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L'analitica trascendentale




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L'Analitica Trascendentale

Le categorie:

La seconda parte della Dottrina degli elementi è costituita dalla Logica trascendentale che ha come oggetto di indagine l'origine, l'estensione e la validità oggettiva delle conoscenze a priori che sono proprie dell'intelletto (che è l'oggetto di studio dell'Analitica trascendentale) e della ragione (che è oggetto di studio della Dialettica trascendentale).

Secondo Kant sensibilità e intelletto sono entrambi indispensabili alla conoscenza, perché senza sensibilità, nessun oggetto ci verrebbe dato e senza intelletto nessun oggetto verrebbe pensato.

La prima parte dell'Analitica trascendentale è costituita dall' Analitica dei concetti, in cui Kant afferma che le intuizioni sono qualche cosa di passivo, mentre i concetti sono delle operazioni attive, che consistono nell' ordinare o nell' unificare diverse rappresentazioni "sotto una rappresentazione comune'.

Questi concetti si dividono in due categorie

  • i concetti empirici, che sono costruiti  con materiali ricavati dall'esperienza,
  • i concetti puri, che sono quelli contenuti a priori nell'intelletto. I concetti puri si identificano con le categorie, cioè con quei concetti basilari della mente che rappresentano le supreme funzioni unificatrici dell'intelletto. E siccome ogni concetto è predicato di un giudizio possibile. le categorie coincidono con i predicati primi, cioè con quelle grandi caselle all'interno delle quali rientrano tutti i predicati possibili. Però a  differenza delle categorie aristoteliche che sono simultaneamente forme dell'essere e del pensiero, le categorie kantiane rappresentano i diversi modi di funzionamento dell'intelletto, che non valgono per la cosa in se, ma solo per il fenomeno.

Kant, che critica Aristotele, il quale raggruppò le categorie in modo casuale e frammentario, ossia senza seguire un principio sistematico comune. Kant formula il suo inventario sulla base del seguente principio: poiché pensare è giudicare [e giudicare, come si è visto, significa attribuire un predicato ad un soggetto], ci saranno tante categorie [cioè tanti predicati primi], quante sono le modalità di giudizio [ovvero quante sono le maniere fondamentali tramite cui si attribuisce un predicato ad un soggetto]. E siccome secondo Kant la logica generale, raggruppa i giudizi secondo la quantità, la qualità, la relazione e la modalità, egli fa corrispondere ad ogni tipo di giudizio un tipo di categoria, secondo uno schema preciso:

 

Tavola delle Categorie

 

Quantità

Qualità

Relazione

Modalità

 

Unità

Realtà

Inerenza/sussistenza (accidente/ sostanza)

Possibilità

Impossibilità

 

Pluralità

Negazione

Causalità/dipendenza (causa/effetto)

Esistenza

Inesistenza

 

Totalità

Limitazione

Comunanza (azione reciproca)

Necessità

Contingenza

Tavola dei Giudizi

Quantità

Qualità

Relazione

Modalità

Universali

Affermativi

Categorici

Problematici

Particolari

Negativi

Ipotetici

Assertori

Singolari

Infiniti

Disgiuntivi

Apodittici


Nella tabella si può vedere che si parla sempre di una totalità di cose o di più cose o di una cosa (categorie della quantità). Si afferma che una cosa è reale oppure che non lo è oppure che non e quella tale realtà (categorie della qualità). Nella categoria di relazione si afferma che una certa proprietà appartiene a una certa sostanza o che un certo fatto e causa di un altro fatto, o che due cose agiscono e reagiscono l'una sull'altra .Infine nella categoria di modalità si afferma che una cosa e possibile o impossibile, che esiste o non esiste, che deve necessariamente esistere o e puramente accidentale .


La deduzione trascendentale

La giustificazione della validità e dell'uso delle categorie è un problema che Kant considera più difficile della Critica e che chiama "deduzione trascendentale".

Kant impiega il termine "deduzione"in senso giuridico, alludendo alla dimostrazione della legittimità di diritto di una pretesa di fatto. La "deduzione" delle categorie non consiste nella semplice prova che esse sono utilizzate in linea di fatto, nella conoscenza scientifica; ma nella giustificazione che quest'uso è legittimo e quindi anche nella determinazione dei limiti di quest'uso, cioè del diritto della ragione ad impiegarle. Questo problema non riguarda alle forme del tempo e dello spazio. Infatti, un oggetto non può essere percepito dall'uomo, se non attraverso queste forme. Quindi l'uso di queste forme è garantito dalla loro necessità; infatti un oggetto che non è dato nello spazio e nel tempo non è un oggetto per noi, perché non è intuito.

