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L'origine delle galassie e la materia oscura: un problema in sospeso




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L'ORIGINE DELLE GALASSIE E LA MATERIA OSCURA: Un Problema In Sospeso


Oggi il problema del costituirsi delle grandi strutture gravitazionali (galassie, ammassi e superammassi) a partire dal plasma di particelle primordiali è tornato prepotentemente all'attenzione degli astrofisici.

I primi modelli si affidavano a fluttuazioni nella materia barionica le quali, raggiunta una certa densità, erano in grado di collassare gravitazionalmente.

Attualmente i modelli a sola componente barionica sono stati abbandonati per una serie di ragioni che vedremo brevemente.


A cavallo tra gli anni '60 e '70 nasce il prototipo dei modelli in seguito battezzati 'bottom-up' o 'a salire' o 'ascendenti', in cui si prevede la nascita prima delle strutture più piccole (le galassie) ed in seguito di quelle di dimensioni maggiori (ammassi e superammassi). Il modello si deve a Peebles e venne presto abbandonato poiché prevedeva che le strutture gravitazionali alle diverse scale si producessero in modo uniforme nell'universo, in netto contrasto con la distribuzione osservata. La materia si addensa infatti in galassie distribuite in filamenti e superfici che circondano enormi spazi quasi vuoti.

Inoltre verso la fine degli anni '70 vennero scoperti alcuni superammassi di grandi dimensioni la cui presenza non poteva essere giustificata sulla base del modello di Peebles non essendo trascorso abbastanza tempo dall'inizio del Big Bang perché strutture così estese potessero essersi formate per attrazione gravitazionale a partire da strutture più piccole.


Nei modelli 'top-down' o 'a scendere' o 'discendenti', le cui prime formulazioni si devono a Zel'dovich, le fluttuazioni barioniche avvengono dapprima su grande scala poiché le interazioni tra particelle e fotoni cancellano le perturbazioni più piccole. In questo modo si formano dapprima oggetti diffusi, precursori dei superammassi dai quali si separano in seguito gli ammassi e le galassie. Secondo Zel'dovich i primordiali protosuperammassi sarebbero collassati sino a produrre enormi strutture appiattite che egli chiamò 'pancake' (modello a frittelle o a focacce), le quali intersecandosi e frammentandosi avrebbero prodotto tutte le strutture gravitazionali più piccole come gli ammassi e le galassie.

Tale modello ha il pregio di avvicinarsi maggiormente alla distribuzione di materia osservata, ma presenta comunque una serie di gravi difetti che ne hanno portato all'abbandono.

In particolare, se si parte dall'ipotesi che la materia sia fortemente congiunta alla radiazione, almeno fino al tempo del disaccoppiamento, ogni fluttuazione di densità nella materia deve aver lasciato un'impronta di grandezza comparabile sulla densità di radiazione. Poiché le prime fluttuazioni previste dal modello sono quelle di dimensioni maggiori, oggi dovremmo essere in grado di misurare delle disomogeneità nel fondo a 3K che in realtà non si osservano.


Più in generale i modelli a componente barionica hanno tutti il difetto di iniziare troppo tardi, dopo che la materia si è disaccoppiata con la radiazione. Prima che ciò avvenisse i fotoni, interagendo continuamente con la materia, dissipavano qualsiasi fluttuazione di densità barionica. Il plasma di protoni, neutroni ed elettroni di cui era costituito l'universo primordiale veniva infatti mantenuto omogeneo dalle interazioni con i fotoni che impedivano la crescita delle fluttuazioni di densità.

Così le perturbazioni primordiali rimasero per così dire congelate in seno alla materia ordinaria fino al momento del disaccoppiamento, senza aver poi il tempo, come abbiamo già avuto modo di dire, di trasformarsi nelle struttura gravitazionali osservate.


I cosmologi cominciarono quindi a pensare che l'unico modo per ovviare a questi inconvenienti fosse ipotizzare l'esistenza di un qualche tipo di materia in grado di produrre fluttuazioni di densità molto precocemente nella storia dell'universo. Tale materia avrebbe dovuto evidentemente possedere la caratteristica di interagire con la radiazione in modo meno intenso di quanto non facciano i barioni, in modo da disaccoppiarsi in tempi precedenti.

Vi sono comunque diverse altre considerazioni che portano a ritenere che la materia barionica visibile non contribuisca che per una frazione minima alla massa totale dell'universo.


Storicamente il primo a postulare l'esistenza di una materia non luminosa, in seguito chiamata 'materia oscura', fu Zwicky nel 1933. Analizzando le velocità reciproche delle singole galassie appartenenti all'ammasso in Coma (Chioma di Berenice), scoprì che le galassie si muovevano troppo velocemente per restare gravitazionalmente legate. In altre parole, se l'unica massa presente fosse stata quella calcolata sulla base della quantità di luce emessa dalle galassie, queste si sarebbero dovute separare già da molto tempo. L'unica spiegazione possibile secondo Zwicky era ipotizzare l'esistenza di una materia non luminosa e quindi non visibile, in grado di trattenere gravitazionalmente le galassie.


