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Il logicismo




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Il logicismo


Il logicismo è il tentativo di ridurre la matematica ai concetti ed alle regole della logica. Per lo sviluppo della matematica non sarebbero necessari altri concetti che quelli della logica, essendo la matematica fondamentalmente un'applicazione specifica delle leggi universali della logica. Ogni concetto, teorema e legge della matematica può essere quindi dedotto e dimostrato partendo dagli assiomi fondamentali della logica.

Nel 1872 nasce l'idea di aritmetizzare l'analisi, cioè di utilizzare une struttura logica, il concetto di successioni, per definire i numeri reali: questa intuizione si ha da parte di Gottlob Frege, logico tedesco, il quale elabora il "programma logicista" di fondazione della matematica, che si basa su questi due punti principali:

definire in termini puramente logici i concetti della matematica pura: primo fra tutti, ovviamente, lo stesso concetto di numero naturale;

derivare le "verità" della matematica pura (e in particolare quelle ritenute più evidenti) a partire da principi logici, e impiegando metodi di ragionamento del tutto esplicitati.

Frege: "Una ricerca profonda del concetto di numero [.] costituisce un compito comune alla matematica e alla filosofia"

In queste sue considerazioni, Frege non risparmia i suoi predecessori, ma compie una forte accusa agli stessi Cantor e Dedekind.


Critica a Cantor: Frege gli rimprovera il residuo psicologistico nella concezione dell'astrazione e in generale una mancanza di rigore logico in tema di definizioni.

Critica a Dedekind: "Anche Dedekind è dell'opinione che la teoria dei numeri sia una parte della logica; ma il suo scritto [Essenza e significato dei numeri] dà ben pochi elementi per sostenere questa tesi, perché le espressioni da lui usate: "sistema", "una cosa appartiene a un'altra", non sono usuali in logica, né sono riconducibili a qualcosa che sia riconosciuto come logica."

Dedekind identificava logica e aritmetica intendendo che la logica fosse aritmetica; Frege ribalta questa posizione: l'identificazione tra logica e aritmetica avviene perché l'aritmetica è logica. In questo senso Frege compie un ulteriore passo, giungendo alla logicizzazione della matematica: i principi fondamentali della matematica non sono aritmetici, sono logici.


E' ora posta in evidenza da Frege la necessità di indagare sulla natura stessa dell'argomentazione deduttiva, di porre cioè al centro dell'analisi il concetto stesso di dimostrazione: è questo concetto che va rigorosamente reso esplicito in ogni suo passo operativo; vanno chiaramente esplicitati le regole e i principi sui quali la deduzione si fonda, in modo tale che ogni passaggio avvenga secondo quelle regole ed ogni proposizione suscettibile di dimostrazione venga ricondotta a quei principi. Per questa operazione non ci si può servire del linguaggio comune, che porterebbe a diverse difficoltà, ma si deve far ricorso ad un simbolismo asettico, pregnante solo su un piano logico. La scelta di Frege in proposito è molto complessa, elaborata ed indubbiamente funzionale ai suoi scopi; ma certamente non felice: non è escluso che a tale scelta venga imputata buona parte almeno dell'indifferenza con cui i suoi contemporanei guardarono ai suoi scritti.


Definizione di numero naturale: La definizione fregeana del concetto di numero cardinale coincide nella sostanza con quella di Cantor in due sensi precisi: primo che entrambi giungono ad individuare lo stesso concetto e secondo che si servono per così dire dello stesso "materiale": le classi ed una relazione tra di esse. Cantor chiama equivalenza questa relazione, Frege invece la chiama equinumerosità; ma al di là della diversa terminologia si tratta della stessa relazione: in entrambi i casi infatti tale relazione sussiste fra due classi quando è possibile stabilire fra di esse una corrispondenza biunivoca. Tuttavia, Frege arriva a queste considerazioni compiendo il cammino inverso rispetto a quello di Cantor: egli prima riscontra nelle proprietà della relazione di equinumerosità i caratteri di un'uguaglianza; quindi sulla base di una rigorosa sistemazione della definizione per astrazione ne trae il concetto di numero cardinale. Dunque Frege per definire un numero cardinale utilizza il concetto di insieme, da lui chiamato classe:

sia la classe A la classe di tutte le classi e sia la relazione R la relazione di equinumerosità fra classi, che si dimostra facilmente essere riflessiva, simmetrica e transitiva. Tale relazione allora suddividerà la classe di tutte le classi A secondo una partizione in classi di classi: ognuna di queste classi di classi sarà caratterizzata dal contenere, con una classe α di A, ogni altra classe equinumerosa con α. Dunque Frege identifica il numero cardinale di una classe α con la classe di tutte le classi ad essa equinumerose. Detto in parole più semplici, Frege ad esempio definisce il numero 3 con l'insieme di tutte le terne, il 4 con l'insieme di tutte le quaterne, lo 0 con l'insieme di tutti gli insiemi vuoti.

Riassumendo, Frege ributta sull'insiemistica tutta la teoria dei numeri: si può mettere insieme la teoria degli insiemi con la logica. Dunque in Frege le leggi della teoria degli insiemi sono tautologie, cioè sono riconducibili a formule che danno un risultato vero nella logica classica. Infatti:

o appartiene all'insieme A oppure non vi appartiene →


Antinomia di Russell: "Ad uno scrittore di scienza ben poco può giungere più sgradito del fatto che, dopo un complesso lavoro, venga scosso uno dei fondamenti della sua costruzione." Così Frege dà inizio all'appendice aggiunta al secondo volume della sua opera, "I principi", per dare pubblica comunicazione al mondo scientifico del fallimento del suo programma logicista. Infatti, proprio quando Frege stava portando a termine la riconduzione dell'aritmetica alla logica, il 16 giugno 1902, il matematico Bertrand Russell gli inviò una breve lettera nella quale lo informava di un'antinomia derivabile nel sistema logico dei Principi. Russell, infatti, mise in evidenza che, considerando la proprietà "non essere elemento di se stesso", ad essa corrisponderà la classe di tutte e sole quelle classi che non contengono se stesse come elemento. Se si indica con R tale classe, allora R appartiene o no a se stessa, è cioè elemento di se stessa oppure no?

Supponiamo che R appartenga a se stessa: allora, in quanto classe di tutte le classi che non si appartengono, non dovrà appartenere a se stessa.

Supponiamo allora che R non appartenga a se stessa: in questo caso, però, essa dovrà necessariamente appartenere a se stessa, in quanto per definizione è proprio la classe di tutte le classi che non si appartengono.

Entrambe le ipotesi portano quindi ad una contraddizione, siamo cioè di fronte ad un'antinomia: se si dimostra una contraddizione in logica si può dimostrare tutto, quindi Russell ha distrutto la teoria di Frege. Con l'antinomia di Russell si ha dunque che:


Infatti: per ogni classe X, R è definita ponendo

X R ↔ X X *

Ponendo in questa X = R, si ha subito

R R ↔ R R

Ossia un'equivalenza contraddittoria.


* La formula in questione va letta come segue: per ogni classe X, X appartiene ad R se e solo se X non appartiene a se stessa, definisce cioè R come la classe di tutte le classi che non si appartengono.


Ci si può rendere conto dell'effetto disastroso che i paradossi ebbero sulla stessa concezione della matematica che i lavori di Frege, Dedekind e Cantor avevano portato avanti. L'aspetto più rilevante dei paradossi era il fatto che essi colpivano la connessione stabilita da Frege, Cantor e Dedekind fra logica e matematica; le posizioni che emergeranno in seguito alla scoperta delle antinomie vorranno rispondere tutte ad una domanda di fondo: che rapporti esistono fra logica e matematica, in che senso la matematica può essere una scienza certa? Aveva così inizio una nuova fase dell'indagine sui fondamenti, caratterizzata dall'emergere di problemi e posizioni che solo in modo indiretto e mediatamente si ricollegano alle ricerche del XIX secolo. Sono questi problemi e queste posizioni che costituiscono i punti di riferimento iniziali dell'indagine logica contemporanea.


