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Peggy Guggenheim - Dai salotti bohemiènne al Canal Grande




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Peggy Guggenheim                 






Dai salotti bohemiènne al Canal Grande



MOTIVAZIONI PER LA SCELTA DELL'ARGOMENTO

"Che tenerezza ritrovare Peggy Guggenheim, indimenticata amica, immortale dea dell'arte moderna, musa imprevedibile, responsabile della action painting e dell'espressionismo astratto dell'inafferrabile Jackson Pollock, protagonista degli amori di Samuel Beckett e di Marcel Duchamp, regina per sempre dello charme senza confini di Max Ernst, meta perlopiù irraggiungibile della maggior parte degli artisti italiani, veneziani o no."

Fernanda Pivano





Questo approfondimento è la storia di una donna: ereditiera e collezionista americana, mito assoluto dell'arte e del jet-set internazionale, indiscussa "musa dei surrealisti" e chiacchierata protagonista del mondo artistico, scopritrice di Jackson Pollock, gallerista e mecenate delle arti d'avanguardia. Dalle ricerche e dalle letture fatte mi sono resa conto di avere molti aspetti caratteriali in comune, ho potuto capire l'importanza di esprimere le proprie convinzioni, di lavorare per ciò in cui si crede, di voler a tutti i costi raggiungere un obiettivo. Peggy era una donna molto difficile, ribelle, passionale, pragmatica, forte dei suoi diritti, conosceva le sue doti e su queste ha puntato per diventare leggendaria nel mondo dell'arte, ma era anche estremamente fragile, piena di ansie, angosce e complessi. L'arte era la sua "medicina", era la giustificazione a tutto ciò che non andava nella sua vita, anche se apparentemente poteva sembrare una donna felice.


LA VITA

<>        Peggy Guggenheim, Una vita per l'arte









Marguerite (Peggy) Guggenheim è nata il 26 agosto 1898, a New York. Peggy proveniva da due famose famiglie ebree, i Guggenheim e i Seligman. Il padre, Benjamin Guggenheim morì la sera del 14 aprile 1912 sul Titanic, dopo che nel 1911 aveva lasciato il grande impero economico di famiglia, per fare fortuna da solo, ma la morte purtroppo glielo impedì. La famiglia di Peggy perse l'eredità di una fortuna colossale, circa 800milioni di dollari. Peggy non ebbe un'infanzia felice, ma al contrario, fu per lei un'agonia. La morte del padre a lei tanto caro, la portò ad avere un complesso di inferiorità tanto da non sentirsi una vera Guggenheim, ma ritenendosi una "parente povera". Da ciò ne scaturì il suo desiderio di rivalsa con la determinazione di diventare una grande donna, di essere qualcuno ad ogni costo. Queste sono le caratteristiche fondamentali, che hanno portato Peggy Guggenheim a essere la dea e la musa dell'arte moderna nel Novecento. Nel 1916 fece il suo debutto in società al Ritz e nel 1919 entrò in possesso della sua eredità. Finalmente fu libera da sua madre e la prima cosa che fece fu un lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti. Ora era davvero iniziata la vita surreale di Peggy Guggenheim, tra Stati Uniti ed Europa.



IN EUROPA: I SALOTTI BOHÈMIENNE

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Peggy Guggenheim, Una vita per l'arte


Adesso in Peggy stava nascendo il desiderio di conoscere meglio quello che per lei era un mondo del tutto nuovo: la pittura. Peggy, la mamma Florette e una cugina, Valerie Dreyfus, erano diventate delle pioniere del turismo in Europa. Arrivata a Parigi, scopre un mondo nuovo, affascinante ed entusiasmante. Qui si innamora di Laurence Vail, artista squattrinato del movimento Dadaista, ma considerato il re dei bohemien e che presto divenne il suo primo marito. Da Vail, Peggy ebbe due figli: Sindbad e Pegeen. Negli anni Venti Parigi era una vera e propria colonia culturale americana. Per Peggy fu una fortuna trovarsi nel luogo e nel momento giusto e accanto a Laurence Vail. Suo marito, pur avendo un carattere violento, la fece entrare nel mondo dei famosi salotti bohmienne, fatto di feste, cocktail potenti, incontri con artisti, intellettuali e scrittori. Insomma, Peggy era diventata una figura intellettuale d'elite. Ebbe una vita sentimentale molto passionale, ma anche molto complicata. Ebbe moltissimi amanti ma pochi uomini di cui si innamorò veramente, tra cui John Holms, uno scrittore per cui Peggy lasciò Laurence Vail. Holms morì molto presto e per lei fu un gravissimo lutto, seguito nel 1937 dalla morte della madre. Dopo la morte di Holms, si legò all'editore Douglas Garman, la loro relazione finì dopo pochi mesi. Peggy era in un periodo di profonda crisi.. Pensò di trovare un lavoro che le desse modo di riprendersi, di svagarsi: decise di aprire una galleria d'arte a Londra, con l'aiuto del giovane pittore surrealista Humphrey Jennings, iniziò a cercare uno spazio adatto per la sua galleria.   






