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IDEE (i numeri, Dante, la religione, la filosofia)




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IDEE (i numeri, Dante, la religione, la filosofia)


A volte i nostri pensieri volano alla velocità della luce e ci appaiono offuscati e di difficile ricostruzione, e l'unica cosa che ci rimane non è il filo logico bensì la conclusione; altre volte è la lucidità a guidare il flusso dei pensieri, anzi, per meglio dire, sono i numeri.

I numeri si sono ormai impossessati del mondo: regolano e misurano le distanze, catalogano le molteplicità, delimitano le realtà, classificano le persone e le personalità - il famoso "7 in condotta", per esempio, è la minaccia per eccellenza di tutti i professori d' Italia nei confronti degli alunni chiacchieroni - secondo scale scientificamente preordinate.

La stessa visione ed interpretazione del mondo viene filtrata secondo vari livelli e secondo varie matematiche.

La prima matematica che prenderemo in considerazione è la matematica di chi descrisse in versi immortali, scientificamente studiati, un allegorico viaggio mistico nel mondo dell'aldilà.

Sì, è proprio il modo di vedere il mondo e la matematica del poeta più illustre al mondo, il grande Durante Alighieri detto Dante!

Per capirci, nel caso qualcuno non conosca Dante, è l'uomo raffigurato sul retro della nostra cara moneta da due euro. basta guardarsi un po' in tasca!

Dante si rifà in parte alla filosofia pitagorica, in base alla quale il numero è essenza di tutte le cose e la realtà è riducibile ai numeri. A questa concezione si aggiunge la teoria trinitaria che occupa una posizione centrale in tutta l'opera dantesca: il numero tre viene ricondotto al mistero della Trinità, in base al quale Dio è uno e trino nello stesso tempo, in quanto Padre, Figlio e Spirito Santo sono uniti in un'unica sostanza.

La concezione simbolica dei numeri nella "Commedia" di Dante si basa quindi sulla sistematica esaltazione del fatidico numero tre che viene a configurarsi così come numero sacro.

Sempre riconducibili alla sacralità del numero perfetto sono gli accenni alle tre virtù teologali (Fede, Speranza, Carità) infuse nell'uomo dallo Spirito Santo e rappresentate simbolicamente dalle "tre facelle" di cui "arde" il polo australe, o ancora la descrizione delle intelligenze angeliche, divise in tre gerarchie, ciascuna delle quali è suddivisa in tre ordini.

Se si analizza con attenzione, l'intera opera presenta delle interpretazioni tutte basate su di una struttura ternaria. Guardandone la struttura, si nota che essa appare suddivisa in tre macro sezioni, chiamate "cantiche" (Inferno, Purgatorio e Paradiso ), a loro volta divise in trentatre capitoli, i "canti", composti in "terzine dantesche". I 99 canti così costruiti sono anticipati da uno proemiale <<Nel mezzo del cammin di nostra vita.>>.

I canti così ottenuti sono 100, cioè 10 x 10, ed il dieci era l'altro numero sacro della cultura pitagorica oltre al tre ed all'uno, poiché erano i due numeri "triangolari" (il tre ed il dieci) ed il numero della mistica unità (l'uno).

Torniamo al numero tre. Il viaggio all'inferno dura in totale tre giorni; in aggiunta, nel primo canto proemiale, Dante incontra le tre fiere.

Quindi, nel paradiso i beati vengono suddivisi in tre categorie: nella prima parte della suddivisione incontriamo i tre cieli più vicini alla Terra in cui risiedono gli spiriti attaccati ai beni mondani; successivamente vi sono i tre cieli di Sole, Marte e Giove, dove risiedono gli spiriti dediti alla vita attiva; ed infine il cielo di Saturno, delle stelle fisse e il primo mobile o cristallino dove risiedono gli spiriti contemplativi e trionfanti e i cori angelici.

Sulla base del numero tre si fonda anche la struttura dei personaggi. Dante è accompagnato, infatti, da tre guide, Virgilio, Beatrice e Bonaventura. Inoltre incontra il demonio Cerbero, guardiano del terzo cerchio, cane a tre teste. E, ancora, tre sono le furie dai volti insanguinati e tre sono le facce di Lucifero.

Il tre, tuttavia, non è l'unico numero dotato di significato all'interno della Commedia, ma ve ne sono molti altri. Ci limiteremo ad analizzare il valore ed il senso di un numero in particolare: il sette. Che dire di questo enigmatico numero? Di sicuro è il numero misterico per eccellenza ed è anche un importante numero biblico: sette furono le piaghe egizie, sette le Coppe dell'Ira Divina, altrettante le teste del dragone demoniaco (forse indicante Roma?) e così via. Sono tantissimi gli esempi notabili.

