete mondiale. Alcuni hobbysti intraprendenti e alcune aziende, che non pagavano volentieri gli alti costi di accesso a lnternet (oppure impossibilitati a soddisfare le restrittive regole governative per l'accesso) impararono come fare a collegare i propri sistemi a lnternet, anche se 'solamente' per la posta elettronica e le conferenze. Alcuni di questi sistemi cominciarono ad offrire l'accesso al pubblico. Ora chiunque abbia un computer ed un modem può girare per il mondo.

Negli anni Novanta, la Rete continua a crescere in modo esponenziale.

Man mano che il sistema diventerà facile da usare, sempre più gente si unirà a questa comunità mondiale che noi chiamiamo la Rete (the Net).

Essere collegato alla Rete significa molto di più che leggere semplicemente le conferenze e salvare messaggi sul tuo computer; significa fare delle domande e rispondere, scambiare opinioni - essere partecipi.




























Benefici della rete.

Benefici

Esigenze

Risparmio tempo

Informazioni

Interazione

Compravendita

Servizi

Lettura news in tempo reale.

Comunicazione sincronica (risposta immediata).

Possibilità di effettuare acquisti da casa.

Possibilità di effettuare pagamenti da casa.

Accesso rapido ad articoli di approfondimento.


Strumenti per velocizzare la ricerca.


Ricerca rapida.




Risparmio costi

Letture news gratis.

Comunicazione gratis attraverso chat, forum, ecc.

Possibilità di confrontare i prezzi dei prodotti.

Possibilità di accedere a informazioni relative al proprio conto ed effettuare pagamenti da casa.

Accesso a banche dati gratis.

Possibilità di comunicare senza spostarsi.

Possibilità di effettuare acquisti da casa.

Possibilità di ridurre i costi di comunicazioni su formato cartaceo inviate dalla banca.

Accesso ad artico gratis.


Possibilità di partecipare a gruppi di acquisto.


Aumento efficacia

Accesso 24/24 ore 7/7 giorni.

Possibilità di comunicare 24/24 ore 7/7 giorni.

Possibilità di acquistare prodotti personalizzati.

Possibilità di personalizzare il servizio.

Possibilità di attendere notizie personalizzate.

Possibilità di interagire con più persone contemporaneamente.

Accesso a informazioni approfondite sui prodotti.

Possibilità di utilizzare strumenti di gestione della propria situazione finanziaria.

Possibilità di confrontare diverse fonti informative.


Utilizzo di strumenti di pre e post vendita (assistenza on-line).









Il mercato dell’informatica


Il software.


E’ alla fine degli anni Sessanta che iniziano a utilizzare nelle aziende alcuni pacchetti applicativi ad hoc, cioè programmi esclusivi creati appositamente per soddisfare le esigenze dell’azienda. Questi programmi, inizialmente, venivano realizzati internamente all’azienda stessa o da particolari società specializzate nella produzione di software (software house). La funzione principale di queste società era quella di fornire, come consulenti, personale specializzato che spesso partecipava alla realizzazione del software direttamente all’interno dell’azienda, utilizzando gli elaboratori del cliente e lavorando insieme al personale dell’azienda. La fase di generalizzazione permetteva quindi di trasformare un’applicazione in modo che potesse essere utilizzata non solo da una società, ma da tutte quelli operanti nello stesso settore, aventi analoghi problemi. All’inizio degli anni Ottanta le software house iniziarono a produrre veri e propri pacchetti applicativi, utilizzabili da una grande varietà di aziende: si passa quindi dalla figura di società di consulenza informatica a quella di vera e propria azienda produttrice di software.

Nella standardizzazione si provvede alla realizzazione di un programma secondo un modello uniforme, utilizzabile e adattabile a varie situazioni. Il software standard sembra essere simile a quello realizzato ad hoc, ma le differenze esistono soprattutto a livello di progetto. Non basta tenere conto delle esigenze di una o di poche aziende, ma bisogna riuscire ad individuare le necessità globali di tutte le aziende di un determinato settore. I costi di studio e di produzione risultano quindi maggiori. I pacchetti standard attualmente prodotti hanno comunque una filosofia modulare, per cui il cliente può acquistare solo le parti di sistema di cui ha necessità.

Un problema da considerare è considerare è che la presenza di errori in un pacchetto ad hoc viene facilmente gestito data la “vicinanza” del produttore, che può seguire direttamente il cliente. Gli errori dei pacchetti standard, così come le migliorie e le modifiche, vengono invece corretti solo con l’immissione sul mercato della versione successiva.

Spesso le aziende hanno esigenze leggermente diverse da quelle globali previste dai produttori. Vi è quindi la necessità di far apportare alcune modifiche al software standard, e questo può essere fatto direttamente dalla casa produttrice, oppure dal distributore, o da una qualche software house in grado di integrare il pacchetto standard con piccoli applicativi ad hoc.

I sistemi turn key sono sistemi completi allestiti dalle software house, capaci di rispondere a specifiche richieste relative sia all’hardware sia al software.



Le professioni.


Il settore informatico, essendo ormai diffusissimo nella società attuale, presenta molte prospettive professionali.

EDP manager

Opera nelle grandi e medie aziende ed è responsabile di tutte le funzioni di elaborazione dati all’interno dell’azienda e del collegamento tra il settore informatico e le altre funzioni aziendali.

Capocentro

È la persona che si occupa della gestione operativa del centro di elaborazioni dati (CED). Coordina le attività degli operatori e soddisfa le esigenze dei clienti.

Operatore

Lavora nelle aziende che utilizzano strumenti informatici e si occupa ad esempio del caricamento di dischi e nastri, le attività di salvataggio e di ripristino dei dati, l’aggiunta di carta per la stampante. In un caso di malfunzionamento adotta le prime soluzioni e, se non è stato in grado segnala i guasti all’ente preposto all’assistenza.

Sistemista

Si occupa di tutti gli aspetti sistemistici che riguardano l’hardware e il software. In particolare gestisce la configurazione delle componenti hardware e le installazioni dei software di base.

Office manager

Con l’avvento dell’informatica di ufficio, dove ogni impiegato è dotato di un personal computer, e questi sono collegati tra di loro attraverso la rete, è importante avere una figura che si occupi degli aspetti operativi del lavoro d’ufficio.

Capo progetto

Opera sia nelle grosse sia nelle case produttrici di software. Coordina e gestisce un progetto in tutti i suoi aspetti e la realizzazione dei programmi.

Analista programmatore

È l’esperto che, partendo dalle sue conosce di base può essere in grado di risolvere determinati problemi informatici. Egli definisce più nel dettaglio le procedure di elaborazione dati, realizzando a volte anche programmi in un determinato linguaggio.


Le aziende.


Le software house sono delle società specializzate nella produzione di programmi. Si dividono essenzialmente in società che realizzano programmi ad hoc per le aziende, e società che realizzano programmi standard. Le prime vengono viste in realtà come società di consulenza, che in genere si specializzano in alcuni settori fornendo alle aziende tutta la loro esperienza. Le altre producono invece pacchetti standard che vendono direttamente, o tramite distributori sul mercato. Negli Stati Uniti esistono aziende in grado di produrre rispetto all’Italia pacchetti di tipo più generale a costi più ridotti ad esempio Microsoft, Lotus, ecc.

Mentre le hardware house sono le società che producono le componenti hardware. Le prime società di hardware si occupavano di produrre tutte le componenti necessarie, ora con la necessità di essere sempre all’avanguardia ha portato la maggior parte di queste aziende a specializzarsi in alcune aree. In particolare esistono i produttori di memorie di masse e di periferiche. Poiché il costo di ogni singolo pezzo è molto basso, è necessario che vengano realizzati in un numero di pezzi molti alti. Rimangono infine gli assemblatori che acquistano le componenti di vari produttori e forniscono al cliente un prodotto completo come ad esempio i personal computers.


Informazione elettronica.


L’uso di informazioni di tipo elettronico è ormai diffuso non solo a livello aziendale o industriale, ma anche in molteplici settori della vita di tutti i giorni. La diffusione di tutto ciò è dovuto all’avvento di Internet.


Punti di informazione.


In determinati punti “strategici” vengono posti alcuni terminali, che consentono all’utente di ottenere informazioni di vario genere.

Le informazioni vengono presentate attraverso immagini fisse o animate e grafici. La modalità di consultazione, trattandosi di utenti occasionali, è particolarmente semplice e amichevole. Questi sistemi, chiamati chioschi o semplicemente sportelli elettronici, vengono posti in luoghi ad alto afflusso di persone.

Banche dati di immagini.

Simile agli sportelli elettronici, ma di taglio più specialistico, sono le banche dati di immagini, esse nascono dal tentativo di unire il mezzo televisivo con il calcolatore, e hanno avuto un grosso impulso con la nascita e la diffusione dei dischi ottici, digitali e dei dischi ottici riscrivibili. L’applicazione più diffusa è quella che vede la diffusione degli archi fotografici, in cui vengono memorizzate fotografie e immagini secondo una particolare catalogazione. A richiesta è possibile reperire e vedere le foto interessate.


Commercio elettronico.


Caso particolare di catalogo è quello commerciale, che permette di fornire informazioni sia testuali sia visive dei prodotti posti in vendita tramite i chioschi. Anche qui le informazioni possono essere viste tramite differenti media, ad esempio immagini fotografici associati ad un commento audio.


Formazione e simulazione.


I sistemi CAI sono sistemi che permettono di effettuare attività di formazione e di simulazione. L’elaboratore guida l’allievo nella sua attività di apprendimento simulando possibili situazioni in cui lo studente potrebbe trovarsi. Si va dai semplici sistemi con domande e risposte, a veri e propri strumenti di simulazione, con sequenze di filmati e immagini. Questo risulta molto utile in caso di corsi di addestramento specifici o pericolosi, quali il volo, le sperimentazioni chimiche, i corsi di medicina, ecc.


Automazione industriale.


Negli anni Settanta e Ottanta si è avuto un grosso sviluppo dell’uso dell’informazione nelle fabbriche dove molti settori aziendali e a vari aspetti del processo produttivo sono stati automatizzati. I setti di una azienda ci produzione che sono stati automatizzati possono essere suddivisi in un’area gestionale, in un’area progettuale e nell’area produttiva. Queste aree si scambiano continuamente dati tra loro, anche se spesso la comunicazione avviene in via tradizionale (ad esempio tramite supporto cartaceo).


Area progettazione.


I sistemi CAD sono applicazioni in cui la realizzazione di progetti è aiutata dal calcolatore. Attualmente questi sistemi sono molto più sofisticati e aiutano il progettista nello svolgimento di tutte le fasi del progetto. Esistono oggi sistemi CAD specializzati nei più svariati settori: dall’architettura alla progettazione di componenti, dal disegno pubblicitario alle reti di trasmissione.

Ormai l’informazione trattata da questi sistemi non è più solo di tipo vettoriale (cioè come insiemi di punti, linee e figure geometriche), ma si ha a che fare anche con informazioni multimediali, quali immagini fotografiche o animazioni.

Inoltre durante il progetto può essere necessario scambiare varie informazioni ra persone differenti ad esempio tra committente e progettista, oppure tra progettisti che collaborano a diverse parti del progetto. Le stesse persone avranno anche la necessità di discutere a distanza, condividendo visivamente un progetto apportandone le modifiche.

Molti disegni usati nelle attività di produzione vengono fornite sotto forma di immagini, per la visualizzazione vengono usati semplice personal computer. Inoltre sono datati delle funzioni di rimpicciolimento e ingrandimento attraverso lo zoom, la rotazione dell’immagine, ecc. l’obiettivo che si pone è quello di verificare che cosa succederà al prodotto che si sta progettando durante il suo funzionamento, in condizioni normali ed estreme. L’analisi strutturale è una tecnica di simulazione in cui si prepara al computer un modello geometrico della componente da progettare, si applicano delle condizioni tra cui sforzi, colpi, ecc., e si ottengono i risultati, potendo così valutare il prodotto come avrebbe reagito all’esterno e provvedere a modificare il disegno prima della sua realizzazione. Ciò permette di ottenere una migliore qualità, riducendo i tempi di sperimentazione.


Gestione della produzione.


Viene fornito il supporto informatico per collegare le attività produttive con quelle gestionali. Due sono gli aspetti principali: la pianificazione della produzione e il controllo e la gestione della produzione.

La prima consiste nelle principali attività:

Pianificazione e determinazione dei programmi operativi. Bisogna determinare le attività da svolgere tenendo conto della capacità e dell’obiettivo di produzione determinato da piano generale di produzione;

Gestione del materiale per la produzione. Serve per garantire un costante rifornimento delle unità produttive e per tenere sotto controllo le scorte;

Pianificazione del fabbisogno di capacità produttiva. Assicura che il piano di esecuzione possa essere svolto con le capacità umane e di macchinario disponibili;

Schedulazione. Il piano di produzione viene spezzato in attività di dettaglio per cui vengono specificate le date di partenza e le date stabilite per la fabbricazione delle componenti.

Nel controllo e gestione della produzione le applicazioni si collegano da un lato ai sistemi di pianificazione, mentre dall’altro con le applicazioni di automazione ricevendo e inviando dati alle unità operative.


Area produttiva.


Per i sistemi CAM s’intende un sistema in grado di controllare una o più macchine a controllo numerico, cioè sistemi in grado di controllare un processo produttivo nella sua totalità. Queste macchine possono essere a controllo numerico, cioè macchine operatrici governate da un programma, robot, oppure sistemi di immagazzinamento o di movimentazione materiale.

Un robot è una macchina predisposta a sostituire l’uomo in alcune attività produttive. Si tratta di macchine programmabili o autoprogrammabili con un comportamento adattivo all’ambiente esterno e con l’operatore, in grado di autoistruirsi per l’esecuzione di un compito assegnato.

I sistemi di movimentazione sono delle macchine in grado di spostare materiale da una parte all’altra della fabbrica. Possono muoversi secondo un percorso (a terra, o aereo) fisso oppure seguire differenti traiettorie in base a vari fattori. Il movimento può essere continuo o discontinuo. Particolari sistemi, molto flessibili sono gli AGVSD, cioè carrelli in grado di muoversi su percorsi prestabiliti, anche se variabili a velocità diverse.

I sistemi di immagazzinamento sono dotati di appositi apparecchi in grado di prendere materiale in particolari locazioni del magazzino. Il sistema viene controllato da un elaboratore che conosce lo stato e la posizione di ogni locazione del magazzino. Le linee flessibili sono dei sistemi composti da un insieme di macchine a controllo numerico, che si possono l’un l’alta un pezzo o un prodotto sul quale devono essere effettuate serie di lavorazioni distinte. Il tutto controllato da un elaboratore centrale che permette di modificare il funzionamento della linea in base alle necessità produttive e al tipo di lavorazione da effettuare.


Sistemi medici.

Molti medici utilizzano i computer nei propri studi per tenere gli archivi dei propri assistiti, memorizzando gli esami fatti, i medicinali già somministrati per poter così effettuare diagnosi più accurate. Queste informazioni, permettono al medico di stampare immediatamente e in modo accurato ricette e prescrizioni.

Negli ambienti ospedalieri, lo stato di un paziente è rappresentato da una molteplicità di informazioni di differente natura e formato; vi sono dati in forma elettronica, messaggi vocali, rapporti, diagnosi comprendenti radiografie o elettrocardiogrammi. La cartella di un paziente è quindi un vero e proprio documento multimediale.

Il medico e lo specialista, o questi e il radiologo, che si trovano in due differenti ospedali, magari di diverse città, devono poter discutere i dati contenuti nella cartella clinica, incluse le radiografie contenute, attraverso i sistemi medici.


L’OCSE.

L’OCSE (Organizzazione Europea per lo sviluppo economico) è un organismo internazionale a cui partecipano 29 paesi membri, tra cui: Italia, Austria, Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Portogallo, Spagna, Stati Uniti, ecc., intenzionati a coordinare le proprie politiche economiche e sociali stringendo rapporti di cooperazione permanente, rendendo disponibili così, le informazioni indispensabili affinché ogni paese formuli le più efficaci direttive politiche nei vari settori economici.

