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Le fasi della formazione del Sistema Solare




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Le fasi della formazione del Sistema Solare


a) FASE 'ZERO'

Inizio dell'addensamento gravitazionale:

tutto parte da una nube interstellare la cui

situazione d'equilibrio viene turbata da

un fattore esterno. Non è certamente

azzardato Taylor quando afferma che la

nebulosa primordiale non doveva essere

di grande massa neppure dotata di moto

rotazionale elevato; queste due caratteristiche, infatti, resero possibile il fenomeno di addensamento centrale, impedendo, cioè, quel frazionamento della nebulosa che avrebbe dato come risultato la nascita di un sistema di stelle binario. A proposito della causa perturbatrice responsabile dell'innesco di autogravitazione l'ipotesi più verosimile è quella dell'esplosione di una vicina supernova. Questa ipotesi è fortemente accettata anche perché spiega la presenza, altrimenti infondata, di alcuni isotopi la cui sintesi può avvenire esclusivamente nei nuclei stellari.








Taylor, The birth of Solar Sistem, Perseus Books, Cambridge, 1992.

b)         FASE UNO

Collasso della materia della nebulosa solare primordiale in un disco rotante di gas e polveri e conseguente condensazione di piccole particelle. Questi ripetuti episodi di condensazione ed evaporazione possono spiegare le inclusioni refrattarie di CAI (calcio-alluminio intrusion) rilevate in alcune meteoriti. Sono queste inclusioni gli oggetti più antichi dei quali è stato possibile stabilire una datazione (meteorite Allende), stimata in circa 4560 milioni di anni. E' proprio a quell'epoca che gli scienziati collocano il cosiddetto T0 del Sistema solare. Dall'analisi di questi meteoriti è emerso che gli elementi che si sono condensati prima e più rapidamente sono ferro, nickel e silicati di ferro e magnesio; nelle zone più esterne della nebulosa, invece, gli elementi che si sono aggregati con più rapidità sono acqua e ammoniaca allo stato solido.


c) FASE DUE

Contemporaneamente alla fase di condensazione in granuli inizia la caduta delle particelle verso il piano mediano della nebulosa con la conseguente formazione di un sottile e denso disco di polveri. E' in questo disco di materia generatosi nel piano centrale che, alla temperatura di circa 700 K e alla densità di 7,5x10-10 g/cm3, si sviluppano le instabilità gravitazionali responsabili dei fenomeni successivi.







Per inclusione refrattaria si intende la presenza di un minerale di strati o concrezioni di metallo non modificabili dal calore se non a temperature di fusione elevatissime. Questa insensibilità al calore è determinata dai forti shock termici che ne hanno determinato la formazione.


In questa fase si verificano i fondamentali episodi di fusione che coinvolgono metalli e silicati e che possono spiegare la formazione dei 'condurli'; con questo termine vengono indicate le inclusioni sferoidali, dell'ordine di grandezza di 0.5-1.5 mm, solitamente presenti nei meteoriti condritici e composti in genere di olivina

Il modello ritenuto più plausibile sulla formazione di tali strutture è quello proposto da Levy e Araki nel 1989 e che si basa sull'azione dei cosiddetti 'flares nebulari'. Secondo i due scienziati questi flares sarebbero analoghi alle protuberanze solari. Tali eventi altamente energetici avrebbero caratterizzato le zone situate al di fuori del disco di accrescimento con il rilascio praticamente istantaneo di enormi quantitativi di energia (circa 1032 erg) immagazzinata nelle linee del campo magnetico sottoposte a distorsione. La rapidità del fenomeno (i tempi sono dell'ordine di 0.1 sec) e le alte temperature ad esso associate e capaci di fondere all'istante grandi quantitativi dei metallo sarebbero in grado di spiegare la formazione dei condurli. Il fatto che i condurli siano così comuni è una prova che in quel periodo la nebulosa solare era caratterizzata da rimescolamenti violenti, riconducibili alla necessità di dissipare notevoli quantità di energia.


d) FASE TRE

Aggregazione delle polveri in planetesimali per mezzo di collisioni a bassa velocità. In questa fase inizia la combustione dell'H (idrogeno) ed il proto-Sole inizia la fase

T-Tauri e FU-Orionis che ha una durata di circa 106 anni. Ad una distanza di circa 4 U.A. si può collocare la cosiddetta snow-line la linea immaginaria in corrispondenza della quale avviene la condensazione del ghiaccio d'acqua, fenomeno in grado di accrescere notevolmente la densità locale della nebulosa planetaria incrementando il ritmo di accrezione.



