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La luce




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LA LUCE         

NATURA DELLA LUCE

La luce può essere descritta sia in termini di flusso di particelle, o di quantità fisse di energia (Fotoni), sia in termini di treni di onde. Queste due descrizioni rispecchiano il duplice aspetto, corpuscolare e ondulatorio, della natura della radiazione luminosa e vengono utilizzate per spiegare fenomeni diversi. Il concetto di fotone spiega infatti l'interazione tra luce e materia, mentre il concetto di onda viene usato di solito per descrivere la propagazione della luce e alcuni fenomeni di formazione delle immagini.

Le radiazioni luminose di frequenza (o lunghezza d'onda) diversa ci appaiono di diverso colore. La luce bianca è un miscuglio di tutte le lunghezze d'onda visibili. Non esistono confini netti tra i vari campi di frequenza, ma il valore di 10 nm può essere assunto come limite inferiore per le radiazioni ultraviolette; la banda di lunghezze d'onda che si estende dai 700 nm a circa 1 mm comprende invece i raggi infrarossi, che includono anche l'energia termica radiante. La velocità di propagazione della radiazione elettromagnetica nel vuoto è costante ed è approssimativamente uguale 3 x 10^8 m/s, mentre nelle sostanze materiali è più bassa e dipende dalla frequenza.

Il rapporto tra la velocità di propagazione della luce nel vuoto e quella di una particolare lunghezza d'onda in un mezzo materiale è detto indice di rifrazione. Nell'aria, per tutte le lunghezze d'onda, esso risulta uguale a 1,00029, ma questo valore può essere approssimato a 1 nella maggior parte delle applicazioni.

Le leggi di riflessione e rifrazione della luce possono essere spiegate nell'ambito della teoria ondulatoria della luce. Il principio di Huygens stabilisce che qualsiasi punto su un fronte d'onda iniziale può essere considerato come sorgente di piccole onde sferiche secondarie, che si diffondono dal proprio centro in ogni direzione con velocità, frequenza e lunghezza d'onda uguali a quelle del fronte generatore. Un nuovo fronte d'onda può essere definito componendo tutte queste piccole onde. Poiché la luce si propaga perpendicolarmente al fronte d'onda, è possibile, mediante il principio di Huygens, prevedere le variazioni nella direzione di propagazione.

Quando le onde incontrano la superficie di separazione tra due mezzi materiali di diversa natura, ogni punto della superficie diviene sorgente di due nuovi gruppi di onde: le onde riflesse 'rimbalzano' nello stesso mezzo di provenienza, mentre quelle rifratte penetrano nel secondo mezzo. Anche questo comportamento può essere spiegato in base al principio di Huygens, tuttavia è più semplice, e spesso sufficiente, ricorrere a una descrizione geometrica e rappresentare la luce che si propaga come un insieme di raggi luminosi, cioè come un insieme di enti astratti che specificano la direzione di propagazione dell'energia radiante. Nell'ottica geometrica, la teoria ondulatoria della luce è praticamente ignorata, e le direzioni dei raggi attraverso un sistema ottico vengono determinate applicando le leggi della riflessione e della rifrazione.

OTTICA GEOMETRICA

L'ottica geometrica si basa sul principio della propagazione rettilinea della luce e sull'indipendenza dei raggi luminosi (assumendo che essi non interagiscano) e può essere utilizzata per descrivere i fenomeni di riflessione e rifrazione. Trova numerose applicazioni nel progetto di lenti e altri componenti di strumenti ottici.

RIFLESSIONE DELLA LUCE

Si consideri una sorgente luminosa che emette un raggio di luce; se esso viene proiettato su una superficie molto ben levigata, ritorna indietro come se fra il raggio e la superficie fosse avvenuto un urto elastico.

Il fenomeno descritto è la riflessione della luce ed è facilmente osservabile munendosi semplicemente di una lampadina e di uno specchio. Il raggio che parte dalla sorgente luminosa viene detto raggio incidente. Quello che esce dalla superficie riflettente si chiama raggio riflesso. L'angolo che forma il raggio riflesso con la normale alla superficie è l' angolo di riflessione.