Gli obiettivi dell’OCSE sono di promuovere l’occupazione, la crescita economica e il miglioramento della qualità della vita negli stati membri, di contribuire ad una solida e compatta espansione economica di tutti i paesi, infine, di stimolare l’entità del commercio mondiale in conformità con gli obblighi internazionali stabiliti.

Questo tipo di cooperazione, motivata anche dalla crescente interdipendenza delle economie nazionali, ha preso avvio nell’Aprile del 1948, quando 16 paesi europei costituirono l’organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE) per coordinare l’attuazione del paino Marshall.

Il piano Marshall consisteva in un piano di aiuti economici realizzato dagli Stati Uniti d’America a favore dei paesi europei, negli anni immediatamente successivi alla fine della II Guerra Mondiale.

L’ERP nasce, per rispondere all’esigenza di trovare uno sbocco all’enorme quantità di merci, capitali e mezzi di pagamento accumulati negli USA; a questo aspetto si aggiungeva anche l’esigenza di attrarre l’Europa nell’orbita dell’influenza statunitense negli anni della guerra fredda.

Con lo scopo di sostituire l’OCSE, che ormai risultava obsoleto, con una più nuova organizzazione che rispondesse all’ormai mutata situazione economica Europa ed internazionale, il 30 settembre del 1961 l’OCSE venne formalmente costituito, con l’intenzione primaria di ampliare la portata degli interventi cooperazione.

Gli organi che costituiscono l’organizzazione di cooperazione e di sviluppo economico sono:

Il Consiglio, organo supremo composto dai delegati di tutti i paesi membri, che si occupa di eleggere i 12 rappresentanti del Comitato Esecutivo, e costituisce commissioni di studio incaricate di elaborare proposte in materia di politica economica, scambi commerciali, e assistenze allo sviluppo, da sottoporre ai governi;

Il Comitato Esecutivo, che si riunisce settimanalmente per esaminare le questioni sottoposte al Consiglio;

Il Segretariato, con a capo un Capo Segretario Generale designato per cinque anni dal Consiglio;

Vari comitati tecnici ed organi speciali.


Le relazioni, che inequivocabilmente si istaurano fra i vari stati, li collocano in un particolare tipo di società che viene chiamata società internazionale o comunità internazionale.

I soggetti che attivamente vi partecipano non sono costituiti da persone fisiche, ma dagli stati in quanto tali, e poiché ogni stato è a se un’entità sovrana e indipendente, le relazioni che si stabiliscono fra gli stati, sono regolate da norme giuridiche basate su un comune piano di parità.

L’insieme di tutte queste norme costituisce il diritto internazionale, ovvero il sistema giuridico che ha come finalità prima, quella di contemperare gli interessi dei vari stati membri della comunità internazionale ogni qualvolta vengano ha contrasto, e nel contempo di regolare la cooperazione fra di essi in modo che soddisfi le comuni necessità.

Come possiamo benissimo notare a differenza dell’ordinamento nazionale nel quale esiste un’autorità superiore centralizzata (l’apparato Statale) che è in grado di imporre, anche con la forza, il rispetto delle norme e quindi di assicurare il mantenimento della pace e dell’ordine del paese, nella società internazionale non esiste nessuna autorità superiore agli stati, che abbia il potere di emanare leggi e di farle rispettare con la forza.

Le norme di diritto internazionale possono quindi derivare da due fonti diverse:


La Consuetudine


Si tratta di norme non scritte, ma nate spontaneamente per il condizionamento istintivo dei soggetti; esse sono generalmente riconosciute da tutti gli stati, in quanto nel compiere quel determinato comportamento ci si riscontra doverosità giuridica, ovvero lo si ritiene giuridicamente obbligatorio.

La norma consuetudinaria fondamentale, è quella che stabilisce l’obbligo di rispettare i patti. Negli ultimi 40 anni si è cercato di attuare la completa codificazione delle suddette norme, ma essendo necessario il consenso di un gran numero di stati, procede a rilento.


L’Accordo


L’accordo è una fonte di tipo contrattualistico, che si instaura tra due o più stati che regolano questioni di interesse comune. Si tratta perciò di accordi bilaterali o multilaterali. A differenza delle norme consuetudinarie che hanno una portata generale, le norme contenute nei trattati vincolano soltanto gli stati che li hanno sottoscritti. La sottoscrizione del trattato è preceduta dalle negoziazioni (trattative), dirette dai ministri degli esteri di ciascun stato e dall’accordo. Successivamente alla firma del trattato si procede alla sua ratifica (approvazione) che nei paesi democratici viene posta dal parlamento.


WTO.


Il WTO (World Trade Organization), è un organismo istituzionale del commercio internazionale. Al suo interno operano una Conferenza Ministeriale che si riunisce ogni due anni, un Consiglio Generale in carica permanente e un Segretariato con a capo un direttore generale.

Le finalità del WTO riguardano in particolare:

la gestione dei vari accordi del sistema commerciale multilaterale, così da favorirne l’attuazione;

l’organizzazione dei futuri negoziati in materia;

la risoluzione delle controversie e l’esame delle politiche commerciali nazionali.

Possono essere membri del WTO tutti gli stati purché ne accettino integralmente gli impegni.


Cos'è la 'firma digitale'?


FIRMA DIGITALE è un particolare tipo di firma elettronica, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici.

La firma digitale può essere distinta in “leggera” oppure “pesante”, a seconda del grado di sicurezza che garantisce.

Per firma PESANTE ci si riferisce ad una firma elettronica che soddisfi i seguenti requisiti:

a) essere connessa in maniera unica,al firmatario;

b) essere idonea ad identificare il firmatario;

c) essere creata con mezzi sui quali il firmatario può conservare il proprio controllo esecutivo;

d) essere collegata ai dati cui si riferisce in modo da consentire l'identifícazione di ogni successiva modifica di detti dati.

Affinché sussistano tali requisiti, la firma digitale 'forte' deve passare attraverso la validazione di un Ente certificatore esterno.

In base alla normativa italiana, solo se ricorrono tali ultimi requisiti, la firma digitale può esplicare la medesima efficacia di quella autografa e può rendere i documenti validi a tutti gli effetti di legge.

La firma leggera, a differenza di quella “pesante”, non può essere equiparata alla firma autografa e non è idonea a rendere i documenti validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge. Essa può essere usata in ambiti ristretti, in cui due o più soggetti si accordano sul valore da dare a tale firma al fine di accettare specifici documenti, verificando che provengano dall’intestatario (ad esempio all’interno di società, banche o assicurazioni).


Quali sono le informazioni tutelate dalla legislazione sulla Privacy?


Il D. lgs 30/6/2003, n. 196, definisce DATI PERSONALI qualsiasi informazione relativa a persona fisica, giuridica, ente o associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, è possibile un’elencazione esaustiva di ciò che può essere inteso come “dato personale”, formiamo di seguito alcuni esempi dei più comuni:

Nome, cognome, denominazione, ragione sociale

Indirizzo di residenza, domicilio, dimora, sede

Età

Stato civile

E-mail

Informazioni sull'istruzione

Informazioni sull’attività lavorativa

Informazioni sulla condizione economica

Suoni e immagini se da esse risultano informazioni su una determinata persona (tipo le riprese delle videocamere di sorveglianza)

Chi assume essere stato leso in ordine al trattamento dei dati personali può proporre reclamo, segnalazione o ricorso al Garante oppure adire l’Autorità Giudiziaria.

Oltre al risarcimento del danno sono previste particolari sanzioni amministrative. Per un illecito trattamento dati, per falsità nelle comunicazioni, sono previste sanzioni penali sino a 3 anni di reclusione e pene pecuniarie sino a 50.000 €.


Quali sono i reati informatici?


Su Impulso di una disposizione comunitaria (R[9]89), la legge 547/93 ha introdotto nel nostro ordinamento una serie di reati (cosiddetti informatici) caratterizzati dalla previsione-che l'attività illecita abbia come oggetto o mezzo dei reato un sistema informatica o telematico.

Tali nuove fattispecie di reato sono:

Falsità in documenti informatici (art. 491-bis c.p.)

Accesso abusivo ad un sistema informatico (art. 615-ter c.p.)

Diffusione di programmi diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico (art. 615quinquies c.p.)

Rivelazione del contenuto di documenti segreti (art. 621 c.p.)

Trasmissione a distanza dei dati (art.623-bis c.p.)

Danneggiamento di sistemi informatici o telematici (art. 635-bis c.p.)

Frode informatica (art. 640-ter c.p.).


Art. 491 bis Documenti informatici 

Se alcuna delle falsita' previste dal presente capo riguarda un documento informatico pubblico o privato, si applicano le disposizioni del capo stesso concernenti rispettivamente gli atti pubblici e le scritture private. A tal fine per documento informatico si intende qualunque supporto informatico contenente dati o informazioni aventi efficacia probatoria o programmi specificamente destinati ad elaborarli.


Art. 615 ter Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico.

Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, e' punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena e' della reclusione da uno a cinque anni:
1) se il fatto e' commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema;
2) se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero se e' palesemente armato;
3) se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l'interruzione totale o parziale del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti.
Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena e', rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni.
Nel caso previsto dal primo comma il delitto e' punibile a querela della persona offesa; negli altri casi si procede d'ufficio.


Art. 615 quinquies Diffusione di programmi diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico.
Chiunque diffonde, comunica o consegna un programma informatico da lui stesso o da altri redatto, avente per scopo o per effetto il danneggiamento di un sistema informatico o telematico, dei dati o dei programmi in esso contenuti o ad esso pertinenti, ovvero l'interruzione, totale o parziale, o l'alterazione del suo funzionamento, e' punito con la reclusione sino a due anni e con la multa sino a lire venti milioni.
Art. 621 Rivelazione del contenuto di documenti segreti.
Chiunque, essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto, che debba rimanere segreto, di altrui atti o documenti, pubblici o privati, non costituenti corrispondenza, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, e' punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Agli effetti della disposizione di cui al primo comma e' considerato documento anche qualunque supporto informatico contenente dati, informazioni o programmi.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa.

Art. 623 bis Altre comunicazioni e conversazioni.
Le disposizioni contenute nella presente sezione, relative alle comunicazioni e conversazioni telegrafiche, telefoniche, informatiche o telematiche, si applicano a qualunque altra trasmissione a distanza di suoni, immagini od altri dati.

Art. 635 bis Danneggiamento di sistemi informatici e telematici.
Chiunque distrugge, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili sistemi informatici o telematici altrui, ovvero programmi, informazioni o dati altrui, e' punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se ricorre una o più delle circostanze di cui al secondo comma dell'articolo 635, ovvero se il fatto e' commesso con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena e' della reclusione da uno a quattro anni.


Art. 640 ter Frode informatica.
Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire centomila a due milioni.
La pena e' della reclusione da uno a cinque anni e della multa da lire seicentomila a tre milioni se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell'articolo 640, ovvero se il fatto e' commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo comma o un'altra circostanza aggravante.

Quali sono i diritti di chi acquista beni o servizi via Internet?


Il D. lgs. 22.5.1999, n.185, relativo alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, stabilisce che il consumatore, in tempo utile, prima della conclusione di qualsiasi contratto a distanza, deve ricevere le seguenti informazioni (art.3):

a) identità del fornitore e, in caso di contratti che prevedono il pagamento anticipato, l'indirizzo del fornitore;

b) caratteristiche essenziali del bene o del servizio;

c) prezzo del bene o del servizio, comprese tutte le tasse o le imposte;

d) spese di consegna;

e) modalità del pagamento, della consegna del bene o della prestazione del servizio e di ogni altra forma del contratto;

f) esistenza del diritto di recesso o di esclusione dello stesso;

g) modalità e tempi di restituzione o di ritiro del bene in caso di esercizio del diritto di recesso;

h)costo dell’utilizzo della tecnica di comunicazione a distanza;

i) durata della validità dell’offerta e del prezzo;

l) durata minima dei contratti;

Con il decreto legislativo è slittato a 10 giorni il termine concesso al consumatore per ripensarci e dare disdetta dei contratti a distanza, ovvero per acquisti tramite corrispondenza o su catalogo, in risposta ad offerta e annunci pubblicitari, Internet, posta elettronica ecc.. Nessuna penale o spesa accessoria è dovuta dal consumatore per il recesso, tranne la restituzione della merce. L’inosservanza della norma comporta una sanzione amministrativa di 1032 €, su denuncia alla polizia amministrativa.


Come viene tutelato il diritto d’autore su internet?


Il diritto d’autore si acquista originariamente con la creazione dell’opera, quindi l’opera appartiene, come primo titolare, a chi ne è l’autore (art. 2575 c.c.).

Veniamo ad analizzare nel dettaglio la tutela delle opere a seconda della loro natura.


TESTI, SCRITTI, ARTICOLI, E-MAIL - Ogni forma di testo, anche breve, è tutelata dalla normativa sul diritto d'autore e non può essere copiata, riprodotta, né tanto meno è possibile appropriarsi della sua paternità. L'unica eccezione prevista dalla legge (art. 70 I. 633/41) è quella di consentire il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o parti di opere letterarie (ma non l'intera opera, o una parte compiuta di essi) a scopo di studio, discussione, documentazione o insegnamento, purché vengano citati l'autore e la fonte, e non si agisca a scopo di lucro, sempre che tali citazioni non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera stessa. Solo in questa particolare ipotesi si può agire senza il consenso dell'autore.

Pure gli scritti dal carattere non specificatamente creativo, che vengono trasmessi attraverso la rete, beneficiano di tutela giuridica. E’ il caso ad esempio delle E-MAIL, che, rappresentando una forma di corrispondenza sono sottoposte al divieto previsto dagli artt.616 e 618 del c.p.


MUSICA, MP3. MIDI FILES,TESTI-I DELLE CANZONI, OPERE CINEMATOGRAFICHE, FILMATI

Grande interesse hanno argomenti come la legittimità della distribuzione gratuita di musica via Internet. In realtà, la distribuzione e lo scambio di materiale musicale che avviene tra utenti della rete è da considerarsi chiaramente illegittima se non espressamente autorizzata dall'autore o da chi detiene i diritti economici dell’opera. E di recente sono stati assai numerosi gli interventi, anche a livello internazionale, volti ad arginare il fenomeno della cosiddetta pirateria musicale.

Un caso particolare è rappresentato dai files MIDI, spesso utilizzati come basi o sottofondi musicali di molti siti Web. Trattandosi di elaborazioni dell’opera originaria, esse devono comunque essere autorizzate dall’autore del brano stesso o da chi ne detiene i diritti di utilizzazione economica. Pertanto, a volere legittimamente utilizzare i midi-files, bisogna essere certi che colui che li ha realizzati sia stato a ciò espressamente autorizzato.

Relativamente ai TESTI DELLE CANZONI, vale quanto già riferito per le opere testuali in generale.

I limiti ora riferiti non sussistono per la riproduzione di musica di autori morti da oltre settant'anni, salvi comunque i diritti dovuti a chi ha eseguito e prodotto la registrazione, comunque da remunerare.

Le OPERE CINEMATOGRAFICHE e i FILAMTI godono pure di un'analoga tutela. E solo da precisare che, trattandosi assai spesso di opere collettive (realizzate cioè congiuntamente da più partecipanti: regista, sceneggiatore, compositore della colonna sonora, etc.), la loro tutela si estende sino al trascorrere dei settantesimo anno dalla morte dell'ultimo dei coautori.


PROGRAMMI INFORMATICI, SOFTWARE, CODICI - Come per le altre opere dell'ingegno anche la produzione di software e codici informatici è tutelata dal diritto d'autore. È da dire che spesso, in questi casi più che in altri, la titolarità dell'opera appartiene ad un soggetto diverso da chi ha materialmente steso i codici. Questo perché molti programmatori sono legati da un rapporto di lavoro con le società di software, alle quali spettano quindi tutti i diritti di distribuzione ed utilizzazione economica.