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Andrè Breton, L'amour fou


LONDRA: GUGGENHEIM JEUNE


Il fiuto per gli affari, che caratterizzò Peggy in tutta la sua carriera nel mondo del sistema dell'arte, non si fece sentire subito: lei, infatti, in questo periodo, nel 1937, pensava che il movimento surrealista stesse ormai tramontando, mai poteva immaginare che invece ebbe immensa importanza nella sua vita e che lei divenne da lì a breve proprio la musa dei surrealisti! Il surrealismo è un movimento artistico d'avanguardia che nacque ufficialmente con la pubblicazione a Parigi del Manifesto nell'autunno del 1924, scritto da Andrè Breton. In esso il medico, poeta e letterato francese diede una definizione di Surrealismo:

<<Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere ,con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.>>        

Breton era un grande ammiratore delle teorie di Sigmund Feud. Freud (Freiberg, 1856- Londra, 1939) è stato il padre fondatore della psicoanalisi, ha elaborato una teoria, secondo la quale l'inconscio esercita influssi determinanti sul comportamento e sul pensiero umano, e sulle interazioni tra individui. Egli affermava che la psiche è un'unità complessa e conflittuale, e delinea due topiche: la prima distingueva tre sistemi (conscio, preconscio e inconscio); la seconda distingueva tre istanze (Es, Io e Super-Io). L'Es è l'insieme di tutte le pulsioni, obbedisce al principio del Piacere. L'Io è la parte organizzata che deve equilibrare le istanze diverse e contrastanti di Es, Super-Io e mondo esterno. Il Super-Io è la coscienza morale. Il tipo di rapporto tra Io e Es/Super-Io costituisce il criterio di discriminazione tra normalità e nevrosi.

Le manifestazioni privilegiate dell'inconscio sono secondo Feud i sogni, gli atti mancati e i sintomi nevrotici. I sogni li distingueva in contenuto manifesto (la scena onirica come viene vissuta dal soggetto) e in contenuto latente (le tendenze, i desideri che originano la scena onirica). 

Breton già agli inizi degli anni Venti teorizzò che <<l'esistenza è altrove>> e che il ruolo dell'arte doveva essere quello di esprimere questo "altrove", situato nelle sfere dell'inconscio e del sogno.     Oltre a Feud influenzarono il Surrealismo le letture di Nietzsche, Rimbaud e Baudelaire; il punto di riferimento divenne invece la rivoluzione socialista teorizzata da Karl Marx. Il pensiero surrealista si manifestò spesso come ribellione alle convenzioni culturali e sociali, concepita come una trasformazione totale della vita, attraverso la libertà di costumi, la poesia e l'amore. Si è detto che non esiste un'arte surrealista, e questo è vero. Peggy adottò questo stile di vita e si ispirò soprattutto ad Andrè Breton. Per lei tutto era concentrato appunto sull'amore. Scelse di abitare a Venezia, la città surreale per eccellenza. Nel surrealismo scoprì il mondo ideale per vivere la sua vita, la spiegazione del suo strano modo di essere. Dal surrealismo imparò ad accettare le sue ansie e le sue angosce, prese la forza necessaria per continuare la ricerca dell'impossibile, trovò la ricetta giusta per combattere la noia. Insomma, per Peggy Guggenheim il surrealismo fu la giustificazione necessaria alla sua vita: fatta di uomini e di bere. A lei, in quanto "musa dei surrealisti", tutto era concesso! Quando Peggy decise di aprire una galleria all'avanguardia a Londra era inesperta e Marcel Duchamp, amico di vecchia data, divenne il suo consigliere. Fu Peggy a voler decidere di chiamare la galleria Guggenheim Jeune, per distinguerla dalla collezione dello zio Solomon a New York.

La mostra di apertura fu dedicata a Jean Cocteau, artista francese dotato di una grande versatilità e originalità.

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Peggy Guggenheim, Con Peggy Guggenheim tra storia e memoria

Il giorno di Natale del 1937 entrò nella vita di Peggy, Samuel Beckett, e lei subito se ne innamorò. La loro fu una storia tormentata, Beckett non fu mai veramente innamorato e la tradì molte volte. Nel gennaio del 1938 finì la loro relazione e Samuel una notte fu aggredito, restò molti giorni in ospedale, dove scrisse una breve poesia in cui rifletteva sulla sua vita amorosa:

vengono uguali e diverse con ciascuna è uguale ed è diverso con ciascuna la mancanza d'amore è uguale con ciascuna la mancanza d'amore è diversa

Peggy partì per Londra, la attendevano grandi preparativi per l'inaugurazione della galleria. In questo periodo iniziò la sua vera collezione.

Il 24 gennaio 1938 ci fu l'inaugurazione della galleria Guggenheim Jeune. Intanto, a Parigi Marcel Duchamp presentò a Peggy l'artista di origini russe Vasilij Kandinskij, al quale decisero insieme di dedicare una sua mostra a Londra. La cosa non fu però affatto semplice, perché in passato tra lo zio di Peggy, Solomon Guggenheim e lo stesso Kandinsij c'erano stati dei malintesi che non si erano ancora risolti. Peggy il 15 febbraio scrisse allo zio Solomon e alla zia Irene:

"Cari zia Irene e zio Solomon dopodomani apro una mostra dell'opera completa di Kandinskij. Sono 34 dipinti a olio e 9 gouaches. E' la prima volta che ha una mostra così importante a Londra e spero di collocare qualche pezzo nei musei inglesi. Vi accludo il catalogo e anche una fotografia di Kandinskij con la "Tache rouge" del 1921. Sembra che questo quadro vi interessi moltissimo e non voglio che lo compri nessun altro senza avvisarvi. Ho anche un bianco e nero intitolato "Trente". E' l'unico rimasto dei suoi quattro lavori in bianco e nero Se voleste comprare qualcosa dalla mia galleria naturalmente ne sarei felice. Mi incoraggerebbe moltissimo e mi darebbe un ottimo viatico per questa importante mostra. Perciò vi accludo nel catalogo un listino dei prezzi. In ogni caso spero che quando sarete a Londra in estate verrete a vedere la galleria.