Una superficie di separazione ben levigata può comportarsi come uno specchio e produrre un'immagine riflessa. Ad esempio, nella figura 2, la sorgente di luce è l'oggetto A, e i due raggi che colpiscono lo specchio in B e C sono riflessi con direzioni BD e CE. A un osservatore posto davanti allo specchio, essi sembrano provenire dal punto F, dietro lo specchio. Dalle leggi della riflessione segue che i segmenti CF e BF formano con la superficie riflettente angoli identici a quelli formati rispettivamente da AC e AB. Perciò, l'immagine formata da uno specchio piano sembra trovarsi dietro la superficie riflettente, alla stessa distanza a cui si trova l'oggetto reale.

 LA LEGGE DI SNELL

il prodotto tra il seno dell'angolo di incidenza e l'indice di rifrazione del primo mezzo è uguale al prodotto tra il seno dell'angolo di rifrazione e l'indice di rifrazione del secondo mezzo. Il raggio rifratto, inoltre, giace nel piano di incidenza. In genere, l'indice di rifrazione delle sostanze trasparenti cresce al crescere della densità (la velocità della luce è più bassa nei mezzi più densi). Come conseguenza della legge di Snell, inoltre, un raggio che raggiunge in direzione obliqua la superficie di separazione tra due mezzi viene deviato penetrando nel secondo mezzo: in particolare si avvicina alla perpendicolare se quest'ultimo ha indice di rifrazione maggiore del primo e si allontana nel caso contrario.

Questo fenomeno spiega perché un oggetto immerso in acqua appare più vicino alla superficie libera del liquido di quanto non sia realmente. Nella figura 3, la direzione obliqua del raggio è scelta solo per facilitare la spiegazione. Il raggio DB, passando nell'aria, è deviato con un angolo maggiore rispetto alla normale, e giunge in A. Perciò, a un osservatore in A, l'oggetto appare come se fosse situato nel punto C, all'intersezione tra il prolungamento di AB e la verticale passante per D.

 Il cammino di un raggio luminoso attraverso strati paralleli di mezzi diversi è rappresentato in figura 4 (l'indice di rifrazione dell'acqua è minore di quello del vetro). Poiché il primo e l'ultimo strato sono composti dalla stessa sostanza, il raggio uscente è parallelo a quello entrante, ma non allineato con esso.

IL PRISMA

Un raggio di luce che incide sulla faccia di un prisma subisce una doppia rifrazione. Inoltre, poiché l'indice di rifrazione di una sostanza varia con la lunghezza d'onda della radiazione, un prisma deflette in misura diversa la luce di frequenza differente e può essere quindi utilizzato per scomporre un fascio luminoso nelle sue diverse componenti monocromatiche. In figura 5, l'angolo CBD tra la direzione del raggio incidente e quella di un raggio uscente è detto angolo di deviazione.

L'ANGOLO CRITICO

Poiché un raggio si allontana dalla direzione normale quando penetra in un mezzo meno denso e la deviazione aumenta all'aumentare dell'angolo di incidenza, deve esistere un angolo di incidenza per il quale l'angolo di rifrazione è uguale a 90° e il raggio rifratto si propaga lungo la superficie di separazione dei mezzi. Tale angolo è detto angolo critico. Se l'angolo di incidenza è maggiore dell'angolo critico, il raggio incidente viene totalmente riflesso (riflessione totale). Le tre immagini di figura 6 mostrano rispettivamente un caso ordinario di rifrazione, la rifrazione con angolo critico di incidenza e la riflessione totale.

 La tecnologia delle fibre ottiche rappresenta un'applicazione di grande interesse pratico del fenomeno della riflessione totale.

SUPERFICI SFERICHE

La maggior parte della terminologia tradizionale dell'ottica geometrica è stata sviluppata con riferimento a superfici riflettenti o rifrangenti sferiche. L'asse di simmetria di una lente o di uno specchio sferici, cioè la retta passante per i due centri di curvatura degli stessi, è detta 'asse ottico'. Se un sottile fascio luminoso parallelo all'asse ottico incide sulla superficie sferica di uno specchio o di una lente sottile, i raggi riflessi o rifratti si intersecano, o paiono intersecarsi, in un punto dell'asse stesso. La distanza tra questo punto e lo specchio, o la lente, prende il nome di distanza focale. I raggi provenienti da un oggetto posto nel punto focale vengono riflessi o rifratti lungo una direzione parallela all'asse ottico. Se una lente devia i raggi luminosi in modo che si intersechino in un punto posto di fronte a essa, l'immagine che si forma è reale e capovolta; mentre se i raggi divergono dopo la riflessione o la rifrazione così da sembrare provenienti da una sorgente apparente l'immagine è detta 'virtuale'. Il rapporto tra le dimensioni lineari dell'immagine e quelle dell'oggetto reale è detto ingrandimento.