La recente I. 248/00 ha previsto particolari ipotesi di reato per i casi di contraffazione e pirateria informatica aventi ad oggetto anche i programmi per elaboratori.


La violazione delle norme sul diritto d'autore comporta sanzioni anche penali e di particolare gravità, soprattutto se chi utilizza illegittimamente l'opera altrui lo fa a scopo di lucro.

In conclusione, ogni opera dell'ingegno presente su Internet appartiene al proprio autore e non è possibile copiarla o beneficiarne in alcun modo senza il consenso esplicito dello stesso autore, che ne autorizzi - magari regolamentandolo - l'utilizzo. L'indicazione dei copyright che si trova in molti siti (completa di nome dell'autore o del titolare dei diritti economici, nonché della data) rafforza e rende esplicita la protezione dell'opera, ma anche in mancanza non ci si deve-sentire autorizzati a copiare o riprodurre parti delle opere che si trovano sulla rete, considerato pure che, per Individuare chi copia, basta un semplice motore di ricerca.































Le entrate pubbliche.


Nozione e classificazioni


Lo stato e gli altri enti pubblici provvedono alla copertura finanziaria delle spese mediante le entrate pubbliche, che si possono definire come l’insieme delle risorse che affluiscono agli enti pubblici per far fronte al fabbisogno finanziario delle loro gestione.

Le spese pubbliche possono essere finanziate ricorrendo a tre mezzi fondamentali: 1) il prelevamento di imposte; 2) il ricorso al prestito pubblico; 3) l’emissione di moneta.

Il prelevamento di imposte e lo strumento per il funzionamento della spesa pubblica e la ripartizione del suo costo fra i cittadini. Le entrate pubbliche si distinguono:

In base alla loro ripetibilità nel tempo, le entrate pubbliche sono definite ordinarie se si realizzano regolarmente in ogni esercizio finanziario; sono straordinarie, se invece ricorrono saltuariamente, in relazione a nuove e impreviste esigenze di spesa;

Con il riferimento alla fonte da cui provengono, le entrate si classificano in originarie e derivate. Le prime provengono dal patrimonio dello stato e degli altri enti pubblici. Le entrate derivate consistono nei prelevamenti coattivi di risorse dai privati.

Sotto profilo giuridico, si distinguono le entrate di diritto privato e le entrate di diritto pubblico. Le prime sono regolate dalle norme del diritto privato, e lo Stato per il loro conseguimento agisce come un soggetto privato, e quindi non si pone in un rapporto di supremazia nei confronti dei cittadini. Le seconde sono viceversa regolate dal diritto pubblico, e la Stato le preleva esercitando la sua podestà d’impero (entrate tributarie). Sono entrate di diritto privato le entrate originarie, mentre sono entrate di diritto pubblico le entrate derivate.


Il patrimonio degli enti pubblici


Le entrate pubbliche provengono, dal patrimonio che lo Stato e gli altri enti pubblici possiedono a titolo di proprietà.

I beni pubblici si classificano:

a)      beni demaniali;

b)      beni patrimoniali.

I beni demaniali sono inalienabili e imprescrittibili. Si distinguono a loro volta in demanio necessario, costituito da quei beni che possono appartenere solo allo Stato, e in demanio accidentale, formato da beni capaci di soddisfare interessi pubblici e interessi privati.

I beni patrimoniali sono invece posseduti dallo Stato e dagli enti pubblici a titolo di proprietà privata. Si distinguono in beni indisponibili e in beni disponibili. I beni indisponibili possono essere venduti o sottratti al loro impiego soltanto osservando le norme specifiche di legge. I beni disponibili possono essere liberamente venduti, qualora gli enti pubblici lo ritengono opportuno.


Prezzi privati e prezzi pubblici


Le entrate originarie, costituiscono il corrispettivo pagato dai cittadini per i beni e i servizi prodotti venduti dallo Stato, tale corrispettivo è costituito dal prezzo privato e dal prezzo pubblico.

Se l’ente pubblico opera sul mercato di concorrenza in condizioni di perfetta parità con i privati, il prezzo è determinato dalla legge della domanda e dell’offerta. Tale prezzo è quindi il risultato delle forze spontanee del mercato e prende il nome di prezzo privato.

Si ha invece prezzo pubblico tutte le volte in cui il corrispettivo è inferiore al prezzo di mercato.

Se il corrispettivo richiesto è inferiore al costo di produzione si ha il prezzo politico.

Lo Stato e gli altri enti pubblici praticano il prezzo politico nei casi cui ritengono utile favorire la produzione di determinati beni e servizi. Il campo tipico di applicazioni dei prezzi politici è quello relativo al trasporto ferroviario; infatti il prezzo dei biglietti ferroviari copre solo in parte il costo del servizio prestato.

La tariffa è il corrispettivo per l’uso o il godimento di un servizio o di un bene pubblico.

Trattandosi di prezzo politico lo Stato può graduare, con un sistema differenziato di tariffe, la prestazioni del servizio ferroviario alle varie categorie sociali.

Negli ultimi anni ha assunto rilevante importanza la manovra dei prezzi dei beni offerti dagli enti pubblici: i prezzi di tali vengono regolati allo scopo di frenare le spinte al rialzo dei prezzi. È avvenuto, in particolare, per i servizi forniti dalle aziende municipalizzate.

Il mantenimento dei prezzi inferiori al costo di produzione a lungo andare determina ingenti deficit di gestione e la necessità, di ricorrere a un sempre maggiore indebitamento.


Imposte, tasse e contributi.


Le entrate tributarie si distinguono a seconda dei loro caratteri, in:

imposte

tasse

contributi.

L’imposta consiste in un prelevamento coattivi di ricchezza, effettuato dallo Stato e degli altri enti pubblici allo scopo di ottenere i mezzi necessari alla produzione di servizi pubblici indivisibili, cioè servizi pubblici che avvantaggiano la collettività nel suo insieme.

L’imposta è un prelievo coattivo, cioè forzoso, in quanto l’ente pubblico fissa la ripartizione del costo dei servizi pubblici fra i cittadini in base a determinati criteri, e i cittadini sono obbligati a coprire tale costo mediante il pagamento delle imposte. Pene e sanzioni sono previste dalla legge a chi si sottrae a questo obbligo. Il prelievo è in denaro e serve alla copertura finanziaria dei servizi pubblici, il singolo paga non in relazione a ciò che riceve, ma in base al principio della sua capacità contributiva. I caratteri dell’imposta sono i seguenti:

la generalità del servizio indivisibile e non individualizzabile prestato alla collettività;

la coattività del pagamento;

la mancanza di rapporto tra l’imposta e i servizi goduto.

I fini dell’imposta possono essere fiscali o extrafiscali: i primi rispondono alla funzione fondamentale dell’imposta, che è quella di coprire il costo del servizio. I secondi si propongono invece anche scopi diversi, dalla tutela ambientale alla tutela sanitaria o scopi più generali della giustizia tributaria.

Nella tassa esiste un rapporto fra ciò che il contribuente riceve e ciò che paga.

La tassa si può quindi definire come una controprestazione in denaro di un servizio speciale prestato dallo Stato e dagli altri enti pubblici a un privato, generalmente dietro una richiesta.

I caratteri della tassa sono:

la specialità del servizio divisibile e individualizzabile;

spontaneità del pagamento;

l’affinità con il prezzo politico, che comporta un prezzo inferiore al costo di produzione. Di conseguenza una parte dell’onere del servizio è sopportata dal singolo, ed una parte dalla collettività, sotto forma di imposte.


L’imposta in generale.


Gli elementi dell’imposta.


L’imposta è un prelevamento coattivo di ricchezza i suoi elementi sono:

i soggetti, e in particolare il soggetto attivo che è lo Stato, che può imporre tributi agli enti locali, e il soggetto passivo che è il contribuente, sia egli persona fisica o giuridica tenuta al pagamento della imposta;

il presupposto dell’imposta, costituita dalla situazione di fatto cui la legge fa risalire l’obbligo di pagare l’imposta. L’entità monetaria che viene presa come base per il pagamento dell’imposta prende il nome di base imponibile o più semplicemente imponibile;

l’aliquota, che è la percentuale applicata all’imponibile per calcolare l’imposta: l’ammontare dell’imposta da pagare si ottiene moltiplicando la base imponibile per la corrispondente aliquota;

la fonte dell’imposta, che è la ricchezza utilizzata per pagare la stessa.

L’obbligo di pagare l’imposta nasce dalla presenza, nel soggetto passivo di una particolare situazione di fatto chiamata capacità contributiva: essa è la possibilità che il contribuente ha di pagare l’imposta, che può desumersi da particolari manifestazioni, che possono essere immediate (titolarità di un reddito o di un patrimonio) o mediate (atti di consumo, scambi di beni e servizi, trasferimenti).


Imposte dirette e imposte indirette.


Si hanno imposte dirette, quando le imposte colpiscono le manifestazioni immediate ella capacità della contributiva; e imposte indirette se colpiscono manifestazioni mediate della capacità contributiva.

Le imposte dirette vengono periodicamente riscosse, mentre le imposte indirette sono riscosse in occasione di atti saltuari.

Il sistema tributario italiano prevede la coesistenza di imposte dirette e indirette: sono esempi di imposte dirette l’IRPEF e l’IRPEG; la principale imposta indiretta è l’IVA, ma vi sono anche i dazi doganali.

Gli studiosi hanno lungamente dibattuto sui vantaggi e gli svantaggi dei due tipi d’imposte. Le imposte dirette:

consento di esentare dal pagamento dei tributi i soggetti titolari di redditi minimi;

permettono di aumentare l’aliquota con l’aumento del reddito (o del patrimonio);

possono essere utilizzate come strumento anti-inflazionistico, dato che le imposte indirette non si trasferiscono.

Le imposte indirette presentano i seguenti vantaggi:

assicurano un notevole gettito tributario e diminuiscono i periodi di evasione in quando il contribuente paga senza accorgersene, perché l’imposta è compresa nel prezzo del bene o del servizio acquistato;

possono essere variate con rapidità, a seconda delle esigenze della politica economica (presentano un elevato grado di flessibilità);

non scoraggiano gli investimenti produttivi.


Imposte reali e imposte personali.


minimo nella tassa, maggiore nel Si dicono reali le imposte che colpiscono il reddito o il patrimonio senza prendere in considerazione le condizioni personali, economiche e sociali del contribuente. Le imposte personali tengono invece conto delle condizioni economiche e sociali del soggetto.

Le imposte personali colpiscono il reddito complessivo del contribuente, tenendo conto della sua capacità contributiva. Dato che le imposte personali considerano la capacità contributiva dei soggetti, meglio rispondono alle esigenze di un sistema che voglia realizzare la giustizia tributaria.

Le imposte personali tendono a prevalere in società economicamente più avanzate, le imposte reali sono presenti nelle società più arretrate.


Imposte generali e imposte speciali.


L’imposta diretta si dice generale quando colpisce tutti i redditi del contribuente (come l’IRPEF); si dice invece speciale se colpisce solo alcuni redditi o alcuni settori produttivi.

L’imposta indiretta si dice generale quando colpisce tutti i settori produttivi nella stessa misura, si dice speciale quando colpisce solo alcuni settori.


Imposte proporzionali, progressive e regressive.


In base alla modalità di applicazione dell’aliquota sulla base imponibile, le imposte si classificano in proporzionali, progressive e regressive.

Si dice proporzionale l’imposta quando l’aliquota è costante, e cioè l’ammontare dell’imposta aumenta nella stessa proporzionale dell’imponibile.

Nell’imposta progressiva, l’aliquota è crescente, e cioè l’ammontare dell’imposta aumenta in misura più che proporzionale all’aumentare dell’imponibile.

Infine, nell’imposta regressiva, l’aliquota decresce, cioè l’ammontare dell’imposta aumenta in modo meno che proporzionale al crescere dell’imponibile.

In un sistema tributario che si basa sul criterio della capacità contributiva, l’imposta progressiva è quella che meglio garantisce il raggiungimento delle finalità di giustizia sociale.


Forme tecniche di progressività.


Le più importanti forme di progressività sono:

progressività per classi. Si ha quando i redditi sono divisi in diverse classi e per ogni classe si applica un’aliquota crescente. I contribuenti sono suddivisi per classi e a tutto il loro reddito è applicata l’aliquota corrispondente alla classe.

Classe fino a €

Aliquota

Imposta sul massimo della classe






























Il sistema presenta il grave inconveniente di colpire in misura molto elevata i redditi che superano di poco il limite superiore della classe, dato che l’imposta cresce in misura più che proporzionale all’aumentare dell’imponibile.

progressività per scaglioni. Il reddito imponibile è suddiviso in classi, e alle successive classi si applica un’aliquota crescente. Al reddito si applicano però aliquote previste per i diversi scaglioni nei quali il reddito si divide.

Scaglioni di reddito in €

Aliquota legale

Imposta sul massimo dello scaglione

Aliquota effettiva

Fino a 5000


































Nel sistema tributario italiano viene applicato per l’IPERF.

progressività per la detrazione. In questo caso l’aliquota è costante, ed è applicata all’imponibile, previa detrazione di una quota fissa.

Reddito lordo fino a €

Quota detraibile

Reddito imponibile

Imposta sul massimo dello scaglione

Aliquota effettiva






































progressività continua. L’aliquota cresce gradualmente ad ogni minimo incremento dell’imponibile, questa oggi è stata abbandonata per via della sua complessività ad essere calcolata.


Le imposte dirette sul reddito.


Le imposte dirette colpiscono il reddito o il patrimonio come indici diretti della capacità contributiva.

La prevalenza delle imposte sul reddito rispetto a quelle sul patrimonio deve ascriversi soprattutto a due ragioni:

        il reddito è l’indice più efficace per la determinazione della capacità contributiva;

        colpire il reddito significa difendere la proprietà e il risparmio privata, perché normalmente le imposte vengono pagate con il reddito stesso senza intaccare il patrimonio che può generarlo;

Nella scienza delle finanze sono rilevanti tre definizioni di reddito imponibile: il reddito come prodotto, il reddito come entrata e il reddito come consumo.

La nozione di reddito come prodotto deriva dall’insieme di tutti i redditi guadagnati dai soggetti residenti in un dato paese in un determinato anno. Il reddito come prodotto è quindi il reddito netto che il soggetto percepisce per avere partecipato ad un’attività produttiva: è reddito imponibile il salario e il profitto. Una difficoltà è il passaggio da reddito lordo a reddito netto di impresa, soprattutto per quanto riguarda il calcolo delle quote di ammortamento. L’applicazione della nozione reddito come prodotto non risponde ai criteri della giustizia tributaria.

Nel reddito come entrata vengono compresi, oltre al reddito prodotto, gli incrementi, e detratti i decrementi del patrimonio del contribuente. In questa nozione di reddito sussistono le stesse difficoltà per il passaggio dal reddito al reddito netto, soprattutto in relazione al calcolo delle quote di ammortamento. La legislazione che si ispirano al concetto di reddito come entrata tengono conto della diversa natura delle entrate ricorrenti e non ricorrenti e riservano un trattamento più favorevole a quest’ultime.

Secondo la teoria di reddito come consumo, si deve assoggettare ad imposta soltanto quella parte di reddito che viene consumata, esentando la parte di reddito che viene risparmiata. L’esenzione del risparmio viene fatta derivare dall’esigenza di evitare la doppia tassazione del risparmio: se si tassa tutto il reddito, e cioè sia il consumo che il risparmio, sulla quota risparmiata si pagano due volte le imposte: una prima volta quando si colpisce l’intero reddito, e quindi anche il risparmio; una seconda volta quando si colpiscono gli interessi fruttati dal risparmio.

L’imposta può essere commisurata al reddito effettivo o al reddito normale. Il primo è dato dal reddito effettivamente realizzato in un certo periodo di tempo; il secondo risulta dal valore medio dei redditi dello stesso contribuente in una serie successiva di anni, oppure dei redditi effettivi, ripetuti nel tempo, di contribuenti diversi.