I dati più significativi e meglio documentati sull'esistenza della materia oscura ci vengono però dallo studio della velocità di rotazione delle galassie a spirale.

La materia luminosa in una galassia a spirale è concentrata in gran parte nel nucleo e va poi rarefacendosi man mano che ci spostiamo verso la periferia. In tali condizioni le galassie dovrebbero comportarsi come un sistema kepleriano, in modo del tutto analogo a quanto fa il sole con i suoi pianeti. Così la velocità degli oggetti galattici periferici (stelle, ammassi stellari, nebulose etc) dovrebbero decrescere all'aumentare della distanza dal nucleo galattico, secondo quanto previsto dalla terza legge di Keplero. In realtà si osservano velocità periferiche praticamente indipendenti dalla distanza dal centro. Il dato può essere facilmente spiegato se si ammette l'esistenza di una materia non luminosa la cui densità invece di decrescere rapidamente all'aumentare del raggio si riduce più lentamente in tutte le direzioni, formando un immenso alone sferico che si estende molto oltre i confini visibili della galassia.


Recentemente alcune osservazioni effettuate dal satellite Rosat, lanciato dalla NASA nel 1990, sembrerebbero confermare in modo eclatante l'esistenza della materia oscura. I suoi strumenti sensibili alla radiazione infrarossa hanno individuato una gigantesca nube di gas caldo, posta tra tre galassie a circa 150 milioni di anni luce. Poiché una nube così calda non può essere in alcun modo trattenuta gravitazionalmente dalla massa visibile delle tre galassie, essa sarebbe evaporata già da molto tempo se non fosse tenuta insieme dall'influenza gravitazionale di una quantità enorme di materia oscura .

E' stato così possibile stabilire che la materia oscura in grado di esercitare effetti gravitazionali misurabili sulle galassie e sugli ammassi di galassie dovrebbe essere circa 20 volte più abbondante della materia luminosa.


Tenendo presente che la materia luminosa rappresenta, secondo le stime odierne circa l'1% della massa necessaria per chiudere l'universo, se si prende in considerazione anche l'apporto della materia oscura si raggiunge un valore del parametro di densità W pari a circa 0,2.


Il formalismo matematico sul quale è costruito il Big Bang permette d'altra parte di effettuare una previsione teorica piuttosto precisa della densità attuale della materia barionica. L'abbondanza di He attualmente osservato (25% in peso) è, come abbiamo già avuto modo di dire, compatibile solo con un rapporto barioni/fotoni compreso tra 0,2 e 0,8 parti per miliardo. Poiché è attualmente possibile misurare con buona approssimazione la densità fotonica del fondo a microonde, se ne può agevolmente ricavare un limite superiore teorico per la densità barionica pari a circa W

Ciò implicherebbe che almeno una parte della materia che produce effetti gravitazionali misurabili all'interno delle galassie e degli ammassi non avrebbe natura barionica. La parte barionica non visibile non dovrebbe essere presente sotto forma di gas diffuso, poiché in questo caso si dovrebbero percepire evidenti effetti di assorbimento sulla luce che ci proviene dagli oggetti lontani, in misura tanto maggiore quanto più sono distanti. Si ritiene invece che tale materia barionica oscura possa essere presente sotto forma di pianeti delle dimensioni di giove, stelle morte (nane nere e buchi neri) ed altri corpi collassati costituiti da materia troppo debolmente emittente per essere osservata.


Resterebbe dunque un margine per l'esistenza di eventuale materia non barionica. Nondimeno, anche se tutta la materia di cui sono costituite le galassie, oscura e luminosa, fosse di natura barionica, gli astrofisici ritengono oggi che la materia barionica rappresenti comunque solo una piccola percentuale della materia universale. Una delle considerazioni che gli astrofisici trovano a questo proposito più convincenti poggia sul cosiddetto problema della metrica piatta. Abbiamo già visto che questo ed altri problemi connessi al modello standard del big bang sono stati in parte risolti con l'introduzione del modello inflazionario. Ma il modello inflazionario prevede che oggi W sia proprio pari ad 1. Se dunque noi riusciamo a giustificarne al massimo il 20% tramite la componente barionica è necessario prevedere l'esistenza di una materia oscura 'esotica', di tipo non barionico.


I primi candidati a rappresentare tale materia sono stati i neutrini. Il problema è che non siamo ancora riusciti a determinarne la massa. I limiti superiori finora fissati per la massa del neutrino affermano che se esso possiede massa questa non può essere superiore a circa 30 eV.

Per le loro particolari caratteristiche i neutrini si prestarono inoltre molto bene a sostituire i barioni nei modelli di formazione delle strutture gravitazionali primordiali.


