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Tumori del fegato




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TUMORI DEL FEGATO

TUMORI BENIGNI DEL FEGATO

I tumori benigni del fegato sono relativamente comuni, ma in genere decorrono in modo sub- clinico. La maggior parte dei casi è evidenziata casualmente con l'ecografia (ECO) o con altri esami per immagini. Altri sono scoperti a causa di un'epatomegalia, di disturbi al quadrante addominale superiore destro o di un'emorragia intraperitoneale. I test di funzionalità epatica sono in genere normali o soltanto lievemente alterati. Talvolta, la diagnosi si fa solo alla laparotomia esplorativa, anche se gli esami per immagini e l'arteriografia possono dare importanti informazioni preoperatorie.

L'adenoma epatocellulare è la neoplasia epatica benigna più importante. Si verifica soprattutto nelle donne in età fertile e la sua prevalenza è aumentata in seguito al diffuso uso dei contraccettivi orali, che hanno un ruolo nella sua patogenesi (v. anche Cap. 43 e 246). La maggior parte degli adenomi è asintomatica. Raramente, gli adenomi si presentano come un problema acuto chirurgico causato dall'improvvisa rottura e dal sanguinamento nella cavità peritoneale. Anche se gli adenomi non sono in genere considerati una condizione precancerosa, sono stati recentemente descritti alcuni casi in cui si è verificata una trasformazione maligna. Gli adenomi correlati all'assunzione di contraccettivi spesso regrediscono in seguito alla sospensione del farmaco.

L'iperplasia nodulare focale è un'alterazione localizzata, simile a un tumore, che istologicamente può somigliare a una cirrosi macronodulare. I contraccettivi orali sono stati coinvolti nell'aumento di volume di questo amartoma, ma non ne sono la causa. Esistono anche altre lesioni nodulari non neoplastiche del fegato.

Si stima che piccoli emangiomi asintomatici siano presenti nell'1-5% degli adulti. Spesso hanno un caratteristico aspetto all'ECO, alla TC o alla RMN e non richiedono alcun trattamento. Nei lattanti, gli emangiomi voluminosi sono, occasionalmente, evidenziati dalle coagulopatia da consumo o dalle alterazioni emodinamiche associate. Si possono osservare anche adenomi dei dotti biliari e raramente vari tumori mesenchimali.

CISTI EPATICHE

Le cisti epatiche non sono dei tumori, ma vengono trattate qui per convenienza. Le cisti isolate vengono, di solito, diagnosticate incidentalmente all'ECO o alla TC e non hanno un significato clinico. Il raro fegato policistico congenito determina negli adulti una progressiva epatomegalia bozzoluta (talvolta massiva). Nonostante ciò, la funzione epatica è ben conservata e non si sviluppa un'ipertensione portale. Invece, la correlata fibrosi epatica congenita è caratterizzata da una proliferazione cistica dei dotti biliari microscopici, da una fibrosi epatica e da un'ipertensione portale progressiva; la condizione, spesso, viene erroneamente diagnosticata come una cirrosi criptogenetica. Ambedue le varianti sono comunemente associate alla malattia policistica dei reni e di altri organi (v. Nefropatie cistiche nel Cap. 230). Le altre cisti epatiche includono le cisti idatidee (v. Malattia idatidea nel Cap. 161); la rara malattia di Caroli, caratterizzata da una dilatazione cistica segmentaria dei dotti biliari intraepatici (spesso complicata dalla formazione di calcoli e dalla colangite) e i veri tumori cistici (rari).

METASTASI EPATICHE

Sommario:

Introduzione
Sintomi e segni
Diagnosi
Terapia

La neoplasia metastatica è di gran lunga la più comune tra le neoplasie epatiche maligne. Il fegato costituisce un terreno fertile per le metastasi che si diffondono per via ematica; il polmone, la mammella, il colon, il pancreas e lo stomaco sono le più frequenti sedi primitive, anche se praticamente ne può essere responsabile qualunque organo. La diffusione al fegato costituisce non di rado la manifestazione clinica iniziale di un cancro insorto altrove.