Nei sistemi tributari concreti si applica il criterio del reddito effettivo, mentre il criterio del reddito normale si applica in funzione anti-evasione, nell’impiego degli studi di settore.


Le imposte dirette sul patrimonio.


L’imposta patrimoniale può essere ordinaria e straordinaria.

L’imposta ordinaria sul patrimonio è annuale ed è commisurata al valore del patrimonio netto del contribuente.

L’imposta straordinaria, sempre così commisurata, viene applicata occasionalmente, in momenti eccezionali, come calamità naturali o guerre.

Il patrimonio è un indice della capacità contributiva distinto dal redito: il patrimonio è uno stock di valori mobiliari e immobiliari, che genera flussi di redito.

L’imposta ordinaria sul patrimonio ha di solito aliquote proporzionale di entità ridotta, perché viene pagata attingendo al reddito. Può essere impiegata per diminuire le disuguaglianze e raggiungere una più equa distribuzione della ricchezza.

L’imposta ordinaria sul patrimonio è in vigore in diversi paesi europei. In Italia manca un’imposta generale sul patrimonio, tutta via sono considerate di natura patrimoniale l’imposta comunale sugli immobili (ICI) l’imposta di registro, l’imposta sulle successioni.


Le imposte indirette.


I tipi più importanti di imposte indirette sono:

le imposte generale sugli scambi;

le imposte speciali sui consumi;

le imposte sui trasferimenti;

i dazi doganali.

Le imposte indirette:

        sono elastiche, perché con l’aumentare del reddito nazionale aumentano anche i consumi e lo Stato realizza automaticamente entrate crescenti;

        sono divisibili, perché i contribuenti pagano queste imposte all’atto dell’acquisto dei beni e della prestazione dei servizi.

Le imposte generali sugli scambi rappresentano una delle più importanti fondi di entrata dei bilanci pubblici, e si possono definire come quelle imposte indirette che colpiscono gli scambi di beni e servizi tra produttori, commercianti e consumatori. Nel nostro sistema tributario appartiene a questo tipo l’IVA. Le imposte procurano un gettito elevato; seguono automaticamente ogni aumento di prezzo. Le imposte generali sugli scambi si rivelano particolarmente efficaci ai fini della lotta all’inflazione.

Il difetto principale delle imposte generali sugli scambi consiste nel trattamento sfavorevole riservato alle merci esportate: i produttori nazionali di beni colpiti da imposte di questo tipo sono svantaggiati, in quanto i loro prodotti hanno un costo più elevato rispetto a quello dei paesi stranieri in regime di esenzione.

Le imposte speciali sui consumi colpiscono il reddito nel momento un cui viene speso; hanno natura di imposte indirette speciali, in quanto si riferiscono solo ad alcuni beni e servizi prodotti e venduti nello Stato.

Alcune sono pagate direttamente allo Stato al consumatore, altre, come le imposte di fabbricazione, o “accise” sono pagate dal produttore che le trasferisce sul consumatore includendone l’ammontare nel prezzo di vendita. Le imposte speciali sui consumi, sono ancora utilizzate dai moderni sistemi tributari per ottenere un gettito immediato.

Si deve però osservare che queste imposte indirette sollevano gravi problemi per quanto riguarda la scelta dei beni e dei servizi da colpire: se lo Stato, allo scopo di aumentare le sue entrate, colpisce beni di prima necessità, l’imposta diventa regressiva, in quanto le famiglie più povere spendono una quota maggiore del loro reddito per l’acquisto dei beni necessari.

Le imposte sui trasferimenti colpiscono gli atti di trasmissione della proprietà, di costituzione di diritti reali sulle cose altrui e numerosi altri atti di diverso tipo.

Le imposte sui trasferimenti si propongono di colpire il patrimonio nel momento in cui si manifesta attraverso un trasferimento.

Nel nostro sistema tributario, rientrano in questa categoria le imposte di registro e di bollo: l’imposta di registro è riscossa all’atto di registrazione in pubblici registri di documenti di trasferimento della proprietà; l’imposta di bollo riguarda invece tutti i documenti destinati ad atti civili, giudiziari e stragiudiziari.

I dazi doganali sono imposte indirette che vengono riscosse nel momento in cui una merce entra nel territorio nazionale, ne esce o lo attraversa. Si hanno cosi dazi doganali all’importazione, all’esportazione o di transito.

I dazi all’importazione possono distinguersi in dazi protettivi e in dazi fiscali. I primi hanno lo scopo di proteggere la produzione interna della concorrenza straniera; i secondi sono invece diretti a procurare un entrata finanziaria allo Stato.

I dazi possono classificarsi in specifici e ad valorem. I dazi specifici sono calcolati in relazione alla quantità della merce importata. I dazi ad valorem, invece, sono commisurati, in percentuale, al valore della merce importata.

Le merci soggette ai dazi doganali sono elencate in uno speciale documento, che costituisce la tariffa doganale, detta anche tariffa daziaria. In sostituzione dei dazi protettivi i governi oggi ricorrono alle barriere non tariffarie. Queste pratiche sono combattute dalla WTO.



































COMMERCIO ELETTRONICO.


Le nuove tecnologie, dell’informazione e della comunicazione, basate su Internet hanno iniziato a cambiare le abitudini di molti utenti consumatori e i processi di molte imprese e organizzazioni. Nel comparto dell’e-commerce, rivolto al consumatore finale, si nota ancora oggi la mancanza di molti operatori tradizionali della grande distribuzione organizzata e i volumi di vendite sono per ora estremamente ridotti.

Con l’espressione commercio elettronico copriamo una vasta quantità di temi che hanno a che fare con la circolazione dell’informazione attraverso le nuove tecnologie nella società.

Il commercio elettronico è la continuazione ampliata e universalizzata del trasferimento elettronico dei dati (EDI) e che pertanto lo comprende.

Il modo più semplice di focalizzare questa espressione è relativo alla compravendita di beni e servizi attraverso Internet.


Lo sviluppo dell’e-commerce in Italia.


Il commercio elettronico ha avuto in Italia un notevole sviluppo nel corso del duemila, quando i siti sono passati da 1200 del 1999 a oltre 6000, generando nel complesso ricavi pari a circa 420 milioni di euro, con un aumento del 273% rispetto all’anno precedente. Hanno rigenerato ricavi maggiori nel 2000 i servizi finanziari e l’hardware/software che, nel complesso, hanno rappresentato il 51% del totale. Anche il 2001 è stato caratterizzato da una crescita considerevole, ma con tassi inferiori rispetto a quelli del 2000. Nel 2001 ha però iniziato a prendere piede un altro fenomeno rilevante: la chiusura di un numero consistente di siti, è anche questo un segno della maggiore maturità del commercio elettronico in Italia, che sta diventando più selettivo. Lo sviluppo del commercio elettronico in Italia costituisce una opportunità di miglioramento della capacità di produzione della circolazione di beni e servizi non solo locali, non solo regionali ma effettivamente tra le comunità che organizzano questa mostra. Lo Stato, le imprese e i cittadini italiani sono seriamente impegnati nel rinforzare i rapporti con lo Stato.

Per fare questo dobbiamo trattare:

La globalità: forme di comunicazioni che cambiamo. Che cosa cambia con il commercio elettronico nelle imprese, nelle banche, nei rapporti con i 'clienti', 'utenti' e 'cittadini'?

Le reti: dalle LAN inter Imprese alle Intranet, a Internet, alle reti di larga banda… come si fa pubblicità nella rete?

L’offerta, l’accettazione, l’invio delle merci e la riscossione. Aspetti tecnici all’interno dell’impresa con i terzi e con i clienti. Aspetti legali. Validità del documento elettronico. Privacy, responsabilità dell’imprenditore. Firma digitale ed aspetti fiscali.

Dalla competitività alla collaborazione. Analisi dei casi. Esempi di gestione di un sito commerciale. Piccole e Medie Imprese. Il Progetto Europeo Trade.


Commercio elettronico e l’e-business.


L’e- business è il rapporto tra imprese ondine, non ah solo una natura transazionale, ovvero tesa ad effettuare scambi economici, ma riguarda anche, lo scambio di informazioni e di conoscenze all’interno di un’azienda.


L’e-commerce e l’e-business sono due parole fondamentali tra le imprese o fra un’azienda e le sue sedi distaccate. Rapporti che la tecnologia, la telematica in particolare, ha rivoluzionato e continuerà a modificare.

In brevissimo tempo, con l’introduzione dell’e- commerce, i modelli organizzativi tradizionali del commercio si sono radicalmente modificati. Attualmente, la maggior parte dell’aziende è dotata di siti web. L’avvicendamento dei vari modelli di e- commerce, è avvenuto di paripasso con l’evoluzione delle potenzialità offerte da Internet. Oggi l’e-commerce rappresenta la possibilità di acquistare e vendere beni e servizi via Internet, ed è suddiviso in due grandi settori: il business to business (B2B) e il business to consumer (B2C).

Il B2C riguarda lo shopping sul web da parte dei consumatori. Si tratta di un meccanismo al quanto sofisticato poiché, grazie all’elevata interattività dei siti internet, il compratore non è vincolato alla consultazione statica di un catalogo cartaceo ma, navigando sul web, può scegliere prodotti insoliti e paragonare i prezzi.

Il commercio elettronico (B2B) tra le imprese semplifica e rende più agevoli i rapporti con i fornitori, sia di materie prime o semilavorati indispensabili ai processi produttivi, sia di materiali e beni essenziali per le attività dell’azienda.

I siti di commercio elettronico (B2C) sono caratterizzati da chi intende fare acquisti sulla rete questi hanno la possibilità di scegliere tra quattro tipologie principali di siti di commercio elettronico: il negozio virtuale; il centro commerciale virtuale; l’asta ondine; i siti di co- acquisto;


I negozi virtuali.


I negozi virtuali, possono essere considerati l’equivalente online dei negozi internazionali. Entrando nel sito, è possibile navigare all’interno del catalogo- prodotti ricercando l’articolo desiderato, ordinare online ed eventualmente pagare online.

All’interno dei negozi virtuali è possibile acquistare diverse tipologie di prodotti e servizi:

Prodotti fisici, dove vi è necessario un servizio di consegna a domicilio, ad esempio www.coop.it;

Prodotti digitali, erogabili attraverso la rete, ad esempio www.mp3.com;

I centri commerciali virtuali, raggruppano in un unico sito web un insieme di negozi virtuali, offrendo una serie di servizi comuni. Entrando nel sito, il navigatore ha la possibilità di visitare i diversi negozi all’interno oppure ricercare attraverso dei motori di ricerca i prodotti di interesse, il cliente può ordinarli e pagarli online. Alcuni dei centri commerciali virtuali sono aperti a qualsiasi impresa, altri invece selezionano i negozi virtuali che dovranno popolare il centro commerciale.


I siti di aste online.


Attraverso questi siti è possibile acquistare e vendere prodotti e servizi utilizzando meccanismi d’asta, con la possibilità di partecipare all’asta 24 ore su 24, 7 giorni su 7 da qualsiasi località nonché di accedere a informazioni aggiuntive sui prodotti.

I meccanismi d’asta che vengono utilizzati più frequentemente sono:

L’asta inglese: in cui ogni partecipante all’asta “rilancia” con un’offerta maggiore rispetto a quella corrente (www.ebay.com);

L’asta ribasso: in cui il prezzo del prodotto messo all’asta scende gradualmente finché un partecipante non dichiara l’intenzione di acquistare (www.pricemate.com);

L’asta olandese: utilizzata per mettere in vendita più unità dello stesso prodotto, in cui la competizione fra gli eventuali acquirenti si basa sia sul prezzo sia sulla quantità che intende acquistare;

L’asta segreta: utilizzata per i beni immobili di elevato valore, in cui il singolo partecipante invia la propria offerta “in una busta chiusa”, senza sapere l’entità delle offerte dei concorrenti;


I siti co-acquisto.


L’obiettivo di chi acquista è cercare di ottenere una riduzione sul prezzo del prodotto, sono questi siti, che aggregano gli ordini relativi a uno specifico prodotto o servizio provenienti da diversi clienti al fine di ottenere una riduzione del prezzo. In questi siti l’utente ha la possibilità di aderire a un gruppo di acquisto (un insieme di persone interessate all’acquisto): all’aumentare del numero di partecipanti al gruppo il prezzo del prodotto diminuisce. Quando, in una data specifica, il gruppo di acquisto si chiude, i partecipanti potranno acquistare il prodotto al prezzo minimo raggiunto.



Le applicazioni internet sviluppabili dall’impresa possono essere classificate in due categorie:

Business to business o extranet;

Applicazioni interne, finalizzate a migliorare i processi all’interno dell’impresa (si parla di applicazioni intranet o business to employee, perché sono rivolte ai dipendenti dell’impresa).


Un esempio tipico di e-commerce B2B è rappresentato dai marketplace, mercati digitali. Sono nati con l’intendo di sostituire i tradizionali sistemi EDI e aprire le porte del commercio telematico alle piccole imprese, integrando questi soggetti in rete tipo intranet/extranet.

Implementando vari modelli commerciali, gli e-marketplace creano un luogo virtuale di incontro tra domanda e offerta con caratteristiche ottimali per effettuare tutti i tipi di transazioni. In funzione dei soggetti che li promuovono, si possono individuare vari tipi di marketplace ai quali corrispondono strutture organizzative diverse.






























Orientati agli acquisti.


                                                                              

Compratore                                                                                         Venditori


Un compratore incontra molti venditori e negozia le condizioni di acquisto migliori.


Orientati alle vendite.


                                                                              

Venditore


Compratori


Un venditore incontra molti compratori, che deciderà le condizioni di vendita migliori.








Orientati al mercato.






      


Compratori                                                                                             Venditori

Molti venditori incontrano molti compratori e negoziano vendite/ acquisti.



L’e-commerce B2B include altre due sotto categorie: l’e-procurement (pilotato dagli acquirenti) e l’e-distribution (pilotata dai fornitori).

La prima indica la possibilità di comprare direttamente gli strumenti per uso aziendale interno, semplificando il lavoro degli uffici acquisti e ottenendo prezzi vantaggiosi, riduce gli acquisti scoordinati, inutili e non pianificati tra i vari uffici e reparti, automatizza l’approvigionamento e riduce le spese. Mentre con la seconda, si gestiscono in modo efficiente le proposte di vendita da parte dei partner commerciali.


Il termine “intranet” viene introdotto nel 1994 da Willian Safire in un articolo comparso sul New York Times.

L’intranet può quindi essere considerata la realizzazione, adeguatamente protetta, di una rete di tipo intranet. All’interno di un’azienda si possono distinguere diversi stadi nell’evoluzione delle applicazioni intranet:

Intranet come bacheca elettronica;

Intranet come archivio elettronico aziendale;

Intranet di supporto alla comunicazione;

Intranet come luogo di lavoro virtuale;

Intranet come portale aziendale;


La bacheca elettronica.


Viene identificata come la prima applicazione intranet, è uno strumento per la diffusione all’interno dell’azienda di informazioni relativamente statiche e generiche quali, ad esempio, notizie, bollettini aziendali, eccetera. Il contenuto informativo viene veicolato in senso unidirezionale dall’azienda ai suoi dipendenti, senza che vi sia, per questi ultimi, la possibilità di interazione. Nella bacheca elettronica non vi è necessità di aggiornamenti.


L’archivio elettronico.


E’ un’applicazione intranet che permette l’accesso, attraverso strumenti di ricerca user friendly, a database in cui sono memorizzate e catalogate informazioni e documenti relativi a progetti sviluppati in passato e che rappresentano una base di conoscenza e di servizi professionali, i cui dipendenti, spesso localizzati presso il cliente, hanno necessità di accedere ad archivi di documenti opportunatamente classificati e organizzati. In questo caso le informazioni tendono a essre maggiormente aggiornate.


L’intranet di supporto alla comunicazione.


