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La pressione nei fluidi




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LA PRESSIONE NEI FLUIDI


Consideriamo una porzione di fluido in quiete contenuto in un recipiente. L'elemento considerato abbia ad esempio forma cilindrica e spessore molto piccolo, quale ad esempio quello di un foglio di carta (circa 1· 10-4): il fluido che circonda la porzione isolata eserciterà delle forze su quest'ultimo e poiché l'intera massa fluida si è supposta in quiete le forze esercitate sulle basi del cilindro si bilanceranno (per qualunque orientazione nello spazio e trascurando la superficie laterale in quanto infinitesima).

Poiché il disco ha uno spessore infinitesimo, è possibile trascurare la differenza di profondità del fluido tra le due superfici: in queste condizioni la forza F è indipendente dall'orientazione del disco, che possiamo considerare addirittura una sola superficie.
Definiamo la pressione come: forza/superficie.

Fuori sistema sono usati anche:

il bar, usato soprattutto in meteorologia, in particolare il suo sottomultiplo millibar;

il millimetro di mercurio, in simbolo mmHg o torr:

l'atmosfera, in simbolo atm, definita come la pressione esercitata da una colonna di mercurio alta 76 cm, al livello del mare, a 45° di latitudine e a 0°C.

VARIAZIONI DI PRESSIONE NEI FLUIDI

Se un fluido è in equilibrio lo è pure in ogni sua parte.
Le leggi che regolano le variazioni di pressione nei fluidi sono diverse a seconda che questi ultimi si trovino allo stato liquido o gassoso, in quanto in generale le caratteristiche di comprimibilità sono diverse a seconda dello stato in cui si trova la materia fluida.
Distinguiamo quindi:

VARIAZIONI DI PRESSIONE NEI LIQUIDI

VARIAZIONI DI PRESSIONE NEI GAS

Per i liquidi, considerando pressoché costante, determineremo una legge di variazione della pressione che con il principio di Pascal ci permetterà di spiegare fenomeni sfruttabili per costruire strumenti di misura.
Per i gas potremo utilizzare le leggi trovate nel caso dei liquidi solo per piccoli volumi (nei gas infatti la densità non è costante): come esempio di gas non contenuto in un volume definito spiegheremo l'andamento della pressione per il caso dell'atmosfera.

La pressione in un punto all'interno di un volume di liquido, considerandone la densità costante, si calcola attraverso la legge di Stevino. Il principio di Pascal ci dice come si trasmettono variazioni di pressione attraverso il fluido stesso. Con questi elementi possiamo spiegare il paradosso idrostatico ed il principio dei vasi comunicanti.

Per i liquidi, in generale, la densità è dappertutto costante e si può vedere che la pressione aumenta linearmente con la profondità.
Prendiamo una colonna di liquido di sezione di area A ed altezza h (la risultante delle forze sul piano orizzontale sarà nulla in quanto la colonna considerata si suppone non avere accelerazione in senso orizzontale). La massa di tale colonna liquida è:

m=ro * V= ro * A * h

ed il suo peso è:

P=m*g=ro*A*h*g


Indichiamo con po la pressione in cima alla colonna.

Alla base della colonna la pressione sarà maggiore di quella alla sommità, perché oltre alla forza di pressione sarà presente il peso della colonna.
Il risultato è appunto che la pressione aumenta linearmente con la profondità e ad una profondità h essa è aumentata di una quantità
rispetto alla pressione po della quota di riferimento rispetto cui è misurata la profondità h.

Questo risultato è noto come Legge di Stevino.


Se applichiamo una forza di intensità F ad un pistone che comprime il liquido contenuto in un recipiente di forma sferica, vedremo che quest'ultimo zampillerà dai fori con getti di lunghezza pressappoco uguale e direzione iniziale perpendicolare a quella della parete sferica. La velocità di fuoriuscita del liquido, inoltre, sarà tanto più elevata quanto maggiore è l'intensità della forza applicata.
Tale fenomeno si spiega ammettendo che la pressione applicata dal pistone si trasmetta invariata a tutto il liquido e la formalizzazione di ciò va sotto il nome di principio di Pascal :
una pressione esercitata in un punto di una massa fluida si trasmette in ogni altro punto e in tutte le direzioni con la stessa intensità (su superfici uguali).


Spieghiamo questo fenomeno utilizzando la legge di Stevino che ci dice che la pressione p in un punto P a profondità h dalla superficie libera del liquido è :

ro * g *h



Poiché i liquidi sono praticamente incomprimibili, aumentando la pressione po di una quantità , la densità nella precedente equazione rimarrà costante e di conseguenza in P avremo un nuovo valore di pressione p'.

