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Cos'è l'interdizione?




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Cos'è l'interdizione?

Si parla di interdizione in tutti quei casi in cui una persona maggiorenne si trovi in situazione di abituale infermità di mente e sia cioè incapace di provvedere ai propri interessi.

L'interdizione determina una situazione di incapacità legale a compiere atti giuridici identica a quella in cui si trova il minore. Gli atti eventualmente compiuti dall'interdetto saranno pertanto annullabili ad opera del tutore, dello stesso interdetto o dei suoi eredi o aventi causa (art. 427 c.c.).

La domanda per dichiarare l'interdizione può essere chiesta solo da determinati soggetti e cioè:

  1. dal coniuge,
  2. dai parenti entro il quarto grado,
  3. dagli affini entro il secondo grado,
  4. dal tutore,
  5. dal curatore,
  6. dal Pubblico Ministero.

Con la sentenza che dichiara l'interdizione viene disposta la nomina un tutore, scelto di preferenza tra il coniuge che non sia separato, il padre, la madre, un figlio maggiorenne o la persona designata con testamento dal genitore superstite, con il compito di rappresentare legalmente l'interdetto e di amministrare il suo patrimonio.

Come vengono amministrati i beni dell'interdetto?

Al momento della dichiarazione di interdizione, il giudice nomina un tutore con il compito di rappresentare legalmente l'interdetto e di amministrarne il patrimonio.

Il tutore può compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione necessari alla vita quotidiana dell'interdetto, mentre gli atti di straordinaria amministrazione (ad es. vendita o acquisto di beni immobili o di beni mobili di valore, costituzione di pegni o ipoteche, accettazione di eredità) possono essere compiuti solo previa autorizzazione del giudice tutelare o del tribunale, a seconda dei casi.

Già nel corso del giudizio per dichiarare l'interdizione, il giudice, se lo ritiene opportuno, può provvedere alla nomina di un tutore provvisorio.

Quando può essere chiesta l'interdizione?

Il codice civile stabilisce che possono essere interdetti il maggiore di età e il minore emancipato i quali si trovino in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi (art. 414).

Per abituale infermità di mente, la giurisprudenza non intende solo l'esistenza di una tipica malattia di mente, con caratteristiche partomogiche ben definite, ma anche la semplice presenza di un'alterazione nelle facoltà mentali, tale da dar luogo ad un'incapacità totale o parziale di provvedere ai propri interessi (cass. 2553/76).

È possibile revocare l'interdizione ?

In qualsiasi momento, quando cessa la causa dell'interdizione, questa può essere revocata con sentenza (art. 429 c.c.).

La domanda per la revoca dell'interdizione può essere presentata dal coniuge, dai parenti entro il quarto grado o dagli affini entro il secondo grado, dal tutore dell'interdetto, dal curatore dell'inabilitato o su istanza del pubblico ministero.                                                                       

Il giudice tutelare deve comunque vigilare per riconoscere se la causa dell'interdizione continui. Se ritiene che sia venuta meno, deve informarne il pubblico ministero affinché presenti la domanda di revoca.

L'autorità giudiziaria che, pur riconoscendo fondata l'istanza di revoca dell'interdizione, non crede che l'infermo abbia riacquistato la piena capacità, può revocare l'interdizione e dichiarare inabilitato l'infermo medesimo (art. 432 c.c.).

È possibile chiedere la revoca del tutore o del curatore ?

Il giudice tutelare può rimuovere dall'ufficio il tutore qualora egli (art. 384 c.c.):

  1. si sia reso colpevole di negligenza,
  2. abbia abusato dei suoi poteri,
  3. o si sia dimostrato inetto nell'adempimento di essi,
  4. sia divenuto immeritevole dell'ufficio per atti anche estranei alla tutela,
  5. ovvero sia divenuto insolvente.

Il giudice non può rimuovere il tutore se non dopo averlo sentito o citato, può tuttavia sospenderlo dall'esercizio della tutela nei casi che non ammettono dilazione.


Il tutore che cessa dalle funzioni deve fare subito la consegna dei beni e deve presentare nel termine di due mesi il conto finale dell'amministrazione al giudice tutelare per l'approvazione.


Cos'è l'amministrazione di sostegno?

L'istituto dell'amministrazione di sostegno è stato introdotto recentemente dalla Legge 9 gennaio 2004.

L'amministrazione di sostegno ha come finalità quella di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente.

Tale nuovo istituto va ad aggiungersi agli altri istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione, introducendo un nuovo strumento giuridico, certamente più adatto ad una maggiore conservazione dei soggetti interessati nel contesto sociale.

L'amministrazione di sostegno può così riguardare anziani, disabili, alcolisti, tossicodipendenti, carcerati, malati terminali, non vedenti e tanti altri soggetti per i quali non sia opportuno procedere ad una richiesta di interdizione o di inabilitazione.

Queste categorie di persone potranno così ottenere (anche in considerazione della propria futura incapacità) che il giudice tutelare nomini un amministratore, che abbia cura di loro e del loro patrimonio.

La persona interessata può, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, presentare direttamente la richiesta al giudice tutelare della propria zona di residenza o anche domicilio. Entro sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta, il giudice provvederà alla nomina dell'amministratore con decreto immediatamente esecutivo.


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