E’ finalizzata alla creazione di reti di relazioni interpersonali all’interno di un’organizzazione, utili per il trasferimento della “conoscenza tacita”, ossia l’insieme di informazioni e conoscenze che non sono facilmente codificabili attraverso documenti ma che devono necessariamente essere trasferite “da persone a persone”.

Le intranet di questo tipo offrono in genere, sevizi di integrazione e comunicazione quali videoconferenze, forum, chat, ecc. In molti casi viene inoltre fornito un servizio di “ricerca dell’esperto”, che consente ai membri dell’organizzazione di individuare e contattare la persona ce, per competenze o esperienze passate, rappresenta il profilo professionale più competente relativamente a una specifica tematica.


L’intranet come luogo di lavoro virtuale.


Queste applicazioni intranet offrono, in genere, servizi di interazione su documenti condivisi e servizi di personalizzazione dell’ambiente di lavoro a seconda del progetto e del profilo utente.





I profili aziendali.


Detti anche corporate portal, rappresentano l’evoluzione delle intranet aziendali. I portali offrono all’utente un accesso centralizzato a una varietà di risorse, servizi e informazioni di interesse. Attraverso il portale aziendale l’impresa cerca di offrire ai propri dipendenti l’accesso a tutto ciò che potrebbe essere utile durante l’attività lavorativa e, in alcuni casi, anche durante il tempo libero.

Fra le funzionalità di un portale aziendale vi sono la possibilità di ricercare informazioni di interesse opportunatamente classificate e gestite, di interagire con gli altri membri dell’organizzazione attraverso chat, forum, di accedere alle ultime news aziendali.


























L’origine dell’attività bancaria.


La banca è un’impresa che opera nel settore del credito e dei regolamenti monetari, esercitando delle attività di intermediazione e delle attività finanziarie che affiancano e s’intrecciano alla prestazione di numerosi servizi.


Le banche moderne sono il risultato di un lungo processo evolutivo che si è sviluppato nel corso dei secoli.

Le prime espressioni dell’attività bancaria si ebbero presso i templi, dove si concentravano grossi patrimoni appartenenti alle comunità religiose che venivano continuamente arricchite dai doni e dalle offerte dai fedeli.

Nell’antica città di Uruk i Sumeri costruirono il primo edificio bancario della storia, un tempio grandioso dove i sacerdoti svolgevano le attività di carattere bancario oltre tremila anni avanti Cristo.

Le solide mura dei luoghi sacri e il rispetto da cui erano circondati rendevano i templi assai più sicuri delle abitazioni private. I cittadini ricchi sollevano perciò affidare in deposito a custodia ai sacerdoti monete ed oggetti preziosi accompagnandoli con offerte alle divinità. I sacerdoti, a loro volta, utilizzando i beni del tempio, concedevano spesso dei prestiti sia a governanti sia a privati imprenditori facendosi stimare un interesse.

Duemila anni fa l’attività bancaria aveva trovato sviluppo anche presso gli ebrei, prima del tragico evento della dittatura nazista.

L’intensificarsi degli scambi monetari diede inoltre luogo ad un intensa attività esercitata da cittadini privati consistente nel cambio delle monete. Queste erano molte, di varia emissione e provenienza, e i cambiavalute, prendevano il nome in Grecia di “ trapeziti” e a Roma di “ argentari”.

Per la capacità e l’onesta di tali cambiavalute, i trapeziti e gli argentari seppero conquistarsi la fiducia degli uomini abbienti, ricevendo anche denaro in custodia. Mentre i depositi effettuati presso i templi , salvo le eventuali e facoltative offerte, erano gratuiti, quelli effettuati presso i cambiavalute erano a pagamento. Successivi accordi segnarono ufficialmente la trasformazione dei depositi a custodia in depositi irregolari.

Solo con la ripresa dei traffici e degli scambi, riapparvero operatori specializzati, detti campsores i quali, si dedicarono si all’accertamento del peso e del titolo delle monete, sia al cambio manuale.

All’esercizio del cambio manuale i camposores associarono quello del campo traiettizio. Verso la metà del XII secolo aveva infatti cominciato a circolare la lettera di cambio e un secolo più tardi la <<lettera pagamento>> o tratta; le cambiali facilitavano i pagamenti a distanza e il regolamento degli affari internazionale senza il trasporto di denaro. Le notevoli ricchezze accumulate con i commerci servivano per realizzare operazioni finanziarie e per concedere prestiti al re, governi e papato in modo da ottenere appoggi influenti e sicuri rifornimenti di materie prime (in particolare la lana dall’Inghilterra).

La chiesa era contraria all’usura, cioè ai prestiti a interesse, il divieto religioso non costituì però un vero limite all’attività dei banchieri in quanto era spesso sufficiente, così fu sostituita la parola interesse con dono <<guiderdone>>.

A fronte delle monete ricevute in deposito le banche medioevali rilasciavano dei certificati di deposito, facilmente trasmissibili e usati come mezzi di pagamento. Successivamente le banche, utilizzando le capacità di credito acquisite sul mercato, diedero luogo a una vera e proprio circolazione cartacea. Nascevano così i biglietti di banca e la circolazione allo scoperto.

I biglietti di banca, divenuti successivamente a vista e infruttiferi, fecero la loro iniziale comparsa in Svezia nel 1661 attraverso la Banca di Stoccolma, ma il sistema si diffuse alcuni decenni dopo quando venne fondata la Banca d’Inghilterra. L’emissione di biglietti di banca trovò rapida diffusione in tutti i paesi.

Poiché si riconobbe che nell’emissione di biglietti di banca la concorrenza non recava vantaggi, in tutti i paesi europei il numero delle banche d’emissione si ridusse col il tempo a uno.

Gli attuali istituti di emissione, godono di un monopolio e nello stesso tempo assurgono a regolatori del sistema monetario e del sistema bancario dei vari Stati.

I biglietti di banca erano stati introdotti per evitare alla gente d’affari l’incomodo di trasportare ingenti capitali in forma metallica e per ridurre le difficoltà materiali di custodia e di maneggio del denaro. Venivano rilasciati contro deposito di monete metalliche e di metalli preziosi e avevano circolazione fiduciaria, erano cioè accettati sulla fiducia ed erano convertibili in oro.

In seguito venne attribuito alle banconote valore legale. Queste dovevano essere accettate per legge come corrispettivo di beni o servizi e per l’estinzione dei debiti. Gli Stati, in seguito a continue spese misero in circolazione un ammontare di banconote molto superiore a quello custodito presso le banche di emissione, la convertibilità fu sospesa. La carta moneta inconvertibile, oggi rappresenta un debito a vista dello Stato o della sua banca centrale. Si tratta però di un debito molto particolare, che deve essere accettato da tutti in cambio di beni e servizi.

Quando il biglietto di banca fece la sua comparsa sul mercato trovò già in circolazione da tempo un temibile concorrente che svolgeva analoghe funzioni di succedaneo della moneta metallica, documenti assimilabili all’odierno assegno bancario.

In tempi più recenti si è assistito nei paesi progrediti a un crescente ricorso all’uso degli assegni, questo fenomeno si è accentuato col diffondersi del sistema di accredito dei salari e degli stipendi e delle modalità di pagamento delle imposte; tali nuove abitudini, spiegano il rapido aumento del << tasso di bancarizzazione>> della società.

L’intensificarsi dei rapporti bancari delle imprese e delle famiglie e l’estendersi della circolazione degli assegni hanno creato grosse difficoltà alle banche. Il problema è stato risolto con l’aumento degli sportelli bancari sul territorio e soprattutto con l’automazione delle procedure operative, realizzata mediante reti di terminali collegati a centri di elaborazione dati (CED). I tradizionali strumenti sono sempre più sostituiti da sofisticati sistemi elettronici di pagamento, che consentono il trasferimento dei fondi attraverso reti di telecomunicazioni basate sull’abbandono di tutti gli strumenti cartacei e sul dominio della <<moneta elettronica>>.

In questi ultimi anni le banche, sempre per soddisfare le esigenze che nascono dalle profonde e continue trasformazioni dei mercati e delle condizioni operative delle imprese, nonché dei mutamenti nei comportamenti e nelle abitudini dei privati, hanno sviluppato una vasta gamma di operazioni da offrire alla clientela per quanto concerne la raccolta dei mezzi monetari, l’impiego degli stessi, ma soprattutto nell’erogazione dei servizi.

Il motivo della continua evoluzione delle banche nel corso degli anni, è da ricercarsi nel ruolo di primaria importanza che esse rilevano nel sistema finanziario, sia per le aziende, sia per i singoli e le famiglie.

Il sistema informativo bancario è l’insieme delle persone, delle procedure, e degli strumenti con cui si attuano la raccolta, l’elaborazione, lo scambio e l’archiviazione dei dati per ottenere un flusso organizzato di informazioni che la direzione può utilizzare per programmare, eseguire, e controllare l’attività bancaria.

Il sistema informativo bancario risulta sempre strettamente collegato alla struttura organizzativa della banca oggi le banche hanno ritenuto necessario rendere sempre più efficiente ed efficace il proprio sistema informativo, attivando un sistema automatizzato. Le spinte in tal senso sono da ricercare nelle necessità di elaborare dati per ottenere informazioni in tempo reale, di strutturare un sistema efficiente di circolazione dei dati e delle informazioni per l’intera rete degli sportelli mediante i quali la banca svolge la propria attività; infine, di fornire alla clientela prodotti-servizi sempre più efficaci offerti per via telematica. Attualmente, in Italia, sono operanti tre o quattro grandi sistemi informatici, utilizzati dalla maggior parte delle banche.

I cambiamenti del mercato sono caratterizzati dalla diffusione delle reti informatiche e dallo sviluppo dei nuovi sistemi di comunicazione; queste mutazioni coinvolgono direttamente anche il settore bancario, e proprio in questi ultimi anni si nota in tutto il mondo ed anche nel nostro paese una progressiva trasformazione delle banche indirizzate verso l’erogazione di servizi telematici.

Uno dei più rigogliosi canali tuttora in forte espansione, tanto per la gioia dell’utente, che per quella della banca, è sicuramente rappresentato da Home Banking (o Virtual Banking).

Con il termine Home Banking o Virtual Banking, che dir si voglia, s’individua un istituto di credito che presenta on-line (in rete) i propri prodotti/servizi alla clientela senza la necessità di un rapporto personale diretto, e quindi senza bisogno di aprire filiali, di disporre di casse e di cassieri e di provvedere a contare banconote o trattare grossi volumi di materiale cartaceo.

Insomma, siamo di fronte ad una destrutturazione della banca tradizionale e ad una sua ridefinizione in base alle nuove logiche di organizzazione e di finanziamento, con le quali prevalgono le relazioni a distanza tra banca e clientela.

A favorire la realizzazione delle cosiddette banche virtuali, hanno influentemente contribuito determinati fattori, quali:


a)      la crescente disponibilità all’uso degli strumenti informatici;

b)      la liberazione delle reti telematiche;

c)      l’abbassamento dei costi di trasmissione dei dati;

d)      la diffusione delle tecnologie informatiche in modo efficiente e sicuro, così da consentirne nelle transazioni on-line l’utilizzo direttamente e comodamente da casa e dall’ufficio.


La banca propone quindi al cliente, servizi dei quali si può usufruire interagendo da casa attraverso il telefono o il PC (Personal Computer) collegato su di una rete informatica con gli appositi canali di comunicazione, che permettano l’accesso diretto alla banca.

Per una Home Banking gestire i rapporti con il cliente attraverso le reti telematiche, comporta un’innumerevole serie di vantaggi, ma allo stesso tempo anche molteplici oneri. Per la banca elettronica, innanzi tutto, vi è l’indubbio vantaggio di avere un’operatività che risulta più estesa, e che può addirittura giungere a coprire per l’intero arco della giornata tutti i giorni dell’anno.

Si ritiene inoltre, che il servizio erogato da una banca virtuale, tramite l’utilizzo delle reti telematiche sul PC del cliente, sia da considerarsi un servizio qualitativamente buono. Infine, per la banca virtuale che opera su una rete pubblica, qual è la rete internet, vie è un ulteriore vantaggio; infatti, la banca assume visibilità sull’intero pianeta, in quanto, il sito che farà accedere ai servizi offerti dalla banca sarà facilmente reperibile ed accessibile da ogni parte del globo e da qualsiasi utente della rete.

Se molti sono i vantaggi dell’operare in rete, uno degli svantaggi derivanti dall’utilizzo dei servizi bancari per via telematica, consiste nella sicurezza del trasferimento delle informazioni, in quanto, nell’effettuare le normali operazioni bancarie sussiste il rischio di poter essere intercettati dai così detti Hacker, ossia i pirati informatici, incappando così in spiacevoli inconvenienti.

In Italia, la rivoluzione dei sistemi bancari ha causato uno scompenso piuttosto intenso sul personale, in quanto, la parziale eliminazione di una serie di attività bancarie retrogradi ha causato la necessità di dover far evolvere la figura del bancario in una figura di collaboratore dipendente più specializzata. In un futuro che sembra ormai prossimo, si prevede che la domanda di consulenza specializzata aumenterà, costituendo un business importante e già si può immaginare che l’offerta potrà provenire soltanto da persone preparate e motivate, alle quali saranno richieste competenza e conoscenze condivise, ma anche autonomie decisionali e capacità di adeguamento alle innovazioni costanti

La rivoluzione scaturita dall’utilizzo dei mezzi telematici, ha comportato l’abbattimento di tutte le barriere spazio-temporali, ed ha aumentato il grado di concorrenza riducendo di conseguenza i prezzi e dunque comportando una serie di problemi per i conti economici delle aziende bancarie. Vi sono inoltre degli effetti macroeconomici indiretti che agiscono in questa direzione, infatti, con la New Economy il ruolo della Borsa è destinato a crescere il che significa che vi sarà all’interno delle banche una disintermediazione crescente sia dal lato della raccolta del risparmio, che da quello degli impieghi. E’ di vitale importanza quindi, per le singole aziende bancarie individuare una strategia economica che consenta di competere nella società odierna, ormai sempre più globale.


Dal vecchio al nuovo al nuovo sistema creditizio.


