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Composizione chimica e strutturale dei virus




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COMPOSIZIONE CHIMICA E STRUTTURALE DEI VIRUS


Definizione

parassiti endocellulari obbligati



organizzazioni biologiche di livello sub-cellulare

1 o poche molecole informazionali di DNA o RNA

capside contenitore proteico, con duplice funzione:1) proteggere le molecole informazionali (genoma del virus) nell'ambiente estracellulare; 2) mediarne la penetrazione nella cell bersaglio.

Virioni (singole particelle virali) sono inerti dal punto di vista metabolico in ambiente extracell, solo dopo l'introduzione all'interno della cell bersaglio, ed essersi liberate del capside, le molecole informazionali sono in grado di imporre ai sistemi biosintetici cell la loro replicazione, insieme alla sintesi delle proteine necessarie a costituire una nuova serie di virioni che fuoriescono e sono pronti ad infettare altri elementi cell.


Il virione è costituito "nucleo-capside" che è l'insieme del:

genoma virale

capside (contenitore proteico che racchiude il genoma)

Alcuni virus possiedono all'esterno del nucleo-capside un involucro lipoproteico pericapside o peplos → formato da un frammento di una membrana cellulare modificata, x la sostituzione di parte delle proteine cell con proteine virus-specifiche.



COMPOSIZIONE CHIMICA


Il genoma virale è costituito da acido nucleico. Può essere costituito a sua volta da:

- DNA → deossiribovirus. L'acido nucleico è costituito da un'unica molecola. La conformazione è di una molecola lineare costituita da doppia catena di nucleotidi. Eccezione x i papovavirus genoma è costituito da una molecola di DNA bicatenaria ma a struttura circolare. Parvovirus genoma è costituito da 1 sola catena nucleotidica

- RNA → ribovirus. L'usuale conformazione è quella di una molecola lineare monocatenaria. Eccezione i Reovirus in cui l'RNA ha una conformazione bicatenaria. Nei ribovirus di < dimensione il genoma presenta 1 sola molecola di RNA, in alcuni ribovirus di > dimensioni l'RNA è frammentato in un numero costante di segmenti


- La porzione proteica costituisce la parte + cospicua del virione (formare fino al 90%).

È rappresentata dalle proteine del capside e per i virus che ne sono provvisti dalle proteine del pepleos. La funzione degli involucri del genoma è quella di:

1° ) proteggere il genoma nell'ambiente extracell

2° ) consentire la penetrazione del virus nella cellula.

Le proteine strutturali del virione sono codificate dal genoma virale, ma dato che il numero di proteine codificabili dal genoma è modesto (inoltre solo una parte è rappresentata dalle proteine strutturali), essa deve essere costituita dalla ripetizione di un numero variabile (cmq basso) di catene polipeptidiche.


- La componente lipidica, presente esclusivamente nei virus che possiedono un involucro lipoproteico esterno al nucleo-capside (peplos), può essere anche molto cospicuo ed arrivare al 35% (in alcuni Retrovirus).


STRUTTURA

Si è potuta osservare grazie a studi di diffrazione a raggi X e indagini al ME.

Il capside virale è composto da un notevole numero di catene polipeptidiche disposte in modo simmetrico. Le diverse subunità proteiche sono tenute insieme da legami nn covalenti. Poiché una catena polipeptidica è una molecola asimmetrica, esistono 2 sole modalità di disposizione possibili da formare un involucro completo intorno all'acido nucleico.

simmetria elicoidale → (in genere RNA) le varie unità polipeptidiche disposte intorno ad un asse ideale in modo da formare un contenitore al cui interno c'è uno spazio virtuale elicoidale in cui è contenuto l'acido nucleico. Le diverse unità morfologiche (capsomeri) corrispondono ai singoli polipeptidi. I virus animali con capside elicoidale sono sempre provvisti di involucro lipoproteico e il nucleo-capside si trova raggomitolato.

capsidi isometrici → con la struttura e la simmetria di un icosaedro. Le catene polipeptidiche assumono una disposizione in gruppi, ognuno dei quali forma una struttura morfologicamente evidente o (capsomero Ogni capsomero che occupa un vertice dell'icosaedro è formato da 5 subunità dando origine a una struttura con profilo pentagonale (pentone); mentre ogni altro capsomero disposto in un'altra zona dell'icosaedro è formato da 6 catene polipeptidiche che hanno un profilo esagonale (esoni). Nel caso di virus con capside isometrico solo alcuni sono provvisti di peplos.

Eccezione :

Adenovirus → hanno capside isometrico, sprovvisti di peplos. Ogni pentone (cioè ogni capsomero disposto ai vertici dell'icosaedro) si prolunga in una struttura fibrosa (fibra) evidente al ME.