Vi abbraccio,   Peggy"



A Peggy lo zio non rispose, invece la risposta arrivò dalla baronessa Rebay, direttrice del museo, nonché amante dello zio. La lettera era offensiva e Peggy da allora considerò la baronessa sua nemica e il museo Guggenheim di New York come un grande rivale. Nacque da qui il desiderio di dimostrare che lei non era da meno dello zio Solomon.  Peggy un giorno conobbe l'artista surrealista, Yves Tanguy, che fece una mostra retrospettiva alla Guggenheim Jeune. Peggy finì con l'avere una relazione anche con lui.

Nel periodo dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, ci fu un terribile scontro tra surrealisti, che si divisero in due fazioni: Paul Eluard sottrasse a Breton piu' della metà dei suoi seguaci. Peggy trovò questa storia ridicola. Nel frattempo Peggy stava avendo un enorme successo con la sua galleria, aveva incontrato artisti come John Tunnard, Piet Mondrian, Roland Penrose. Nel 1939 Peggy ritorna a Parigi e incontra Max Ernst. In questo stesso anno la sua galleria a Londra era in perdita e quindi decise di spendere il proprio denaro in un progetto più ambizioso: avrebbe creato a Londra un suo museo. Per realizzarlo si mise in contatto con il critico Herbert Read, l'uomo giusto per pubblicizzare il primo museo d'arte moderna in Inghilterra. L'idea era quella di tenere una mostra d'apertura in cui esporre le opere di tutti gli artisti più significativi dei principali movimenti artistici che il museo intendeva rappresentare. Molte di queste opere sarebbero arrivate da Parigi, e l'elenco per il museo sarebbe diventato la base per la futura collezione di Peggy. Durante i suoi soggiorni parigini Peggy continuò a comprare opere per allargare la sua collezione privata, tra cui una scultura di Giacometti, un quadro di Dalì, e cercò di comprare anche qualche opera di Brancusi. Lo scultore era affascinato da Peggy, la chiamava Pegitza e voleva che si occupasse soltanto di lui. Peggy molto astutamente non acquistò le opere direttamente da lui, perché aumentava sempre il prezzo. A questo punto entrò nella vita di Peggy una figura molto importante, Howard Putzel, che divenne suo consigliere e in seguito suo segretario a New York. In sua compagnia iniziò a visitare tutti gli studi degli artisti che le interessavano e comprò molto, tra cui un'opera del costruttivista russo Antoine Pevsner. Infine, quando Hitler aveva già occupato la Norvegia, Peggy si recò nello studio di Léger e comprò da lui un bellissimo quadro del 1919. Intanto cercava a Londra un luogo adatto per il suo museo, ma la rapida avanzata dei tedeschi su Parigi la costrinse a nascondere la collezione in Francia, poiché ormai era impossibile spedirla in Inghilterra. Mandò allora la collezione in un castello vicino a Vichy, questa fu una scelta molto intelligente perche i tedeschi si fermarono a Vichy solo per un breve periodo, e la collezione passò inosservata. La pubblicazione nel 1940 del giornale Il Bulletin fu interrotta dalla guerra. L'ultimo numero conteneva una chiamata alle armi, non firmata ma scritta da Edouard Mesens, mercante d'arte affermato, direttore della London Gallery, che ebbe una storia con Peggy. Questo testo rispecchiava lo spirito di un'epoca in cui la libertà per sopravvivere doveva combattere:



Non c'è sogno peggiore della realtà in cui viviamo.

Non c'è realtà buona quanto i nostri sogni. I nemici del desiderio e della speranza si sono sollevati con violenza.

Sono cresciuti in mezzo a noi, uccidendo,     opprimendo e distruggendo.

Ora, nauseati dal loro veleno, siamo minacciati di estinzione.

COMBATTERE HITLER E LA SUA IDEOLOGIA DOVUNQUE SI MOSTRI E' NOSTRO DOVERE

La sua sconfitta è il preludio indispensabile alla  liberazione totale dell'umanità.

Scienza e intuizione dureranno oltre lo squallore della guerra e sveleranno un mondo nuovo.

LA FUGA DALLA GUERRA

A bordo della sua Talbot, Peggy si allontanò da Parigi. Era incominciato il grande esodo per la guerra, le strade erano gremite di automobili. Peggy avvolta in una nube di fumo nero ricoperta di fuliggine disse alla sua amica Nellie Van Doesburg:

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Intanto la guerra continuava. Durante l'occupazione tedesca, nell'inverno del 1941, la collezione di Peggy fu messa al sicuro nel museo di Grenoble, ma non fu esposta perché il direttore temeva rappresaglie del governo di Vichy. Fu allora che prese coscienza che il fatto di chiamarsi Guggenheim, non la sottraeva dallo sterminio di Hitler quindi iniziò a pianificare la sua fuga dall'Europa.

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Peggy Guggenheim, Una vita per l'arte

Giunta a Marsiglia si mise in contatto con il comitato di liberazione clandestino, con a capo Varian Fry.

