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Effetti delle radiazioni sul dna




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EFFETTI DELLE RADIAZIONI SUL DNA

Il DNA è uno dei due acidi nucleici (l'altro è l' RNA) ed è formato da quattro diverse basi azotate (due basi puriniche - Adenina e Guanina - ad anello doppio; due basi pirimidiniche - Timina e Citosina - ad anello semplice) le quali, raggruppate in gruppi di tre (triplette), sono organizzate in una catena di nucleotidi che formano i vari geni, localizzati sui cromosomi.

Il nucleotide è formato da : gruppo fosfato, zucchero, base azotata.

Ciascun gene provvede alla codifica di una particolare proteina. Ogni tripletta determina l'inserimento nella proteina in formazione di un ben definito amminoacido.

Gli eventuali errori che si possono creare nella codificazione genetica in seguito alle radiazioni, possono dare origine a molecole di DNA che hanno subito dei cambiamenti di posizione delle triplette con conseguenze sulla proteina costruita. Tali cambiamenti possono portare a malattie di origine genetica.

Una malattia, per la quale è riconosciuta un'origine genetica, è l'anemia falciforme; su una catena lunga 146 amminoacidi, ce ne sono due, disposti in maniera errata, che deformano la proteina. L'emoglobina, allora, assume una struttura spaziale a forma di falce, da cui prende il nome questa particolare patologia.

Il cambiamento della struttura del DNA può provocare dei malfunzionamenti e degli errori cellulari che possono nuocere all'organismo, fino a portarlo alla morte. Se il DNA viene alterato, con radiazioni ionizzanti o con composti chimici, vi possono essere influenze negative sulle generazioni future, soprattutto se questi fattori agiscono al momento della duplicazione del DNA nella fase S dell'interfase prima del processo di mitosi cellulare.

Un altro periodo particolarmente a rischio è quello legato allo sviluppo embrionale durante il quale l'insorgenza di mutazioni si rispecchia in maniera drammatica sulle cellule dell'organismo in fieri.

Le radiazioni colpiscono il DNA a tre livelli:

  • Nella cellula già differenziata di tipo somatico: quando una cellula sana si trasforma in una di tipo canceroso provocando l'effetto oncogenico oppure l'alterazione interessa le generazioni cellulari successive, determinando il cosiddetto effetto mutagenico.
  • Nella cellula embrionale: quando le alterazioni genetiche delle cellule embrionali, possono provocare malformazioni, aborti, neonati con gravi deformazioni, si manifesta il cosiddetto effetto teratogenico.
  • Nella cellula germinale sessuale: in questo caso i danni possono provocare sterilità sessuale, malattie ereditarie più o meno gravi, morte del feto nei primissimi stadi di vita.

Le cellule, fortunatamente, possiedono particolari enzimi che svolgono la funzione di autoriparazione per limitare gli eventuali danni che si possono verificare durante i processi di duplicazione del DNA. Il possibile errore viene scoperto dall'enzima DNA-polimerasi in una delle fasi della duplicazione del materiale genetico, che svolge una funzione di correttore: l'enzima confronta la sequenza del nuovo filamento con quella del vecchio, controllando le riparazioni di tipo biochimico.

Queste sono in grado di ripristinare quasi sempre la sequenza originaria dei nucleotidi tranne quando gli errori causati dalle radiazioni sono stati troppo elevati; in questo caso, si verifica la morte della cellula oppure alterazioni di tipo mutagenico od oncogenico.

L'effetto sinergico delle radiazioni con alcuni agenti chimici eleva in maniera esponenziale i danni alle cellule somatiche e sessuali.

Gli elementi radioattivi, secondo le loro caratteristiche chimiche, raggiungono i vari organi bersaglio attraverso l'aria, l'acqua e l'alimentazione.

Rischi abbastanza gravi si avvertono a carico di vegetali, animali e dell'uomo stesso, (gli organi riproduttori sono particolarmente sensibili alle radiazioni) se questi vivono in ambienti con tracce di radioattività. Ciò avviene perché attraverso la catena alimentare vi è un notevole accumulo di radionuclidi. Visti i tempi di dimezzamento dei vari elementi radioattivi conosciuti, ne consegue un'azione di costante irraggiamento dei tessuti che, con il passare del tempo, provoca seri danni ai vari organi dell'individuo.

Secondo la gravità della contaminazione radioattiva, si possono riscontrare danni a breve oppure a lungo termine.

I prodotti del decadimento del radio possono essere assorbiti nel sangue, diffondersi nel corpo e distribuire dosi accresciute della radiazione ai tessuti sensibili come il midollo osseo e il feto.

