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Il carcere della Giudecca raccontato da due religiose




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Il carcere della Giudecca raccontato da due religiose



Altre notizie sul carcere della Giudecca e su come vivessero le detenute al suo interno, sono state fornite dalla voce di suore, che hanno operato come volontarie all'interno della struttura penitenziaria.

La religiosa A che ha operato nel carcere della Giudecca nel periodo antecedente la costituzione della polizia penitenziaria a proposito ci racconta: «Io sono andata nel '78 e avevo appena conseguito il diploma di assistente sociale, ero suora, e c'era una comunità di circa 20 suore che gestiva il carcere, c'erano delle guardie maschile in portineria-ragioneria e matricola ma tutta la gestione dal 1836, dall'apertura del carcere era stata affidata alle suore come tante altre sezioni femminili, la differenza è che Venezia è completamente sganciato dal maschile. Mentre nelle altri carceri italiane la sezione femminile era all'interno del maschile Venezia è completamente staccato dal maschile, anche perchè il carcere femminile è anche un'isola, e nel corso degli anni, o meglio dei secoli ha assunto una fisionomia particolare, non c'era la presenza dei marescialli o di guardie maschili, e pur osservando il regolamento previsto dalla legge italiana, era considerato un po' un carcere fuori dalla norma, una specie di collegio chiuso dove le donne lavoravano tutte, perchè le suore hanno gestito da sempre laboratori di lavoro lì, cucito-ricamo-lavorazione delle perle di Murano- impagliatura sedie, la caratteristica era che siccome era un penale tutte lavoravano con contribuiti, magari non erano paghe altissime però con contributi.

Con la riforma dei lavoratori del 1975 circa, le ditte non hanno più dato le commesse all'interno del carcere, perché appunto si diceva che i detenuti erano lavoratori come tutti gli altri e quindi dovevano essere pagati come tutti gli altri, e la conseguenza è stata che non hanno avuto più lavoro, perché prima diciamo c'era una convenienza per le ditte, però le donne lavoravano, parecchie persone infatti hanno la pensione perché hanno lavorato in carcere con versamenti di contributi, alcuni erano lavori stipendiati dal Ministero di Grazia e Giustizia, cucina-lavanderia-pulizie degli ambienti comuni, come lo è tutt'ora, in più c'era il laboratorio di taglio  e cucito, dove facevano divise per detenuti, e il laboratorio di maglieria dove facevano calze per detenuti (nel 1978).

Queste due attività sono state tolte da qualche anno perchè nessuno mette più la divisa nemmeno in officina, e nessuno porta più le calze di cotone fatte dal Ministero quindi erano commesse il cui materiale non so poi che fine abbia fatto.

Nel 1978 c'erano una decina di donne che lavoravano nel laboratorio taglio e cucito, e dieci-dodici donne che lavoravano in maglieria, e più il resto cucina-contabilità-lavanderia-pulizia degli ambienti comuni.

Attualmente invece non c'è più il laboratorio ma una cooperativa che gestisce, e quindi pochissime lavorano adesso, e c'è tutta una turnazione per lavorare, perchè hanno bisogno di prendere qualche soldo, per mandarlo a casa.

Poi nel 1978 non c'erano benefici previsti, le donne arrivavano o imputate o condannate fino anche alla pena dell'ergastolo e sapevano che dopo la condanna si facevano fino all'ultimo giorno, se non avevano benefici tipo la grazia, rarissima, oppure la liberazione condizionale, cosiddetta libertà vigilata gli ultimi 5 anni della pena.

Per cui oltre alla vigilanza e alla custodia che era affidata a noi, si cercava di far vivere queste donne in una maniera non nell'ozio, allora tante attività di tipo manuale, lavori ai ferri, lavori all'uncinetto, che poi andavamo a vendere nei banchetti esterni in alcune feste, Natale, o la festa del Redentore, adesso è sistematica, le cooperative hanno organizzato i punti vendita sistematici delle cose che vengono fatte in carcere, ma allora, per stimolarle al lavoro e ad essere creative, si davano dei modelli si insegnava a lavorare in un certo modo nel laboratorio e poi alla festa del Redentore, tutta la settimana di natale, il 25 Aprile, si andava appoggiati a parrocchie a vendere queste cose con il volontariato.

Poi si organizzava con le donne delle attività ricreative, teatro commedie fatte da loro, non che venissero dall'esterno, e quando sono andata io era anche l'epoca delle detenute politiche, ed erano persone preparate e intelligenti e loro facevano il copione, tutto.

