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La recessione delle galassie: red-shift e legge di hubble




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La recessione delle galassie: Red-shift e legge di Hubble


Quando osserviamo gli spettri provenienti da corpi in moto relativo rispetto a noi essi ci appaiono deformati. In particolare le righe risultano spostate verso lunghezze d'onda maggiori se la sorgente luminosa possiede un moto relativo di allontanamento, mentre risultano spostate verso lunghezze d'onda minori se la sorgente è animata da un moto relativo di avvicinamento.

Poichè nello spettro visibile le lunghezze d'onda maggiori corrispondono al rosso, mentre le lunghezze d'onda minori corrispondono al blu, il fenomeno di 'dilatazione' della lunghezza d'onda proveniente da un corpo in allontanamento è indicato come spostamento verso il rosso o red-shift, mentre il fenomeno di 'compressione' della lunghezza d'onda proveniente da un corpo in avvicinamento è indicato come spostamento verso il blu o blu-shift.

Naturalmente ciò non significa che una radiazione che ha subito un red-shift o un blu-shift ci appaia effettivamente rossa o blu, significa solo che ci appare con una lunghezza d'onda rispettivamente maggiore o minore di quella che possedeva al momento di emissione.


L'intensità del fenomeno è tanto maggiore quanto maggiore è la velocità radiale di allontanamento o di avvicinamento.

Il fenomeno è analogo, come fece notare Doppler nel 1842 e come dimostrò sperimentalmente Fizeau nel 1848, a quello che si produce nelle onde acustiche. E' noto infatti che una sorgente sonora in avvicinamento produce un suono più acuto, mentre in allontanamento produce un suono più grave (effetto Doppler).


Supponiamo ora che una sorgente luminosa emetta onde elettromagnetiche di periodo T e che la sorgente si stia allontanando dall'osservatore ad una velocità v.

Dopo aver emesso la prima cresta, la seconda verrà emessa dopo un tempo T. Ma nel tempo T compreso tra un'emissione e la successiva la sorgente si allontana di uno spazio vT.

Questa distanza aumenta il tempo richiesto perchè la seconda cresta raggiunga l'osservatore di una quantità vT/c.

L'osservatore dunque non misurerà più un periodo T, ma un periodo più lungo. Il tempo compreso tra l'arrivo di una cresta e l'arrivo di quella successiva sarà infatti pari a


T = T + vT/c


In base a tale nuovo periodo l'osservatore calcolerà una lunghezza d'onda pari a


l = cT


mentre la lunghezza d'onda in partenza è in relazione con il periodo originario T          


l = cT


Dividendo membro a membro le due ultime relazioni si ottiene


da cui semplificando



ed infine



viene comunemente indicato come 'z', parametro di red-shift. Si dimostra dunque che se z è dovuto ad effetto Doppler esso è pari al rapporto tra la velocità relativa del corpo emittente e la velocità della luce.

Poichè è piuttosto semplice calcolare di quanto è aumentata o diminuita la lunghezza d'onda di uno spettro a righe, confrontandola con gli spettri standard dei vari elementi e composti ottenuti in laboratorio, rimane di conseguenza subito determinata la velocità di allontanamento o di avvicinamento espressa come percentuale della velocità della luce.

Se ad esempio misuriamo un aumento della lunghezza d'onda delle righe spettrali dell'idrogeno che costituisce una galassia dell'1%, possiamo dedurne che tra la terra e tale galassia esiste un movimento di allontanamento reciproco che avviene ad una velocità dell'1% di quella della luce (v/c = 0,01), pari a 3.000 km/s.

Determinando il parametro di red-shift (z) di alcuni corpi celesti sono stati calcolati valori superiori ad 1. Ciò non può naturalmente significare che tali corpi possiedono velocità superiori a quelle della luce. Significa invece che essi si allontanano con velocità talmente prossime a quelle della luce (velocità relativistiche) che è necessario utilizzare una relazione relativistica per il calcolo di z.