Per quanto riguarda le categorie, non è per nulla evidente che gli oggetti debbano sottostare ad esse. Quindi dire che la realtà obbedisce, oltre che alle forme delle nostre intuizioni, anche ai nostri pensieri, è un paradosso deve essere giustificato da una valida motivazione.

La soluzione kantiana può venir articolata nei punti seguenti:

L'unificazione del molteplice non deriva dalla molteplicità stessa, che è sempre qualcosa di passivo, ma da un'attività sintetica che ha la sua sede nell'intelletto.

) Facendo una distinzione tra l'unificazione (= il processo tramite cui si attua la sintesi del molteplice) e l'unità stessa (= principio in base a cui si realizza l'unificazione), Kant identifica la suprema unità fondatrice della conoscenza, con quel centro mentale unificatore che Kant denomina impersonalmente con il termine "io penso", oppure con quelli affini di appercezione o autocoscienza (questo per evidenziare come "l'io penso" non si identifichi con la psiche di ciascuna persona, ma con l'identica struttura mentale che accomuna gli uomini. "L' io penso deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni; in caso contrario si darebbe in me la rappresentazione di qualcosa che non potrebbe esser pensata; il che equivale a dire che la rappresentazione o sarebbe impossibile o, per me almeno, sarebbe nulla.

L'attività dell'io penso si attua tramite i giudizi, i quali, sono i modi concreti con cui il molteplice dell'intuizione viene pensato.

) I giudizi si basano sulle categorie, che sono le diverse maniere di agire dell'io penso, ovvero le dodici funzioni unificatrici in cui la sua attività sintetica si concretizza.

) Gli oggetti non possono assolutamente venir pensati senza venir categorizzati.

Riassumendo si può dire che il ragionamento kantiano consiste quindi nel mostrare che:

a) poiché tutti i pensieri presuppongono l'io penso, e

b) poiché l'io penso, pensa tramite le categorie, ne segue

c) che tutti gli oggetti pensati presuppongono le categorie.

L'io penso costituisce il principio supremo della conoscenza umana., ovvero un principio a  cui deve sottostare ogni realtà per poter entrare nel campo dell'esperienza e per divenire un oggetto-per-noi. Nello stesso tempo, l'io rappresenta ciò che rende possibile l'oggettività (= l'universalità e la necessità) del sapere; infatti, senza l'io penso e le categorie tramite cui esso opera, noi saremmo chiusi nel cerchio della soggettività individuale e potremmo stabilire soltanto delle connessioni particolari. Ad esempio noi non potremmo dire che i corpi sono pesanti, fissando, in virtù della categoria di sostanza, un rapporto universale e necessario fra soggetto e predicato, ma soltanto "ogni volta che porto un corpo, sento un'impressione di peso".

Infatti l'io di Kant, a differenza di quello di Fichte, non è affatto un io creatore. Infatti Kant da molta importanza al carattere formale, e quindi finito, dell'io penso, il quale si limita semplicemente ad ordinare una realtà che gli preesiste e senza di cui la sua stessa conoscenza non avrebbe senso. Per questo motivo  la seconda edizione della Critica contiene anche una "Confutazione dell'idealismo", diretta sia contro l'idealismo problematico di Cartesio, che dichiara indubitabile solo l'io sono, sia contro l'idealismo dogmatico di Berkeley, che riduce le cose nello spazio a semplici idee. La sostanza di questa confutazione risiede nella tesi secondo cui l'interiorità non può venir concepita senza esteriorità, in quanto l'esperienza interna dipende da qualcosa di permanente che si trova al di fuori di essa.