FORMAZIONE DELL'IMMAGINE SU UNO SPECCHIO

Se poniamo un oggetto di fronte ad uno specchio, osserviamo facilmente che la sua immagine viene riprodotta in una regione di spazio che sembra trovarsi all'interno dello specchio. Noi infatti normalmente abbiamo la visione di un oggetto grazie ai raggi che partendo da esso giungono in linea retta fino ai nostri occhi. Nel caso dello specchio i raggi giungono a noi dopo aver subito una riflessione, però noi percepiamo l'immagine ugualmente come se i raggi avessero viaggiato in linea retta, cioè come se l'oggetto si trovasse dall'altra parte della superficie. Tale immagine viene detta Immagine virtuale dell'oggetto.

SPECCHI SFERICI

Se la superficie riflettente è reale, parleremo di specchio concavo; se è virtuale, di specchio convesso.

Raggi paralleli che colpiscono lo specchio in due punti diversi avranno un angolo di riflessione diverso. Ciò ha come conseguenza una deformazione delle immagini riflesse dallo specchio. Tale deformazione dipenderà dalla posizione relativa dell'oggetto rispetto allo specchio.

Il centro della sfera cui la calotta riflettente appartiene viene chiamato centro di curvatura. L'asse di simmetria della calotta che passa per il centro di curvatura, si chiama asse ottico principale, mentre ogni altra retta per il centro di curvatura che incontra la superficie riflettente si chiama asse secondario.

L'angolo di apertura è invece l'angolo compreso fra due rette che passano per il centro di curvatura e sono tangenti al bordo della calotta.

Fissato un punto della superficie, la normale ad essa nel punto dato sarà la retta per il punto passante per il centro di curvatura; un raggio che parte dalla sorgente S posta ad esempio sull'asse ottico principale, sarà riflesso in modo che, rispetto alla normale relativa al punto, l'angolo di incidenza è uguale all'angolo di riflessione.

Il raggio incidente viene riflesso in modo da intersecare l'asse principale nel punto S'.

Consideriamo ora un fascio di raggi tutti paralleli all'asse principale. è facile osservare, mediante la costruzione geometrica vista, ed anche sperimentalmente, che essi sono riflessi in modo da intersecare l'asse principale nello stesso punto F che prende il nome di Fuoco.

Se poniamo una sorgente luminosa nel fuoco di uno specchio concavo, poichè per il principio di reversibilità del cammino luminoso i raggi saranno riflessi tutti parallelamente all'asse principale, non potremo determinare per F alcun punto coniugato, a meno di considerare il punto all'infinito. Questa osservazione ci permette di definire il fuoco come il punto coniugato del punto all'infinito.

Il fuoco di uno specchio concavo viene a trovarsi, con buona approssimazione, a metà fra il centro c e la superficie riflettente. Cioè, se f è la distanza focale, ovvero la distanza del fuoco dallo specchio, si ha:

dove r è il raggio della sfera cui la calotta riflettente appartiene.

Se una lente semplice ha superfici con raggi r1 e r2 e il rapporto tra il suo indice di rifrazione e quello del mezzo circostante è n, vale la relazione

1/ f = (n - 1) (1/r1 - 1/r2)

COSTRUZIONE DELL'IMMAGINE DI UN OGGETTO

Se poniamo un punto luminoso davanti ad uno specchio concavo, la sua immagine sarà il punto in cui concorrono tutti i raggi riflessi dallo specchio. Chiamiamo 'punto oggetto' la sorgente puntiforme e 'punto immagine' il corrispondente punto coniugato. Per il principio di reversibilità del cammino luminoso, è possibile scambiare il punto immagine con il punto oggetto e viceversa. Abbiamo già avuto modo di verificare che se un punto oggetto è collocato ad una distanza maggiore di 2f dalla superficie speculare, la corrispondente immagine verrà a formarsi davanti allo specchio, in un punto reale, tanto da poter essere raccolta su di uno schermo.

Inoltre abbiamo visto che se il punto oggetto è posto esattamente nel fuoco, tutti i raggi che partono da esso vengono riflessi parallelamente, per cui diciamo che il punto immagine è posto all'infinito. L'immagine riflessa potrà essere percepita solo se i raggi riflessi 'intercettano' l'osservatore, ma non può essere raccolta su uno schermo.