Sintomi e segni

Sono frequenti le manifestazioni non specifiche della malignità (p. es., perdita di peso, anoressia, febbre). Il fegato è caratteristicamente aumentato di volume e di consistenza e può essere dolente; un'epatomegalia massiva con noduli facilmente palpabili indica uno stadio avanzato di malattia. Soffi vascolari epatici e un dolore simil-pleuritico, a cui corrisponde un rumore di sfregamento, non sono frequenti, ma sono comunque caratteristici. A volte è presente una splenomegalia, soprattutto nei casi di carcinoma primitivo pancreatico. È frequente la concomitanza dell'ascite, causata dalla diffusione peritoneale del tumore, mentre, all'inizio, l'ittero è in genere modesto o assente, a meno che non coesista un'ostruzione della via biliare da parte del tumore. La fosfatasi alcalina, la g-glutamil-transpeptidasi e a volte la LDH aumentano solitamente per prime o in misura maggiore rispetto agli altri test di funzionalità epatica; i livelli delle aminotransferasi sono variabili. Negli stadi terminali, il progressivo incremento dell'ittero e dell'encefalopatia epatica indica l'exitus imminente.

Diagnosi

La diagnosi delle metastasi epatiche solitamente non presenta problemi nelle fasi avanzate, ma spesso si rivela difficile nei pazienti che non hanno una malattia conclamata. Diverse tecniche per immagini diffusamente utilizzate per la diagnosi (v. anche Cap. 37) sono spesso molto suggestive, ma non riescono a evidenziare in maniera affidabile le metastasi di dimensioni ridotte o a discriminare sempre un tumore dalla cirrosi o da altre cause benigne di un quadro anomalo. Comunque, l'ECO, la TC e la RMN sono, di solito, più accurate della scintigrafia; la maggior parte dei centri usa l'ECO come metodica di indagine principale. L'ecografia e i test di funzionalità epatica sono ampiamente usati nello screening di routine per la presenza di metastasi nei pazienti affetti da neoplasie maligne conosciute, perché spesso il trattamento dipende dalla presenza o meno di tale diffusione, ma le basse sensibilità e specificità limitano il valore di tali indagini.

La biopsia epatica fornisce la diagnosi definitiva e deve essere eseguita se esiste un dubbio o se è necessaria la conferma istologica per le decisioni terapeutiche. La biopsia dà risultati positivi in circa il 65% dei casi; un ulteriore 10% può essere identificato con l'esame citologico del liquido aspirato e queste percentuali possono aumentare se la biopsia viene eseguita sotto guida ecografica. Alcuni autori preferiscono effettuare la biopsia sotto visione diretta, per via laparoscopica, anche se questa metodica è più complessa.

Terapia

Il trattamento delle metastasi epatiche solitamente è inutile. In base alla localizzazione del tumore primitivo, la chemioterapia sistemica può determinare una temporanea riduzione delle dimensioni delle metastasi e prolungare la vita del paziente, ma certamente non cura la malattia. Alcuni centri consigliano, in casi selezionati, l'infusione di chemioterapici attraverso l'arteria epatica; vi è sicuramente una maggiore risposta terapeutica a fronte di una minore tossicità sistemica rispetto alla chemioterapia somministrata EV, ma la sopravvivenza non migliora in maniera evidente. La radioterapia del fegato, occasionalmente, può alleviare una grave sintomatologia dolorosa, ma per il resto è sconsigliata. Alcuni chirurghi resecano le metastasi isolate, specialmente se la localizzazione primitiva è a carico del colon, sebbene questa indicazione non sia universalmente accettata. La malattia estesa è trattata al meglio con la palliazione per il paziente e con il supporto psicologico per la famiglia (v. Cap. 294).

CARCINOMA EPATICO PRIMITIVO

Il più comune tipo di carcinoma epatico primitivo è il carcinoma epatocellulare. Il carcinoma fibrolamellare, il colangiocarcinoma, l'epatoblastoma e l'angiosarcoma sono poco frequenti, se non addirittura rari.

CARCINOMA EPATOCELLULARE

(Epatoma)
Tumore epatico che origina da epatociti maligni.

