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Ammassi globulari e Supergiganti estreme




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Ammassi globulari e Supergiganti estreme


L'ammasso globulare più luminoso di una galassia



Gli ammassi globulari di una galassia presentano una magnitudine assoluta media intorno a -7, con valori massimi intorno a -10. Ipotizzando quindi che l'ammasso globulare più luminoso di una galassia presenti magnitudine assoluta -10, possiamo stimarne la distanza

Le distanze raggiungibili in questo modo sono dell'ordine dei 107 pc


La stella più luminosa di una galassia

Le stelle più luminose che conosciamo, sono le cosiddette Ipergiganti o supergiganti estreme, appartenenti alla classe di luminosità 0 (zero), tutte con magnitudine intorno a -9, indipendentemente dal tipo spettrale. Ipotizzando che la stella più brillante di una galassia sia una ipergigante se ne può stimare la distanza.





Le distanze fino a qualche centinaio di Megaparsec

Tully-Fisher e Supernovae

Relazione di Tully-Fisher: la larghezza della riga di 21 cm

Nel 1977 Tully e Fisher hanno dimostrato che esiste una relazione tra la magnitudine assoluta di una galassia a spirale e la velocità di rotazione della galassia, determinata misurando la larghezza della riga a 21 cm dell'idrogeno neutro che popola le sue spire.

L  = 180 V4

Con V in Km/s ed L  in unità di luminosità solare L .

La base fisica di tale relazione riposa sul fatto che la luminosità di una galassia è proporzionale da una parte al numero di stelle che la compone e quindi alla sua massa (L M) e dall'altra alle dimensioni della galassia e quindi all'entità della sua superficie emittente (L R2).

Essendo la galassia un sistema rotante in equilibrio dinamico possiamo eguagliare forza centrifuga e forza centripeta

ed esplicitare la massa, ottenendo così la nota relazione del viriale

che, espressa in masse solari, diventa

dove M = 2 1033 g


Assumendo ora per le galassie a spirali un rapporto M/L costante e pari a (in unità solari), sostituendo si ottiene

Si assuma infine come brillanza superficiale media di una galassia il valore , ottenuto dividendo la luminosità media delle galassie (108 L) per il raggio medio al quadrato (R = 50.000 al). In tal modo la relazione tra luminosità assoluta e raggio può essere scritta

      e quindi

che, sostituita nella relazione precedente, fornisce

e in definitiva

Si noti come, se V è in Km/s, sia necessario introdurre un coefficiente 105 per trasformare la velocità in cm/s e renderla così omogenea con le altre grandezze. Avremo perciò

Per trasformare la luminosità assoluta in magnitudine assoluta, scriviamo la relazione di Pogson

dove

MG =Magnitudine assoluta della galassia

MS = Magnitudine assoluta del sole = 4,8

LG = Luminosità assoluta della galassia in unità solari

L = Luminosità assoluta del sole in unità solari = 1


da cui

e quindi


In definitiva la magnitudine assoluta della galassia viene ad essere legata alla sua velocità di rotazione. Quest'ultima può essere stimata misurando l'allargamento della riga a 21 cm dell'idrogeno neutro. Infatti la radiazione proveniente dal lato della galassia che si allontana è affetta da un red-shift, mentre la radiazione proveniente dal lato della galassia che si avvicina presenta un blu-shift. Il risultato è che tutte le righe spettrali risultano contemporaneamente spostate di un'egual percentuale sia verso destra che verso sinistra e quindi allargate in misura tanto maggiore quanto maggiore è la velocità di rotazione della galassia.

I moderni telescopi sono in grado di misurare la larghezza della riga di 21 cm fino a circa 100 Mpc.


Le supernovae

Le supernovae sono esplosioni stellari di enorme potenza. Si dividono in supernovae di tipo I (suddivise in Ia e Ib) e tipo II. Le supernove di tipo II e di tipo Ib presentano una magnitudine assoluta al massimo intorno a -18, mentre le supernove di tipo Ia raggiungono al massimo i -20.

Con queste candele standard si raggiungono distanze dell'ordine dei 108 -109 pc.