Batteriofagi (virus parassiti dei batteri) → il virione può organizzarsi secondo 6 diversi tipi morfologici, il + complesso è costituito da una porzione dal profilo esagonale (contenitore isometrico) nel quale è racchiuso l'acido nucleico e si dà il nome di testa; questa porzione si collega attraverso uno dei vertici con un'appendice tubulare, coda, la quale ha una porzione centrale formata da una struttura tubulare rigida intorno alla quale si trova un sistema contrattile (manicotto di subunità proteiche). Questo è collegato nella zona prossimale alla testa del fago da un collare e termina nella zona distale con una piastra basale.


CARATTERI ANTIGENI

Data la grossa porzione proteica, i virus sono ottimi antigeni. Il capside e l'involucro lipoproteico sono xciò gli antigeni dei virus. Nei virus provvisti di peplos, gli antigeni del nucle-capside (NP) sono accessibili agli anticorpi solo dopo rottura del peplos. Inoltre nei virus con peplos l'antigene NP è comune a numerosi virus dello stesso gruppo mentre i singoli virus si differenziano x gli antigeni virus-specifici prensenti nel peplos.


ENZIMI VIRUS SPECIFICI

I virus sono sprovvisti di enzimi deputati alla produzione di energia e interessati alle vie metaboliche. Cmq 2 esempi di enzimi associati con particelle virali:

l'enzima lisosomiale -> presente in alcuni batteriofagi

la neuraminidasi -> presente negli orthomyxovirus e paramixovirus che intervenga nel favorire la penetrazione del virus nelle cell sensibili

Molti altri virus possiedono tra le proteine presenti nel virione o codificate durante il ciclo replicativo, alcuni enzimi specifici che sono legati ai processi di trascrizione del genoma virale (nei ribovirus a genoma negativo) o alla retrotrascrizione dell'RNA nel genoma virale nel DNA provirale (nei ribovirus).


DIMENSIONI

Le dimensioni nei deossiribovirus dai 18-26 nm dei parvovirus fino a 170-260 x 300-450 nm dei poxvirus (al limite di visibilità del MO). Nei ribovirus si va dai 28-30 nm dei picornavirus fino a > 300 nm nei paramyxovirus. Con l'eccezione dei poxvirus i virus sono talmente piccoli da nn poter essere evidenziati al MO e da poter attraversare buona parte dei filtri sterili.


SENSIBILITA' AD AGENTI CHIIMICI E FISICI

- Al di fuori della cell i virus sono altamente tremolabili e in pochi minuti di esposizione a una temperatura di C le proteine del capside vengono irreversibilmente denaturate e il virus xde la capacità di infettare.

I virus devo xciò essere conservati a temperature basse (-70°C -80°C). I virus con peplos sono molto + labili e vengono inattivati sa un solo ciclo di scongelamento e congelamento.

- I virus sono sensibili alle radiazioni ionizzanti

- I virus con involucro lipoproteico sono inattivati dal trattamento con tensioattivi o con solventi dei lipidi.

- Tutti i virus sono inattivati anche dai disinfettanti che agiscono denaturando le proteine (alcoli, fenoli).


CLASSIFICAZIONE DEI VIRUS


I virus sono suddivisi a seconda dell'ospite parassistato in:

virus del batteri o batteriofagi

virus dei vegetali

virus degli animali → suddivisi a loro volta in: - virus degli artropodi ;

- virus dei vertebrati ;

Nell'ambito dei gruppi i diversi virus sono classificati in:

  • famiglie, suffisso -viridae
  • sottofamiglie, suffisso -virinae
  • generi, suffisso -virus

Le diverse famiglie sono distinte a seconda del tipo di acido nucleico:

    • Deossiribovirus genoma DNA
    • Ribovirus genoma RNA

Nell'ambito dei Deossibirovirus il genoma è formato da singola molecola di acido nucleico e le famiglie sono distinte in base alla presenza o meno di pepleos e alla struttura del genoma:

molecola di DNA bicatenario lineare

molecola di DNA bicatenario circolare → Papovavirdae

molecola di DNA monocatenario lineare → (1 sola catena polinucleotidica) Parvoviridae

molecola di DNA circolare e parzialmente bicatenaria → Hepadnaviridae


Nell'ambito dei Ribovirus, le famiglie sono differenziate oltre che x la presenza o meno di peplos, anche x la struttura del genoma:

1 sola molecola linerare di RNA monocatenaria

distinte (da 2 a 12) molecole di RNA rappresentano dei minicromosomi (genoma segmentato)

RNA bicatenario -> famiglia Reoviridae (è anche segmentato)

- genoma diploide -> 2 identiche molecole di RNA lineare monocatenario, nei Retroviridae

molecole di RNA monocatenario forma circolare -> Arenaviridae



DEOSSIBIBOVIRUS

POXVIRIDAE

  • virus di > dimensioni  300-450 x 170-260 nm
  • Forma: ovoidale
  • complesso rivestimento formato da strutture ricche di lipidi ad aspetto tubulare ed una struttura interna composta da un core centrale contenente il DNA e 2 corpi laterali.
  • Genoma -> molecola di DNA bicatenario e lineare
  • centinaio di proteine strutturali  (quindi numerosi antigeni)
  • numerosi enzimi nel virione (poli-A polimerasi, DNA topoisomerasi I, RNA.metil-trasferasi; una trascriptasi necessaria alla sintesi degli mRNA precoci del ciclo replicativo.
  • Liberazione dei virioni neoformati avviene con lisi della cell infetta
  • L'uomo unico ospite del virus del vaiolo (genere Orthomyxovirus) eradicato dal pianeta.
  • Virus del mollusco contagiosi (genere Molluscipoxvirus) l'unico poxvirus oggi presente nell'uomo. L'infezione si accompagna alla comparsa di lesioni cutanee nodulari o pustole.