Si possono anche considerare le sette Muse, le sette Ninfe o Mistiche Stelle e le sette Virtù ed i relativi peccati capitali.

Giunti nel Paradiso Terrestre, finalmente le stelle spirituali vengono mostrate tutte e sette riunite. Nel Nobile Castello si nota la frase: <<Orrevol gente; tu che onori, cotanta on(o)ranza, onrata nominanza, onorate l'altissimo poeta, fannomi onore e onor gli fanno.>>. sette parole che si riferiscono all'Onore! Quindi, vediamo 14 grandi personaggi, da Elettra a Saladino, e 21 grandi filosofi (ambedue i numeri sono multipli di sette), ed una miriade d'altri esempi ben visibili. Risulta interessante, anche e soprattutto, la manifestazione criptica, quella del non-visibile; ad esempio, un sette non-menzionato può essere ben riconosciuto nel sonno e nei sogni di Dante: in tutto si addormenta sette volte. Il 7, numero misterico, come poteva non essere legato ai sogni che del mistero sono l'espressione più profonda?

Infatti, come vedremo, i canti della Commedia sono sinottici, e al canto VII di tutte e tre le cantiche, si ha l'espressione di un mistero: la Fortuna, poi la Notte, infine, la Redenzione.

Spesso è nei canti di numero multiplo di 7 che avvengono fatti o comparse speciali, da Matelda, a Giacobbe, al Punto Luminoso, Dio.

Il Sette è ovunque. E non vale, questo, solo per la Divina (ora la possiamo ben definire così) Commedia. Passeremo quindi ad analizzare il significato del numero sette in un altro ambito, che è quello che ha fornito la base di tutta l'opera dantesca: le sacre scritture!

<<Disse il Signore a Giosuè: Vedi, io ti metto in mano Gerico e il suo re.
Sette sacerdoti porteranno sette trombe di corno d'ariete davanti all'arca;
il settimo giorno poi girerete intorno alla città per sette volte e i sacerdoti
suoneranno le trombe. allora le mura crolleranno e il popolo entrerà.>>
(Libro di Giosuè)


Cosa si nota di strano in questo passo?

L' abbondanza del numero sette non passa certo inosservata; viene ripetuto quattro volte e, all'interno delle sacre scritture, è di gran lunga il numero che appare più spesso. A questo punto sorge spontanea una delicata domanda: come mai il sette è così importante e così ricorrente?

Certamente si può supporre che questo numero deve avere un significato nascosto. Infatti è proprio così! Ma sapete qual è questo significato nascosto?

Innanzitutto chiariamo una cosa: le religioni nascono (anche se non tutte lo ammettono) dalle ceneri di concezioni e pensieri pagani e, anche, da alcune filosofie preesistenti, e la religione biblica non fa di certo eccezione. Come per il posteriore Dante il numero ha una valenza mistica con reminescenze pitagoriche non indifferenti. Si tratta di decontestualizzare la numerologia dal suo originario significato esoterico (con "esoterico" nell'accezione originaria di "vicino alla realtà delle cose" ) per immetterla in un contesto nuovo, quello del culto monoteistico di JHWH, un culto dove sarà Dio stesso a svelare, a poco a poco, il suo disegno, lasciandolo, però, sostanzialmente oscuro ai più. La numerologia biblica non è più, quindi, un modo per arrivare alla conoscenza piena della realtà, ma è quasi una firma divina che ci attesta la scientificità e l'organicità dei tanti libri che compongono il testo sacro per eccellenza, almeno 36 libri (così era originariamente per gli ebrei) scritti da altrettanti autori, che possono arrivare fino a 47 (cristiani) o 53 (ortodossi) dell'Antico Testamento, scritti in epoche diverse ma tutte con la stessa numerologia ricorrente, sintomo di un più alto fattor che ispirava le menti dei suoi profeti.

La "parola di Dio" è, dunque, scritta soprattutto in caratteri matematici nascosti e questo potrebbe risultare di difficile accettazione da parte di molti.