I principi che ressero a lungo in nostro sistema creditizio, sono stati abbandonati in conseguenza ad alcuni provvedimenti che hanno dato risposta a una doppia serie di esigenze:

esigenze di ristrutturare e di ricapitalizzare le banche e gli istituti di credito pubblici e di avviare un processo di privatizzazione con riferimenti all’impresa e al mercato;

esigenze di adeguare l’intero sistema creditizio alle direttive comunitarie, mettendolo in condizione di affrontare sul mercato unico bancario l’impatto con le grandi istituzioni creditizie ed europee;

le risposte legislative alle due esigenze furono realizzate attraverso una serie di tappe che ora elencherò:

a)      con una legge venne consentito alle banche agli istituti di credito di diritto pubblico ristrutturarsi, modificando la propria forma giuridica e passando a quella di società per azioni;

b)      la legge diede luogo, nel periodo immediatamente successivo, a una serie di operazioni di finanza straordinaria costituita da trasformazioni di banche pubbliche in società per azioni, da scorpori di aziende bancarie da enti pubblici, da fusioni tra banche e istituti di credito appartenenti a categorie diverse;

c)      tutte queste operazioni straordinarie (trasformazioni, scorpori, fusioni) cancellarono il vecchio principio del pluralismo istituzionale;

d)      questa rappresentò la premessa per avviare il processo di privatizzazione che nel settore creditizio ha avuto in Italia importanti realizzazioni (ad esempio la Banca Commerciale Italiana e la Banca Nazionale del Lavoro);

e)      l’avvicinarsi del grande mercato bancario europeo, indusse la Banca d’Italia ad indicare nel gruppo plurifunzionale lo strumento italiano atto a competere on i colossi stranieri del credito.


f)        il pronunciamento della Banca d’Italia a favore del gruppo plurifunzionale aprì nel nostro paese una polemica sui pregi e sui difetti di tale soluzione organizzativa, che venne contrapposta a quella della banca universale.


g)       il dibattito sulla superiorità di uno dei due modelli organizzativi non era affatto concluso quando, verso la fine del 1992, fu approvato il decreto legislativo che recepì nelle nostre legislazioni la II direttiva europea di coordinamento bancario. Questo provvedimento di estrema importanza dimostrò il mutato atteggiamento delle nostre autorità monetarie e il loro accoglimento della soluzione della banca universale, e introdusse profondi cambiamenti in vista della realizzazione del mercato unico europeo nel settore bancario;


h)       il cambiamento più significativo consistette nell’abbattimento di ogni separazione nel campo del credito, che annullò la classica distinzione tra le banche e gli istituti di credito speciale formando l’unica categoria degli enti creditizi ai quali è stato consentito di effettuare tutte le operazioni ammesse dall’Unione Europea al beneficio del mutuo riconoscimento;


i)        lo decreto stabilì che l’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria viene rilasciata dalla Banca d’Italia alle imprese che rispettano determinate condizioni, tra le quali l’adozione della forma di società per azioni o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata;


j)        inoltre stabilì che le banche possono emettere obbligazioni a lunga scadenza. Furono modificati i rapporti con il settore industriale, attenuando la separatezza imposta dalla legge bancaria e all’allargando lo spazio per l’assistenza finanziaria;


k)       la normativa europea ha consentito alle banche italiane di assumere i connotati non solo della banca universale ma anche quelli della banca mista, cioè di possedere, sia pure entro limiti prestabiliti, le azioni di impresa industriali;


l)        pertanto, con l’avvenuta armonizzazione europea, l’attività nel settore del credito è stata affidata agli enti creditizi autorizzati, che sono liberi di stabilire il modello organizzativo che ritengono più adatto la scelta tra gruppo plurifunzionale e banca universale è lasciata ai singoli enti;


m)     l’azione riformatrice degli anni Novanta, che si è sviluppata attraverso le numerosa tappe che abbiamo descritto, è proseguita con la realizzazione Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB). Tale testo ha raccolto e coordinato una serie di disposizioni;


n)       il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, che rappresenta una sorta di <<carta costituzionale>> del settore, ha subito una prima serie di modifiche con il recepimento della direttiva europea sui servizi di investimento (detta Eurosim) e con la successiva emanazione nel 1998 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUE). Questi hanno assegnato a società per azioni private l’organizzazione e la gestione dei mercati regolamentati, consentendo alle banche di negoziare direttamente in tali mercati e aprendo la concorrenza internazionale con facoltà alle SIM italiane di operare all’estero e alle imprese di investimento estere di operare in Italia;


o)       una seconda serie di modifiche e di integrazioni al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. Fra tali modifiche spicca per importanza l’aggiunta della norma che prevede che, nelle operazioni di conto corrente, sia assicurata alla clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;


p)       la riforma della legislazione bancaria, ha favorita le operazioni bancarie di acquisizione e fusione che hanno portato alla formazione di grandi gruppi bancari. Il sistema bancario nazionale che è ora denominato da cinque grandi gruppi (Sanpaolo- IMI, Banca Intesa, Banca di Roma, UniCredito Italiano e Monte dei Paschi di Siena);


Il modello più attuale per realizzare il processo di aggregazione bancaria è quello del gruppo bancario federale. In Italia ne sono esempi il gruppo Banca Intesa e il gruppo UniCredito Italiano. Il gruppo bancario federale consente di realizzare risparmi significativi sia di migliorare le capacità commerciali e di sviluppo dei prodotti.

























Gli anni venti e il boom economico.


La grande crisi del 1929 ebbe inizio negli Stati Uniti, si diffuse in tutti i paesi capitalisti e, attraverso fasi di diversa intensità, si pro­trasse fino all'inizio della seconda guerra mondiale, concorrendo a determinarla. Essa confermò sia le previsioni di Marx, sia le ipotesi che, con tutt'altra intenzione, Keynes andava elaborando proprio in quegli anni.

Nell'immediato dopoguerra l'economia statunitense, stimolata dalla domanda che veniva dall'Europa per le necessità della ricostruzione, ebbe un forte incremento, cui nel biennio 1920-21 seguì una fase di recessione, determinata soprat­tutto dal fatto che, colmati i più gravi guasti della guerra, la doman­da europea era bruscamente diminuita.

La ripresa fu però rapida e imponente: dal 1922 al 1929 la produzione industriale statuniten­se, già assai elevata in linea di partenza, aumentò del 64%, la pro­duttività del lavoro del 43%, i profitti del 76%, i salari del 30%.

L'enorme differenza fra la crescita dei profitti e del­la produzione, da una parte, e quella dei salari, dall’altra, accentua lo squilibrio nella distribuzione dei redditi: infatti, nel periodo considerato, il 5% della popolazione sta­tunitense percepiva un terzo dell'intero reddito nazionale, e, in par­ticolare, i 500 cittadini più ricchi si dividevano fra di loro una som­ma di redditi equivalenti a ben 600 000 salari degli operai dell'indu­stria automobilistica, che erano fra i meglio retribuiti. Per converso, il 60% della popolazione aveva un reddito annuo medio pro ca­pite appena sufficiente per la sussistenza: per la 'sussistenza', ovviamente, quale era intesa in un paese ad alto sviluppo industriale.

La fortissima divaricazione fra profitti e salari derivava sostanzialmente dall'indebolimento dei sin­dacati, dovuto in parte al taylorismo, che rendendo più che mai ri­petitivo e squalificato il lavoro degli operai sminuiva la loro forza contrattuale, in parte alla prevalenza del Partito repubblicano, strettamente legato agli ambienti del capitale, i cui esponenti tenne­ro costantemente la presidenza della repubblica dal 1921 al 1932. Come risultato di questa serie convergente di cause, in meno di un decennio i sindacati americani perdettero il 40% dei loro aderenti e non poterono contrastare efficacemente la tendenza padronale alla compressione dei salari.

Allo squilibrio nella distribuzione dei redditi fra leclassi sociali si aggiungeva quello fra i diversi settori della produzione, in quanto, rispetto ai redditi globali in via di rapi­da espansione, i redditi agricoli fra il 1919 e il 1929 scendevano dal 23 al 13%.

Da questo primo quadro risulta con evidenza che la capacità d'acquisto della grande maggioranza della popolazione non cre­sceva affatto in misura proporzionale al crescere della produzio­ne. E poiché la produzione si orienta ovviamente in modo da sod­disfare la domanda solvibile, ne seguiva che, mentre la produzione di beni di consumo non durevoli (alimentari e vestiario), nell'acqui­sto dei quali viene spesa una parte rilevante dei salari, cresceva so­lo del 2,8% all'anno, quella invece dei beni di consumo durevoli (mobili, abitazioni, automobili e simili), acquistati per lo più dai ce­ti abbienti, cresceva del 5,9% all'anno, e quella dei beni strumental (macchine e impianti), acquistati in gran parte dalle industrie stes­se, per cui un'eventuale flessione nella domanda di beni di consumo durevoli o di beni strumentali avrebbe avuto, come eb­be effettivamente, conseguenze gravissime.

A questi squilibri s'aggiungeva un fattore di preca­rietà d'origine psicologica: la convinzione cioè, lar­gamente avallata dalla propaganda, che si aprissero per tutti pro­spettive di rapido arricchimento. E «rapido arricchimento» non si­gnifica, ovviamente, arricchimento legato al lavoro e alla produzio­ne ma arricchimento che viene da fortunate e «audaci» attività spe­culative.

L'andamento della borsa di New York esemplifica con particolare eloquenza le conseguenze pratiche di questo mito. Gli indici riportati in quegli anni dal New York Times (fondati sulle quotazioni di 25 titoli industriali particolarmente significativi) non hanno bisogno di commento: fine maggio 1924, punti 106; fine di­cembre 1924, punti 134; fine dicembre 1925, punti 181; fine dicem­bre 1927 - dopo una lieve flessione nel corso del 1926 - punti 245; fine dicembre 1928, punti 331; 3 settembre 1929 - giorno nel quale l'indice raggiunse il limite massimo - punti 452.

In termini corpo­si, ciò significa che chi avesse acquistato 1000 dollari di titoli alla fine del maggio 1924 e li avesse rivenduti il 3 settembre del 1929 avrebbe realizzato in media un aumento lordo di capitale di 3265 dollari in poco più di cinque anni, senza svolgere altro lavoro che quello di ordinare agli agenti di borsa di acquistare e di vendere.

Per quanto produzione, produttività e profitti cre­scessero a ritmo sostenutissimo, risulta chiaro da questi dati che gli indici di borsa si erano del tutto sganciati dall'andamento dell'economia reale.

Rovesciando una famosa massima del Galilei, diremo che chi comprava e vendeva ti­toli aveva a che fare con «un mondo di carta e non con un mondo di cose»: non si rappresentava cioè le fabbriche, gli impianti, i can­tieri cui i titoli si riferivano, ma solo le serie di numeri che appari­vano nei bollettini di borsa.

. Tanto più che, per acquistare titoli, non era necessario coprire per intero il loro valore, ma bastava versare in contanti circa la metà del loro prezzo, lasciando í titoli stessi in garanzia del debito che cosi si contraeva. Per queste e per altre ragioni analoghe, il sistema era dunque costruito in modo tale da accentuare ed esasperare le tendenze del mercato, sia che esse volgessero all'acquisto, sia che esse, come avverrà più tardi, precipitassero verso la vendita.

È però evidente che lo scavalcamento dell'economia reale (ossia dell'insieme delle attività produttive che creano vera ricchezza e non pezzi di carta) non poteva durare al­l'infinito e anzi sarebbe bruscamente cessato quando i più avveduti fra i possessori di titoli, avuto sentore che alla crescita degli indici di borsa corrispondeva in realtà il ristagno o il calo della produzio­ne, avrebbero cominciato a tirare i remi in barca ossia, fuori di me­tafora, a vendere.

E fu appunto ciò che accadde nell'ottobre del 1929.


La crisi del’ 29 e il crollo di Wall Street.

L'insufficienza della domanda statunitense interna, dovuta alla squilibrata distribuzione dei redditi, fu per qualche anno compensata dalla domanda dall'estero, ossia dal­le esportazioni. Senonché, per i forti crediti concessi dagli USA agli Alleati europei durante la guerra, al termine delle ostilità l'Eu­ropa si trovò costretta a pagare contemporaneamente sia l'ecceden­za delle importazioni, sia i debiti contratti e i relativi interessi. Fino a un certo punto il problema poteva essere rinviato grazie al dre­naggio di riserve auree dall'Europa agli Stati Uniti e grazie a nuovi prestiti, ad alto tasso di interesse, contratti dai paesi europei nei confronti di banche private statunitensi. Ma il rimedio temporaneo era destinato ad accrescere il disavanzo europeo. Né era possibile ristabilire realmente l'equilibrio aumentando le esportazioni euro­pee verso l'America, perché a ciò si opponevano le dogane protetti­ve votate dal Congresso statunitense. Era pertanto inevitabile, alla distanza, che l'Europa non pagasse i debiti e riducesse le importa­zioni dagli Stati Uniti, con conseguenze disastrose specie per l'agri­coltura statunitense, che si reggeva in larga misura sulle esporta­zioni di cotone, di tabacco e soprattutto di grano.

A partire dal giugno del 1929, mancato ogni com­penso all'insufficienza della domanda interna ameri­cana, la crisi di sovrapproduzione comincia a col­pire le industrie chiave, specie siderurgiche, e anche più grave­mente le attività agricole.

Durante la guerra la produzione europea di cereali si era molto ridotta, e l'Europa aveva importato grandi quantità di grano ameri­cano. Negli anni successivi, però, l'agricoltura europea aveva recu­perato e superato i livelli produttivi prebellici, e le importazioni dall'America erano quindi diminuite.

Nel 1929 il raccolto fu parti­colarmente abbondante sia in America sia in Europa, e perciò i prezzi dei cereali precipitarono, mettendo nelle più gravi diffi­coltà gli agricoltori statunitensi.

La crisi dell'economia reale nel giro di pochi mesi si ripercuote sull'andamento della borsa. Coll'inizio di settembre, infatti, la corsa al rialzo cessa, e inizia un periodo di fluttuazioni prevalentemente orientate verso il ribasso.

La gente che ha investito in titoli comincia a sospettare che sia giunto il mo­mento di venderli «prima che sia troppo tardi». E anche la tenden­za a vendere avvalora se stessa, in quanto determina il decrescere delle quotazioni.

Infine, dopo alcune settimane di oscillazioni e di incertezze, si diffonde il panico che scatena la corsa alle vendite: il 24 ottobre 1929 (giovedi nero) quasi tredici milioni di azioni ven­gono contrattate a New York a prezzi che ovviamente precipita­no. L'intervento organizzato di alcuni finanzieri, che per dare prova concreta del loro professato ottimismo e per sostenere la borsa acquistano titoli, consente temporanei recuperi o battute d'arresto, ma non basta a rovesciare la corsa alle vendite. Il proces­so è ormai incontrollabile: salvo brevi mo­menti di ripresa, il ribasso continua fino all'8 luglio del 1932, quando tocca il fondo. In concreto ciò significa che chi avesse acquistato titoli il 3 settembre 1929 e li avesse rivenduti l'8 luglio 1932, avrebbe perso mediamente più dell'87% del suo danaro: di cento dollari gliene sa­rebbero rimasti meno di tredici.

Il crollo della borsa, se non fu la causa della crisi, concorse certa­mente a inasprirla, in quanto portò alla rovina parecchie centinaia di migliaia di Americani e privò di capacità d'acquisto e d'investi­mento anche una parte significativa delle classi abbienti. La fiducia dell'opinione pubblica nella saggezza, nella previdenza e nell'one­stà degli uomini d'affari e dei finanzieri, funzionale al sistema, ne uscì distrutta.

Nell'economia reale, perciò, la situazione, già com­promessa, divenne anche più disastrosa. Fra il 1929 e il 1932-33 la produzione complessiva statuniten­se si ridusse di circa un terzo; i di­soccupati salirono progressivamente, sino a raggiungere nel 1933 la cifra massima di oltre 13 milioni (corrispondente all'incirca a un lavoratore su quattro), e soltanto nel 1937, grazie alla ripresa di cui parleremo più avanti, scesero al di sotto degli 8 milioni (saliti di nuovo oltre i 10 milioni nel 1938).

Poiché gli Stati Uniti erano diventati il centro di gra­vità del sistema economico mondiale (fatta eccezio­ne per la Russia Sovietica), la crisi si diffuse rapidamente in tutti i paesi capitalisti.

Nel precedente periodo di espansione l'eccedenza di capitali statunitensi aveva trovato sfogo in prestiti e in investi­menti all'estero, sicché ora bastò il ritiro di questi capitali per espandere la depressione su scala internazionale: particolarmente colpite furono la Germania e l'Austria, dove i prestiti privati ameri­cani erano stati più ingenti.

La sovrapproduzione fece sentire i suoi peggiori ef­fetti nel settore primario (agricoltura) che produce generi esposti alle più brusche oscillazioni di prezzo.

Gli agricoltori americani furono infatti rovinati dal pre­cipitare dei prezzi, e a uguale rovina furono esposti quei paesi che fondavano la loro economia sull'esportazione di derrate derivanti dall'agricoltura e dall'allevamento (come l'Argentina, l'Uruguay e l'Australia), che non ebbero più alcuna possibilità di pareggiare la loro bilancia commerciale con l'estero e videro le loro monete gra­vemente svalutate.

Ma anche l'Inghilterra, malgrado lo sviluppo delle sue industrie, non fu più in grado di compensare le importazioni con le esportazioni e dovette intaccare le proprie ri­serve auree. Fu pertanto costretta ad abbandonare la base aurea e a svalutare la sterlina (1931) per rilanciare le esportazioni. Poiché pe­rò gli altri paesi (compresi gli Stati Uniti che pure avevano le più abbondanti riserve auree del mondo) seguirono l'esempio inglese, si ritornò pressappoco alle condizioni di partenza, e la semplice manovra monetaria risultò sostanzialmente inefficace.