HERPESVIRIDAE

  • Dimensioni 150-200 nm
  • Forma: rotondeggiate
  • Formato da: - peplos; - tegumento ( spazio compreso tra la faccia interna del peplos e la periferia del nucleo-capside, è occupata da proteine virus specifiche "matrice" le quali formano un ulteriore involucro); - capside icosaedrico; - nucleoide formato da una sorta di rocchetto proteico intorno al quale è avvolto il DNA.
  • Genoma : molecola di DNA bicatenario e lineare. Sono presenti corte sequenze di basi che si ripetono nello stesso ordine ad 1 o a tutti e 2 gli estremi della molecola (possono favorire la circolarizzazione del genoma subito dopo il suo rilascio dal capside).
  • Presenti 30 proteine strutturali (un certo numero di proteine del peplos sono glicosilate). In alcuni casi nelle proteine del pleplos sono prensenti proteine con i caratteri di recettori x i frammenti Fc delle Ig.
  • Gli Herpesvirus comprendono 3 sottofamiglie:

I ) Alfaherpesvirus → ampio spettro d'ospite, effetto citopatico e produzione di

inclusioni nucleari; Herpesvirus simplex 1 e 2 ; Virus

della Varicella-Zoster.

II ) Betaherpesvirus → spettro d'ospite specie-specifici; si replicano in vitro in colture di fibroblasti della specie animale sensibile. Ciclo di replicazione lento. Producono inclusioni nucleari e citoplasmatiche. Citomegalovirus umano ; Herpesvirus umano 6 e 7

III ) Gammaherpesvirus → spettro d'ospite ristretto e si replicano esclusiv in

cellule linfoidi.Virus di Epstein-Barr Herpesvirus

umano 8

  • Gli Herpesvirus superata la fase acuta di infezione, tendono a instaurare un'infezione latente che dura x tutta la vita del paziente infetto con possibili  riesarcebazioni periodiche.
  • Alcuni sono dotati di potere oncogeno.

ADENOVIRIDAE

  • Dimensioni : 70-90 nm
  • Non hanno peplos, capside icosaedrico. I capsomeri disposti ai vertici (pentoni) presentano proiezioni filamentose rigide (fibre) in cui risiedono i principali antigeni tipo-specifici; gli esoni sono la sede degli antigeni comuni.
  • Genoma : molecola di DNA bicatenario e linere
  • Virioni hanno 10 proteine strutturali
  • L'assemblaggio dei virioni avviene nel nucleo con formazione di ammassi cristallini e la liberazione avviene attraverso la lisi della cellula.
  • La > parte sono specie-specifici. Diversi tipi sierologici e gli adenovirus umani indicati con lettera h (human). Gli adenovirus umani (h1-h47) sostengono una patologia varia a localizzazione respiratoria o enterica.
  • Alcuni sierotipi sono oncogeni.

PAPILLOMAVIRIDAE e POLYOMAVIRIDAE

  • Genoma : formato da 1 molecola di DNA bicatenario a struttura circolare
  • Virioni a simmetria icosaedrica, privi di pepleos
  • La replicazione ha luogo nel nucleo della cell e il virus si libera con lisi della cell
  • Classificati in 2 distinte famiglie (papillomaviridae e polyomaviridae) ciascuna con un unico genere: - Papillomavirus→ . dimensioni : 55nm

. Genoma: può codificare 10 proteine e 2 sono strutturali

. specie-specifici, difficile la replic in vitro

. 70 diversi tipi classificati in base all'analisi del DNA,

responsabili di verie manifestazioni tumorali benigne ->

conditomi, verruche, papillomi, sulla cute e sulle

mucose); alcuni tipi sono correlati a neoplasie maligne ->

caricama dell'apparato genitale femminile.

- Polyomavirus → . Dimensioni: 45 nm

. Genoma : codificare 8 proteine, 3 sono prot strutturali

. correlati alla leucoencefalopatia multifocale

progressiva (virus JC) e ad infezioni renali o respiratorie

(virus BK).