Peggy vivendo nel mondo dell'arte non si era resa conto della gravità della situazione. E' proprio in questo periodo, in cui doveva vivere da esule, che rincontrò Max Ernst, giunto a Marsiglia per scappare dalla Gestapo. Da quel giorno Max divenne l'uomo della sua vita. Si trasferirono a Lisbona, in attesa della partenza per gli Stati Uniti. Peggy aveva il compito di organizzare la fuga non solo per se stessa e per il suo uomo, ma anche per due ex mogli, per il suo ex marito Laurence Vail, per i suoi due figli Sindbad e Pegeen e per altri cinque bambini. Il 13 luglio 1941 Peggy e il suo gruppo di undici persone presero il volo per New York.






RITORNO NEGLI USA

<<.con la sua presenza in America negli anni Quaranta (1941-1947) esercitò un'influenza considerevole sullo sviluppo dell'arte americana contemporanea, soprattutto attraverso la sua galleria AoTC, al n.30 della 57S Strada Ovest di New York. La collezione personale che metteva in mostra in quei locali, la presenza di vari artisti e intellettuali europei, e la generosità di Peggy Guggenheim nell'incoraggiare i giovani talenti esponendo le loro opere nella galleria, tutto questo contribuì ad alimentare la scuola di New York.

Melvin Paul Lader, Peggy Guggenheim Art of This Century:

The Surrealist Milieu and the American Avant-Garde, 1942-1947

Nel 1942, dopo Pearl Harbor, Peggy decise di sposare Max Ernst. Un giorno andarono a vedere il museo dello zio Solomon, il Museum of Non-Objective Art, diretto dall'amante, la baronessa Rebay. I due ne rimasero scandalizzati: vi erano esposti innumerevoli quadri di Rudolf Bauer, amico della baronessa, e messi invece in secondo piano bellissimi quadri di Kandinskij. Anche se poco dopo Peggy e Max ebbero modo di ricredersi andando a vedere la collezione privata dello zio, e quindi Picasso, Seurat, Braque, Klee, Kandinskiy, Gleizes, Chagall, Lissitzkiy, Delaunay. Lo zio Solomon non esponeva la sua collezione privata al museo, perché aveva investito una fortuna in Bauer. La coppia Max e Peggy iniziò a viaggiare per tutti gli Stati Uniti. Anche se il loro matrimonio stava già naufragando.


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Peggy Guggenheim, Una vita per l'arte

Peggy prese una casa a New York, sull'East River, che divenne ben presto il quartier generale dei surrealisti europei. La stampa scriveva che Peggy aiutava finanziariamente gli artisti a cui era interessata e che a breve avrebbe aperto una galleria proprio a New York. Infatti, proprio in questo periodo, decise di aprire il museo, che a causa della guerra, non aveva potuto fondare a Londra. Questo museo sarebbe stato di tipo europeo, Ernst e Breton ne sarebbero stati i consiglieri, e Jimmy Ernst il segretario. Peggy trovò il luogo perfetto nella 57S Strada Ovest, e incaricò per l'allestimento l'architetto più all'avanguardia dell'epoca, Frederick Kiesler, sotto consiglio di Howard Putzel.

<< Kiesler era l'architetto più progressista del tempo e pensai che si trattasse di un buon suggerimento: non avrei mai immaginato che quelle poche idee avrebbero pian piano esaurito tutti i settemila dollari che avevo programmato di spendere nella costruzione della galleria.>>

L'architetto disse a Peggy che sarebbe rimasta nella memoria dei posteri insieme al complesso di Napoleone, non tanto per la sua collezione di quadri, ma per il modo in cui egli li avrebbe presentati con il suo allestimento rivoluzionario. Lo scopo di Kiesler era quello di rompere le barriere fisiche e mentali che separano lo spettatore dall'opera, dandogli la possibilità di essere parte del tutto. Peggy, da buona collezionista qual era, aveva deciso che nella sua galleria dovevano essere esposti i più grandi maestri del tempo. Andò in giro per tutte le gallerie ad acquistare i quadri che erano nella lista compilata da Read e Van Doesburg a Parigi facendosi accompagnare da Ernst, Breton e Putzel. Dopo settimane di folli acquisti aggiunse alla sua già importante collezione, lavori di Duchamp, de Chirico, Mirò, Malevic, Archipenko, Giacometti, Klee, Lipchitz, Ozenfant e Tanguy. Insieme a tutti questi artisti comprò anche uno dei primi quadri cubisti di Picasso e due gouaches di Mondrian, degli artisti americani prese un Alexander Calder e un John Ferren.

ART OF THIS CENTURY



Tutto era pronto per inaugurare la galleria di Peggy. Sia l'esposizone che il catalogo furono opera di artisti europei. L'idea di includere le foto degli occhi di ogni artista presente all'esposizione fu di Breton, questo per convalidare la sua teoria che la realtà non è mai così importante come quella vista dall'artista. Il catalogo includeva anche una breve prefazione di Jean Arp, articoli di Ernst e di Ben Nicholson, un breve brano di Mondrian, un Manifesto Futurista e un Manifesto Realista. Ernst aveva disegnato la copertina e Vail ideato il titolo "Art of This Century", che era piaciuto talmente tanto a Peggy che lo adottò come nome per la sua galleria. Infine, dedicò il catalogo al suo amante inglese John Holms. Nel pensiero di Peggy Art of This Century non era soltanto un luogo dove esporre la sua collezione, ma anche una galleria dove avrebbe organizzato mostre d'arte, un centro di incontro per gli artisti e un laboratorio per la ricerca di nuove idee. Kiesler sperava di inaugurare il museo prima della mostra dei surrealisti che si sarebbe tenuta in ottobre, ma non fu possibile, l'inaugurazione avvenne il 20 ottobre 1942.