Essendo insensibili alla radiazione elettromagnetica ed interagendo solo debolmente con la materia le fluttuazioni di densità interne ai neutrini poterono dunque prodursi in tempi anteriori a quanto previsto per le fluttuazioni barioniche. Quanto prima dipende purtroppo però dalla massa dei neutrini. Infatti fintantoché una particella si muove a velocità relativistiche è in grado di sottrarsi a qualsiasi attrazione gravitazionale (ad esclusione naturalmente di quella prodotta da un buco nero). In tal modo si può prevedere che le fluttuazioni gravitazionali in seno ai neutrini abbiano potuto formarsi ed accrescersi quando la loro velocità divenne almeno del 10% inferiore della velocità della luce o, come si usa dire, quando divennero non-relativistici. Se la massa del neutrino fosse di 20 - 30 eV si calcola che questa condizione potrebbe essere stata raggiunta quando l'universo si raffreddò a circa 100.000 °K. Potendosi formare così presto le fluttuazioni di neutrini possono formare strutture perfettamente compatibili con le dimensioni dei più grandi superammassi osservati.

Naturalmente i modelli a dominante neutrinica prevedono che quando i barioni si disaccoppiarono dalla radiazione poterono essere attirati gravitazionalmente dagli addensamenti neutrinici.

Utilizzando i neutrini al posto dei barioni nel modello a frittelle di Zel'dovich si ottennero inizialmente dei risultati abbastanza confortanti. In seguito però, una serie di sofisticate simulazioni al computer effettuate su modelli a dominante neutrinica dimostrarono che tali modelli producevano universi in cui la materia tendeva ad aggregarsi in modo eccessivo a livello dei superammassi, lasciando lo spazio eccessivamente vuoto di materia alle scale minori, in modo assolutamente difforme rispetto a quanto osservato. I modelli a dominante neutrinica non erano ad esempio assolutamente in grado di giustificare il formarsi delle galassie sferoidali nane che si andavano scoprendo su piccole scale.


Quel che sembrava necessario era un tipo di materia che diventasse non relativistica (o come si definisce normalmente 'fredda') ancora prima dei neutrini.

Si iniziò dunque a parlare di 'materia oscura fredda', in contrapposizione alla 'materia oscura calda', i cui prototipi erano naturalmente i neutrini relativistici.

Si tratta dunque di una riedizione dei modelli bottom-up in cui si formano per prime le strutture gravitazionali alle scale minori (galassie), ma in questo caso con molto anticipo rispetto a quanto non faccia la materia barionica e quindi con più tempo per produrre anche le strutture maggiori osservate.

Finora le prove di simulazione al computer fondate su universi dominati da materia oscura fredda offrono una buona approssimazione con i dati osservativi alle diverse scale.


I modelli a materia oscura fredda sono stati recentemente messi in crisi dalla scoperta del cosiddetto 'grande attrattore', una regione verso la quale sembra cadere il nostro intero gruppo locale (l'ammasso al quale apparteniamo) alla velocità di 5-600 km/s. Un moto locale di questo tipo è giustificabile solo ipotizzando l'esistenza di una smisurata concentrazione di massa. La probabilità di trovare un tale addensamento di materia su di una scala tanto grande non è per ora compatibile con i modelli fondati sulla materia oscura fredda.


Inoltre i modelli a materia oscura fredda sono fondati su particelle la cui esistenza è puramente teorica. Vi sono diversi tipi di particelle teoriche che presentano caratteristiche che le rendono adatte a rivestire il ruolo di materia oscura fredda. Ricordiamo gli assioni e i monopoli magnetici

Alcune di queste particelle, come il monopolo, sono presi in considerazione perché oltre ad interagire debolmente con la materia diventano 'fredde' e quindi lente molto precocemente perché possiedono masse piuttosto elevate. Questo tipo di particelle è oggi accomunato dalla sigla WIMP 'weakly interactive massive particles' (particelle massive debolmente interagenti).

Anche le corde cosmiche sono state invocate, non tanto per rivestire il ruolo di materia oscura, in quanto si ritiene che la loro massa complessiva sia relativamente scarsa, quanto come possibili centri di attrazione primordiale in grado di guidare ed organizzare la materia barionica nella formazione delle grandi strutture gravitazionali.


Legato alla formazione delle grandi strutture gravitazionali vi è infine un ultimo problema che sembra aver trovato soluzione solo recentemente.

Secondo i cosmologi infatti le fluttuazioni di densità nella materia primordiale devono aver lasciato qualche 'segno' sulla radiazione di fondo.

Nelle regioni in cui la materia iniziava ad addensarsi l'effetto gravitazionale avrebbe dovuto 'strappare' energia ai fotoni (red-shift gravitazionale?) e la radiazione di fondo dovrebbe apparire in tali regioni relativamente fredda. Questa struttura a 'macchie termiche' dovrebbe essere inoltre sopravvissuta fino ai giorni nostri, divenendo una specie di fossile dei primi aggregati gravitazionali in via di formazione.

Ma fino a qualche anno fa il fondo a microonde appariva straordinariamente omogeneo, mettendo in qualche modo in discussione lo stesso modello cosmologico del Big Bang.

Solo nel 1992 i dati provenienti dal satellite COBE (Cosmic Background Explorer), lanciato verso la fine del 1989 dalla NASA, sembrano confermare l'esistenza di fluttuazioni di temperatura nel fondo a 3K pari a circa 30 milionesimi di kelvin. Trattandosi di valori al limite della sensibilità strumentale del COBE i dati sono tuttora oggetto di controverse interpretazioni.







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