HEPADNAVIRIDAE

  • Virus epatici a DNA (comprendono il vurus dell'epatite B umana)

Dimensioni : 42 nm + involucro lipidico 18nm

  • Nell'involucro lipidico presenti proteine virus specifiche che contengono gli antigeni (Ag) di superficie (s) del virus HB (HBsAg). Nelle proteine del nucleo-capside presenti gli antigeni del core (HbcAg). Le proteine strutturali rappresentate da 2 proteine che formano l' HBsAg e da 1 proteina che forma l'HbcAg.
  • Genoma: molecola di DNA circolare solo parzialmente bicatenaria che nel virione maturo (extracell) è caratterizzato dall'assenza di un tratto di una delle catene nucleotidiche.
  • Virus ha uno spiccato tropismo x gli epatociti
  • Il meccanismo di replicazione richiede un intermedio replicativo formato da RNA e la sua successiva trascrizione inversa in DNA (simile ai Retrovirus).
  • L'infezione da Hepadnavirus è associata alla comparsa di tumori primitivi del fegato.

PARVOVIRIDAE

  • Dimensioni : 18-26 nm sono i + piccoli tra i desossiribovirus.
  • Privo di pleplos, capside a simmetria icosaedrica contiene a 2 a 4 tipi di proteine strutturali.
  • 2 sottofamiglie: a quella dei Parvovorinae appartengono i parvovirus che infettano i vertebrati. Questa sottofamiglia è divisa in 3 generi: 1) Parvovirus -> virus animali; 2) Erythrovirus -> comprende il virus umano B19; 3) Dependo-virus -> virus adenoassociati.
  • Genoma : singola cellula di DNA monocatenario e lineare. Le estremità sono sequenze nucleotidiche ripetute e invertite, in grado di ripiegarsi su se stesse in una conformazione a forcina.n
  • La replicazione: avviene nel nucleo, la liberazione si esegue con lisi della cellula infetta.
  • La > parte dei parvovirus sono virus autonomi, capaci di portare a termine autonomamente il loro ciclo replicativo; i Dependovirus x completare il ciclo replicativo deve essere presente una coinfezione da edenovirus o herpesvirus.
  • La > parte è specie-specifica; fra gli Erythrovirus il parvovirus B19 infetta l'uomo e ha rilevanza patologica.

RIBOVIRUS

PARAMYXOVIRIDAE

  • Dimensioni: 150-300 nm
  • Forma: virioni pleomorfi, forma sferica
  • Peplos, all'interno del quale è raggomitolato il nucleocapside elicoidale.
  • Genoma: una molecola di RNA monocatenario e lineare, di polarità negativa
  • 6-10 proteine strutturali, i virus contengono tutti 1 "trascrittasi" virus-specifica necessaria alla trascrizione del genoma nell'RNA messaggero.
  • 2 sottofamiglie: 1) Paramyxovirinae a cui appartengono :

- virus della parotite;

- i 4 tipi di virus parainfluenzale;

- virus del morbillo;

2) Pneumovirinae a cui appartiene: il virus del respiro-sinciziale


ORTHOMIXOVIRIDAE

  • Dimensione: 90-120 nm
  • Forma : pleomorfo, spesso tondeggiante
  • Peplos, racchiude un capside elicoidale. Il peplos rappresenta 2 serie di peplomeri (formati da glicoproteine) in cui sono localizzate le proprietà: 1°) emoagglutinante e fumogena, 2°) neuraminidasica.
  • Genoma: 7 (influenza C) o 8 (i influenza A e B) segmenti di RNA monocatenario, lineare, di senso negativo.
  • Da 7 a 9 proteine strutturali + una RNA-polimerari RNA-dipendente
  • La famiglia degli Orthomyxoviridae è divisa in 4 generi:

I ) Influenza A

II) Influenza B infettano l'uomo

III) Influenza C

IV) Togothovirus: appartengono i virus Togotho e Dhori (trasmessi da zecche)


RHABDOVIRIDAE

  • Dimensione: 70-85 nm di larghezza, 130-380 nm di lunghezza
  • Forma : virione allungato, forma a proiettile
  • Presenta : un involucro lipidico con larghi peplomeri, all'interno il nucleocapside elicoidale è avvolto a spirale a formare una struttura cilindrica
  • Genoma: una molecola di RNA monocatenario, lineare, di senso negativo
  • 4-5 proteine principali, + una RNA-polimerari RNA-dipendente
  • Replicazione: citoplasmatica e la liberazione dei nuovi virioni avviene x gemmazione.
  • Interesse medico: il genere Lyssavirus -> cui appartiene il virus della Rabbia.

FILOVIRIDAE

  • Dimensioni: 80 nm di diametro; fino a 14000 nm di lunghezza
  • Forma: allungata, filamentosa, ripiegati a forma di "6", di "U".
  • Peplos con larghi peplomeri, che circonda un nucleocapside elicoidale rigido.
  • Genoma : una molecola di RNA monocatenario, lineare, di senso negativo.
  • 7 proteine strutturali principali + una RNA-polimerari RNA-dipendente
  • Replicazione: nel citoplasma e i virioni si liberano x gemmazione.
  • Comprendono i virus Marburg e Ebola, isolati dall'uomo in alcuni episodi di "febbri emorragiche".