La galleria era composta da quattro ambienti: la Sala surrealista, la Sala degli astrattisti, una stanza di consultazione e una galleria che ospitava mostre temporanee.

La sera dell'inaugurazione i biglietti vennero venduti ad un dollaro l'uno e il ricavato andò alla Croce Rossa Americana. La serata da gala fu indimenticabile. Peggy si era fatta fare per l'occasione un vestito di seta bianco e indossò uno degli orecchini creati per lei da Tanguy ed uno fatto da Calder, per dimostrare la sua imparzialità fra surrealisti e astrattisti. I costi sostenuti da Peggy per allestire la galleria furono enormi, tuttavia subito anche lei si rese conto che fu un trionfo. Tutti parlavano bene della sua galleria, dicevano che era la più viva e interessante di New York, anche se gli artisti americani si sentirono esclusi perché nessuno vi era rappresentato. L'arrivo dei surrealisti a New York fu un evento catalizzatore per l'arte americana, infatti molti giovani artisti statunitensi ebbero modo di scambiare le loro idee con i grandi artisti europei come Ernst, Mirò, Dalì, Lèger, Mondrian, Duchamp e molti altri. Fu la sfida tra europei e americani a far nascere quella che poi fu denominata la Scuola di New York, la galleria Art of This Century contribuì molto allo sviluppo di questa nuova corrente artistica, infatti dal 1943 in poi vi furono mostre di Jackson Pollock, Hans Hofmann, William Baziotes, Robert Motherwell, Mark Rothko.

Infatti Peggy per la prima volta iniziò ad interessarsi ai giovani artisti americani. Matta le presentò Jackson Pollock. Un nuovo cambiamento era nell'aria e Peggy, forse senza rendersi conto, stava facendo la storia dell'arte americana. Trovò una nuova guida in James Johnson Sweeney, futuro direttore del Museo Guggenheim. Nonostante le pressioni di Sweeney, Peggy era ancora incerta sull'opportunità di seguire Pollock e attese un parere positivo da Marcel Duchamp.





JACKSON POLLOCK - LA MIA PITTURA.




<<La mia pittura non viene dal cavalletto. Non tendo quasi mai la tela prima di dipingerla. Preferisco fissarla senza tenderla, al muro o a terra. Sento il bisogno della resistenza di una superficie dura. Sul pavimento sono piu' a mio agio. Mi sento piu' vicino, piu' parte integrante del dipinto, perché in questo modo posso camminarci attorno, lavorare dai quattro lati, essere nel quadro, letteralmente. E' un metodo affine a quello della pittura su sabbia degli indiani dell'Ovest. Mi allontano sempre piu' dagli strumenti tradizionali della pittura: cavalletto, tavolozza, pennelli. Preferisco stecche, spatole, coltelli e sgocciolamento di pittura fluida, o un impasto denso di sabbia, frammenti di vetro e altri materiali non-pittorici. Quando sono nel mio quadro, non sono cosciente di quello che sto facendo. E' solo dopo, per una sorta di <>, che vedo con chiarezza ciò che ho fatto. Non ho paura di operare cambiamenti, di distruggere l'immagine e così via, perché la pittura gode di una vita propria. Io cerco di lasciarla emergere. Solo quando perdo contatto con il quadro il risultato è caotico. Altrimenti c'è pura armonia, un rapporto fluido di dare e avere, e il quadro riesce.>>

J. Pollock

Dichiarazione apparsa in <>, inverno 1947-1948



Quando Peggy e Pollock si conobbero, lui lavorava come falegname nel museo dello zio Solomon. L'incontro fu proficuo per entrambi, dato che Peggy cercava nuovi talenti americani e Pollock una galleria dove esporre.

Dal 1943 fino a quando nel 1947 Peggy lasciò gli Stati Uniti per stabilirsi a Venezia si occupò soprattutto di Jackson Pollock.   Il loro incontro e gli anni di contratto si possono riassumere in questa intervista fatta a Peggy nel 1961 da Paolo Barozzi e poi pubblicata su Il Mondo di Pannunzio:


P.B. Quando ha conosciuto Pollock per la prima volta?

P.G. Non ricordo esattamente quando lo conobbi ma potrei saperlo dire. Feci una mostra di collage - una delle prime nella mia galleria Art of This Century - e poi un'altra esposizione collettiva e Pollock prse parte alle due mostre. Il pittore Matta e il mio collaboratore Howard Putzel mi incoraggiarono a proporgli un contratto rinnovabile di un anno e ad organizzare la sua prima mostra personale. Era molto difficile vendere i suoi quadri in quel periodo; nessuno voleva comprare quadri di pittori americani. Alla prima mostra personale di Pollock il Museo d'Arte Moderna comperò She-Wolf, riuscii anche a vendere alcuni quadri a dei collezionisti e poi il Museo di San Francisco ne comperò uno e venne organizzata una mostra di Pollock a Chicago.

P.B. Deve essere stato interessante avere a New York una galleria che per prima ha contribuito a dare ad alcuni pittori americani una posizione di preminenza nell'arte del nostro secolo.

P.G. New York era molto emozionante in quel periodo. Tutti i pittori europei piu' importanti si erano rifugiati in America, e con la loro presenza contribuirono a dare un grande stimolo all'arte americana. Dall' Europa portai con me Max Ernst e pagai il viaggio ad Andrè Breton e alla sua famiglia, prendendomi cura di loro per un certo periodo.

P.B. Cosa faceva, come viveva Jackson Pollock allora?