LE MUTAZIONI

Muller, nel 1927, si accorse che, con l'esposizione ai raggi X, vi era maggiore probabilità di subire delle mutazioni causate da sostanze chimiche e da altre fonti radioattive (es. : luce ultravioletta o radionuclidi in genere).

Le mutazioni spesso sono causate da agenti fisici e chimici che alterano la struttura del DNA. Causa di mutazioni sono anche: alte temperature, radiazioni di ogni tipo, tra cui le particelle alfa emesse dal decadimento del radon.

Il tasso di mutazione è piuttosto basso nei batteri e negli organismi semplici mentre è più elevato negli organismi superiori, dell'ordine di 1- 2 mutazioni ogni nuovo individuo.

Le mutazioni possono essere di tipo somatico e germinale. Quelle somatiche provocano danni all'individuo che le porta, invece quelle germinali possono ripercuotersi sulla discendenza futura.

La maggior parte di esse sono però dannose; solo una esigua percentuale di tutte le mutazioni risulta essere positiva per la popolazione.

L'organismo portatore di un gene sfavorevole può morire prima di arrivare a riprodursi; in questo caso, il gene mutato sarà immediatamente eliminato. La selezione naturale tende definitivamente a sottrarre all' ambiente i geni mutati.

La selezione naturale favorisce però determinati geni che possono risultare vantaggiosi nel pool genico di tutta la popolazione. Conseguentemente al variare dell'ambiente, può succedere che mutazioni insignificanti possano, magari, esprimersi successivamente. Un caso osservato in biologia e avvenuto abbastanza recentemente è quello relativo alla BISTON BETULARIA, una farfalla studiata in Inghilterra all'inizio del 1950 per la sua veloce evoluzione.

Nonostante i problemi che possono causare, le mutazioni sono state di fondamentale importanza all'evoluzione, dalle più semplici forme di vita fino agli organismi più complessi che vivono, o sono vissuti, sulla Terra.

Le mutazioni possono essere di due tipi: cromosomiche e geniche o puntiformi

MUTAZIONI CROMOSOMICHE

Interi pezzi di cromosomi vengono casualmente eliminati o si fondono con altri già presenti. I geni si vengono così a trovare in una posizione diversa da quella originale. Dato che la regolazione dell'attività di un gene dipende, in parte, dalla sua localizzazione nel genoma, le mutazioni cromosomiche hanno, generalmente, effetti estremamente drammatici; fortunatamente sono piuttosto rare.

  • Delezioni e duplicazioni: portano alla perdita durante la meiosi di piccoli segmenti. Questi però si inseriscono nel cromosoma omologo che viene quindi a possedere un tratto del DNA duplicato. Dei due cromosomi omologhi, uno perde geni, mentre l' altro ne acquista una quantità maggiore.
  • Inversioni: sono dovute a pezzi di cromosoma che si staccano e si inseriscono però in posizione capovolta.
  • Traslocazioni: scambio di materiale cromosomico tra due cromosomi non omologhi.
  • Euploidie: sono piuttosto dannose e si verificano quando ad un organismo diploide (2n) viene a mancare, oppure viene aggiunto, un particolare cromosoma (es. Trisomia 21 o sindrome di Down).
  • Poliploidie: compaiono quando si aggiungono uno o più corredi interi di cromosomi. In questo modo un individuo si trova a possedere, all'interno dei nuclei delle sue cellule un corredo cromosomico triplo (3n) o quadruplo (4n).

MUTAZIONI GENICHE O PUNTIFORMI

Sono abbastanza comuni e vengono causate da modificazioni di un singolo gene. Sono importantissime dal punto di vista evolutivo. Tale tipo di mutazioni, che riguardano, generalmente, una singola base azotata di un nucleotide, determinano la sostituzione di un amminoacido in una catena proteica che altera l'informazione primitiva del DNA. La proteina risultante da questo cambiamento è, generalmente, difettosa. (es. anemia falciforme)

ESEMPIO DI SEQUENZA ORIGINARIA AUU GGC CGA AUC UAG

SE VIENE SOSTITUITO UN NUCLEOTIDE AUU CGC CGA AUC UAG

SE VIENE INSERITO UN NUCLEOTIDE AUU AGG CCG AAU CUA G..

I TUMORI

Per tumore, s'intende uno sviluppo anomalo delle cellule che, nell'andamento maligno, tendono a moltiplicarsi in modo incontrollato ed a diffondersi per tutto l'organismo, andando così ad interferire con le sue normali funzioni. Queste cellule non obbediscono più agli stimoli della crescita, fino a causare il decesso dell'organismo che le ha generate.

Il tumore o neoplasia, che significa appunto formazione di un nuovo tessuti, è dovuto ad una cellula somatica che non è più in grado di riprodursi correttamente. Una caratteristica delle neoplasie è proprio la loro crescita progressiva illimitata, senza un apparente piano morfologico.