ARENAVIRIDAE

Dimensioni: 50-300 nm

Forma: tondeggiante

Peplos con evidenti peplomeri che racchiudono 2 nucleocapsidi elicoidali e di forma circolare (uno + grande e uno + piccolo) in cui sono contenute le 2 molecole di RNA monocatenario, di senso negativo e circolari

3 principali proteine strutturali: 1 forma i 2 capsidi e 1 (glicosilata) forma i peplomeri dell'involucro esterno. Nel virione è presente una una RNA-polimerari RNA-dipendente.

All'interno del virione sono presenti alcuni ribosomi, che sono passivamente inglobati durante il processo morfogenetico e nn hanno funzionalità.

Replicazione: nel citoplasma e si liberano x gemmazione

Sono parassiti dei roditori, la trasmissione all'uomo, zoonosi è legata a particolari situazioni ecologico-ambientali ed è seguita da gravi manifestazioni morbose: febbri-emorragiche, corio-meningite linfocitaria.


BUNYAVIRIDAE

  • Dimensioni: 90-120 nm
  • Forma: circolare
  • Peplos provvisto di fini peplomeri che racchiudono all'interno 3 nucleocapsidi elicoidali a struttura circolare e di dimensioni diverse (uno grande, uno medio, uno piccolo), che racchiudono le 3 molecole di RNA, monocatenario, di senso negativo ed a struttura circolare.
  • 4 proteine strutturali, una RNA-polimerari RNA-dipendente
  • Replicazione: nel citoplasma , l'assemblaggio dei virioni avviene x gemmazione attraverso le membrane lisce dell'apparato del Golgi.
  • Genere Hantavirus -> responsabile di una febbre emorragica con complicazioni renali.

REOVIRIDAE

  • Dimensioni: 60-80nm
  • Forma: sprovvisto di peplos, presenta 2 involucri causidici, entrambi con simmetria icosaedrica
  • Genoma: formato da RNA bicatenario, presente in forma di 10 (genere Reovirus), 11 (genere Rotavirus), 12 (genere virus della febbre da zecche del Colorado) segmenti separati.
  • 10-12 proteine strutturali + una RNA-polimerari RNA-dipendente
  • Replicazione: è citoplasmatica, con formazione di inclusioni in cui i virus neoformati sono spesso disposti in ammassi regolari (cristallini).

RETROVIRUS

  • Dimensioni: 80-130nm
  • Forma : quasi sferica
  • Peplos con peplomeri evidenti che racchiudono un capside e un nucleo-capsidecon organizzazione elicoidale.
  • Genoma: diploide, xchè formato da 2 molecole di RNA monocatenario, di senso positivo.
  • 7-8 proteine strutturali; le proteine del peplos contengono antigeni specie specifici mentre le proteine intere hanno antigeni di gruppo. Nell'enzima è presente una "trascrittasi inversa" o una DNA-polimerari RNA-dipendente essenziale x il ciclo replicativo del virus.
  • Replicazione: sequenza di eventi caratteristici -> 1) trascrizione inversa di ciascuna molecola di RNA del virus in una molecola di DNA bicatenario che si integra nel genoma della cell infettata; 2) da questo viene poi trascritto l'RNA messaggero virus specifico sia i genomi x la nuova progenie virale. L'assemblaggio avviene nel citoplasma contemporaneamente all'acquisizione del peplos mediante gemmazione attraverso la membrana cellulare.
  • I retrovirus sono divisi in 7 generi:

retrovirus di tipo B

retrovirus di tipo C                              comprendono virus oncogeni

retrovirus di tipo D  

retrovirus del gruppo HTLV

lentivirus e spumavirus


CORONAVIRIDAE

  • Dimensioni: 80-160nm
  • Forma: virione pleomorfo, forma rotondeggiante
  • Peplos con peplomeri ben evidenti di forma tozza e grossa che formano una "corona" intorno al virione, che racchiude un nucleocapside elicoidale.
  • Genoma: molecola di RNA monocatenario, di senso positivo, infettante.
  • 3 proteine strutturali (2 glicosilate che formano i peplomeri).
  • Replicazione: nel citoplasma, gemmazione attraverso membrane intracitoplasmatiche.
  • 2 Coronavirus (229-E e OC43) sono associati a manifestazioni delle vie respiratorie dell'uomo (raffreddore comune, faringite, polmonite). Un coronavirus è stato identificato come agente eziologico della SARS

TOGAVIRIDAE

  • Dimensioni : 60-70 nm
  • Forma: rotondeggiante
  • Peplos con fini peplomeri che racchiude un capside a simmetria icosaedrica.
  • Genoma: una molecola di RNA, monocatenario, di senso positivo, infettante.
  • 3-4 proteine strutturali (1-2 glicosilate)
  • Replicazione: nel citoplasma, liberazione x gemmazione attraverso la membrana cellulare.
  • Il genere Alphavirus, comprende numerosi virus trasmessi da artropodi (zanzare); il genere Rubivirus cui appartiene il virus della Rosolia.