Quindi anche nel punto P la pressione è aumentata di un valore deltap pari deltap(0) a e da ciò deduciamo che la variazione di pressione si è trasmessa ad ogni porzione del fluido ed in ogni direzione ( quindi anche alle pareti del recipiente), confermando quanto enunciato dal principio.
Una conseguenza della legge di Stevino è che la pressione dipende solo dalla profondità alla quale essa viene misurata e non dalla forma del recipiente che contiene il fluido.
In tubi stretti ma sufficientemente alti è possibile produrre pressioni notevoli anche con una piccola quantità di liquido se l'altezza della colonna liqida è molto elevata. Un esempio di ciò è la 'botte di Pascal'.
Il valore della pressione in un punto all'interno di un liquido contenuto in un recipiente non dipende dalla forma di quest'ultimo. Ciò si dimostra considerando il fatto che le pareti del recipiente si deformano finché la loro forza elastica non fa equilibrio alla pressione del fluido e quindi, agli effetti della pressione, equivalgono alla presenza di altre parti di liquido.

Come già detto la densità nei gas dipende sensibilmente da pressione e temperatura, così come la comprimibilità. Non è quindi possibile, in linea del tutto generale, usare come leggi di variazione di pressione per i gas quelle stabilite per i fluidi, i quali sono invece pressoché incomprimibili e di densità costante.
Vedremo quali condizioni particolari ci permettono di considerare costante la pressione di un gas all'interno di un contenitore chiuso e, come controparte, come vari la pressione in un gas non contenuto in un volume definito, come nel caso dell'atmosfera.

L'aria forma attorno alla Terra uno strato gassoso chiamato atmosfera, spesso qualche centinaio di chilometri. Essendo attirata verso il basso dal proprio peso, l'aria esercita sulla superficie terrestre una certa pressione: con l'aumentare della quota rispetto il livello del mare la pressione atmosferica decresce in quanto diminuisce lo spessore di atmosfera sovrastante. Come per una colonna d'acqua, infatti, anche la pressione di una colonna d'aria diminuisce con l'altezza se ci si muove verso l'alto partendo dalla superficie terrestre.
Essendo l'acqua pressoché incompressibile, la sua densità
rimane costante e si può affermare che la pressione sia proporzionale alla quota secondo una legge lineare di variazione (legge di Stevino).
Nell'aria, se ci si innalza dalla superficie terrestre, si va a sopportare una pressione corrispondente ad una colonna d'aria sempre meno alta, ma essendo l'aria compressibile, più la pressione diminuisce più il suo volume aumenta, cioè ne diminuisce la densità e non è quindi possibile applicare, per grandi differenze di quota, la legge di Stevino: la diminuzione di pressione dell'aria non è una funzione lineare della distanza.
Quello che accade è che la pressione dell'aria diminuisce di una frazione costante per un dato aumento di altitudine: a circa 5,5 Km dal livello del mare la pressione atmosferica ha un valore che è circa la metà di quello assunto a livello del mare; salendo di altri 5,5 Km (quindi fino ad una altitudine di 11 Km) la pressione si dimezza ancora, diventando 1/4 del valore al livello del mare, e così via.
Tale tipo di diminuzione è detto esponenziale.

Per effettuare misure di pressione i metodi che sfruttano i principi della statica dei fluidi sono quelli che si basano sulle variazioni di quota raggiunte da colonne di liquido sottoposte a pressioni di riferimento o a pressioni incognite. Gli strumenti di questo tipo che prenderemo in considerazione saranno:

I BAROMETRI A MERCURIO

per le misure di pressione atmosferica;

I MANOMETRI A LIQUIDO

per le misure di una qualsiasi pressione incognita assoluta o in riferimento alla pressione atmosferica.

Altri strumenti usati per misurare le pressioni sono:

I BAROMETRI METALLICI

per le misure indirette di pressione atmosferica;

I MANOMETRI A DEFORMAZIONE

per le misure indirette di pressioni qualsiasi: sfruttano le deformazioni prodotte dalle pressioni incognite su opportuni rivelatori.