I governi ricorsero allora ampiamente a dogane pro­tettive, o stabilirono semplicemente la quota massi­ma dei vari generi importabili, o ricorsero a scambi bilaterali di merci contro merci, che evocavano il baratto altomedievale: cosi per esempio la Germania scambiò con la Iugoslavia macchine foto­grafiche contro maiali.

In tal modo, sia per la crisi sia per le misure stesse adottate per contrastarla, l'unità economica mondiale del primo Novecento fu completamente perduta, e venne sostituita da un mosaico di singo­le economie nazionalistiche in dura lotta fra di loro, mentre gli scambi internazionali cadevano a un terzo del loro volume prece­dente.

Per tutte queste ragioni la produzione industriale eu­ropea subì un calo non meno rilevante di quella sta­tunitense, e il numero di disoccupati sali a oltre 6 milioni in Ger­mania, a 3 milioni in Inghilterra, a oltre 1 milione in Italia, a quasi mezzo milione nella stessa Austria, che pure i trattati di pa­ce avevano ridotta a una popolazione di soli 6 milioni di abitanti.

Il nazionalismo economico e l'avvento del nazismo in Germania, grandemente facilitato dalla crisi, concorreranno in misura deter­minante alla deflagrazione della seconda guerra mondiale.







Il New Deal degli USA.

Il crack di borsa e la crisi economica squalificarono di fronte all'opinione pubblica americana quegli stessi ambienti capitalistici e finanziari che negli anni del boom erano stati considerati esemplari per competenza, onestà, spirito di iniziativa; e l'ondata di sfiducia si abbatté anche sul Partito repubblicano che di quegli ambienti era il più diretto rappresentante. Pertanto, nelle elezioni del 1932 il candidato re­pubblicano riusci nettamente sconfitto dal candidato democratico Franklin Delano Roosevelt, sostenuto da un ampio schieramento di forze nel quale i lavoratori erano largamente rappresentati.

Il New Deal (Nuovo Patto) che il Roosevelt propone­va agli Americani non si ispirava a una precisa dot­trina economico-politica. Punti fermi del programma erano la deci­sione di affrontare la crisi mediante un massiccio intervento del­la mano pubblica e l'impegno a dirigere le attività economiche e a mediare i contrasti di classe in modo tale da dimostrare la perfet­ta compatibilità fra sistema capitalistico e regime democratico.

Ma per le soluzioni concrete si sarebbe fatto ricorso all'empirismo del caso per caso, animato peraltro da una forte volontà etico-politica

Coll'aiuto di un trust di cervelli (Brain Trust), ossia di un gruppo di collaboratori competenti e progressi­sti, nei primi mesi della sua presidenza il Roosevelt assoggettò il paese alla terapia intensiva di una serie di provvedimenti, ispirati genericamente alle idee di Keynes piuttosto che alla tradizione liberista ortodossa.

Per ridurre la disoccupazione, il governo, sia diretta­mente sia mediante prestiti concessi ai singoli Stati dell'Unione, promosse una vasta massa di lavori pubblici (costruzione di case, strade, ponti eccetera). Fondò un Corpo Civile per la Conservazione della natura (Civilian Conserva­tion Corps), che impiegò circa 3 milioni di giovani in opere di rim­boschimento e simili. Fondò altresi l'assai più importante Tennes­see Valley Authority, che in una ventina d'anni portò a termine i colossali lavori per la sistemazione appunto della valle del Tennes­see, costruendo dighe, centrali, canali eccetera allo scopo di fornire grandi quantitativi di energia elettrica a costi più bassi di quelli praticati dalle industrie private.

Sussidi vennero concessi agli agricoltori perché di­minuissero la produzione o addirittura perché di­struggessero una parte dei raccolti, in modo da evitare la caduta dei prezzi: questi ultimi provvedimenti, in assoluto mostruosamen­te irrazionali, erano però coerenti col sistema e, uniti ad altre misu­re in favore dell'agricoltura, determinarono un rapido e notevole incremento dei redditi agricoli, facilitando anche la ripresa dell'in­dustria che ritrovò nelle campagne un più vivace mercato d'assor­bimento dei suoi prodotti.

All'Ente nazionale per la ripresa industriale (National Industrial Recovery Administration) fu affidato il compito di stimolare il rilan­cio delle industrie e di spingerle alla formulazione di un «codice di concorrenza leale» che consentisse di mantenere i prezzi ad un livello remunerativo: come contropartita di questo «calmiere rove­sciato», le aziende dovevano impegnarsi a corrispondere ai lavora­tori un minimo salariale e a non pretendere da loro più di un nu­mero pattuito di ore lavorative alla settimana.

Per reperire i fondi necessari alla realizzazione della nuova politica, quasi per intero fondata sull'espan­sione massiccia della spesa statale, si ricorse all'aumento del debi­to pubblico, che infatti fra il 1932 e il 1940 risultò più che raddop­piato; si accettò il deficit del bilancio statale, superando il pregiudi­zio del pareggio ad ogni costo; si stamparono infine più dollari di quanti le riserve auree avrebbero consentito, ossia si abbandonò la base aurea e si provocò un'inflazione controllata che, comportando una svalutazione del dollaro, aveva fra l'altro lo scopo di facilitare le esportazioni, specie di derrate agricole.

Tamponate le falle più pericolose della crisi, dal 1935 fu varato un programma di riforme mirante a consolidare il sistema in modo più organico e durevole. Una Legge sulla sicurezza sociale (Social Security Act) fissò consistenti inden­nità per la disoccupazione, per l'invalidità e per la vecchiaia. Una riforma fiscale, ribattezzata dagli oppositori «legge per tartassare i ricchi», rese fortemente progressive le imposte sui redditi e provvi­de a turare i pertugi che facilitavano le evasioni fiscali. Una Legge sui rapporti di lavoro (National Labor Relations Act) concedette il riconoscimento giuridico ai sindacati, vietò alle aziende di interfe­rire nelle organizzazioni dei lavoratori e le obbligò ad accettare la contrattazione collettiva.

I sindacati, che complessivamente nel 1929 contavano solo 3­4 milioni di aderenti, nel 1940 erano saliti a 9-10 milioni ed era­no certamente in grado di tutelare quella capacità d'acquisto dei lavoratori che la crisi aveva dimostrato necessaria, entro certi limiti, alla sopravvivenza e alla solidità dello stesso sistema capitalistico.

Alcuni provvedimenti del governo furono giudicati incostituzionali dalla Corte Suprema, ma Roose­velt aggirò l'ostacolo riproponendoli in forma lievemente modifica­ta senza peraltro intaccarne la sostanza. D'altra parte, se inizial­mente il New Deal era stato accettato da tutti come terapia d'emer­genza, le riforme successive al 1935 incontrarono la crescente op­posizione degli ambienti capitalistici, che per la salvaguardia dei propri interessi accusavano il presidente di autoritarismo e di con­cessioni al collettivismo. Queste campagne propagandistiche non impedirono però a Roosevelt di essere rieletto alla presidenza nel 1936 con uno scarto di voti anche maggiore di quello del 1932.

Nel 1937, comunque, mentre il governo restringeva la spesa pubblica per non aumentare soverchiamen­te il deficit del bilancio, l'ostilità dei capitalisti si manifestò in un cosiddetto «sciopero bianco del capitale», che consistette in un forte decremento degli investimenti: ne segui una recessione in conseguenza della quale il numero dei disoccupati, che nel 1937 era sceso sotto gli 8 milioni, tornò l'anno dopo a superare i 10 mi­lioni. Fu pertanto necessario ricorrere nuovamente all'espansione della spesa pubblica.

Col 1938 la politica specificamente ispirata ai princi­pi del New Deal poté considerarsi conclusa: infatti le minacce che il nazismo addensava sull'Europa e che l'imperiali­smo nipponico, concorrente pericoloso degli Stati Uniti, faceva gravare sull'Estremo Oriente, indussero il governo a moltiplicare le spese per gli armamenti, e queste furono di tale entità da bastare da sole a far superare la crisi: tant'è vero che la disoccupazione spari rapidamente. Nella nuova situazione il Roosevelt fu rieletto alla presidenza una terza volta nel 1940 e una quarta volta nel 1944, sia pure con margini di maggioranza decrescenti, cosicché egli tenne la presidenza degli Stati Uniti sin quasi al termine della seconda guerra mondiale: mori infatti il 12 aprile del 1945, alla vigilia della vittoria sul nazismo.

Il giudizio sul New Deal e sull'opera politica del Roosevelt è tutto­ra oggetto di vivace discussione fra gli storici. Noi ci limiteremo a indicare le conclusioni che ci sembrano meno controvertibili.

Il New Deal seppelli per sempre le tesi del liberismo puro e introdusse irreversibilmente la pratica dello Stato assistenziale non solo in America, ma anche, in misura diversa, in tutti gli altri paesi capitalisti.

La ripresa economica, che era fra gli obiettivi fonda­mentali del Presidente, fu in buona parte attuata.

Il pieno impiego della manodopera non fu però raggiunto se non col riarmo, che non apparteneva alla logica propria del progetto rooseveltiano.

La ridistribuzione dei redditi, che era nei program­mi di Roosevelt, fu effettivamente conseguita in misura notevole.

Il New Deal, infine, allargò e tutelò le libertà sinda­cali e consolidò le libertà politiche, tanto che gliStati Uniti divennero il rifugio di molti intellettuali scacciati dalle loro patrie dalla persecuzione nazista e fascista: cite­remo, fra i grandissimi, Albert Einstein, Thomas Mann, Sigmund Freud, Enrico Fermi. Quest'ultimo diede contributi decisivi agli stu­di di fisica atomica, nei quali gli Stati Uniti erano all'avanguardia.






Italo Svevo.

La vita.


Nato a Trieste percorre, nei sessantasette anni della sua vita, un itinerario ordinario, tranquillo, spesso caratterizzato dal successo economico e sociale. Trascorre una vita normale con un unico, ma feroce “demone”, quello letterario, che lo segue e perseguita per tutta l’esistenza, lo spinge a rappresentarsi nei suoi romanzi come in una lunga, ininterrotta seduta di autoanalisi e lo accompagna, di successo in insuccesso, fino a fargli balenare l’insperata fama solo a pochi anni della morte.

Italo Svevo proviene da un’agiata famiglia di imprenditori di origine ebraiche che commercia in vetrami; sostiene gli studi commerciali prima in Germania, per imparare “dal vivo”, e poi a Trieste. Quando, l’impresa commerciale del padre fallisce trova un impiego alla filiale triestina della Banca Union di Vienna che gli consente una vita economicamente dignitosa. A trentacinque anni, sposa Livida Veneziani, una cugina giovane, bella e ricca, e solo tre anni dopo va a dirigere l’impresa di vernici marine di proprietà del suocero. In questo periodo viaggia molto per affari e soggiorna in Inghilterra e in Francia approfondendo le sue conoscenze linguistiche e culturali. In questi anni conosce lo scrittore irlandese James Joyce e legge alcune opere di Sigmund Freud, che gli darà una chiave di lettura nuova per la costruzione della sua esperienza letteraria, Svevo prende lezioni private d’inglese da Joyce, che sarà per egli l’aggancio fondamentale con l’ambiente editoriale europeo.

Nel 1914 scoppia la prima guerra mondiale e Svevo si trova temporaneamente “disoccupato”, infatti la fabbrica del suocero viene requisita dal governo austriaco al quale Trieste ancora apparteneva e così riprende vigore l’antico “demone” che era stato ammutolito dagli insuccessi editoriali sia di Una vita, che di Senilità. Nasce La coscienza di Zeno: il romanzo viene pubblicato e non ha maggior successo di quelli che lo avevano preceduto. Ma l’amicizia con Joyce e la stima di un giovane poeta italiano Eugenio Montale, contribuì a far apprezzare la sua opera prima in Francia e poi in Europa. Da qui si butta letteralmente nella scrittura di un altro romanzo, ma nel 1928 a Motta di Livenza, nel Trevigiano, a causa di un grave incidente stradale muore.






Il percorso letterario.


La vita, la formazione e la produzione culturale di Svevo si svolgono a Trieste, una città particolarmente coinvolta nella crisi che caratterizza il passaggio tra i due secoli, sia a livello culturale che politico ed economico. Trieste fino alla fine della grande guerra, è parte integrante dell’Impero Asburgico. Trieste rappresenta bene la molteplicità etnica e culturale del grande impero. La popolazione di lingua italiana è maggioritaria.

La componente asburgica di cultura tedesca è insediata negli apparati burocratici e amministrativi dell’Impero. Forte è la presenza slava che dall’altopiano carsico sfiora linguisticamente la stessa città. A Trieste è inoltre presente un’attivissima componente greco-levantina cospicua è la comunità ebraica che manovra il fior fiore degli intellettuali, dei professionisti e dei commercianti, Svevo appartiene a questa comunità, ma non fu mai praticante. Due sono gli elementi che tengono insieme questo crocevia di popoli, lingue e culture. Da una parte vi è l’intensa attività mercantile che fa di Trieste lo snodo commerciale tra l’Italia, Europa centrale, mondo balcanico e Oriente; ciò favorisce lo svilupparsi di un vasto ceto borghese e di uno spirito mercantile. A questo ceto e a questo spirito appartiene Svevo, prima impiegato, poi imprenditore borghese. Dall’altra parte vi è la vivacità culturale della città che trasforma il suo essere crocevia di popoli e lingue in ricchezza di iniziative mondane e artistiche. Il giovane Svevo le vive profondamente da borghese attraversandone tutti i gradini, da piccolo e coscienzioso impiegato a dirigere, commerciante internazionale, imprenditore. Allo stesso tempo scrive opere teatrali e romanzi, studia e coltiva anche la musica diventando anche un discreto dilettante di violino. Ma Trieste ha anche il volto della crisi. Nel passaggio tra i due secoli fino alla grande guerra crescono i nazionalismi che si scontrano con l’apparato asburgico-tedesco; allo stesso tempo avanza il conflitto di classe e si formano organizzazioni di ispirazione socialista, che mettono in discussione lo spirito borghese su cui regge la città, contemporaneamente, la grande depressione economica di fine Ottocento. A Trieste è presente la crisi della ragione e Svevo vi è profondamente immerso. La sua stessa scelta di usare lo pseudonimo di Italo Svevo sta ad indicare una doppia appartenenza culturale.


Il secondo presupposto da cui bisogna partire per comprendere la narrativa dello scrittore il suo non essere un letterato di professione: l’istruzione dello scrittore è tecnico-commerciale, e la formazione culturale è completamente da intellettuale autodidatta. Il suo rapporto con la scrittura risponde da una parte al fascino che prova nei confronti della narrativa, dall’altra ad un suo personalissimo bisogno scrivere per “pensarsi”, cioè elaborare un’immagine di sé, riflettere su se stessi.

Egli scrive nei ritagli di tempo lasciatigli della sua professione dalla sua professione d’impiegato di banca prima e di imprenditore poi: un borghese con la mania della scrittura. Anche questo rende strano Svevo, sia rispetto alla tradizione umanistica italiana nella quale l’intellettuale è stato sempre visto come un professionista della cultura, separato dalle attività di lavoro del resto della società, sia rispetto al contemporaneo clima decadente nel quale l’artista appare ancora di più come una figura eccezionale: un veggente, un maledetto, ecc. Svevo non si sente niente di tutto questo, è un onesto borghese e buon padre di famiglia, ma con l’ossessione della scrittura e della riflessione.

Inizia a lavorare come impiegato nella Banca Union, un incarico con puntigliosa precisione che esegue per ben diciannove anni. Ma proprio qui inizia la formazione da autodidatta: dopo il lavoro frequenta assiduamente la biblioteca civica e nei primi due anni divora avidamente i grandi romanzieri francesi come quelli di Zola. È il momento del Naturalismo e Svevo è attrtto dalla letteratura realistica. Non trascura però quella italiana, anzi, questo è il momento in cui si avvicina a Machiavelli e Guicciardini e ad altri. Contemporaneamente segue la stagione teatrale e abbozza una serie di commedie.