Il logicismo di Russell: Dopo la scoperta dell'antinomia, Russell cerca di darne una soluzione con quella che sarà definita la "teoria dei tipi". Il programma logicista di Russell è di utilizzare una "grande logica" che, stabilito opportunamente il suo linguaggio e le sue regole di inferenza, deve consentire di trascrivere deduttivamente tutta la matematica. Russell presenta la sua teoria dei tipi nell'opera "mathematical logic as based on the theory of types" (Logica matematica fondata sulla teoria dei tipi).

"Tutto ciò che implica tutto di una collezione non deve essere un elemento della collezione"; "Se, ammesso che una collezione abbia un totale, essa contenesse membri definibili solo in termini di quel totale, allora la detta collezione non ha totale." Più semplicemente, non si può accettare una definizione di un ente quando in questa definizione venga implicata la totalità (la classe) cui quell'ente appartiene: è perciò un'operazione illegittima, possibile cause di antinomie, la definizione di un numero reale che faccia riferimento alla classe di tutti i numeri reali. Dunque, è illegittima la definizione di Frege per cui il numero 3 sarebbe l'insieme di tutte le terne. Ciò accade perché gli insiemi vengono trattati in maniera indiscriminata: Russell, invece, sostiene che tutto l'universo sia diviso in tipi nel modo seguente. Al tipo 1 appartengono gli individui, al tipo 2 le classi di individui; al tipo 3 appartengono classi di classi di individui, ossia classi i cui elementi sono a loro volta classi di individui, e così via. Questa tipizzazione basta già da sola ad escludere l'antinomia di Russell, poiché essa implica che non si possano applicare le stesse leggi ad insiemi di diverso tipo. Infatti, l'insieme degli insiemi che non contengono se stessi è un insieme di tipo 3, mentre la proposizione "contiene se stesso" fa riferimento al tipo 2. Con questa gerarchizzazione, dunque, Russell riesce ad eliminare l'antinomia.


Brower: Un'altra soluzione all'antinomia di Russell viene proposta dall'olandese Brower. Brower sostiene che sono le leggi della logica a dipendere dalla matematica e non viceversa; la matematica reale è un "costruire privo di parole", mentre la logica, per quanto aspetto matematico essa si dia, studia solo parole, non costruzioni matematiche. In questo processo di costruzione la contraddizione è impossibile; se i logicisti hanno incontrato antinomie, esse sono state originate dall'aver ritenuto valide in generale leggi logiche che in effetti possono valere per il finito, e in quanto leggi logiche appunto applicabili solo alle parole, non alle costruzioni matematiche. Brower mette subito in crisi la legge del terzo escluso, che non può essere applicata al processo di costruzione matematica, ma solo ad un momento linguistico, alle parole.

Si ha dunque la distruzione della logica classica K, in cui tutte le leggi logiche sono deducibili dal principio del terzo escluso, cioè

Brower, infatti nega questo:


V

V 

F

F 

V

V



Si passa così alla cosiddetta logica intuizionista ( I ): all'interno di I ci sono alcune leggi di K, ma non tutte. Infatti, in I non vale la relazione:


Non accettare questo principio esclude l'antinomia di Russell: indicando con R la classe di tutte le classi che non si appartengono, ossia R = , si ha che:


x R ↔ x x

donde, sostituendo R ad x

R R ↔ R R

Per la legge del terzo escluso però

R R R R


Ora se R R, allora R R ; se R R allora, R R. in entrambi i casi R R e RR e quindi


R R RR

Ossia la contraddizione.

La soluzione di Brower consiste allora semplicemente nel non ammettere la cruciale legge del terzo escluso.



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