Il barometro di Torricelli è uno strumento a mercurio per la misura della pressione atmosferica.
Ideato da Evangelista Torricelli nel 1643, consiste in un lungo tubo di vetro riempito di mercurio e immerso con l'estremità aperta in una bacinella piena anch'essa di mercurio.
Lo spazio all'interno del tubo al di sopra della colonna di mercurio contiene solo vapori di quest'ultimo, la cui pressione alle temperature ordinarie è trascurabile (la pressione di vapore del mercurio a 20 °C è pari a 160,12 10-3Pa).
La colonna si alzerà tanto quanto necessario ad equilibrare la pressione atmosferica esercitata sulla superficie libera del fluido della bacinella : se indichiamo con p2 = 0 la pressione della sommità della colonna ( a quota y2 ) e con patm la pressione sulla superficie a quota y1del mercurio della vaschetta.

I manometri misurano pressioni incognite sfruttando il fatto che la differenza di pressione è direttamente proporzionale alla profondità del fluido.
Essi sono costituiti da un tubo ad U collegato ad una estremità alla pressione p da misurare e l'altra è aperta all'aria: nel tubo è contenuto un liquido manometrico di densità
ro conosciuta.
Con questo tipo di manometro si misura la pressione differenziale ( o relativa ) p-patm
che è data da ro*g*h dove h è la differenza tra le estremità delle colonne di liquido nei rami del tubo. La pressione assoluta è quella realmente esistente entro il serbatoio e si ottiene da quella differenziale aggiungendovi patm misurata a parte.


I BAROMETRI METALLICI


I barometri metallici sono utilizzati per misure rapide (anche se non molto precise) e richiedono una preliminare taratura con un barometro a mercurio.
Il barometro olosterico è costituito da una scatola metallica vuota internamente e chiusa superiormente da una superficie flessibile e ondulata per aumentare la superficie esposta. Le deformazioni subite dal coperchio, dovute alla pressione atmosferica, sono equilibrate da una molla elastica e, dopo essere state opportunamente amplificate, trasmesse ad un indice che si muove su un quadrante. Le variazioni di pressione atmosferica producono quindi spostamenti dell'indice che, una volta tarato attraverso un barometro a mercurio, permette una lettura diretta della della pressione (anche se la misura è indiretta).

I MANOMETRI A DEFORMAZIONE


Questi manometri misurano indirettamente la pressione attraverso le deformazioni prodotte da quest'ultima su opportuni rivelatori. Di solito queste deformazioni devono essere amplificate ed è difficile calcolare teoricamente la relazione tra pressione e deformazione: per questa ragione i manometri a deformazione vengono tarati per confronto con altri tipi di più facile taratura (ad esempio quelli a liquido).


MANOMETRO BOURDON

Il rivelatore di pressione è costituito da un tubo di acciaio a forma di spirale e a sezione ellittica, il cui interno è posto in comunicazione con il fluido di cui si vuol misurare la pressione.
La pressione del fluido produce una deformazione che per la forma ellittica del tubo si traduce in un allargamento della spirale. L'estremità della stessa è collegata per mezzo di un sistema di leve ad un indice mobile che segnala su un'apposita scala le deformazioni della spirale al variare della pressione.
La taratura avviene mettendo in comunicazione il manometro con fluidi a pressione nota; si segna di solito lo zero sulla scala quando la pressione del fluido è uguale a quella atmosferica, per cui in genere questi manometri indicano il valore della sovrapressione del fluido rispetto a quella atmosferica.


MANOMETRO PIEZOELETTRICO. Il rivelatore di presione è costituito da sostanze solide cristalline che hanno la proprietà di caricarsi quando sottoposte a pressione. Le cariche prodotte a loro volta generano una differenza di potenziale che si può amplificare e misurare. La differenza di potenziale è proporzionale alle sovrapressioni applicate, per cui una volta tarato lo strumento per confronto esso misura direttamente le sovrapressioni.
Il vantaggio dei manometri piezoelettrici è la piccolissima inerzia del materiale rivelatore, cioè alla facilità con la quale possono essere seguite variazioni rapide di pressione.

L'EQUILIBRIO

Per discutere i diversi casi di equilibrio di un corpo immerso in un liquido (prendiamo un caso particolare di fluido) è necessario confrontare le forze agenti su di esso: il peso di intensità P e la spinta di Archimede di intensità S.
I tre casi che possono verificarsi per un qualsiasi corpo immerso in un fluido sono:

P > S : il corpo affonda;

P = S : il corpo è in equilibrio in ogni posizione;

P < S : il corpo galleggia.

I GALLEGGIANTI


Il principio di Archimede ci dice che la forza risultante esercitata sulla superficie di un oggetto immerso in un fluido è uguale e contraria al peso del fluido spostato e passa per il centro di massa del volume di fluido spostato.
Quando la densità di un corpo è minore della densità del liquido nel quale esso è immerso il corpo galleggerà sulla superficie del liquido, cioè emergerà parzialmente dalla superficie libera fino a che il peso del liquido spostato dalla parte immersa è uguale al peso dell'intero corpo.
È necessario notare che il centro di massa del volume spostato, B (detto centro di galleggiamento), è il punto per il quale passa la risultante delle forze di pressione del fluido sulla parte sommersa del corpo galleggiante.
La risultante della forza peso agisce invece nel centro di massa del corpo G.