P.G. Era molto timido e mite, sembrava che tutto avvenisse dentro di lui. Mi sembrava una persona remota, era molto difficile parlare con lui. A quell'epoca aveva un appartamento al Greenwich Village, viveva con Lee Krasner che in seguito sposò. Per vivere lavorava come falegname nel museo di mio zio, Solomon Guggenheim, lo salvai da questa situazione. Lee, la sua futura moglie, all'inizio dipingeva esattamente come Picasso, poi come Pollock, e alla fine Jackson, infastidito, glielo proibì.

P.B. Pensi che Lee, sua moglie, abbia avuto un ruolo importante nella sua carriera?

P.G. Estremamente importante - non penso che Pollock avrebbe potuto esistere senza di lei. So che ad un certo punto si lasciarono, ma certamente Lee gli è stata di enorme aiuto.

P.B. Quanti quadri di Pollock hai comprato e a che prezzo?

P.G. Non comprai mai quadri da lui; per contratto avevo un terzo di quello che vendeva e così, invece di soldi, mi dava dei quadri. A quel tempo ero costretta a guadagnarmi il denaro che gli avevo promesso per contratto. Dovevo vendere i suoi quadri a qualsiasi costo, forse questa è una delle ragioni per cui riuscii nel mio intento.

P.B. A che prezzo vennero venduti i quadri di Pollock allora?

P.G. She-Wolf venne venduto al Museo d'Arte Moderna per 600 dollari. Ho sentito che adesso i suoi quadri valgono una fortuna.

P.B. Dove sono finiti tutti i quadri di Pollock che hai regalato?

P.G. All'inizio li regalavo agli amici in occasione di un matrimonio odi un compleanno, ma la maggior parte la donai ai musei e questo aiutò molto a farlo conoscere-, ma non penso che questa sia la sola ragione per cui egli è diventato così famoso. E' stata una conseguenza logica. L'ultima volta che vidi Pollock mi pare di avergli detto: "Ho tentato in ogni galleria d'arte a New York, ma non ho avuto successo", perché l'unica cosa che riuscii a combinare fu un accordo con Betty Parsons affinchè si occupasse degli interessi di Pollock e organizzasse una mostra dei suoi quadri; ma Betty non aveva la possibilità di subentrare nel contratto. Allora restammo d'accordo che mi avrebbe spedito tutti i quadri che non venivano venduti dandomi una percentuale su quelli venduti. Continuai a pagare Pollock il mensile pattuito fino alla fine del contratto che iniziò nel marzo del 1946 e finì nel marzo del 1948.

P.B. Credi veramente che Pollock sia un grande artista?

P.G. Sono convinta che sia il piu' grande pittore del XX secolo e anche il pittore piu' importante dopo Picasso, e se non fosse morto giovane lo avrebbe provato. Malgrado ciò molta gente pensa che Pollock abbia cercato la morte perché pensava di non aver piu' niente da dire. Egli è stato il piu' creativo, coraggioso e inventivo pittore in America. Ha abbattuto piu' barriere e aperto piu' porte di qualsiasi altro pittore americano.

P.B. Che cosa pensi dell'arte di oggi?

P.G. L'arte di oggi non mi piace, penso che è andata al diavolo a causa di troppe speculazioni. La gente se la prende con me per quello che si dipinge oggi, perché incoraggiai e aiutai all'inizio gli artisti dell'espressionismo astratto. Quando aprii Art of This Century in America c'era un vero spirito pionieristico. Un'arte nuova doveva nascere: un nuovo movimento artistico, e io lo incoraggiai e non me ne pento. Ha prodotto Pollock, o piuttosto Pollock lo ha prodotto, soltanto questo basterebbe a giustificare i miei sforzi. Per quanto concerne gli artisti di oggi non so proprio cosa sia loro accaduto. Molti mi dicono che mi sono arenata, forse è vero. Il volto dell'arte si è trasformato. E' naturale che ciò avvenisse come risultato della rivoluzione industriale. L'arte rispecchia la sua epoca e quindi doveva cambiare completamente, come il mondo che cambiava in modo rapido e totale. Penso che questa sia l'epoca di collezionare e non di creare. Ho cercato almeno di conservare e preservare alle generazioni future alcune delle opere piu' importanti prodotte dai grandi artisti del nostro secolo.





BIOGRAFIA

1912: 28 gennaio, nasce Paul Jackson Pollock a Cody, nel Wyoming (Far West)

1929: si trasferì a New York con il fratello Charles; diventò allievo del pittore Thomas Hart Berton alla Art Students League

1937: ricoverato per quattro mesi in una clinica psichiatrica a causa dei suoi problemi con l'alcol

1944: venne venduto il primo suo quadro ad un museo, era The She Wolf

1945: si posò con la pittrice Lee Krasner. Si trasferirono a Springs, Long Island. Peggy prestò loro la somma necessaria per l'anticipo di una casa, che Pollock trasformò nel suo laboratorio. Proprio qui inventò la sua tecnica, definita il "dripping" (sgocciolatura)

1947-1950: realizzò i suoi quadri piu' famosi, "periodo del dripping"

1948: finisce il contratto con Peggy Guggenheim. Inizia la collaborazione con Betty Parsone

1949: la rivista Life lo defì il più grande pittore americano del ventesimo secolo

1951: decise di abbandonare lo stile che lo rese famoso, i suoi lavori successivi si presentano con colori più scuri, reintrodusse anche elementi di tipo figurativo