Cercavano le artiste, facevano dei teatri molto belli, di varietà copiando anche dalla televisione, balletti, etc. oppure per temi e poi si invitava la gente esterna a vedere, gente esterna intesa come le attività giudiziarie, i magisteri di sorveglianza, volontari altre persone così per dare lo stimolo loro di far vedere qualcosa come per esempio "Forza venite gente" spettacolo che poi siamo anche quella volta, riuscite a portare fuori.

Tutto si svolgeva all'interno, l'esterno entrava poco, questo nel '78/'80 non c'erano ancora assistenti sociali, psicologi o educatori, sono entrati dopo, dall'80 in poi.

Le vigilatrici penitenziarie cosiddette, erano civili considerate come operaie specializzate, assunte dal ministero di grazia e Giustizia, e hanno cominciato a venire per periodi di tre mesi, e poi mi pare dal 1980 hanno incominciato i concorsi e sono diventate definitive.

L'attuale polizia penitenziaria è stata inserita nel 1992, sono passati anni perché costituissero il corpo di polizia penitenziaria  e lo preparassero adeguatamente, adesso loro hanno in mano tutta la situazione infatti questo è stato stimolato anche da noi e da suore di altre carceri che non potevano più andare avanti così, anche perchè ci sono turni stressanti di lavoro e poi noi venivano sempre meno come numero e poi le persone cambiavano all'interno del carcere.

Le suore mi raccontavano che a periodi per esempio durante la prima, e la seconda guerra mondiale sono arrivate anche persone molto colte, quando c'è stata l'annessione della Dalmazia, ma in genere era gente con poca cultura che entrava in carcere, e avevano i reati comuni, furto, omicidio infanticidio, perchè prima della legge sull'aborto venivano in carcere anche per aborto o procurato aborto, quando sono arrivata, io ho trovato parecchie persone con omicidio, poi le prime tossicodipendenti, poche però distruggevano il carcere, perchè non c'erano le terapie alternative alla droga che ci sono adesso, per cui facevano notti intere a passeggiare in infermeria perché l'astinenza passasse almeno per tre-quattro notti circa, oppure venivano ricoverate in ospedale ma dopo firmano e tornavano indietro e adesso invece ci sono tutte terapie alternative, metadone e altre cose che non le fanno soffrire».

Nel carcere furono presenti, negli anni '80 anche delle detenute politiche e,la suora intervistata, parlando di loro racconta i nuovi problemi e difficoltà che provenivano da questa categoria di detenute, donne con un'istruzione superiore a quella che normalmente avevano le detenute (a volte anche analfabete), combattive e ricche di ideali e di vivacità culturale anche all'interno della struttura penitenziaria:

«[.] ho trovato le detenute politiche, che venivano da Padova, da Autonomia Operaia, erano studentesse, c'è stata qualche insegnante dell'università, che condividevano il progetto politico dell'estrema sinistra, e qualcuna delle Brigate Rosse, e poi anche quelle di destra i Nuclei Armati. C'erano più di sinistra. Erano messe in reparti separati perchè tra di loro c'era molta contrapposizione, le detenute politiche le abbiamo avute per qualche anno perché poi lo Stato ha costruito carceri per detenute politiche e sono state trasferite a Voghera, o a Roma o c'era Solliciano, c'erano alcune sezioni costituite per detenute politiche per cui da noi venivano al momento dell'arresto o durante il processo e poi partivano a scontare le loro pene negli altri carceri. All'inizio alla Giudecca erano insieme alle altre detenute poi sono state separate e così anche l'aria era per conto loro.

Questo periodo dove sono stata io è stato un periodo molto turbolento perchè la riforma non veniva applicata, è stato un avvio molto lento, queste facevano manifestazioni di protesta anche per destabilizzare il carcere, per cui fuori cella la sera, oppure si organizzavano a battere le sbarre con le pentole a orari di notte, sono stati anni molto difficili. Anche lì noi sentivano la nostra incapacità perchè non erano le donne di prima che stavano tranquille. Dopo ci sono state le leggi in favore anche della dissociazione , per cui la situazione si è calmata, da una parte c'erano le tossicodipenti violente perchè stavano male e le politiche violente perchè era la loro ideologia che le portava anche se io poi ho conosciuto delle donne dal punto di vista personale che erano tutt'altro che violente, ci credevano ad alcune idee che secondo loro portavano a migliorare la situazione dell'Italia e le hanno come dire tagliato le gambe perchè si sono fatte anni di galera».