Le conseguenze di questo comportamento sono la distruzione dei tessuti circostanti la neoplasia e la tendenza delle cellule neoplastiche ad invadere il circolo sanguigno e linfatico, attraverso i quali le stesse vengono trasportate in tessuti lontani da quello d'origine.

Si formano, allora, delle colonizzazioni estranee ai tessuti invasi, che prendono il nome di metastasi, in grado di originare, nella nuova sede, un'altra neoformazione, generalmente simile per struttura alla neoplasia d'origine.

Nella sua espansione, la massa tumorale non si limita a comprimere i tessuti circostanti, ma li distrugge sostituendosi ad essi.

Il nucleo delle cellule cancerose appare ingrossato e i processi di divisione cellulare appaiono, spesso, abbondanti per il forte accrescimento. La cellula neoplastica può perdere le caratteristiche originarie, oppure mantenerle in modo imperfetto e incompleto, o ancora, acquisire attività del tutto anomale.

Il tumore, se individuato precocemente, può essere curato con la chemioterapia, rimosso chirurgicamente o distrutto attraverso la radioterapia; se, al contrario ha già iniziato a diffondersi attraverso il sistema linfatico o attraverso la circolazione sanguigna, il decorso è spesso negativo.

Sono stati identificati parecchi geni, che attraverso un processo di mutazione, possono causare il cancro. Questi sono stati denominati oncogeni. Essi non hanno la funzione di causare tumori ma, al contrario, riescono a controllare la divisione cellulare e la proliferazione delle cellule stesse. Quest'ultima è regolata in ogni tipo di cellula da ormoni specifici, chiamati fattori di crescita. Gli oncogeni sono geni che servono per costruire questi ormoni o i recettori di questi.

Tali recettori sono situati sulla superficie della cellula e mettono in grado le cellule di percepire correttamente lo stimolo.

La mutazione degli oncogeni può far sviluppare un eccesso di fattore di crescita e quindi, scatenare una crescita incontrollata. Le mutazioni dei recettori, invece, possono causare errori nella ricezione dello stimolo provocato dal fattore di crescita.

In molti casi, la ricerca non e' ancora riuscita a individuare le cause che spingono improvvisamente le cellule ad iniziare a riprodursi in modo incontrollato dando origine al tumore.

Le cellule tumorali sono geneticamente instabili e quindi molto plastiche al punto che piccole mutazioni nel Dna portano alla comparsa e alla proliferazione di sempre nuove varianti cellulari. Ma i tumori hanno anche un'altra caratteristica che permette loro di proliferare così velocemente: dipendono strettamente dalla formazione di nuovi vasi sanguigni e nuovi capillari costruiti ex -novo utilizzando le riserve del malato. Attraverso la rete di capillari, i tumori si riforniscono dei nutrienti e dei fattori necessari alla loro crescita dirompente. L'americano Judah Folkman ha dato nei primi giorni di maggio del '98 la notizia della scoperta di alcune molecole in grado di controllare questa abnorme vascolarizzazione. Sui topi di laboratorio, ha dimostrato di poter ridurre il tumore, impedendo la produzione di nuovi vasi capillari e portando così la neoplasia ad uno stato di quiescenza.

Judah Folkman spera di poter sperimentare in un prossimo futuro anche sull'uomo questi nuovi ritrovati che, almeno sui piccoli mammiferi, sembrano essere in grado di fermare parecchie neoplasie.

I casi di tumore nella popolazione sono, spesso, di origine ambientale; si stima che proprio l'80% siano di questo tipo. Il cancro al polmone, uno tra i più diffusi nella popolazione, è causato dal fumo di sigaretta e forse, anche dal gas radioattivo radon.

Si sospetta che la causa dei tumori possa essere anche una predisposizione genetica. In ogni caso, i fattori di rischio sono le radiazioni, l'abuso di bevande alcoliche, l'esposizione a sostanze chimiche mutagene, il fumo di sigaretta e una dieta alimentare scorretta.

Anche le piante possono divenire soggetti portatori di azione cancerogena perchè accumulano nelle loro foglie grandi quantità di nitrati (concimi) che, in seguito ad una serie di trasformazioni chimiche nel nostro stomaco, modificano l'azione degli oncogeni.

I CARDINI DELLA PREVENZIONE

  • No al fumo.
  • Bevande alcoliche con moderazione.
  • Attenzione ai raggi del sole.
  • Alimentazione non troppo ricca di proteine e grassi animali.
  • Cercare di eliminare il contatto con sostanze cancerogene in casa e sul lavoro.
  • Nella donna: autopalpazione, pap -test e mammografia a cadenza periodica.
  • Nell'uomo: grande attenzione ai sintomi urinari, soprattutto dopo i 60 anni.

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