Sommario:

Introduzione
Sintomi e segni
Diagnosi
Prognosi e terapia

Il carcinoma epatocellulare, sebbene sia molto più raro del carcinoma metastatico, nella maggior parte dei paesi rappresenta la più frequente neoplasia primitiva, e un'importante causa di morte in certe zone dell'Africa e del Sud-Est asiatico. L'infezione da virus B dell'epatite cronica (HBV) è ampiamente responsabile dell'elevata prevalenza del tumore in aree endemiche; il rischio è più che centuplicato nei portatori del HBV e l'incidenza del tumore generalmente va di pari passo con la prevalenza geografica del HBV. Nei portatori del HBV, che sono in prevalenza asintomatici, il DNA virale viene, alla fine, incorporato nel genoma ospite degli epatociti infetti. Ciò porta a una trasformazione maligna, anche se il meccanismo preciso è sconosciuto. Anche i carcinogeni ambientali possono avere un certo ruolo; p. es., si ritiene che l'ingestione di cibo contaminato con delle aflatossine fungine contribuisca all'elevata incidenza dell'epatoma nelle regioni subtropicali.

Più recentemente, anche l'epatite cronica da infezione con il virus C (HCV) è stata riconosciuta come un importante fattore nella genesi del carcinoma epatocellulare. Il meccanismo della carcinogenesi è sconosciuto perché il HCV è un RNA virus e (diversamente dal HBV) non viene incorporato nel genoma dell'ospite. Il tumore può evolvere dalla fibrogenesi piuttosto che dall'infezione da HCV in sé perché la cirrosi si è già sviluppata in quasi tutti i casi.

Nel Nord America, in Europa e in altre aree a bassa prevalenza, la maggior parte dei pazienti presenta una cirrosi di base non correlata all'infezione da HBV o da HCV. La cirrosi alcolica, quella criptogenetica e specialmente quella emocromatosica hanno tutte una tendenza alla trasformazione maligna, sebbene, curiosamente, il rischio nella cirrosi biliare primitiva sia minore. Come già detto, si può raramente verificare una trasformazione maligna degli adenomi epatici. Gli altri pazienti non presentano alcuna evidente epatopatia di base.

Sintomi e segni

Le più comuni manifestazioni cliniche sono rappresentate dal dolore addominale, dal calo ponderale, dalla presenza di una tumefazione nel quadrante superiore destro e dal peggioramento inspiegabile delle condizioni generali, precedentemente stabili, in un paziente affetto da cirrosi. La febbre è relativamente comune e può simulare un'infezione. Occasionalmente, la prima manifestazione è data da un addome acuto dovuto alla rottura o all'emorragia del tumore. Si possono verificare, a volte, delle manifestazioni metaboliche sistemiche come l'ipoglicemia, l'eritrocitosi, l'ipercalcemia e l'iperlipemia.

Solitamente i reperti obiettivi non sono tipici. Un'epatomegalia ingravescente o dolorosa, un rumore da sfregamento epatico o un soffio suggeriscono la diagnosi, specialmente nei pazienti con cirrosi conosciuta o residenti nelle aree dove il HBV è endemico.

Diagnosi

Tranne che per la presenza dell'a-fetoproteina nel siero, gli esami biochimici sono di scarso aiuto diagnostico. L'a-fetoproteina scompare subito dopo la nascita; la sua presenza negli adulti indica una differenziazione degli epatociti e pertanto viene osservata più frequentemente nel carcinoma epatocellulare. Valori > 400 mg/l sono tipici ma peraltro rari, tranne che nel teratocarcinoma del testicolo, un tumore molto meno comune. Valori più bassi sono meno specifici e si possono osservare anche in corso di una rigenerazione epatocellulare (p. es., nell'epatite). La maggior parte degli epatomi, nelle aree geografiche dove il HBV è endemico, è alla fine associata a elevati livelli di a-fetoproteina, anche se negli stadi iniziali della malattia i valori sono spesso normali; nelle aree a bassa prevalenza, i livelli elevati sono meno frequenti. Un aumento della des-g-carbossiprotrombina sierica, un precursore della protrombina, può essere un altro marker biochimico per il carcinoma epatocellulare, ma sono necessari ulteriori dati per stabilirne l'esatto valore clinico.