Vediamo ora cosa succede se l'oggetto viene posto ad una distanza minore di quella focale. In tal caso i raggi riflessi sono divergenti. Come nel caso dell'oggetto posto nel fuoco, potrà essere osservata una immagine solo se l'osservatore si trova sulla traiettoria dei raggi. Inoltre stavolta, come accade per gli specchi piani, l'immagine appare al di là della superficie riflettente, poichè essa si determina come il punto di intersezione del prolungamento dei raggi riflessi. Diremo in tal caso che l'immagine è virtuale.

Se invece di considerare un singolo punto oggetto consideriamo un oggetto di dimensioni estese, per determinare la sua immagine si dovrebbe teoricamente costruire l'immagine di ogni punto che lo compone. In pratica l'immagine si può ottenere considerando solo alcuni raggi, il cui cammino risulta di facile determinazione.

Si considerano di solito i seguenti raggi:

1) quello parallelo all'asse principale, il cui raggio riflesso passa per il fuoco dello specchio;

2) quello che passa per il fuoco principale, che sarà riflesso parallelamente all'asse principale;

3) quello che passa per il centro, che in quanto coincidente con la normale, verrà riflesso su sè stesso.

Il nostro oggetto sarà simboleggiato da una freccetta. Supponiamo per semplicità, che la sua base poggi sull'asse ottico principale. In tale situazione l'immagine riflessa si potrà ottenere una volta noto il punto immagine della punta della freccetta. Basterà da tale punto considerare la perpendicolare sull'asse ottico. Il segmento che l'asse taglia su questa perpendicolare costituirà l'immagine cercata del nostro oggetto.

Situazione 1: oggetto posto ad una distanza maggiore di 2f, pertanto oltre il centro.

L'oggetto appare rimpicciolito e capovolto, tra il fuoco ed il centro (fig. (3.3)).

Situazione 2: oggetto posto ad una distanza pari a 2f nel centro.

L'immagine ha le stesse dimensioni dell'oggetto, anch'essa nel centro ma capovolta (fig. (3.4)).

Situazione 3: oggetto tra il fuoco ed il centro.

L'immagine è capovolta ed ingrandita, posta ad una distanza maggiore di 2f (fig. (3.5)).

Situazione 4: oggetto nel piano focale.

L'immagine risulta ingrandita al massimo, all'infinito.

Situazione 5: oggetto tra lo specchio e il fuoco.

L'immagine è virtuale: appare al di là dello specchio, diritta e ingrandita.

Quanto descritto vale per specchi sferici che soddisfano approssimativamente le seguenti condizioni:

1) angolo di apertura piccolo, cioè la sfera che contiene la calotta speculare è molto estesa rispetto ad essa.

2) raggi parassiali, i raggi luminosi formano con l'asse ottico angoli molto piccoli.

Se tali condizioni, dette approssimazioni di Gauss, non sono rispettate, la formazione delle immagini avviene in modo meno nitido; ciò è dovuto al fatto che un fascio di raggi luminosi paralleli all'asse ottico principale, non concorrerà esattamente nel fuoco, ma in una regione più ampia che viene chiamata superficie caustica.

LENTI

Le lenti con superfici di piccolo raggio hanno brevi distanze focali. Una lente con due superfici convesse rifrange i raggi incidenti paralleli all'asse ottico in modo che essi convergano in un punto dell'asse stesso dalla parte opposta a quella di provenienza. La superficie concava di una lente fa invece divergere i raggi che giungono paralleli all'asse ottico, allontanandoli da quest'ultimo; inoltre, a meno che la seconda superficie della lente sia convessa e con curvatura assai più accentuata della prima, i raggi uscenti sembrano provenire da un punto collocato dallo stesso lato dell'oggetto. Simili lenti formano immagini virtuali, diritte e ridotte.

Se la distanza dell'oggetto è maggiore della distanza focale, una lente convergente forma un'immagine reale, capovolta e rimpicciolita; al contrario, se essa è minore della lunghezza focale, l'immagine è virtuale, diritta e ingrandita.

ABERRAZIONE

La parte periferica di una superficie sferica ha distanza focale diversa da quella della parte centrale dell'area, di conseguenza l'immagine di un punto è in realtà un piccolo cerchio. Questo difetto, dovuto al fatto che i raggi convergono in più punti dell'asse, prende il nome di aberrazione sferica e in generale viene corretto mediante sistemi ottici complessi, formati da una combinazione di lenti concave e convesse.

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Appunti su: l piano individuato dalla direzione di propagazione e dalla normale alla superficie in questo caso,



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