1951-1956: periodo di declino, la sua produttività crolla e l'alcol aumenta. Anche il suo matrimonio è in crisi

1956: la rivista Time lo soprannominò "Jack the dripper"

1956: 11 agosto, morì a causa di un incidente stradale

2000: è stato girato un film biografico sulla vita dell'artista, intitolato Pollock






JACKSON POLLOCK

Jackson Pollock fu il principale esponente dell'espressionismo astratto americano, nonché inventore della tecnica del dripping mentre stava dipingendo un murales figurativo. Questa tecnica è considerata una delle basi del movimento dell'Action Painting, la nascita di esso si intreccia, negli Stati Uniti, con l'influsso dell'astrattismo europeo e con gli eventi che caratterizzarono i decenni prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Vi furono notevoli influenze che portarono questo artista a compiere una così grande rivoluzione nella pittura, le principali sono: l'essere venuto a contatto con la cultura dei nativi americani, i muralisti messicani, il suo maestro Thomas Hart Bentos, la pittura dei surrealisti, gli astrattisti e anche Picasso. Action Painting significa "pittura d'azione", l'artista si getta con corpo e mente nella sua creazione, Pollock si muoveva intorno alle tele spruzzando, spatolando, sgocciolando, quasi in una danza e non si fermava finché non vedeva ciò che voleva in origine vedere. Pollock diventò molto apprezzato dal mercato dell'arte e i collezionisti chiedevano con insistenza nuove opere. Infatti l'artista non resse la grande pressione su di lui e divenne gravemente alcolizzato. La sua carriera fu interrotta l'11 agosto 1956. Dopo la morte, la moglie Lee Krasner amministrò il suo lascito artistico, facendo in modo che la sua fama rimanesse intatta. Attualmente il laboratorio di Pollock, la Pollock-Krasner House, è di proprietà della Stony Brook Foundation, una filiale no-profit della Stony Book University. Da maggio ad ottobre la casa e lo studio sono aperti alle visite del pubblico. Nel 2006 l'opera "NO. 5,1948" è stata battuta all'asta per 140 milioni di dollari, divenendo il quadro più costoso della storia (superando il quadro di Klimt con i suoi 135 milioni di dollari).

<<Ma perché un suo dipinto è oggi il quadro più caro del mondo? Forse perché un'opera di Pollock non è solo un pezzo della storia dell'arte, ma anche un pezzo di tempo esploso all'improvviso. Possederlo è come riuscire a comprare le impronte degli zoccoli del cavallo di Napoleone sul fango di Waterloo, l'inchiostro fresco della penna di Dostoevskij o, magari, una delle nuvole di fuoco uscite dalle Torri Gemelle l'undici settembre. Aggiudicarsi un quadro di Pollock vuol dire comprare l'impossibile, il momento, l'istante. Non è il dipinto che ha valore ma il fantasma dell'artista che pare essere ancora lì, in piedi sopra la tela. Allora, forse, 140 milioni di dollari non sono tanti per portarsi a casa l'anima di uno dei demoni dell'arte del Novecento, per avere davanti agli occhi, per sempre, quello che Pollock vedeva e creava, sotto le sue scarpe, in un istante. Comunque sia, diciamolo: inutile piangere sul colore versato; anzi, in questo caso, è bene ridere.>>

PEGGY A VENEZIA

Francesco Bonami, Lo potevo fare anch'io

<< Si è sempre dato per scontato che Venezia è la città ideale per una luna di miele, ma è un grave errore. Vivere a Venezia, o semplicemente visitarla, significa innamorarsene e nel cuore non resta più posto per altro.>>

Peggy Guggenheim, Una vita per l'arte


Nel 1947 Peggy decise di tornare in Europa, nell'estate dello stesso anno di trasferì definitivamente a Venezia, alla ricerca di una casa per lei e la sua collezione. Inizialmente affittò l'ultimo piano di Palazzo Barbaro, sul Canal Grande. Il 6 giugno 1948 fu inaugurata la Biennale di Venezia dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi, Peggy fu invitata ad esporre la sua collezione, che fu un avvenimento senza precedenti; non si era mai vista in Italia una collezione così ricca di arte astratta, surrealista, e di nuovi artisti americani come Jackson Pollock, William Baziotes, Mark Rothko e Clyfford Still. La collezione di Peggy diede al pubblico internazionale della Biennale la possibilità di aggiornarsi su quelle che erano le avanguardie più recenti e di conoscere per la prima volta gli artisti della scuola di New York che tanta importanza avrebbero avuto nel mondo dell'arte negli anni a venire. La Biennale, tanto attesa e anche criticata allora come adesso, infatti il 7 giugno si apre la 53. Esposizione Internazionale d'Arte, con una mostra, intitolata Collaudi, giocata sul centenario del Futurismo. Alla fine del 1948 Peggy acquista a Venezia Palazzo Venier dei Leoni, un edificio incompiuto lungo il Canal Grande, tra la Basilica di Santa Maria della Salute e l'Accademia, progettato dall'architetto veneziano Lorenzo Boschetti per la famiglia dei Venier, la costruzione del palazzo, iniziata nel 1749, si fermò al seminterrato e al pian terreno. Questo Palazzo ha una storia molto interessante, prima di essere stato acquistato da Peggy, è stato la residenza di due donne famose, la marchesa Casati (musa dei futuristi e musa ispiratrice di Gabriele D'Annunzio) e Lady Castelrosse (sposa del cronista mondano Lord Castelrosse). Nel 1950 Peggy organizza, nell'Ala Napoleonica del Museo Correr a Venezia la prima personale di Jackson Pollock in Italia. Nel frattempo la sua collezione è esposta in molte città europee. A partire dal 1951 la collezione e il Palazzo son aperti al pubblico.  Nel corso dei trent'anni trascorsi a Venezia Peggy Guggenheim continua a collezionare e ad aiutare dei giovani artisti, come Edmondo Bacci e Tancredi Parmeggiani.  Nel 1962, a Peggy viene consegnata la cittadinanza onoraria della città di Venezia, considerata la sua seconda patria. Tra il 1964 e 1975 la collezione viene nuovamente esposta in varie occasioni all'estero: alla Tate Gallery di Londra (1964), a Stoccolma (1966), New York (1969), Parigi (1974), a Torino (1975). Importante è soprattutto la mostra a New York, nel 1969, al Museo Solomon R. Guggenheim di New York. È in quell'occasione che Peggy Guggenheim decide di donare il proprio palazzo e le opere d'arte alla Fondazione Solomon R Guggenheim, dello zio di Peggy, che dal 1959 è ospitata nel famoso edificio a spirale progettato da Frank Lloyd Wright. Dopo accesi dibattiti per lasciare la collezione alla città di Venezia, o comunque all'Italia. Peggy Guggenheim muore all'età di 81 anni, il 23 dicembre 1979 a Venezia. Le sue ceneri vengono seppellite nel giardino di Palazzo Venier, nell'angolo dove ella era solita seppellire i suoi beneamati cagnolini. Da allora la Fondazione Guggenheim ha trasformato la dimora di Peggy in uno dei maggiori musei d'arte moderna al mondo.