Per l'equilibrio del corpo galleggiante occorre che il centro di massa ed il centro di galleggiamento stiano sulla medesima verticale.
Gli scafi delle navi sono sagomati in modo che il baricentro dello scafo si trovi al di sopra del centro di galleggiamento, ma ad una distanza da questo tale che una possibile rotazione della barca attorno al proprio centro di massa (cosa che modifica la forma della parte immersa e di conseguenza il volume del liquido spostato) generi un nuovo centro di galleggiamento B', in un punto tale che la forze agenti su esso e su G generino un momento che tenda a riportare la barca in posizione di equilibrio orizzontale.

LA TENSIONE SUPERFICIALE

Nella materia allo stato liquido ogni molecola è circondata da altre molecole: le forze attrattive tra molecole, per il fatto che ognuna di esse è completamente circondata da altre, si bilanciano permettendo che ogni molecola si sposti liberamente (non vi è prevalenza di forze in una qualche direzione).

Appena sotto la superficie del liquido possiamo prendere in considerazione uno strato spesso quanto il diametro delle molecole costituenti il liquido: questo strato è detto strato limite ed è quello in cui avviene il passaggio da liquido a gas, a solido o ad altro liquido. Una molecola che si trovi in questa zona ha altre molecole dello stesso tipo sopra di essa. Se una molecola che si trova nallo strato limite viene sollevata, i legami tra essa e le molecole adiacenti vengono tesi, generando una forza che tende a richiamare la molecola verso la superficie. Allo stesso modo, appoggiando un corpo minuscolo sulla superficie di un liquido, le molecole superficiali di quest' ultimo vengono spinte verso il basso generando una forza di richiamo diretta verso l'alto.
La superficie di un liquido si comporta quindi come una membrana tesa.
La tensione superficiale di un liquidi è il lavoro che deve essere fatto per portare un numero sufficiente di molecole dall'interno del liquido alla superficie per poter formare una nuova area unitaria di detta superficie. Questo lavoro coincide numericamente con la forza di contrazione esercitata su una linea ipotetica (linea di contatto) posata sulla superficie.
Si definisce coefficiente di tensione superficiale ( misurato in N/m oppure in J/m2 ):

gamma=forza agente sulla linea di contatto/lunghezza della linea di contatto


La tensione superficiale viene misurata direttamente misurando la forza necessaria a rompere la superficie del liquido sollevando un filo sottile dalla superficie stessa.

Si trova che questa forza è direttamente proporzionale al doppio della lunghezza del filo (cosa ch esi spiega pensando che vi è superficie di liquido da entrambi i lati del filo).


LA CAPILLARITÀ


Tubi di sezione molto piccola (del diametro di qualche decimo di millimetro) sono detti vasi capillari:per questi non vale più il principio dei vasi comunicanti.


Se la superficie del liquido è concava verso l'alto la tensione superficiale in corrispondenza delle pareti del tubo sarà diretta verso il centro della superficie curva formata dal liquido e quindi avrà una componente diretta verso l'alto. Il liquido, grazie a questa forza, salirà nel tubo finché la forza verso l'alto dovuta appunto alla tensione superficiale non sarà equilibrata dal peso del liquido. È questa forza, quindi, che fa salire il liquido nei tubi a sezione molto piccola o in materiali porosi.

Il fenomeno è spiegato dal fatto che in un liquido esistono forze di coesione che fanno sì che molecole simili si attraggano tra loro. La forza tra la molecola di un liquido e un'altra sostanza (come il vetro della parete di un recipiente che contenga il liquido stesso) è detta forza di adesione.
Si dice che il liquido bagna la superficie di un'altra sostanza quando le forze di adesione sono grandi rispetto le forze di coesione: in questo caso la superficie di una colonna di liquido in un tubo (ad esempio acqua in vetro) presenta una concavità verso l'alto e si ha la risalita del fluido in questione lungo un tubo capillare. Se le forze di adesione sono piccole rispetto quelle di coesione (mercurio in vetro) la superficie del liquido in un tubo è convessa ed il livello del fluido in un sistema di vasi capillari comunicanti tende a decrescere al diminuire della sezione dei vasi.
Questo fenomeno è chiamato capillarità.





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