3. I principi dell'intelletto puro e l'io legislatore della natura

Del discorso kantiano fa parte anche la sezione dedicata ai "principi dell'intelletto puro", che sono le regole attraverso le quali avviene l'applicazione delle categorie agli oggetti. Regole che si identificano quindi con le leggi supreme dell'esperienza e con le proposizioni di fondo del sapere scientifico. Kant formula un elenco di queste regole corrispondente ai quattro gruppi di categorie:

1) Gli assiomi dell'intuizione (corrispondenti alle categorie della quantità) affermano a priori che tutti i fenomeni intuiti costituiscono delle "quantità estensive", ossia qualcosa che può essere conosciuto solo attraverso la sintesi successiva delle sue parti (ad es. una linea o una durata può essere percepita solo percependone successivamente le parti). Tali 'assiomi' giustificano l'applicazione della matematica all'intero mondo dell'esperienza.

2) Le anticipazioni della percezione (corrispondenti alle categorie della qualità) affermano a priori che ogni fenomeno percepito ha una "quantità intensiva", ossia un certo grado di intensità che può essere indefinitamente suddiviso. Il termine 'anticipazione' indica che tutte le sensazioni sono date come tali soltanto a posteriori, tuttavia la proprietà di avere un grado si può conoscere a priori.

3) Le analogie dell'esperienza (corrispondenti alle categorie di relazione) affermano a priori che l'esperienza costituisce una trama necessaria di rapporti basata su quattro principi :

a) della permanenza della sostanza ("In ogni cambiamento dei fenomeni la sostanza permane e la sua quantità nella natura non viene né accresciuto né diminuito")

b) della causalità (Tutti i cambiamenti avvengono secondo la legge della connessione di causa ed effetto");

c) dell' azione reciproca (Tutte le sostanze, in quanto percepibili nello spazio come             simultanee, si trovano fra loro in un'azione reciproca universale).

4) I postulati del pensiero empirico in generale (corrispondenti alle categorie di modalità ed si identificano con le regole dell'uso empirico dell'intelletto) stabiliscono che:

a) "Ciò che è in accordo con le condizioni formali dell'esperienza [] è possibile;

b) "Ciò che è connesso con le condizioni materiali dell'esperienza (della sensazione) è reale;

c)"Ciò la cui connessione col reale è determinata in base alle condizioni universali dell'esperienza è (esiste) necessariamente.

Questa dottrina dei principi coincide con quella teoria dell'io come legislatore della natura., che si configura come la massima espressione della rivoluzione copernicana attuata da Kant in filosofia. Infatti, se per natura in generale intendiamo la "conformità a leggi dei fenomeni"; cioè quell'ordine necessario e universale (= natura in senso formale) che sta alla base dell'insieme di tutti i fenomeni (= natura in senso materiale), risulta evidente che tale ordine non deriva dall'esperienza, bensì dall'io penso e dalle sue forme a priori. L'io penso e le categorie non possono tuttavia rivelare se non quello che è la natura in generale, cioè la regolarità dei fenomeni nello spazio e nel tempo. Le leggi particolari, nelle quali questa regolarità si esprime, non possono essere desunte dalle categorie (pur sottostando in ogni caso ad esse) ma soltanto dall'esperienza.

Essendo il fondamento della natura, l'io è anche il fondamento della scienza che la studia. Hume però riteneva che l'esperienza, da un momento all'altro, potesse smentire la verità su cui si regge la scienza. Invece Kant sostiene che questa possibilità non esiste, perchè l'esperienza, essendo condizionata dalle categorie dell'intelletto e dall'io penso, non può mai smentire i principi che ne derivano. Quindi le leggi della natura sono pienamente giustificate perché l'esperienza che le rivela non potrà mai smentirle.