Nella relatività speciale z è legato alla velocità di allontanamento v dalle seguenti relazioni


e


Nel 1925 Slipher aveva misurato i red-shift di 45 galassie. Ad eccezione di Andromeda e di poche altre galassie che avevano evidenziato uno spostamento verso il blu, e quindi un moto relativo di avvicinamento, tutte le altre mostravano uno spostamento verso il rosso più o meno marcato.

Nel 1929 Hubble, lavorando sui dati raccolti da Slipher, giunse a definire una relazione che legava la distanza delle galassie all'entità del loro red-shift e quindi, in definitiva, alla loro velocità di allontanamento.


v = H D


dove v è la velocità di allontanamento in km/s, D è la distanza in megaparsec (Mpc) e H è una costante di proporzionalità, detta costante di Hubble, alla quale si dà oggi il valore di 55 km/(s Mpc).

Secondo tale relazione dunque tutte le galassie, ad eccezione di alcune a noi vicine che presentano moti locali, manifestano una velocità di allontanamento o recessione che risulta direttamente proporzionale alla loro distanza.

Per esemplificare, una galassia che dista da noi 1 Mpc si allontana a 55 Km/s, una che dista 2 Mpc si allontana a 110 Km/s e così via.


Introducendo il parametro di red-shift 'z' ( dove z = Dl l = v/c), la relazione diventa


zc = H D


In tal modo la misura del red-shift di ciascuna galassia diventa una misura, oltre che della sua velocità di recessione v, anche della sua distanza D. E' in questo modo che gli astronomi hanno calcolato la distanza degli oggetti celesti più remoti, come radiogalassie e quasar.


Anche se apparentemente può sembrare il contrario, la legge di Hubble è perfettamente coerente con il principio cosmologico.


Per dimostrarlo prendiamo in considerazione cinque galassie, A, B, C, D, E, poste su di una retta ad intervalli regolari di 1 Mpc.

Poniamo ora di trovarci nella galassia B e di osservare il moto delle altre quattro galassie.


1° caso

Se il moto non seguisse la legge di Hubble e tutte e quattro le galassie si allontanassero da B non con una velocità direttamente proporzionale alla loro distanza, ma con la stessa velocità, poniamo 50 km/s, l'osservatore posto in B avrebbe l'impressione di essere al centro di un moto di espansione. Ma l'osservatore posto in C vedrebbe le galassie D ed E ferme rispetto a lui, la galassia B che si allontana a 50 Km/s e la galassia A che si allontana a 100 Km/s. I risultati dell'osservazione non sono dunque gli stessi se l'osservazione viene compiuta in luoghi diversi dell'universo e l'osservatore posto in C potrebbe per di più dedurre che nell'universo esiste un luogo privilegiato, il centro B da cui tutto si sta allontanando.


2°caso

poniamo ora che il moto di espansione segua la legge di Hubble e che l'espansione avvenga in modo che la velocità delle galassie risulti direttamente proporzionale alla distanza che le divide. E' facile allora verificare che dovunque noi spostiamo il punto di osservazione le misurazioni sul movimento delle galassie esterne danno lo stesso risultato. Tutti gli osservatori avranno l'impressione di essere al centro di un moto di espansione e nessuno potrà individuare un centro effettivo dell'universo, un luogo privilegiato.



Possiamo immaginare l'universo come un foglio di gomma che venga stirato uniformemente. Se ad esempio prendiamo tre punti A, B e C posti sulla circonferenza di un cerchio di gomma con A che dista 2 cm da B e 5 cm da C, e poi raddoppiamo in un secondo le dimensioni del cerchio, tutte le distanze al suo interno verranno raddoppiate. Così ora A disterà 4 cm da B e 10 cm da C. L'osservatore posto in A misurerà per B una velocità di allontanamento di 2 cm/s mentre per C una velocità di allontanamento di 5 cm/s, tanto maggiore quanto maggiori sono le distanze che inizialmente li separano.



