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Curva limite




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Curva limite

Per i metalli non ferrosi, come pure per gli acciai sottoposti a trattamento di tempera, non è possibile determinare il numero di cicli per cui un campione possa resistere senza la successiva rottura a fatica. Per questi materiali si introduce quindi il concetto di resistenza a fatica convenzionale, che viene definita come la sollecitazione cui un dato pezzo può resistere per un numero di cicli pari a 108 senza subire rottura a fatica.

Poiché l'inizio della rottura per sollecitazioni cicliche è provocato dalla formazione di una incrinatura locale nel materiale, è evidente che le condizioni di finitura superficiale sono di fondamentale importanza ai fini della resistenza a fatica. Risulta infatti chiaro dagli stessi motivi per cui un dato pezzo manifesta fenomeni di rottura per fatica, che questo limite di fatica aumenta con la levigatezza e purezza della sua superficie. Infatti, se la superficie è a finitura grossolana, con presenza di piccoli difetti superficiali, sotto carichi opportuni la resistenza a fatica diminuisce a parità di resistenza al carico statico.

Quindi, per aumentare la resistenza a fatica è necessario ottenere un elevato grado di purezza della superficie, soprattutto in prossimità di zone in cui si può evidenziare una concentrazione degli sforzi. Conseguentemente, molte possibilità tecnologiche per l'aumento della resistenza a fatica di un componente, e quindi della sua vita utile, vengono offerte dai metodi speciali di finitura superficiale.

Generalmente, i pezzi importanti che lavorano in condizioni critiche di sollecitazione vengono di solito rettificati ed in seguito lucidati, come il caso di bielle ed alberi motore; il procedimento di nitrurazione superficiale assicura risultati eccellenti in particolare dove esistono zone di concentrazione degli sforzi.

Il limite di fatica può essere aumentato anche mediante laminazione a freddo della superficie, mentre ottimi risultati riguardo la vita a fatica vengono ottenuti mediante l'utilizzo della pallinatura della superficie, che consiste nel lavorare la superficie del pezzo con un getto di pallini di ghisa o di acciaio; in particolare questo trattamento genera sull'elemento uno strato superficiale con sforzi residui di compressione, che ostacola il formarsi di incrinature locali.

Nel calcolare la resistenza a fatica di un pezzo, oltre alle condizioni della superficie, è necessario tenere conto delle dimensioni del pezzo stesso: infatti le esperienze per la determinazione del limite di fatica di provini di diverse dimensioni hanno mostrato il modo chiaro che la resistenza a fatica si riduce con l'aumentare delle dimensioni.

Questo è un ulteriore elemento che mostra come gli sforzi massimi non caratterizzino completamente il processo di rottura per fatica. Infatti, mentre le grandezze dello sforzo massimo governano l'inizio della formazione di una cricca, il suo sviluppo successivo è determinato da condizioni locali e dipende, in maniera sostanziale, dalla forma e dalle dimensioni del pezzo stesso; d'altra parte, all'aumentare delle dimensioni del pezzo, cresce anche la probabilità di avere difetti strutturali in regioni in cui si manifestano sforzi elevati, il che, Conseguentemente, aumenta la probabilità di nascita, formazione e sviluppo di una cricca.

Come già accennato, la presenza di fori e di intagli in un pezzo ne riducono la vita a fatica a causa della concentrazione degli sforzi; e l'effetto dell'intaglio, ad esempio, è assai più ingente che non la semplice riduzione di sezione che esso provoca: in altre parole, gli sforzi nei punti in






cui si ha una brusca variazione della sezione trasversale sono molto superiori al valore del semplice rapporto forza/area.

È appena il caso di accennare ad un altro tipo di sollecitazione periodica, indotta da variazioni notevoli di temperatura, che causa il fenomeno della fatica termica; questo fenomeno è caratterizzato da sollecitazioni periodiche di bassa frequenza ma di elevata ampiezza, tale da rasentare il campo plastico.

Per affrontare il fenomeno della fatica e tenerne conto fin dalla fase di progetto preliminare di un velivolo o di un suo componente, nel settore delle strutture aerospaziali sono stati sviluppati e messi a punto alcuni criteri di progetto che hanno lo scopo fondamentale di garantire la tenuta a fatica dell'elemento da progettare.

I principali criteri sono i seguenti:

Safe - life

Fail - safe

Damage tolerance

Una struttura progettata secondo il criterio safe-life (vita sicura) è una struttura che deve essere in grado di rimanere integra per un assegnato numero di ore di volo, al termine delle quali viene ritirata dal servizio, indipendentemente dal fatto che abbia subito o meno dei danneggiamenti visibili. Quindi, in questo criterio di progetto è necessario eseguire preventivamente delle prove o simulazioni di carico per verificare che la struttura sia in grado di operare senza alcun danno per un periodo di tempo anche quattro volte superiore al tempo di vita operativa. Ovviamente, il limite di questo criterio è che impone dei coefficienti di sicurezza assai elevati, e quindi conseguentemente comporta dei costi economici assai elevati.