Silicato di Fe e Mg.

Linea della neve.



Non è ancora certo se il meccanismo della snow-line sia stato attivo solamente per la formazione planetaria nella regione di Giove oppure se vi siano state altre zone in cui elementi analoghi abbiano fatto da catalizzatore della fase di accrezione. E' invece cosa certa che tale meccanismo operante nella regione posta a circa 4 U.A. dal Sole, e che porterà alla formazione di Giove, ha influenzato pesantemente l'evoluzione successiva del Sistema Solare. Un secondo fattore ormai certo è che questi primi stadi della formazione dei pianeti si sono svolti sullo sfondo di una luminosità molto più elevata di quella attuale, quantificata da Hoyle, nel 1979, in circa 150 Lsol . Tutto il gas presente (in maggioranza H e He) viene rimosso dalla regione interna da un fortissimo vento stellare, caratteristico della fase

T-Tauri, lasciando solamente i planetesimali di una certa massa già formati. La massa originaria della nebulosa è stimabile in almeno 1750 masse terrestri, delle quali circa 1300 costituite da H e He sono in qualche modo andate perdute.


e) FASE QUATTRO

Nella zona dove il ghiaccio d'acqua diventa stabile, a circa 5 U.A. dal Sole, si colloca la regione di accrezione di Giove che raccoglie anche parte dei gas espulsi dalla zona interna.










150 luminosità solari (la luce emessa dal sole nelle fasi di formazione dei pianeti era 150 volte maggiore di quella attuale).



L'accrezione del nucleo del proto-Giove deve essere avvenuta in un tempo di 105 - 106 anni ed altrettanto tempo deve essere servito per la sua formazione definitiva: tutto il processo si deve comunque essere svolto prima che tutto il gas venisse completamente dissipato. Giove è dunque da considerarsi un vero pianeta e non, come affermano alcuni, una stella mancata: la sua origine è da cercarsi in meccanismi di accrezione e non direttamente dal frazionamento della nebulosa originaria. E' riconducibile a questo periodo anche la formazione dei nuclei di Saturno, Urano e Nettuno la cui formazione, però, avviene molto più lentamente.

Saturno impiega un tempo due volte più lungo di Giove e, a differenza di

Giove, ha un asse di rotazione inclinato rispetto al piano dell'orbita, chiara

indicazione che si deve essere condensato da più di un corpo di grandezza

considerevole. Urano completa l'accrezione in 107 anni e Nettuno nel doppio di questo tempo; la formazione di questi due pianeti deve essere avvenuta quando

ormai gran parte dell'H e dell'He erano sfuggiti dal Sistema solare. Fernandez e Ip (1983) collocano in questa fase la formazione di planetesimali che, immessi in orbite molto eccentriche dall'azione iniziale dei nuclei di Urano e Nettuno, avrebbero poi costituito sia la nube di Oort sia una fascia cometaria trans-nettuniana


f) FASE CINQUE

Formazione dei pianeti di tipo terrestre (Mercurio, Venere, Terra e Marte) in tempi di 107 - 108 anni. E' ragionevole ipotizzare, tra questi, la situazione particolare di mercurio e Marte: il primo risente della vicinanza del Sole ed il suo accrescimento si


Questa ipotesi era già stata avanzata negli anni '50 da Edgeworth e Kuiper che individuarono in Urano e Nettuno i maggiori responsabili gravitazionali dell'immissione di materiale nel serbatoio cometario trans-nettuniano.

sviluppa in una zona molto povera di materiale; il secondo, invece, risente dell'azione di svuotamento esercitata da Giove nella zona della Fascia Principale degli asteroidi che lo ha privato di massa inglobandola con la sua fortissima attrazione gravitazionale.


