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Meccanica Quantistica: l'inesistenza del vuoto
La meccanica quantistica, ossia la teoria che descrive il comportamento originale e imprevedibile delle particelle subatomiche (elettroni, fotoni, quark, ecc.) ha una visione del tutto nuova di vuoto: essa lo immagina pervaso da continue fluttuazioni energetiche dalle quali si genera materia. Si può dunque dedurre che la materia e l'energia derivino dal nulla? Sì, purché materia ed energia che emergono dal nulla in modo spontaneo e senza motivo un istante dopo essere apparse vengano distrutte e ritornino nel nulla. Come è possibile?
Uno dei risultati più straordinari della fisica del microcosmo è l'avere scoperto che lo spazio vuoto non è affatto vuoto: appare tale solo perché la creazione e la distruzione incessante di particelle ed altre strane entità si verifica in esso su intervalli temporali brevissimi e tali comunque da non lasciare allo sperimentatore il tempo materiale per la loro rilevazione. Il vuoto sembra tranquillo e calmo su scala macroscopica come appare piatto e uniforme il mare visto da un aereo che vola ad alta quota mentre se si stesse su una barchetta esso si mostrerebbe ben diverso, con onde e flutti anche di notevoli proporzioni. Allo stesso modo, se lo potessimo guardare da vicino, il vuoto apparirebbe un mare in tempesta ribollente di ogni sorta di manifestazioni stravaganti, fenomeni che avverrebbero da sempre e in ogni dove.
Questa incredibile proprietà del vuoto scaturisce dalla combinazione della meccanica quantistica con la relatività di Einstein. Una conseguenza diretta della meccanica quantistica è il principio di indeterminazione di Heisenberg il quale afferma che il mondo microscopico possiede un'incertezza di fondo: l'impossibilità di determinare con precisione assoluta i parametri fisici delle particelle di piccole dimensioni. Nel vuoto questa incertezza si manifesta sotto forma di piccole fluttuazioni energetiche che vanno e vengono senza sosta e che in parte si convertono in entità materiali. La teoria della relatività, attraverso l'equazione E=mc² , suggerisce infatti che l'energia possa trasformarsi in materia e viceversa.
Dunque è possibile che queste particelle esistano, ma sotto forma di particella e antiparticella dalla vita brevissima e per questo sono chiamate virtuali. Le particelle virtuali quanto più sono grandi tanto meno vivono, ma in quel breve lasso di tempo potrebbero anche diventare reali (cioè particelle effettive) se potessero disporre di una fonte di energia adeguata. Ma se le particelle virtuali non possono essere viste come facciamo a sapere che esistono?
L'esistenza di coppie effimere particella-antiparticella nel vuoto può essere verificata sia pure indirettamente mediante esperimenti di alta precisione ma è indispensabile innanzitutto cercare uno spazio vuoto entro il quale condurre l'esperimento. Il vuoto che possiamo ottenere sulla Terra perfino con le più avanzate tecnologie non è altro che aria rarefatta, tutt'altro che vuoto. Anche il vuoto cosmico tuttavia non è del tutto vuoto: qualche elettrone, qualche atomo o rari granellini di polvere finissima si incontrano anche da quelle parti. Dunque per il nostro esperimento nemmeno lo spazio cosmico andrebbe bene: come si è già dimostrato un vuoto assoluto e uno spazio con quelle caratteristiche è stato individuato all'interno dell'atomo le cui particelle costitutive sono migliaia di volte più piccole dell'atomo intero: ragione per cui l'atomo nel suo complesso appare vuoto. Ebbene, proprio nel vuoto presente fra il nucleo centrale e gli elettroni che si muovono intorno ad esso si vengono a creare particelle virtuali che, come abbiamo detto, è impossibile vedere direttamente ma i cui effetti sono misurabili sugli elettroni periferici dell'atomo stesso.
L'esperimento venne portato a termine, nell'immediato dopo guerra, utilizzando alcune tecniche di precisione che furono messe a punto nel corso del secondo conflitto mondiale dal fisico sperimentale Willis Lamb. Egli misurò piccole variazioni orbitali dell'elettrone dell'atomo di idrogeno le quali venivano poi confrontate con i calcoli teorici basati sulla elettrodinamica quantistica. Una seconda convalida del nuovo modo di concepire il vuoto si ebbe all'interno dei ciclotroni, le macchine nelle quali vengono accelerate le particelle subatomiche per poi farle scontrare fra di loro. Lanciando gli uni contro gli altri, elettroni e positoni, (cioè materia ed antimateria) l'energia che scaturisce dalla loro annichilazione è sufficiente per rendere reali le particelle virtuali fluttuanti nel vuoto.
Quindi la conclusione che la scienza moderna può trarre è che dal "vuoto" sarebbe addirittura nato l'Universo intero. Non è infatti da escludere che anche il Cosmo si sia materializzato dal nulla in seguito ad una gigantesca fluttuazione quantistica del vuoto: le leggi della fisica, come abbiamo visto, non escludono una simile eventualità.
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