Se ne fornirà di seguito un esempio preso come attestazione della miriade di esempi che vi sono all'interno della Bibbia, studiato e reso noto dagli scritti di Ivan Panin, studioso russo nato nel 1855 che, convertitosi nel 1882 dall'agnosticismo al cristianesimo, dedicò 50 anni della sua vita nell'esplorazione scrupolosa delle Scritture. Nel 1890 scoprì un'eccezionale struttura matematica nascosta nel testo greco del Nuovo Testamento e nell'ebraico dell'Antico Testamento, partendo dalla constatazione che sia l'alfabeto ebraico che quello greco, come pure parzialmente quello latino, presentano una corrispondenza tra le lettere ed i numeri ad esse attribuiti.

Mentre, infatti, nell'alfabeto latino solo alcune lettere assumono valore numerico, ad esempio la X indica il numero 10, la L il 50, la C il 100, nell'alfabeto ebraico e in quello greco - lingue nelle quali furono scritti rispettivamente l'Antico e il Nuovo Testamento - tutte le lettere hanno un valore numerico.

In particolare l'ebraico ha un alfabeto di 22 lettere, in cui le prime nove hanno valore numerico dall'1 al 9, le successive nove servono per le decine dal 10 al 90, le ultime quattro servono per le centinaia dal 100 al 400, secondo lo schema seguente:


Alfabeto ebraico














Ora, calcolando il valore di ogni parola ebraica o greca - valore risultante dalla somma del valore numerico assegnato a ciascuna lettera - il Panin scoprì che il numero 7 con i suoi multipli ricorre di gran lunga più frequentemente di qualsiasi altro numero in ogni frase, in ogni paragrafo e brano della Bibbia.

Viene ora riportato un esempio di come i numeri vanno letti e interpretati all'interno degli scritti dell'Antico Testamento, presentando un esempio scelto dal Panin in persona e relativo al I versetto del Libro della Genesi:

<<Nel principio Iddio creò i cieli e la terra.>>  (Genesi; 1; 1)


La frase in ebraico è composta da sette parole ciascuna delle quali ha il suo valore numerico, risultante dalla somma del valore numerico di ogni lettera:


Nel principio

creò

Dio

Articolo indefinito non traducibile

i cieli

e

la terra


Si riporta di seguito una parte di tutte le combinazioni che Panin trovò e che lo portarono ad sostenere la presenza di un disegno nella numerologia nascosta della Bibbia


- Il numero delle parole di questo versetto è esattamente 7.

- Vi sono tre importanti vocaboli in questo primo versetto: Dio, cieli, terra. I valori numerici di questi tre vocaboli sono rispettivamente 86, 395, 296. La loro somma è esattamente 777, cioè 111x7.

- Il numero delle lettere di queste tre parole (Dio, cieli, terra) è esattamente 14 (2x7).

- Il numero delle lettere delle quattro restanti parole è sempre 14 (2x7).

- Il numero totale delle lettere ebraiche in questa frase di sette parole è dunque 28 (4x7).

- Le prime tre di queste sette parole ebraiche contengono il soggetto e il predicato della frase: "Nel principio Iddio creò". Il numero delle lettere di queste tre parole ebraiche è esattamente 14 (2x7).

- Le altre quattro parole contengono l'oggetto della frase: "i cieli e la terra". Il numero delle lettere di queste quattro parole ebraiche è anch'esso 14 (2x7).

- Il valore numerico del verbo "creò" è 203 (29x7).

- Il numero trovato sommando il valore numerico della prima e dell'ultima lettera di tutte e sette le parole che compongono questo versetto è 1393 (199x7).


E si potrebbe ben continuare.


Si potrebbe dire che sia un semplice caso; assolutamente no e ciò è confermato dal Panin. E' noto che esiste la legge delle probabilità, basata sulla scienza matematica, secondo la quale è possibile calcolare se il caso abbia prodotto tali caratteristiche nello stesso momento.

Si supponga che vi siano dodici caratteristiche numeriche nella struttura di un certo brano, non troppo esteso. Qual è la probabilità che esse vi si trovino tutte insieme per caso? Secondo la legge delle probabilità si considerino preliminarmente le seguenti caratteristiche da trovare nello stesso momento in un breve testo:


- Che un numero sia accidentalmente multiplo di 7 (all'intero della struttura del brano dato) esiste solo un caso su 7;

- Che due numeri siano accidentalmente multipli di 7, esiste solo un caso su 7 volte 7: ovvero 1 su 49;

- Che quattro numeri siano accidentalmente multipli di 7, esiste solo un caso ogni 7 volte 343; ovvero 1 su 2401, e così via in un processo che il nostro Panin ha magistralmente elencato, ma che non si riporta per facilitare il lettore.