FLAVIVIRIDAE

  • Dimensioni: 40-50 nm
  • Forma: rotondeggiante
  • Peplos con peplomeri sottili, che racchiude un capside sferico.
  • Genoma: una molecola di RNA monocatenario, di senso positivo, infettante.
  • 3 proteine strutturali (1 glicosilata)
  • Replicazione: nel citoplasma, dove il virus acquista il peplos gemmando attraverso alcune membrane cellulari.
  • Molti flavovirus sono trasmessi da artropodi (zanzare, zecche). Virus della febbre gialla; virus dellepatite C.

CALICIVIRIDAE

  • Dimensioni: 35-40nm
  • Forma: a calice, Sprovvisti di peplos , capside icosaedrico
  • Genoma: una molecola di RNA monocatenario, a senso positivo, infettante,
  • 1 proteina strutturale (forma il 98% delle subunità proteiche del capside)
  • Replicazione: nel citoplasma, lisi della cell
  • Alcuni calicivirus sono implicati in manifestazioni gastro-enteriche umane con sintomatologia diarroica o con vomito incoercibile. Virus dell'epatite E .

ASTROVIRIDAE

  • Dimensioni: 28-30 nm
  • Forma: sprovvisti di peplos, con capside icosaedrico
  • Genoma: una molecola di RNA con polarità positiva
  • 2-3 proteine strutturali
  • Replicazione: nel citoplasma, sono frequenti ammassi cristallini di virioni neoformati
  • Gli Astrovirus umani comprendono 5 diversi tipi antigeni e sono implicati in manifestazioni diarroiche.

PICORNAVIRIDAE

  • Dimensioni: 28-30 nm sono i + piccoli tra i ribovirus
  • Forma: sprovvisti di peplos, con capside isometrico
  • Genoma: una molecola di RNA, monocatenario, di senso positivo, infettante.
  • 4proteine strutturali
  • Replicazione: nel citoplasma, lisi della cell
  • I Picornavirus sono specie-specifici e comprendono il genere Enterovirus, circa 70 tipi antigeni interessano esclusivamente l'uomo:

- poliovirus 1,2,3

- coxsackievirus A1-A22, A24, B1-B6

- echovirus 1-9, 11-27, 29-34

- enterovirus umani 68-71

il genere Rhinovirus oltre 100 tipi antigeni sono in grado di provocare manifestazioni

morbose delle prime vie aeree (raffreddore comune)

i generi Aphtovirus (virus dell'afta epizoica)

il virus dell'epatite A


VIRUS NON CLASSIFICATI

Virus delta si trovano spesso associati al virus dell'epatite B, ha caratteri che lo avvicinano agli RNA-satelliti presenti nel regno vegetale (piccole molecole di RNA monocatenario, a struttura circolare; nella molecola sono presenti sequenze palindromiche che consentono la formazione di tratti di RNA bicatenario, quando la circolarità della molecola venga interrotta e la molecola si ripieghi su se stessa )

Prioni dotati di potere infettante, responsabili di una serie di encefalopatie spongiformi degli animali ( e dell'uomo). Sono formati da proteine in grado di riprodursi e completamente privi di acidi nucleici.



MOLTIPLICAZIONE DEI VIRUS

I Virioni rappresentano la fase "dormiente", biologicamente inattiva, dei virus ma anche il prodotto terminale eliminato all'esterno della cellula infettata. Le diverse famiglie di virus utilizzano diverse strategie replicative, xchè costrette dalla differente organizzazione del genoma.


- La moltiplicazione dei virus avviene all'interno della cellula infettata:

il virus perde l'unità morfologica che caratterizza il virione nella fase extracellulare;

l'acido nucleico e le proteine strutturali della progenie virale vengono sintetizzate separatamente in un gran numero di copie che si uniscono in virioni maturi al termine del ciclo di replicazione.


- E' necessario che un virus infetti una cellula x potersi replicare. Lo "spettro d'ospite" definisce le varie specie animali che il virus può infettare e nelle quali può moltiplicarsi. Perché la malattia sia clinicamente avvertibile è necessario che l'infezione si trasmetta alle cellule bersaglio; in alcuni casi le cellule sensibili nel punto d'ingresso di infezione e le cellule bersaglio possono coincidere (ex infezioni respiratorie, infezioni erpetiche genitali, gastroenteriti).


