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Conferme sperimentali del modello di Bohr




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Conferme sperimentali del modello di Bohr



Tra il 1913 ed il 1914 venne un'ulteriore conferma del modello atomico di Bohr, grazie agli esperimenti condotti da Moseley sugli spettri di emissione a righe nella regione della radiazione X di vari elementi chimici.


Quando un elettrone del primo livello energetico (livello K) viene espulso, in seguito ad una collisione con un elettrone proiettile o in seguito ad irradiazione con fotoni altamente energetici (gli elettroni del primo livello sono fortemente legati), il suo posto può essere occupato da un elettrone presente nei livelli superiori. Se l'elettrone proviene dal livello L (n = 2) la riga spettrale che si forma è detta Ka, se proviene dal livello M (n = 3) è detta Kb, e così via.

Se l'elettrone inizialmente espulso interessa il livello L, le righe che si formano per transizione elettronica dagli strati superiori M, N sono dette La Lb


La serie K è sostanzialmente analoga alla serie di Lyman per l'idrogeno, ma si manifesta nella regione X.

Le diverse righe della serie K presentano naturalmente un valore diverso nei vari elementi chimici, a causa delle differenze di energia esistenti tra livelli energetici dello stesso tipo in atomi aventi una diversa carica nucleare Z.

Moseley dimostrò che la riga più intensa di questi spettri (riga Ka) si spostava regolarmente quando si passava da un elemento al successivo nella tavola periodica e che la lunghezza d'onda di tale riga si poteva esprimere in funzione del numero atomico Z, attraverso una relazione sostanzialmente analoga alla relazione di Balmer

dove a è la costante di schermo, introdotta per tener conto del fatto che la carica del nucleo 'vista' da ciascun elettrone è, a causa della presenza degli altri elettroni, inferiore a Ze.

Per la riga Ka la relazione diventa

La relazione dimostra che la radice quadrata della lunghezza d'onda è inversamente proporzionale al numero atomico Z.



Spostamento delle righe K

in funzione del numero atomico Z



Ciò, oltre a confermare il modello di Bohr, permise, da una parte di dare al numero atomico Z il suo significato preciso di numero di cariche elettriche concentrate nel nucleo (e quindi anche di numero di elettroni orbitanti esternamente per rendere l'atomo neutro), dall'altra di ordinare correttamente gli elementi nella tavola periodica secondo il numero atomico crescente e non secondo il peso atomico crescente. Gli elementi devono infatti essere ordinati con lo stesso ordine con cui si succedono le righe della serie K. Risultò ad esempio che il Co precede il Ni e non viceversa[1].


Del 1914 sono gli esperimenti condotti da J. Franck e G. Hertz (nipote di H. Hertz) i quali scoprirono che gli elettroni, quando attraversano i vapori di Mercurio, subiscono una perdita di energia secondo "livelli" discreti e che a tale perdita di energia corrisponde una emissione di radiazioni ultraviolette ( = 254 nm) da parte del Mercurio. Pochi mesi più tardi Niels Bohr si rese conto che si trattava di una chiara conferma della validità del suo modello atomico quantizzato.



Esperimento di Franck-Hertz

Tra il filamento emittente F e la griglia G viene applicata una differenza di potenziale variabile. Tra la griglia G ed il collettore C viene applicata una differenza di potenziale costante di segno opposto di -1,5 V che esercita un'azione frenante, in modo che solo gli elettroni che hanno acquistato una sufficiente energia cinetica sono in grado di raggiungere il collettore C e contribuire alla circolazione di corrente. Finchè la differenza di potenziale è inferiore a 4,9 V gli elettroni urtano gli atomi di Mercurio in modo elastico, senza cedere energia e, attraversata la griglia, possiedono sufficiente energia per raggiungere il collettore e generare una corrente elettrica. la cui intensità viene misurata (amperometro). In corrispondenza di una tensione di 4,9 V gli elettroni hanno sufficiente energia per eccitare gli atomi di Mercurio che emettono una riga spettrale nell'ultravioletto a 254 nm. La cessione di energia agli atomi di Mercurio, rallenta gli elettroni, facendo diminuire l'intensità di corrente al collettore. Aumentando ulteriormente la tensione il fenomeno si ripresenta con regolarità per valori di tensione multipli di 4,9 V. Infatti, in corrispondenza di una tensione doppia (9,8 V) un elettrone ha sufficiente energia per eccitare in successione due atomi di mercurio, mentre con una tensione tripla (14,7 V) può eccitarne tre e così via.



Nel 1921 Otto Stern e W. Gerlach verificarono un'altra conseguenza della teoria di Bohr. Infatti non solo le singole orbite, ma anche l'intero atomo deve possedere un momento angolare quantizzato, calcolato come vettore risultante dei singoli momenti interni.

In pratica quindi anche l'intero atomo (se possiede un momento magnetico risultante netto) può assumere solo orientazioni spaziali discrete.

Esperimento di Stern-Gerlach

Un fascio di atomi di Argento attraversa un campo magnetico fortemente disomogeneo. I poli del magnete sono stati sagomati in modo che sul fascio di atomi agisca una forza deviante costante solo in direzione z e nulla in x ed y. Gli atomi si dividono in due fasci, colpendo lo schermo in due punti disposti simmetricamente rispetto alla direzione originaria. Gli atomi dimostrano pertanto di possedere un momento magnetico netto che si orienta in due soli modi possibili e controversi (spin antiparalleli) rispetto al campo magnetico applicato.




Nella tavola periodica esistono quattro coppie di elementi (Ar/K, Co/Ni, Te/I, Th/Pa (Torio/Proattinio)) il cui ordine risulterebbe invertito se fossero ordinati secondo il peso atomico crescente. È notevole il fatto che Mendeleev decise di scambiarli di posto, pensando che il loro peso atomico fosse errato, classificandoli non in base al peso, ma alle loro caratteristiche chimiche

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