Una struttura progettata secondo il criterio fail-safe, assai diffusa nel campo aeronautico, deve essere concepita in modo da possedere una resistenza residua anche dopo la rottura di un componente; in pratica questo tipo di struttura deve essere in grado di tollerare il cedimento di uno o più componenti principali, riuscendo ad offrire una riserva di resistenza.

Una struttura fail-safe è quindi iperstatica, di modo che altri elementi possano assolvere il compito di quello in cui si è manifestata la rottura, oppure è disegnata in modo che la propagazione di una fessura o cricca possa essere arrestata in tempo utile.

Questa esigenza, stabilita ad esempio da norme militari americane, richiede che la struttura danneggiata abbia la possibilità di sopportare determinati carichi senza compromettere sensibilmente l'efficienza del velivolo, il modo che questo possa concludere la propria missione con un grado di sicurezza ancora molto elevato. Naturalmente, a tale criterio deve essere abbinato quello di ispezionabilità per il rilevamento del componente danneggiato e per la sua facile sostituzione.

Una struttura progettata secondo il criterio di damage tolerance (tolleranza al danno) è tale per cui si ammette la possibilità di esistenza di difetti (iniziali, di fatica, di corrosione, di tensocorrosione, eccetera) nella struttura stessa, senza che però ne venga messa in dubbio la sicurezza di esercizio durante la vita prevista.



In pratica, devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:

se si generano dei difetti, la struttura deve essere in grado di sopportarli senza

conseguenze catastrofiche per l'integrità della struttura stessa;

l'individuazione del difetto deve essere fatta in tempo utile e la velocità di propagazione dello stesso deve essere la più lenta possibile, il modo tale che lo si possa individuare in tempo utile.

Questo criterio richiede controlli periodici, il che impone, nelle parti meno accessibili della struttura, la progettazione e la realizzazione secondo il criterio safe-life.


















Trattamenti preventivi

Le cricche di fatica nucleano quasi sempre (eccetto alcuni casi tipici, come la fatica per contatto ciclico negli ingranaggi) su una superficie libera del pezzo in questione: questo per un concorso di cause (in superficie sono in genere massimi gli sforzi dovuti a flessione o torsione; in superficie sono in genere presenti difetti microscopici come la rugosità superficiale che fungono da microintagli e favoriscono l'innesco). Per prevenire il danneggiamento per fatica o per migliorare la resistenza ad esso in genere si ricorre a trattamenti quali:

  • rullatura o pallinatura, che creano sforzi residui di compressione sulla superficie, i quali tendono a richiudere eventuali microcricche e rallentano l'evoluzione del danneggiamento;
  • carbocementazione, nitrurazione o tempra superficiale, per indurire (e quindi rinforzare) lo strato superficiale del pezzo senza infragilirne il cuore;
  • rettifica o lappatura, per ridurre al minimo le rugosità superficiali.

È inoltre necessario, in fase di progettazione di un componente che dovrà resistere a fatica, curare bene il disegno dello stesso in modo che non presenti intagli o brusche variazioni di sezione che possano amplificare localmente gli sforzi e in tal modo favorire la nucleazione di cricche di fatica.

Analisi di una rottura per fatica


cricca su di un pistone

Un pistone in alluminio di un motore diesel ad iniezione diretta, presenta una cricca all'interno di una cava del segmento, in prossimità si trova pure un foro di lubrificazione. La causa di innesco della cricca può ragionevolmente essere la concentrazione degli sforzi, infatti localmente sono presenti più di uno spigolo vivo.

Sezionando il pezzo in questione ed osservando la superficia fessurata si possono notare i segni caratteristici di una rottura per fatica: le linee di cresta e le linee di arresto frontali (linee di spiaggia).


linee caratteristiche di frattura

Nell'immagine sono evidenziate in rosso le linee di cresta tipiche della nucleazione, infatti hanno origine proprio dalla gola e si nota un'intensificazione in prossimità del foro (effetto intaglio). Le linee nere, linee di arresto frontali rappresentano l'avanzamento del fronte di frattura.

Un ingrandimento al microscopio metallografico permette di visualizzare ancora più in dettaglio le linee di cresta alla periferia, mentre le linee di arresto si possono notare come variazione di luminosità della superficie (dovuta al cambio di piano)


ingrandimento al microscopio metallografico

La zona di cedimento fragile non si nota in quanto non si è avuta rottura completa del pezzo: infatti la sezione resistente a geometria toroidale ha conservato la sua integrità per un settore ben maggiore di quello fessurato.