<<Masochista suprema, è altrettanto implacabile onesta su di sé come sugli "amici". Ci lascia con il ritratto di una donna sola, troppo dura, troppo ferita per conservare una normale sensibilità.>> Katharine Kuh


PEGGY GUGGENHEIM COLLECTION


La Peggy Guggenheim Collection è un piccolo museo sul Canal Grande a Venezia, facente parte della Solomon R. Guggenheim Foundation I lavori esposti includono alcuni esempi preminenti del modernismo statunitense e del Futurismo italiano. La collezione raccoglie inoltre opere cubiste, surrealiste e di Espressionismo astratto. Vi sono dei Picasso, Salvador Dalì, René Magritte, Brancusi William Congdon e Pollock. Completa e di particolare pregio è anche la collezione di astrattismo informale italiano, con importanti lavori di Lucio Fontana, Afro Basaldella, Agostino Bonalumi, Toti Scialoja, Giuseppe Santomaso, Tancredi Parmeggiani, Emilio Vedova e Carla Accardi. La Peggy Guggenheim Collection è uno dei principali musei italiani nel campo dell'arte europea e statunitense della prima metà del ventesimo secolo. L'attuale direttore del museo è Philip Rylands. La collezione oggi richiama 300.000 visitatori l'anno. A metà degli anni Ottanta è stato istituito un Premio Peggy Guggenheim che continua a essere assegnato periodicamente per incoraggiare artisti e protettori delle arti. Peggy è riuscita a creare una delle collezioni private più accessibili che ci siano, in una città in cui dovrebbe essere messa in ombra dalle tradizioni totalmente diverse, rinascimentali e barocche.


CONCLUSIONE


Ho scelto questo argomento proprio perché in me è sorta una grande curiosità, e poco importa se dopo essermi documentata, aver fatto ricerche, aver visitato mostre ed aver letto libri su libri, essa non si è colmata del tutto. Mi è rimasto ancora dentro quel mistero che fa rendere interessante la vita. Quella scintilla magica che non si sa cos'è, ma che il solo pensiero di averla è piacevole. Spero di aver trasmesso almeno un po' della passione che ho messo in questo lavoro e di aver suscitato a molti un pizzico della mia curiosità. Alla fine del viaggio nella vita di Peggy Guggenheim nascono in me ancora più dubbi rispetto a quelli che avevo in partenza. Rispondere è difficile e sinceramente non credo abbia molto senso.

Se la vita privata di Peggy fosse stata meno movimentata, meno appassionante, quello che ha fatto per il mondo dell'arte sembrerebbe forse meno interessante? Sarebbe diventata ugualmente famosa? Quanto la sua personalità ha inciso sul suo lavoro? Alla fine della sua vita ha raggiunto il suo obiettivo?





BIBLIOGRAFIA

Barbera Luca, Salvagnini Sileno, Dossier Action Painting, Giunti, Firenze - Milano, 2008

Barozzi Paolo, Peggy Guggenheim: tra storia e memoria, Christian Marinotti, San Donato Milanese (MI), 2004

Birelli Viviana, La scuola di New York, Abscondita, Milano, 2007 Abscondita, Milano, 2002

Bonami Francesco, Lo potevo fare anch'io, Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, Cles (TN), 2009

Daverio Philippe, arte dossier, n.250, dicembre 2008, Giunti, Firenze - Milano

Emmerling Leonhard, Pollock, Taschen, Germania, 2004

Gill Anton, Peggy Guggenheim: una vita leggendaria nel mondo dell'arte, Baldini Castoldi Dalai, Cles (TN), 2005

O'Hara Frank, Jackson Pollock, Abscondita, Milano, 2002

Peggy Guggenheim, Confessions of an art addict, Paperback, New York, 1960



Scarica gratis Peggy Guggenheim - Dai salotti bohemiènne al Canal Grande
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