Le distanze fino a qualche migliaio di Megaparsec




Galassie più luminose, Lenti gravitazionali e Legge di Hubble


Si tenga presente che attualmente la porzione di universo osservabile (distanza-orizzonte) ha proprio questo ordine di grandezza che, per un universo euclideo, vale

dove h è un fattore di incertezza sul valore della costante di Hubble


La galassia più luminosa di una ammasso di galassie

Si è statisticamente rilevato che le galassie più luminose di un ammasso di galassie sono in genere delle ellittiche giganti con magnitudine assoluta intorno a -23. Le distanze stimate in questo modo sono dell'ordine di 109 pc


Le lenti gravitazionali

La relatività generale prevede che la radiazione elettromagnetica venga deflessa passando accanto ad una forte concentrazione di massa. In questo modo la luce proveniente da oggetti molto distanti (quasar ad esempio), può essere deflessa da un oggetto massiccio (ad esempio una galassia o un ammasso di galassie) interposto sulla nostra linea di vista e concentrata verso di noi con un meccanismo analogo a quello di una lente. L'effetto "lente gravitazionale" è già stato osservato sotto forma di immagini multiple di quasar lontani.

Se l'oggetto interposto G non è perfettamente allineato (condizione d'altra parte maggiormente probabile) si formano due immagini (Q1 e Q2) del quasar Q disposte sulla sfera celeste in modo non simmetrico (a a ) rispetto a G. Ciò comporta che i raggi luminosi che formano le due immagini sdoppiate compiono un percorso di lunghezza diversa (d1 >  d2) per giungere sino a noi.

La relatività generale permette di calcolare la differenza di percorso in termini relativi ().

Supponiamo ad esempio di trovare che d1 risulta essere di un miliardesimo più lungo di d2  e di osservare un aumento di luminosità nell'immagine Q2 che si ripeta identico dopo 3 anni nell'immagine Q1. Possiamo allora dedurre che la differenza di percorso (d1 - d2) deve essere pari a 3 anni-luce. Essendo poi la differenza tra i due tragitti molto piccola possiamo porre d d1 d2 e scrivere pertanto

e quindi



trovando così che la distanza d del quasar è di 3 miliardi di anni-luce.



Legge di Hubble

Nel 1929 Hubble giunse a definire una relazione che legava la distanza delle galassie all'entità del loro red-shift z e quindi, essendo z = v/c, alla loro velocità di allontanamento.

v =  H D


dove v è la velocità di allontanamento in km/s, D è la distanza in megaparsec (Mpc) e H è una costante di proporzionalità, detta costante di Hubble, alla quale si dà oggi (Ho) un valore compreso tra 50 e 100  km s-1 Mpc-1 (chilometri al secondo per megaparsec).

Introducendo il parametro di red-shift 'z' ( dove z = / = v/c), la relazione diventa


zc = H D


In tal modo la misura del red-shift di ciascuna galassia diventa una misura, oltre che della sua velocità di recessione v, anche della sua distanza D. E' in questo modo che gli astronomi hanno calcolato la distanza degli oggetti celesti più remoti, come radiogalassie e quasar.

Per tener conto dell'incertezza relativa al valore di Ho e per uniformare la trattazione si usa introdurre un parametro (fattore di Hubble) definito come

e quindi Ho vale    . E se trasformiamo i megaparsec in km (1 Mpc = 3,085677567 1019 km)


Poichè il valore di Ho  è compreso tra 50 e 100 è evidente che h può assumere valori compresi tra 0,5 e 1. Così se vogliamo utilizzare la relazione di Hubble per determinare la distanza di oggetti lontani, dovremo scrivere



dove i valori di distanza vengono dati a meno di un fattore h-1. 


La relazione di Hubble è poco affidabile per distanze inferiori ai 50 Mpc, in quanto al di sotto di questo limite i movimenti locali (velocità peculiari 103 km/s) sono dello stesso ordine di grandezza del moto di recessione. Per distanze inferiori a 50 Mpc la velocità di recessione è infatti v < 5000h km/s.






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