Evidentemente i carichi statici non hanno superato il limite di resistenza della sezione

I MC ibridi sono tipicamente ottenuti aggiungendo fiberglass o kevlar alla matrice di base fibra - epoxy.  Le aggiunte sono fatte per ottenere specifiche caratteristiche quali la resistenza alla rottura o agli impatti.  L'aggiunta di carbonio-epoxy alle strutture in fiberglass, ad esempio, incrementa la rigidità dell'insieme.

La maggior parte dei materiali compositi moderni combinano una matrice in resina termoindurente con rinforzi in fibra oltre a cellule di rinforzo quali schiume dure e strutture a nido d'ape (honeycomb).

Materiali Compositi

Una definizione di materiali compositi può essere la seguente: si tratta di materiali di solito non presenti in natura che sono il risultato di una combinazione tridimensionale di almeno due materiali tra loro chimicamente differenti con un'interfaccia di separazione.

La combinazione cosi' ottenuta vanta proprietà chimico-fisiche non riscontrabili nei singoli materiali che la compongono. Vari MC sono usati in strutture quali ad esempio quelle impiegate sul Boeing 777 a motivo della loro resistenza e leggerezza, nonché della resistenza alla fatica, alla corrosione e agli impatti.

I MC si distinguono dai metalli in quanto si tratta della combinazione di materiali tra loro differenti per composizione o forma.  Ciascun costituente mantiene la propria identità nel composto finale senza dissolversi o fondersi completamente nell'altro.

Il cemento armato e' un eccellente esempio di struttura composita dove cemento e acciaio mantengono la loro identità. Le barre d'acciaio sopportano i carichi di tensione mentre il cemento sopporta quelli in compressione.  Nel campo delle costruzioni aeronautiche il termine "strutture composite" si riferisce a combinazioni di tessuti e resine dove il tessuto e' imbevuto di resina e tuttavia mantiene la sua identità.

I MC avanzati consistono in una nuova fibra ad alta resistenza inserita in una matrice epossidica.  Il risultato e' un risparmio di peso nelle strutture aeronautiche, ad esempio, a causa di un migliorato rapporto peso-resistenza.

Strutture di grafite-epoxy permettono un risparmio di peso del 20% rispetto all'alluminio.  La riduzione dei pesi e' il vantaggio piu' evidente a supporto della scelta.  Altri vantaggi rispetto ai materiali tradizionali includono l'alta resistenza alla corrosione, e la resistenza ai carichi di tipo ciclico (fatica).

Lo svantaggio maggiore e' invece legato ai maggiori costi.

I MC ibridi sono tipicamente ottenuti aggiungendo fiberglass o kevlar alla matrice di base fibra - epoxy.  Le aggiunte sono fatte per ottenere specifiche caratteristiche quali la resistenza alla rottura o agli impatti.  L'aggiunta di carbonio-epoxy alle strutture in fiberglass, ad esempio, incrementa la rigidità dell'insieme.

La maggior parte dei materiali compositi moderni combinano una matrice in resina termoindurente con rinforzi in fibra oltre a cellule di rinforzo quali schiume dure e strutture a nido d'ape (honeycomb).

Rinforzi comunemente usati sono il vetro, il carbonio e le fibre aramidiche, quest'ultime disponibili in varie forme (continue, frammentate, multi-assiali o intessute).

Una scelta oculata dei tipi di rinforzo permette di tarare le caratteristiche di forza e resistenza della struttura finale su quasi ogni esigenza richiesta dal prodotto finito.

La fibra di vetro e' di gran lunga la fibra di rinforzo più usata, di qui il termine GRP (glass reinforced plastic) e FRP (Fiber reinforced plastic) usati spessi per descrivere prodotti fatti con compositi.

Le matrici di resina termoindurente più comunemente usate includono poliestere, epoxy, estere vinile e fenoli.  La scelta dei tipi di resine impiegate permette di variare le caratteristiche relative alle temperature d'esercizio, alla resistenza agli agenti chimici e all'aggressione degli agenti atmosferici, alle proprietà di conducibilità elettrica e alla resistenza al fuoco.

Pressoché ogni oggetto prodotto con materiali tradizionali può essere prodotto anche usando materiali compositi.

Mentre l'uso dei compositi e' quasi una scelta obbligata per certi tipi di applicazioni, la selezione del materiale da impiegare e' in genere funzione della durata utile richiesta al prodotto finito, del numero totale dei pezzi da produrre, della complessità della forma, del risparmio nei costi di assemblaggio, e, infine, dell'esperienza nell'uso dei compositi.  In molti casi i risultati migliori si ottengono dall'uso combinato di materiali compositi e di materiali tradizionali.

Anche i processi produttivi hanno conosciuto un'evoluzione costante. Benché la stesura manuale rimane ancora una tecnica diffusa, nuove tecniche quali l'infusione sotto vuoto si faranno strada in settori ad alta tecnologia quali quelli delle applicazioni aerospaziali per i materiali compositi.



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