Si può considerare improbabile il verificarsi di un fatto se vi è una probabilità su mille che accada; praticamente impossibile quando vi è soltanto un caso su centomila. Nell'esempio riprodotto vi è solo una probabilità su quasi 14 miliardi che 12 caratteristiche numeriche ricorrano tutte assieme in un breve brano per puro caso.

Nulla si regge sulla casualità.

Il sistema numerico di Dio è impresso su tutte le Sue opere. Tutti i vari regni della natura sono basati su un sistema aritmetico: grandi leggi matematiche governano le attività dell'intero universo.

Per esempio, nella sfera della luce vi sono esattamente sette colori primari. I sette colori uniti assieme formano la luce.

Il corpo umano, come la Parola di Dio, porta la "firma" del suo Creatore nel sette, numero della perfezione. Il corpo umano, infatti, è completamente rinnovato ogni sette anni; ogni parte del corpo elimina costantemente il materiale logorato e riceve l'apporto di nuovo materiale vivente, fino a che, dopo sette anni, l'intera struttura è cambiata fino nel più piccolo particolare e praticamente diventa un nuovo corpo.

Il polso dell'uomo batte più lento ogni sette giorni, se è malato o sta bene. In certe malattie generate da esaurimenti fisici, il polso cambia ogni settimo giorno.

Il sette è impresso in tutta la fisiologia ed è notevole il fatto che il Signore ordinò, fin dalla creazione, un giorno di riposo ogni sette (il sabato), che è poi l'unico ciclo di lavoro-riposo che risponde effettivamente ai bisogni umani.

E poi, vi è anche l'approccio pitagorico: il numero, come già ricordato prima, si carica di una valenza mistica, e riesce così ad assurgere al compito di esprimere l'essenza stessa delle cose e della realtà.

Per la filosofia pitagorica vi erano alcuni numeri più importanti di altri, vi era una "gerarchia" che va studiata nel dettaglio, perché verrà più e più volte ripresa. in pratica vi è una distinzione fra i numeri pari, sinonimo con accezione negativa di illimitatezza, e dispari, rappresentanti la perfezione del limitato e limitabile. I numeri che racchiudono in sé l'essenza del numero pari sono il due ed il quattro, mentre quelli che per eccellenza che indicano la perfezione del dispari sono tre e nove; non l'uno!

L'uno infatti è collocato al di fuori di questa distinzione, è l'unità "parimpari" (che è capace di rendere pari i dispari e dispari i pari, e quindi all'interno di sé deve contenere qualcosa di pari ed anche di dispari) indivisibile e nei confronti della quale non vi sono antecedenti, indivisibile e graficamente simboleggiata da un punto.  

L'altro numero al di fuori degli schemi tradizionali è il dieci, numero rappresentante la mistica "tetrattide" (gruppo di quattro), che comprende in sé l'unità, la linea, il piano ed il solido (1+2+3+4=10).

Il numero due rappresenta la retta, retta passante appunto per due punti, e che, essendo infinita, poiché non se ne possono comprendere i limiti esterni, viene considerata imperfetta.  

Il numero tre invece è il simbolo del triangolo mistico, così come poi sarà anche il dieci, ma nel caso del tre si assiste al triangolo perfetto nella sua solidità e sicurezza, numero anche delle tre fasi della vita (giovinezza, maturità, vecchiaia) e quindi numero della creazione. da questa concezione prenderanno spunto molte religioni, ed anche quella cristiana vede nella divinità la doppia valenza di Dio uno e trino, l'uno della sacra unità in grado di creare e cambiare la realtà così come può rendere dispari un pari e viceversa l'uno pitagorico, e trino, in quanto contemporaneamente padre, figlio e Spirito Santo. Ma anche altre religioni risentono del valore mistico del tre, come quella indù dove è venerata la "Trimurti" o "Trinità indù", composta dalle tre divinità Brahma (il Creatore), Visņu (il Conservatore) e Śiva (il Distruttore), il cui simbolo è il "Tridente del tempo" (riportato qui a sinistra), altro simbolo intimamente legato al tre.

Tornando però alla cristianità, il tre si carica di tanti significati.

Tre è un numero nascosto, spesso riconoscibile, nei vangeli, a partire dal numero degli apostoli, 12 (4x3), poi il numero dei pesci pescati da Pietro il giorno della pesca miracolosa, 153 (51x3), tre sono anche le apparizioni di Gesù dopo la morte e tanto altro ancora, che comunque è facilmente reperibile in moltissimi testi, e quindi non approfondisco oltre per non rendere poco scorrevole la lettura.