In realtà il moto di recessione delle galassie non andrebbe considerato come un vero e proprio movimento, infatti ciò che si dilata nell'universo è lo spazio-tempo. Le galassie possono essere ritenute ferme rispetto ad uno spazio tempo in fase di dilatazione. Questo consente di accettare tra l'altro velocità di recessione, per le galassie più lontane, maggiori di quelle della luce e di interpretare il parametro z di red-shift non più come dovuto ad effetto Doppler, ma connesso alla dilatazione che anche le lunghezze d'onda subiscono quando lo spazio-tempo si espande. Così se l'universo raddoppia le sue dimensioni anche tutte le lunghezze d'onda della radiazione elettromagnetica vengono raddoppiate. Si parla in questo caso di red-shift cosmologico.

Se ad esempio Re è il raggio dell'universo al momento in cui viene emessa una radiazione di lunghezza d'onda le, la lunghezza d'onda lo percepita ora (Ro) soddisfa la seguente relazione


Se, ad esempio, z = 1 significa che Ro = 2Re e che stiamo percependo una radiazione emessa quando le dimensioni dell'universo erano la metà delle attuali. z = 2 significa invece che Ro = 3Re e che stiamo percependo una radiazione emessa quando le dimensioni dell'universo erano un terzo delle attuali.

In definitiva l'universo presenta ora una dimensione z + 1 volte maggiore di quella che aveva quando è stata emessa la radiazione che ora percepiamo con red-shift z.


La relazione che in questo caso lega z a v verrà ottenuta dopo aver analizzato le equazioni che descrivono la dinamica dell'espansione cosmica e la metrica dello spazio-tempo.


Una volta accettata la legge di Hubble come conseguenza del moto di espansione dell'universo è possibile fare alcune interessanti considerazioni.



Se infatti la galassia C che si trova ad 1 Mpc da B si sta allontanando da quest'ultima alla velocità di 50 Km/s, ricordando che v = s/t,  potremmo affermare che al tempo



le due galassie si trovavano unite.

Lo stesso ragionamento può essere fatto anche per la galassia D che si trova a 2 Mpc e che si allontana da B a 100 Km/s. Potremmo affermare che B e D erano unite al tempo



Il valore ottenuto è evidentemente lo stesso ed il ragionamento si può fare per qualsiasi coppia di galassie. Possiamo in altre parole affermare che tutte le galassie si trovavano concentrate in un solo punto in un tempo t, calcolabile come rapporto tra distanza e velocità di allontanamento.

Ricordando ora che la legge di Hubble è v = HD, è semplice verificare che il rapporto tra D e v risulta pari al reciproco della costante di Hubble e tale valore è una stima dell'età dell'universo



Per un valore di H attualmente stimato in 55 Km/(s Mpc) (1,78 10 s), l'età dell'universo si aggirerebbe sui 18 miliardi di anni.

Si tenga presente che il valore di H non è certo, ma si ritiene che esso debba collocarsi tra 50 e 100 km/(s Mpc). Per un valore di H di 50 Km/(s Mpc) (1,62 10 s), l'età dell'universo diviene circa 20 miliardi di anni, mentre per un valore di H di 100 Km/(s Mpc) (3,24 10 s), l'età dell'universo diviene circa 10 miliardi di anni. Come si può vedere piccole variazioni di H possono modificare in modo sensibile le nostre stime sull'età dell'universo.

L'età dell'universo calcolata come reciproco della costante di Hubble è tuttavia un limite superiore. Essa è infatti calcolata nell'ipotesi che H abbia sempre avuto lo stesso valore e che quindi l'universo si sia espanso anche in passato con la stessa velocità con cui si sta espandendo ora. Ciò non è evidentemente accettabile poiché la presenza di materia deve aver frenato l'espansione che in passato deve essere perciò stata più rapida. L'età dell'universo deve quindi essere certamente inferiore a 1/H.

Per poter stimare l'entità di questo effetto frenante è necessario possedere una funzione R(t) che metta in relazione il raggio R dell'universo con il tempo t e che ci descriva in definitiva le caratteristiche cinematiche dell'espansione.


Il formalismo matematico che permette di descrivere la dinamica e la cinematica dell'universo è costituito dalle equazioni della relatività generale. E' però notevole che applicando all'universo la teoria newtoniana della gravitazione si giunga, come dimostrarono E.A. Milne e W.H. McCrea nel 1934, a risultati formalmente analoghi, anche se dal significato fisico diverso.






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