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Principio di complementarietà e interpretazione di Copenaghen




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Principio di complementarietà e interpretazione di Copenaghen


La scuola di Bohr a Copenaghen divenne negli anni tra il 1920 ed il 1930, il punto di riferimento per tutti coloro che si occupavano di meccanica quantistica. È qui che nasce una lettura critica ed una sintesi filosofica dei fenomeni connessi con il mondo dei quanti che va sotto il nome di interpretazione di Copenaghen.

I due cardini di tale interpretazione sono, da una parte l'interpretazione probabilistica di Born e di Heisenberg legate al significato della funzione 2 e del principio di indeterminazione e dall'altra il cosiddetto principio di complementarietà introdotto da Bohr.

Nella sua interpretazione della meccanica quantistica Bohr pose l'accento sulla inadeguatezza del nostro linguaggio a descrivere i fenomeni quantistici.

Inoltre, afferma Bohr, è sbagliato pensare che il compito della fisica sia quello di scoprire come la natura è. La fisica verte su ciò che della natura si può dire.

Inoltre nella meccanica quantistica non è più possibile ignorare deliberatamente le interazioni tra apparato di misura e oggetto dell'indagine. Infatti l'atto stesso di osservare un oggetto quantistico ne modifica in linea teorica lo stato.


Nell'interpretazione di Bohr i concetti di particella e di onda cessano di essere incompatibili proprio per il fatto che il comportamento ondulatorio o corpuscolare dell'oggetto studiato dipendono dal tipo di esperimento e dal dispositivo sperimentale messo in atto per le misurazioni.


Bohr tiene ad esempio a sottolineare il fatto che gli stessi strumenti, costruiti per misurare variabili diverse, come ad esempio la posizione e la quantità di moto, sono essi stessi diversi ed incompatibili. Per misurare distanze occorrono infatti regoli rigidi ed indeformabili. Per misurare quantità di moto sono invece necessari strumenti con parti mobili in grado di deformarsi all'impatto, di fatto incompatibili con i primi.



Particelle ed onde sono dunque per Bohr complementari e devono ritenersi due manifestazioni di una stessa realtà che noi catturiamo in modo diverso per il fatto che essa viene modificata dal tipo di osservazione.


In sintesi l'interpretazione di Copenaghen della teoria quantistica da una parte rifiuta il determinismo sostituendo ad esso il carattere statistico-probabilistico della realtà, dall'altra produce una revisione radicale del concetto di oggettività, accettando che la realtà possa dipendere parzialmente dal modo in cui scegliamo di osservarla.


In altre parole, mentre nella fisica classica la realtà oggettiva esiste indipendentemente dall'osservatore, nella fisica quantistica, il modo in cui decidiamo di misurare l'oggetto condiziona l'immagine stessa che di questo oggetto ci possiamo rappresentare: la realtà oggettiva non ha più esistenza autonoma a prescindere dall'osservatore.


Nella primissima versione dell'Interpretazione di Copenaghen l'azione, attraverso la quale l'oggetto quantistico acquistava significato reale, doveva essere individuata nel pensiero dell'osservatore cosciente.


Successivamente si è arrivati a formulare una versione dell'Interpretazione di Copenaghen più debole e meno impegnativa dal punto di vista filosofico, dove viene eliminata la figura un po' ingombrante da un punto di vista scientifico dell' osservatore cosciente, sostituita da un "interpretazione operativa". Secondo tale interpretazione, per poter misurare una caratteristica di un oggetto fisico, occorre necessariamente interagire con esso. Questa interazione è inevitabilmente "invasiva" e perturba lo stato originario, creando appunto la piccola 'indeterminazione' e "costringendo" l'oggetto a manifestarsi.


Fu anche proposta un'interpretazione termodinamica secondo la quale la realtà quantistica resta in uno stato indefinito e 'non-oggettivo' fino a quando non avviene una 'reazione termodinamica irreversibile'.  Un esempio di fenomeno irreversibile è quello che avviene su una pellicola quando viene scattata una fotografia: non è possibile far ritornare la pellicola allo stato iniziale.

Ebbene, quando una particella quantistica interagisce con un sensore lascia dei segni irreversibili e ciò è sufficiente a rivelarlo nel 'mondo oggettivo' della fisica classica senza la necessità di un soggetto cosciente che testimoni tale evento.


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