4. Ambiti d'uso delle categorie e il concetto di noumeno

L'originalità della rivoluzione copernicana filosofica di Kant, appare cosi in tutta la sua forza ed evidenza. Ma l'originalità della rivoluzione copernicana del criticismo consiste semplicemente nel fondare sul soggetto, anziché sull'oggetto, la validità del sapere. L'originalità della soluzione kantiana consiste soprattutto nell'intendere il fondamento del sapere in termini di possibilità e di limiti, cioè conformemente al modo d'essere di quell'ente pensante finito che è l'uomo. Le idee di Kant a questo proposito sono nette ed inequivocabili: le categorie, essendo la facoltà logica di unificare il molteplice della sensibilità, funzionano solo in rapporto al materiale che esse organizzano. Considerate senza essere riempite di dati provenienti dal senso esterno o interno, sono "vuote". Questo fa si che esse risultino operanti solo in relazione al fenomeno., intendendo per quest'ultimo l'oggetto proprio della conoscenza umana, che è sempre sintesi di un elemento materiale e di uno formale. Di conseguenza, il conoscere, per Kant, non può trascendere l'esperienza, poichè una conoscenza che non si riferisca ad un'esperienza possibile non è conoscenza, ma un pensiero vuoto. La delimitazione della conoscenza al fenomeno rimanda alla nozione di cosa in sé, che, pur essendo un incognita, si staglia sullo sfondo di tutta la gnoseologia criticistica. Infatti Kant non ha mai pensato di "ridurre» la realtà al fenomeno, in quanto egli afferma che se c'è un per-noi, deve per forza esserci un in-sé. In questo senso, la cosa in sé costituisce il presupposto o il postulato del discorso gnoseologico di Kant, che nel momento stesso in cui afferma che l'essere si dà a noi attraverso delle forme a priori, è costretto a fare una distinzione tra fenomeno e cosa in sé. Nello stesso tempo, Kant ha sempre sostenuto che l'ambito della conoscenza umana è limitato al fenomeno, poiché la cosa in sé non può diventare, per definizione, oggetto di un'esperienza possibile. Kant ha espresso tutto ciò nel proprio linguaggio tecnico, usando la parola neumeno che ha due significati. In senso positivo, il noumeno è "l'oggetto di un'intuizione non sensibile, cioè di una conoscenza extra-fenomenica che a noi è preclusa e che, invece, potrebbe essere propria di un ipotetico intelletto divino dotato di una, "intuizione intellettuale" delle cose. In senso negativo, il noumeno è invece il concetto di una cosa in sé come di una X che non può mai entrare in rapporto conoscitivo con noi ed essere quindi "oggetto della nostra intuizione sensibile".

L'idea di cosa in sé o noumeno costituisce una specie di promemoria critico che da un lato circoscrive le pretese della sensibilità, ricordandoci che ciò che ci viene dato nell'intuizione spazio-temporale non è la realtà in assoluto; e dall'altro circoscrive le arroganze dell'intelletto, ricordandoci che esso non può conoscere le cose in sé, ma soltanto pensarle nella loro possibilità, sotto forma di incognite.

Kant paragona la conoscenza scientifica alla terraferma di un'isola, mentre assimila il desiderio di varcare le soglie dell'esperienza alle smanie di un navigante attratto dalla scoperta di nuove terre, ma destinato a vagare inutilmente per i flutti: "questo territorio è un'isola che la natura ha racchiuso in confini immutabili. E il territorio della verità (nome seducente), circondata da un ampio e tempestoso oceano, in cui ha la sua sede più propria la Parvenza [= l'illusione metafisica], dove innumerevoli banchi di nebbia e ghiacci creano ad ogni istante l'illusione di nuove terre e, generando sempre nuove ingannevoli speranze nel navigante che si aggira avido di nuove scoperte, lo sviano in avventurose imprese che non potrà né condurre a buon fine né abbandonare una volta per sempre".


5. Approfondimento: il concetto kantiano di «esperienza»

Kant impiega il concetto di esperienza in due accezioni distinte. In una prima accezione, indica l'intuizione sensibile, ovvero il materiale e la fonte della conoscenza sensibile. In questo senso, Kant afferma ad es. che ogni nostra conoscenza "comincia" con l'esperienza. In una seconda accezione Kant indica la totalità della conoscenza fenomenica, ovvero l'ordine unitario dei dati sensibili secondo le leggi a priori della mente. Quindi in questo senso, l'esperienza è l'organizzazione complessiva della conoscenza. Quest'organizzazione non esclude, ma sottintende, le forme a priori che la rendono possibile. Per cui, quando Kant discorre dell'a priori come di ciò che è "indipendente dall'esperienza", si riferisce, ovviamente, alla prima accezione, Viceversa, quando Kant parla di "esperienza in generale" o di "esperienza possibile", e afferma che l'esperienza rappresenta il criterio di legittimità di ogni conoscenza possibile, si riferisce alla seconda accezione, ossia al concetto dell'esperienza come sistema organizzato di forma e materia. Ed è proprio nell'ambito di questo significato che Kant, come si è visto, giunge a identificare l'esperienza in generale con la natura in generale.










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