Passiamo quindi ad analizzare il numero quattro. Si tratta di un numero detto "quadrato", ed è infatti raffigurato dalla scuola pitagorica con un quadrato. Questa figura geometrica rappresenta il solido, il tridimensionale. È questo infatti il simbolo della natura umana, tridimensionale, così era considerato anche il quadrato.

Il quattro poi, per il suo essere un numero quadrato, presenta i lati fra loro uguali, così come il nove, altro numero quadrato, ed insieme simboleggiano, per questo motivo, la giustizia.

Il tre ed il quattro quindi simboleggiano rispettivamente il piano ed il solido, il geometrico ed il reale, il divino e l'umano.

Quale numero allora potrebbe mai simboleggiare il mondo e la realtà meglio del sette, che del tre e del quattro è la perfetta somma? Sette, quindi, è il numero del mondo, e diventa l'intersezione del divino nell'umano secondo la filosofia biblica.

Il concetto spero che vi sia ben chiaro, e quindi passerei a trattare di altri tipi di matematiche, avendo omai chiarito la matematica dantesca, quella religiosa e quella pitagorea, non ci resta che spostare lievemente il nostro campo d'azione. E sono tanti gli argomenti e le tematiche entro le quali potremmo iniziare a disquisire.

La scienza filosofica, poi, è intrisa come poche altre di numeri e matematiche.

Sono una miriade i filosofi che trattano l'argomento della matematica, molti di questi sono addirittura essi stessi di matematici (a Leibniz dobbiamo i primi studi di "calcolo differenziale" o "calcolo infinitesimale", contemporanei a quelli di Newton), ma in questa sede ci limiteremo ad analizzare solo una esimia personalità: Immanuel Kant.


La matematica ha per Kant un ruolo molto importante nella sua concezione filosofica.

Innanzitutto la sua indagine filosofica si concentra, nella parte che ci interessa, sui giudizi. Il filosofo tedesco distingue infatti i giudizi in sintetici  ed analitici, e ciascuno dei due poi in a priori ed a posteriori. I giudizi sintetici a priori sono i fondamenti su cui poggia la scienza poiché accrescono il sapere (in quanto sintetici), ma non necessitano di essere riconfermati ogni volta dall'esperienza perché universali e necessari.

Lo stesso Kant ci fornirà alcuni esempi di giudizi sintetici a priori, e come materia di studio sceglie appunto la matematica e la fisica, in quanto le uniche scienze che corrispondono alla descrizione di sintetiche a priori.

La matematica ha per oggetto cose assolutamente certe, poiché a priori e dunque non smentibili dall'esperienza, ma anche arricchenti, in quanto non è una pura e semplice relazione di idee per cui dal concetto di 3+3 si desume analiticamente il 6. Se così fosse, del resto, la matematica perderebbe di valore: la matematica deve dunque dire cose assolutamente certe ma che, nello stesso tempo, arricchiscano la conoscenza ed è per questo che i giudizi che la costituiscono sono 'sintetici a priori'. Quando ci si trova di fronte all'espressione 7+5=12 non è vero che si analizzano i concetti di 7 e di 5 e se ne estrae il 12 come relazione tra idee; al contrario, 7+5 è un materiale di lavoro, un'indicazione dell'operazione che si deve svolgere. Ne è un fulgido esempio il fatto che i bambini contino servendosi di oggetti materiali, come ad esempio le palline: le raggruppano e le affiancano una alla volta e, una volta sommate, ottengono il risultato. Ed è quello che, secondo Kant, facciamo anche noi mentalmente.

Ciascuno di noi considera le verità matematiche del tipo 7+5=12 come assolutamente certe, e le certezze derivano dall'apriorità, ovvero dalla non-smentibilità empirica. Che la matematica non sia smentibile dall'esperienza risulta evidente dal fatto che se un prestigiatore infila prima 7 e poi 5 palline in un recipiente e, mostrandoci il contenuto, non vediamo 12 palline, abbiamo la certezza che c'è stato un trucco, nessuno penserebbe mai che possano essere più o meno di 12. Questo vuol dire che se anche l'esperienza ci fa vedere che 5+7 non dà 12, noi continuiamo ad essere certi che 7+5 dia 12; tutto questo dimostra l'apriorità (sono giudizi certi, non derivati nè sconfessabili dall'esperienza) e la sinteticità (sono giudizi costruiti nel corso della dimostrazione) della matematica.





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