g) FASE SEI

Formazione dei sistemi satellitari e dei sistemi di anelli attraverso meccanismi secondari di accezione, cattura di planetesimali già formati ed episodi collisionali. Spesso, in una concezione consequenziale del Sistema solare, si è portati a considerare i sistemi di satelliti come dei piccoli sistemi solari in miniatura. Tale concezione non è propriamente sbagliata perché la formazione di un satellite può essere una diretta conseguenza dello sviluppo di un pianeta. E' anche vero però che le cause di tali eventi possono essere di vario genere e non così scontate come si pensa. A circa 4,4 miliardi di anni fa si colloca la formazione della Luna, dovuta, molto probabilmente, all'impatto della Terra con un planetesimo delle dimensioni di Marte. Episodi molto simili hanno coinvolto anche altri pianeti come Venere che, per esempio, avrebbe potuto aver invertito il suo senso di rotazione a causa di un violento impatto o Mercurio che, per una collisione, sarebbe stato privato del suo mantello di silicati. In questa fase si innescava anche quel processo di formazione-distruzione delle atmosfere planetarie; quelle attuali, infatti, non sono le atmosfere originarie ed è molto probabile che drastiche variazioni della componente atmosferica siano stati episodi frequenti dell'evoluzione planetaria, proprio quali conseguenze dirette di eventi impattivi giganti. Per quanto riguarda la Terra, un aspetto correlato alla costruzione dell'attuale atmosfera è quello dell'identificazione dell'origine dell'acqua presente sulla superficie del nostro pianeta; e su questo aspetto le comete avrebbero potuto giocare un ruolo decisivo (Chyba, 1987 e 1990).

Conclusione

Il ruolo della scienza



Dopo un lungo cammino siamo finalmente giunti al termine del nostro viaggio attraverso il Sistema solare e attraverso la sua storia millenaria. Come in ogni viaggio che si rispetti, piccolo o grande che sia, l'ora dell'arrivo è l'ora dei saluti ma è anche l'ora dei grandi resoconti. All'inizio di questo mio lavoro eravamo partiti con lo scopo di dimostrare come le varie scienze cosmogoniche appena illustrate abbiano causato, al momento della loro pubblicazione, una sorta di rivoluzione totale nel campo della scienza e della astronomia. Certamente queste scoperte hanno destato grande scalpore rovesciando credenze e teorie che per centinaia di anni sono state una sorta di dogmi della scienza. Ma oggi, quando tutto sembra essere stato scoperto e l'uomo crede di poter dominare la natura grazie alle proprie conoscenze, quale è il ruolo della scienza? Gli scienziati riusciranno di nuovo a mettere in crisi il vecchio scoprendo il nuovo?

Finché l'uomo continuerà ad essere veramente uomo e a conservare la propria grandissima e spiccata curiosità, credo proprio di sì. Fin dall'antichità è stata la curiosità a guidare gli scienziati nella scoperta. Grazie all'apporto della curiosità, la scienza si configura come una grande avventura umana, con sfide formidabili e ricompense inestimabili, con opportunità ìnimmaginate e con responsabilità senza pari. Essa ci permette di vedere il mondo con occhi nuovi, di esplorare a ritroso nel tempo, di guardare nelle profondità dello spazio e di scoprire un'unità nei comportamenti del cosmo. Armati di questa conoscenza possiamo salvaguardare la nostra vita, creare nuovi mezzi e scoprire sempre nuove frontiere mettendo in crisi il vecchio e migliorando la nostra vita. La scienza ci fornisce anche i mezzi per prevedere le conseguenze delle nostre azioni e, forse, se saremo abbastanza saggi, per salvarci da noi stessi.

BIBLIOGRAFIA

STUDI



  • R. Bedogni, Dinamica e Formazione del Sistema solare, De Agostini, Novara, 1996.


  • N. Booth, Sistema Solare. Un viaggio di pianeta in pianeta, De Agostini, Novara, 1996


G. Caprara, Sistema solare, Mondadori, 2001.

M. Hack, Alla scoperta del Sistema Solare, Mondadori, Milano, 1993.

  • D.H. Menzel, J.M. Pasachoff, Stelle e pianeti, Zanichelli, Bologna, 1990.
  • F. Taylor, Atlante Cambridge dei pianeti, Zanichelli, Bologna, 1997.
  • C.A. Whitney, Vagabondi nello spazio: ricerche e scoperte nel Sistema Solare, Zanichelli, Bologna, 1987.



MANUALI SCOLASTICI

  • Elvidio Lupia Palmieri, Maurizio Parotto, La Terra nello Spazio e nel Tempo, Zanichelli, Bologna, 2002.


  • Longhi Gabriele, Genesis.  Scienze della terra, De Agostini, Milano, 2008.


  • E. Nicoletti, P. Peretti, G. Somaschi, La Terra nell'Universo, CEDAM scuola, Torino, 2000.


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