Si colloca l’incontro con la filosofia di Schopenhauer, un approccio che permette a Svevo di superare l’iniziale fascino verso il Naturalismo e di avvicinarsi a quello che più avanti sarà definito “inconscio”. Schopenhauer aveva individuato come cuore profondo, come essenza del reale, la “volontà”. La volontà è la pulsione a vivere, inconscia, unica, impersonale ed eterna. L’uomo si illude di vivere e di scegliere, pensa di avere libero arbitrio, coscienza, ragione, ma in realtà è mosso da questa profonda e inconsapevole pulsione a vivere. L’essere umano, dominato da questa forza oscura, è costretto ad oscillare tra noia e dolore.


Dolore, in quanto la volontà di vivere spinge incessantemente verso il piacere, ma nessun piacere può mai soddisfare tale pulsione infinita dopo un breve appagamento il desiderio si rimette in moto è Noia, perché nulla può placare la pulsione al piacere; l’uomo resta pertanto perennemente insoddisfatto e quindi cresce il sentimento dell’indifferenza.

Svevo assimila in modo personale la filosofia di Schopenhauer e ne coglie soprattutto l’idea che dietro i comportamenti apparentemente razionali del soggetto agiscano spinte inconsapevoli di cui non si conosce la forza. Tutto ciò conduce lo scrittore verso l’analisi l’interiorità e del suo fondo oscuro. Inizia inoltre a crearsi una popolarità, che sarà costante nella sua narrativa, tra i personaggi che lottano e quelli che rinunciano e contemplano; questi ultimi sono il primo nucleo della figura dell’inetto

Ancora sotto l’influsso di Schopenhauer Svevo termina Una vita e la pubblica a proprie spese. Risulta un’opera composita, accanto all’analisi dell’interiorità del protagonista. Il romanzo è fondamentale per comprendere Svevo, perché tratteggia per la prima volta la figura dell’inetto (L’inetto era tra l’altro il titolo originale del romanzo), egli è Alfonzo Nitti,un provinciale con ambizioni letterarie che giunge nella grande città, è costretto ad un modesto impiego bancario e coltiva la letteratura frequentando la biblioteca civica e sognando la gloria letteraria. L’occasione infine gli giunge attraverso il possibile matrimonio con la figlia del direttore della banca presso cui lavora, ma proprio la sua inettitudine lo spinge a fuggire.

E’ così lacerato tra la volontà e la rinuncia, si uccide convinto di fare un gesto da lottatore. Così non la pensano gli altri, ai quali appare la conferma dell’incapacità di Nitti di stare al mondo. Editorialmente il romanzo risulta un fallimento e la critica ignora la novità del tema dell’inettitudine. Ma per Svevo la scrittura è una forma di terapia, è un modo per non commettere gli stessi errori dei suoi personaggi che sono quasi degli alter ego. Nel 1896 si sposa con Livia Veneziani, compiendo il gesto che Nitti non ha avuto il coraggio di fare.



Lo stesso anno del matrimonio ha iniziato a porre mano al secondo romanzo, Senilità. Lo pubblica nel 1898 a sue spese. Il tema centrale è ancora quello dell’inettitudine, ma sembrano attenuarsi i riferimenti alla filosofia di Schopenhauer, e la malattia dell’incapacità di vivere si allarga ad altri personaggi. Il protagonista, Emilio Brentani, ha realizzato il suo sogno quello di pubblicare un proprio romanzo e ciò gli ha dato una piccola notorietà provinciale. Si apre per lui la percezione piena del vuoto esistenziale ben rappresentata dal titolo. La senilità non è la vecchiaia fisica ma quella dell’anima: Brentani, ancora giovane, si sente e vive come se nulla debba più aspettarsi e desiderare dall’esistenza. Egli non percepisce più in sé la volontà di vivere, anzi ne è fuori e da lì contempla al carica vitale che anima l’amico Balli. Entra a far parte nella vita e scopre la sua malattia: il sentirsi non adatto alla vita. Sceglie così di restarne ai margini, contemplare quella degli altri e rimpiangere una giovinezza che non ha mai vissuto. Questa è la senilità. La struttura del romanzo è ancora di impostazioni tradizionale per quanto riguarda il rispetto della sequenza temporale degli eventi, ma sono scomparsi i riferimenti sociologici naturalistici e al centro del racconto vi è la contorta mentalità di Brentani. Senilità è già un romanzo nuovo che si proietta nel novecento. La pubblicazione fu un nuovo fallimento editoriale e personale.

Nel 1899 entra come dirigente nell’impresa del suocero e diventa imprenditore dai contatti europei. Egli legge Darwin alla luce delle conclusioni cui è giunto attraverso Schopenhauer:

È vero che l’uomo è retto da un’inconscia spinta alla vita, ma rispetto agli animali ha la coscienza, sa di esserci e riflette su quello che fa. Grazie a ciò egli devia dal modello di Darwin perché attraverso la coscienza oppone resistenza all’ambiente e, anzi, lo adatta a sé. Tutte le specie si sono evolute adattandosi, mentre l’uomo è una creatura rimasta allo stato di “abbozzo”, un essere “inetto”. Lo scrittore trasferisce questa sua lettura della teoria dell’evoluzione all’interno del sistema sociale, dove trova riprodotti gli stessi meccanismi. Gli adatti sono gli uomini pienamente inseriti nella società, gli specializzati che funzionano con efficienza mandano avanti il sistema.



Un antieroe, non è un lottatore, non vince e può apparire un inutile peso, però rappresenta una riserva positiva per il futuro, gli specializzati si trovano in enormi difficoltà, mentre gli inetti, riescono a trovare lo spazio nella nuova realtà. L’inettitudine comincia ad apparire a Svevo non più solamente la malattia negativa, ma anche una forma di salute.

Lo scrittore conosce Joyce e tra il maturo e letterariamente deluso Svevo e il giovane di belle speranze si stabilisce un intenso e fraterno rapporto letterario e particolarmente sulla forma del romanzo. Joyce legge i romanzi del triestino e ne rimane colpito della Senilità, l’irlandese sta progettando i Dubliners e l’Ulisse. Anche Svevo legge i materiali di Joyce ed è quindi più che naturale ipotizzare una reciproca e amichevole influenza rispetto all’idea del romanzo moderno. Ognuno poi la svilupperà secondo una propria personalissima curvatura che entrambi riconosceranno ed apprezzeranno l’un dall’altro, senza alcuna pretesa di primogenitura, perché tra La coscienza di Zeno e Ulisse esistono enormi differenze.

Questo rapporto con Joyce riconcilia Svevo con la scrittura letteraria che in una pagina di Diario del dicembre 1902 aveva dichiarato di abbandonare, sono però progetti di cui discute con Joyce ma che non mette mai in pratica. Negli stessi anni, Svevo ha un altro incontro con la teoria e le opere di Freud. E’ un incontro estremamente problematico. Svevo, da autodidatta curioso, inizia a leggere alcune opere del prestigioso medico viennese. Ma sul fascino della teoria psicanalitica interviene poi la delusione: il cognato Bruno Veneziani, curato direttamente da Freud e poi dai suoi collaboratori, non trae dalla terapia alcun giovamento, ne esce anzi maggiormente distrutto; tutto ciò nonostante Svevo legge Freud e nel 1981 intraprende con il nipote Aurelio Finzi la traduzione di una sua opera. Rispetto alla teoria di Freud, quind, Svevo ha un rapporto contemporaneamente di attrazione e repulsione. Di attrazione, perché Freud conferma e ampia la lettura che Svevo aveva fatto di Shopenhauer. Ma allo stesso tempo vi è nello scrittore una sorta di rigetto verso l’opera freudiana. Svevo non crede ad una possibile cura dell’uomo e lo dichiarerà esplicitamente nelle pagine finali della Coscienza di Zeno.

Però accetta lo scavo interiore, è lo stesso scrittore triestino a dichiarare che la psicanalisi è più utile per la letteratura che per la scienza.


Lo scoppio della guerra e l’intervento italiano contro l’Austria nel 1915 alterano l’ordinata vita di Svevo: il suocero, di nazionalità italiana, deve abbandonare Trieste e affidare a Svevo, che ha la cittadinanza Austriaca, la direzione della fabbrica; ma nello stesso agosto essa viene requisita e lo stesso Svevo finisce nella lista dei sospetti. E’ il momento dell’incontro con la letteratura inglese Sterne e Swift, due grandi narratori caratterizzati da una vera ironica e umoristica che nasce da un’armata riflessione sul mondo esterno e su quello interiore. Nel frattempo continua la lettura dell’opera freudiana. E’ in questo periodo e in tale clima che comincia a balenare l’idea di un terzo romanzo alla cui stesura Svevo lavora dal 1919, ben ventuno anni dopo l’ultimo esperimento narrativo di Senilità.

Nel ’22 il nuovo romanzo, La coscienza di Zeno è terminato, il protagonista è l’erede di Brentani così come Brentani era “fratello carnale” di Nitti. E’ come se Svevo stesse seguendo l’evoluzione di uno stesso personaggio, l’inetto, alterando però la conclusione ad ogni successivo romanzo. Così Nitti non si suicida e diventa Brentani che scrive la sua opera narrativa, ma con ciò non guarisce dalla sua inettitudine. Ventuno anni dopo Svevo riprende il suo personaggio, che nel frattempo si è pero “formato”: Zeno non si ritira dalla vita, ma fa della sua inettitudine quasi una forma di saggezza che gli permette di guardare con ironico disincanto sia se stesso che il mondo. Per la terza volta, pochissimi si accorgono del suo lavoro.

Ma Svevo non si rassegna e nel ’24 invia il suo romanzo al vecchio amico Joyce che gli risponde complimentandosi per la qualità dell’opera e impegnandosi a parlarne con critici letterati inglesi e francesi. Nel ’25 Svevo si reca a Parigi ed è accolto calorosamente dai gruppi intellettuali della capitale. Lusingato dal successo tanto atteso, al ritorno in patria scrive uno dei suoi migliori racconti: Corto viaggio sentimentale. Nello stesso anno cominciano ad arrivare anche i riconoscimenti dall’Italia grazie ad un articolo di Eugenio Montale.





















INTERNET


What is the Internet?


The Internet is a bunch of interconnected networks whose structure is changing constantly.

It is used to send messages, to retrieve information and to transfer files.


Its story.


In the late 1960s the US Government financed a project for a prototype of network. The Pentagon suggested the setting up of a network to make information accessible simultaneously from every point of the country.


The Internet use.


The basic purposes of the Internet is: E-MAIL.

Electronic mail consist in the exchange of data between computers. All users have their own address and postal-boxes which give them the possibility of receiving messages at any time.

E-mail can be used also to send files, programs, images and documents all over the world.


The Internet and the Business world.


Business use the Internet also to advise or to sell directly by the means of on-line catalogues. Now customers can buy practically anything on the net.


















LA TEORIA DELLE DECISIONI IN CONDIZIONI DI CERTEZZA.


I problemi di scelta in condizioni di incertezza.


Nella maggior parte dei casi, tuttavia, non è possibile conoscere in anticipo quale sarà l’effetto prodotto da una nostra scelta.

Vi sono quindi delle situazioni in cui le conseguenze di una nostra scelta non dipendono da noi, ma dal verificarsi o meno di certi eventi. L’incertezza nei confronti di una scelta fra più alternative dipende da molti fattori: dalla impossibilita di avere informazioni complete su un fenomeno; dal verificarsi di eventi imprevedibili come catastrofe naturali, guerre, rivoluzioni.

Ognuno di questi fattori può cambiare il panorama economico-finanziario di una società.

Diventa quindi importante per chi ha responsabilità decisionali avere più informazioni possibili, ricavabili da indagini di mercato e da studi statistici, in modo da ridurre il grado di incertezza; in ogni caso l’incertezza non è eliminabile del tutto ed ogni evento che riguarda una possibile è un evento aleatorio cui è associata una determinata probabilità.


Il modello del problema ed il criterio del valor medio.


ALTERNATIVE

 

A1

A2

A3

A4

Probabilità

E

V

E

N

T

I

E1






E2






E3







A tale tabella si dà il nome di tabella dei risultato o, Playoff table.

Quando una alternativa massimizza o minimizza a seconda dei casi la funzione obiettivo in ogni possibile situazione diremo che è dominante sulle altre.

Il valore medio di una variabile aleatoria x è indicato con M per evitare confusioni con la lettera E usata per gli eventi, è dato dalla somma dei prodotti di ogni valore assunto dalla variabile per la rispettiva probabilità pi, cioè:

n

M(X) = S xi pi

i = 1

Scelte che tengono conto del rischio.


Supponiamo che i valori dei profitti risultanti dall’investimento di un capitale in dipendenza di due eventi siano quelli riportati nella seguente tabella.




 

ALTERNATIVE

 

 

A

B

Pi

E

V

E

N

T

I

E1




E2





Calcolando il valor medio:

M(A) = -200*0.2+300*0.8 = 200

M(B) = 60*0.2+235*0.8 = 200

le due alternative sono indifferenti ed è quindi la stessa cosa, dal punto di vista del profitto medio atteso, scegliere una o scegliere l’altra.

Se però le guardiamo sotto un altro punto di vista, quello del rischio che si corre investendo in A o in B, le cose non stanno più così: con la forma di investimento A possiamo guadagnare molto se si verifica l’evento E2, ma possiamo anche perdere molto se si verifica l’evento E1; con la forma di investimento B non arriviamo ai guadagni che potremmo avere in A, ma non perdiamo mai del denaro. In questo caso è dunque la nostra propensione al rischio che ci fa scegliere. Possiamo sicuramente dire che una alternativa è più rischiosa di un’altra se nella prima vi è maggiore variabilità fra i dati; il grado di variabilità di una distribuzione di probabilità è misurato dallo scarto quadratico medio s, dovremo calcolare lo scarto quadratico medio di ogni alternativa: un valore s elevato indica grande variabilità è quindi maggior rischio.

Lo scarto quadratico medio di ogni alternativa Aj è dato da:

n

s (Aj) = a Rij – M(Aj) * pi

i = 1

s(A) = 200

s(B) = 70


la seconda alternativa ha una variabilità minore rispetto alla prima, quindi un gradi di rischio minore. È evidente che ogni persona ha una sua propensione a rischio e la scelta, dopo aver analizzato la situazione, è quindi soggettiva. Quello si può fare è allora fissare una soglia che rappresenti il rischio massimo sopportabile da un individuo; di solito si sceglie una frazione del valor medio.

Indicato con grm (Aj) il grado di rischio massimo dell’alternativa Aj, sia ha che


grm(Aj) = M(Aj)/n


Una volta fissato il valore di n e calcolato il corrispondente grm per ogni alternativa Aj, per fare una scelta basta a questo punto confrontare il grado di rischio di ogni alternativa con il corrispondente grm; se

s(Aj) < grm (Aj) l’alternativa Aj può essere ritenuta accettabile dal soggetto

s(Aj) > grm (Aj) l’alternativa Aj deve essere scartata perché troppo rischiosa.

Il valore dell’informazione.

Con l’aggiunta di ulteriori informazioni, si potrebbe riuscire a ridurre il margine di incertezze o ad eliminarlo del tutto.


 

ALTERNATIVE

 

 

A

B

C

D

Probabilità

 

E

V

E

N

T

I

E1






E2






E3






E4







 

M







Per sapere qual è il massimo costo sopportabile per avere un informazione completa, cioè un informazione che, ammesso che sia possibile, elimini l’incertezza.

Calcoliamo il guadagno atteso che ci può procurare l’informazione aggiuntiva:


M(X) = 6*0.25+5*0.2+2*0.2+8*0.35 =5.7


È ragionevole quindi sopportare un costo che non superi la differenza fra M(X) e M(A). La differenza fra il valore atteso dell’utile che ci può procurare una informazione aggiuntiva ed il valore atteso dell’utile in assenza di tale informazione rappresenta il valore dell’informazione. L’acquisizione di una informazione aggiuntiva è conveniente finche il suo valore supera il suo costo.










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