L'ECO, la TC e la RMN dell'addome sono importanti ausili diagnostici e possono talvolta mettere in evidenza dei carcinomi subclinici; lo screening ecografico nei portatori cronici di HBV viene eseguito con questo intento in alcune aree a elevata prevalenza (p. es., il Giappone). L'esame è meno valido nei pazienti affetti da una cirrosi di base, poiché i risultati sono più difficili da interpretare. L'arteriografia epatica evidenzia spesso dei reperti caratteristici del tumore e deve essere presa in considerazione per confermare una diagnosi fortemente sospetta e per delineare l'anatomia vascolare quando è programmato l'intervento chirurgico.

La biopsia epatica conferma la diagnosi in un'alta percentuale di casi, specialmente se eseguita sotto guida ecografica; il rischio è generalmente basso, a meno che il tumore sia intensamente vascolarizzato o necrotico.

Prognosi e terapia

La prognosi del carcinoma epatocellulare è solitamente infausta e il trattamento insoddisfacente. La resezione chirurgica fornisce la speranza migliore, ma è possibile soltanto in alcuni casi. Nei pazienti con piccoli tumori localizzati, si può ottenere un aumento della sopravvivenza con la resezione, ma la diagnosi è di solito tardiva e la morte si verifica spesso entro pochi mesi. Il tumore non è radiosensibile e i risultati della chemioterapia solitamente sono scarsi, anche quando vengono usate l'infusione diretta nell'arteria epatica o la chemioembolizzazione. Non è ancora dimostrato se l'identificazione dei soggetti ad alto rischio mediante uno screening eseguito di routine possa diminuire la mortalità della malattia. L'uso del vaccino contro il HBV dovrebbe avere, alla fine, un effetto benefico, specie nelle aree endemiche (v. Cap. 42).

Delle percentuali leggermente migliori di sopravvivenza a lungo termine sono state riportate dopo il trapianto del fegato, ma ciò può riflettere degli errori di selezione nei pazienti con tumori localizzati, relativamente piccoli. La maggior parte degli esperti rimane diffidente circa l'indicazione al trapianto per un tumore maligno. Quando il trattamento aggressivo diventa inappropriato la terapia deve essere rivolta alla riduzione del dolore e delle sofferenze (v. Cap. 294).

CARCINOMA EPATICO PRIMITIVO

ALTRE NEOPLASIE PRIMITIVE DEL FEGATO

Il carcinoma fibrolamellare è una variante distinta del carcinoma epatocellulare, caratterizzata morfologicamente da epatociti maligni organizzati in un tessuto fibroso lamellare. Interessa generalmente soggetti giovani e non è associato a una cirrosi preesistente, al HBV o al HCV, né ad altri fattori di rischio conosciuti. I livelli di a-fetoproteina sono elevati solo raramente. La prognosi è migliore rispetto a quella dell'epatocarcinoma e alcuni pazienti sopravvivono diversi anni dopo la resezione del tumore.

Il colangiocarcinoma, un tumore che origina dall'epitelio biliare, è comune in Cina, dove si pensa che un fattore predisponente sia rappresentato dall'infestazione del fegato da parte di trematodi. Altrove, è meno frequente del carcinoma epatocellulare. Si può inoltre verificare una sovrapposizione istologica tra le due forme. Occasionalmente i pazienti affetti da una colite ulcerosa di vecchia data e da una colangite sclerosante possono sviluppare un colangiocarcinoma. L'epatoblastoma è una neoplasia maligna frequente nei lattanti. Si presenta occasionalmente con un quadro di pubertà precoce dovuta alla produzione ectopica di gonadotropine, ma in genere viene diagnosticato sulla base del peggioramento delle condizioni di salute e della presenza di una tumefazione a livello del quadrante addominale superiore destro. Il raro angiosarcoma ha richiamato l'attenzione a causa della sua associazione all'esposizione industriale al cloruro di vinile.

La diagnosi di questi tumori si basa sul reperto istologico. La terapia in genere è di scarso valore e la prognosi è infausta.


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