- Perché l'infezione virale sia produttiva (completo ciclo replicativo) la cellula infettata sia sensibile e produttiva. Una cellula è permissiva quando offra le condizioni (fattori trascrizionali attivi) necessarie e sufficienti a consentire la completa trascrizione del genoma e la sintesi di tutte le proteine virus-specifiche. Perciò l'infezione virale può tradursi in:

infezione produttiva → la cellula è sensibile e permissiva x la replicazione del virus

infettante, caratterizzata dalla produzione di una progenie virale

infettante.


infezione restrittiva → quando la cellula sensibile presenta condizioni di permissività nn

costanti; in queste condizioni il virus infettante può rimanere a

lungo "inerte" e senza dare alcun segno della sua presenza nelle

cell infette, fino al momento in cui nn si ripristino condizioni di

permissività della cellula (ex l'infezione del parvovirus unamo

B19, che infetta esclusivamente le cell nucleate (precursori) della

serie eritroide, e si replica solo in coincidenza con un'attività

moltiplicativa della cellula ospite.

infezione latente → quando il DNA del virus infettante si integra nel genoma della

cellula infettante (o si mantiene in forma episomica,

circolarizzata) replicandosi ad ogni ciclo cellulare (fenomeno

analogo alla conversione lisogena dei batteri). I virus che

producono infezioni latenti sono: i virus della famiglia degli

Herpesvirus e dei Retrovirus.

infezione abotiva → quando una cellula sensibile non è completamente permissiva per

l'espressione di tutti i geni virali, così l'infezione si esaurisce

nella produzione di alcuni prodotti precoci virus-specifici senza

un ciclo completo di replicazione e senza la produzione della

progenie virale.


Le diverse fasi del ciclo di moltiplicazione virale:

attacco del virione alla superficie della cellula;

penetrazione del virus all'interno della cellula;

esposizione dell'acido nucleico virale

sintesi delle macromolecole virus specifiche;

montaggio dei virioni neoprodotti e liberazione della progenie virale.


ATTACCO DEI VIRUS ALLA CELLULA

Il contatto iniziale tra virus e cellula è il risultato di collisioni casuali. Poiché una collisioni si traduca in un attacco efficiente è necessario che una proteina presente sulla superficie del virione (antirecettore) collida con una struttura complementare (recettore) presente sulla membrana cellulare. Nei virus provvisti di peplos gli antirecettori sono in genere glicoproteine. La sensibilità di una cellula nei confronti di un particolare virus è definita e limitata dalla presenza di idonei recettori. Inoltre cellule sensibili possono essere non permissive (temporaneamente o permanentemente) impedendo il completarsi della normale infezione produttiva. Inoltre i recettori non si trovano alla superficie cellulare al solo scopo di permettere l'ancoraggio al virus, ma hanno altre funzioni; xciò l'antirecettore deve avere una struttura almeno in parte simile a quella del ligando fisiologico. Perciò fra tutti gli anticorpi che si producono nel corso di un'infezione virale nei confronti delle diverse proteine presenti nel virione, gli anticorpi diretti contro l'antirecettore virale sono quelli che risultano provvisti della capacità di neutralizzare la capacità infettante del virus. Può accadere che alcune specie di virus comprendano diversi tipi antigenici di virioni, differenziabili x essere neutralizzabili ad opera di differenti sieri immuni (pur ancorandosi alla cellula in corrispondenza dello stesso recettore).

- Spiegazione fra la presenza di un unico recettore sulla cellula sensibile e l'esistenza di diversi tipi antigenici differenziabili:

1) l'antirecettore virare è situato in una depressione (canyon) della molecola proteica virale, la quale è perfettamente raggiungibile dalla molecola che funziona da recettore sulla cellula ma che è inaccessibile alle molecole anticorpali. Xciò l'attività neutralizzante nn risiede negli anticorpi prodotti contro gli epitopi che coincidono con la zona antirecettoriale ma negli anticorpi che agiscono contro gli epitopi situati al bordo del canyon (bloccano l'accesso x il recettore cellulare).

2) ci sono casi (ex virus influenza) in cui il virus può modificare la sequenza amminoacidica della proteina antirecettoriale in modo da sottrarla all'azione di anticorpi neutralizzanti prodotti in precedenza, senza alterare la possibilità dell'antirecettore di interagire con la stessa molecola recettoriale.

Concludendo: i virus che hanno un ampio spettro di ospite utilizzano come recettore strutture della superficie cellulare ampiamente diffuse; mentre virus con un ristretto tropismo di specie, di tessuto o di organo utilizzano come recettore strutture cellulari assolutamente peculiari.


PENETRAZIONE DEI VIRUS E ESPOSIZIOEN DELL'ACIDO NUCLEICO

Nel processo di penetrazione dei virus nelle cellule animali è necessario un certo grado di intervento attivo della cellula. La penetrazione è possibile solo a temperature ottimali x la cellula. La penetrazione si verifica quasi istantaneamente dopo l'attacco al recettore. Nel caso dei virus privi del peplos , si ha subito dopo il legame con il recettore, e sono traferiti all'interno del citoplasma contenuti in una vescicola endosomica. Il processo di internalizzazione favorisce la disintegrazione del capside e la liberazione del genoma nel citosol.