L'esperienza della religiosa B è invece più recente, e la sua storia documenta soprattutto la vita in carcere dagli anni '90 a seguire:

Io sono venuta nel '90 come aiuto alle tossicodipendenti, con un contratto del ministero, e quando sono arrivata nel '90 c'erano circa 40/45 persone tossicodipendenti, avevo lavorato per 15 anni in una comunità terapeutica e sono stata chiamata per collaborare con il Servizi educativi rieducazione tossicodipendenti che allora non aveva questo nome ma N.O.T ossia nucleo operativo tossicodipendenza, per animazione a e aiuto di queste ragazze tossico-dipendenti per preparale ad andare in comunità, poi la tossicodipendenza si è evoluta c'è stato un calo di tossicodipendenti perché sono state date pene alternative e quasi tutte facevano poco tempo e andavano in comunità.

Sono arrivate anche ad essere solo 6/7 presenti. Ora le tossicodipendenti che sono state in comunità e hanno fatto un cammino di recupero, stanno tornando in carcere perché pare che sia le comunità che il Ser. T (Servizi per le tossicodipendenze) sono un po' falliti nel senso che una cura precisa per la tossicodipendenti non esiste sono state fatte prove compreso il metadone però ci sono anche tante ricadute.

In questi anni mi sono anche adattata ad aiutare l'educatrice del carcere non a tavolino ma a creare dei momenti con le donne poi c'è stato tutto l'ingresso delle ragazze straniere in carcere, quindi anche il tipo di utenza del carcere è anche cambiato in questi 14/15 anni.

Cinque anni fa il 70% delle donne erano straniere e anche molto giovani, che provengono da diverse nazionalità, arrivano ad essere presenti anche 23/24 nazionalità diverse quindi tutto il mondo era presente, che sono venute in Italia e sono state arrestate per favoreggiamento alla prostituzione, oppure per droga e quindi ho cominciato ad interessarmi a queste donne, io mi adatto dipende a chi c'è in carcere, mi adatto ad aiutare chi c'è.

Io cerco di creare collegamenti con l'esterno.»

Parlando poi, delle origini del carcere della Giudecca, dice: «Una volta il carcere a Venezia era come un vecchio collegio chiuso, dove le persone non potevano uscire, quando sono venute le donne nel 1856 in carcere sono venute con la divisa e la palla al piede e la prima cosa che ha fattola madre superiora della comunità che c'era, a scritto al regio governo e ha fatto togliere la palla la piede, e questo è stato il primo carcere in cui è stata tolta la palla al piede.

Quando le cose hanno reso la fisionomia istituzionale, la superiora della comunità era la marescialla del carcere, la comandante ed è stata fino al 1990, quindi recentissima è la legge che ha introdotto la polizia penitenziaria nelle carceri.

E qui ci sono state anche 500 detenute donne, perchè erano presenti le detenute politiche delle varie guerre che ci sono state in Italia.

Le suore facevano tutto, dalle ragioniere, alla segreteria, alle secondine, facevano tutto.

Il cambio è incominciato del 1970 circa in cui venivano mandate dal ministero le vigilatrice ed erano trimestrali poi qualcuno è stata assunta dal ministero direttamente, e dal 1990 in poi è stata fondata la polizia penitenziaria che prima non esisteva.

Le suore sono venute del 1836 (Istituto suor della carità, suore di Maria bambina), poi noi che siamo venute dopo nel 1990, la superiora è stata congedata come comandante ed io sono qui come aiuto-educatrice, lavoriamo come infermiere e per sostegno morale e psicologico, animazione non abbiamo nessun ruolo direttivo ed è meglio, perché è un latro modo di porsi, si ha la responsabilità della relazione e di sostegno.

Su questo carcere ci sono altre storie, o meglio leggende. Due anni fa è stata rappresentata la storia del carcere tra cui la suora della libertà,perchè si racconta che durante la notte, qualche volta, esce da uno di questi pozzi una suora di vestita di bianco, questa suora sale anche in sezione e chi la vede dopo pochi giorni viene liberato, esce.»




Dopo aver analizzato le origine della detenzione e la situazione veneziana, il capitolo seguente si addentrerà sulla specificità della detenzione femminile, in quanto le donne fanno parte del numero oscuro, ossia di quella criminalità che spesso non viene analizzata e che comunque è poco studiata e rappresentata  a livello di informazioni e pubblicazioni.





Per quanto concerne la dissociazione e i delitti compiuti dal terrorismo si confrontino le Misure Per La Difesa Dell 'Ordinamento Costituzionale: Articolo 1. Casi di non punibilità., art. 2 Attenuante per i reati per finalità di terrorismo e di eversione in caso di dissociazione., art. 3 Attenuanti per reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione in caso di collaborazione presenti in modo esteso nell'appendice 1 sulle normative del carcere.



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