Nel caso di virus provvisti del peplos la penetrazione può avvenire:

x fusione dell'involucro lipoproteico direttamente con la membrana esterna e immediata liberazione del nucleo-capside nudo all'interno della citosol;

x introduzione in una vescicola endocitica e successiva fusione dell'inviluppo lipoproteico virale con la membrana della vescicola e liberazione del nucleocapside nel citoplasma. La fusione del peplos virale con la membrana citoplasmatica richiede l'intervento di specifiche proteine fusogene presenti nell'inviluppo del virione.


4) SINSTESI DELLE MACROMOLECOLE VIRALI

I virus dipendono dalla cellula x l'approvvigionamento di energia e dei precursori necessari alla sintesi delle macromolecole virali, ma anche x la fornitura di ribosomi e enzimi necessari alla sintesi proteica. Acido nucleico e proteine strutturali sono i solo materiali che devono essere sintetizzati ex novo x garantire la replicazione di qualsiasi virus, dato che i lipidi presenti in alcuni virus sono di origine cellulare e sono acquisiti dal virione durante il processo di formazione del peplos.

Oltre alle proteine strutturali, vengono sintetizzate anche proteine nn strutturali, costituite da enzimi coinvolti nella replicazione dell'acido nucleico virale e spesso da proteine con funzioni regolatrici (inibitorie) sulle sintesi macromolecolari della cellula ospite.

Infezione batteriofagica

Subito dopo l'infezione, ma prima della sintesi del DNA fagico, compaiono una serie di nuovi enzimi "enzimi precoci". Dopo l'inizio della sintesi di DNA, la sintesi degli enzimi iniziali o "precoci" si arresta e inizia la sintesi delle proteine "tardive", cioè le proteine dell'involucro proteico e del lisozima fagico.

Nella replicazione dei virus animali :

le diverse sintesi macromolecolari nn si presentano in una così rigorosa sequenza temporale. Sono "precoci" quelle proteine che vengono sintetizzate dopo l'esposizione dell'acido nucleico virale infettante e sono tradotte da RNA-messaggeri trascritti dal genoma del virus parentale. Le proteine precoci comprendono: a) enzimi necessari alla replicazione dell'acido nucleico virale;

b) le proteine che inibiscono le sintesi macromolecolari delle cell ospite.

Le proteine tardive: sono sintetizzate dopo la replicazione dell'acido nucleico virale e sono tradotte da RNA-messaggeri trascritti dall'acido nucleico virale neoformato. Esse comprendono:

a)     le proteine strutturali della progenie virale;

b)     le proteine con funzioni inibitorie silla sintesi delle macromolecole virus specifiche.



STRATEGIE REPLICATIVE DEI VIRUS

L'evento chiave della replicazione è rappresentato dalla sintesi delle proteine virali ad opera del macchinario proteico-sintetico della cell infettata.

Il virus deve presentate al macchinario proteico 1 o + mRNA che la cellula possa riconoscere come tali e tradurre nelle relative proteine.

nella cell eucariotica, gli mRNA vengono sintetizzati nel nucleo, x trascrizione del DNA ad opera della trascrittasi cellulare (RNA- polimerasi II, DNA dipendente) e dopo adeguata elaborazione sono trasferiti nel citoplasma dove vengono tradotti delle rispettive proteine. Quindi la cell eucariotica è priva degli enzimi in grado di sintetizzare mRNA x trascrizione di una molecola di RNA. Xciò solo i virus il cui genoma: a) sia formato da DNA;

b) sia in grado di raggiungere il nucleo;

c) possieda i necessari segnali x l'attacco dei vari fattori e

dell'enzima (trascrittasi) cellulare sono in grado di

utilizzare il sistema trascrittivi cellulare.

Tutti gli altri virus devo possedere delle trascrittasi virus-specifiche o dei ribovirus a genoma negativo; o presentarsi all'interno della cellula con un genoma già organizzato con un mRNA ( ribovirus a genoma positivo).

il macchinario della cell ospite è predisposto esclusivamente x la traduzione di messaggeri "monocistronici"; da ciò deriva il fatto che alcuni mRNA virali, che trascrivono + di un gene, vengono tradotti in un "poliproteina" che viene poi "tagliata" nelle varie proteine funzionali.


DEOSSIRIBOVIRUS

La sintesi dell'mRNA avviene sempre nel nucleo ad opera della trascrittasi cellulare, il nucleo cellulare è la sede della replicazione del genoma e dell'assemblaggio dei nucleo-capsidi. Fanno eccezione i poxvirus dove l'assemblaggio avviene nel citosol ad opera di una RNApolimerasivirale

genoma formato da 1 molecola di DNA bicatenario e lineare (poxviridae, herpesviridae,

adenoviridae.

genoma formato da 1 molecola di DNA bicatenario e circolare (papovaviridae,

haepadnaviridae).

genoma formato da 1 molecola di DNA monocatenario e lineare (parvoviridae)

1°) Gruppo : herpesviridae, adenoviridae, papovaviridae. Il nucleo-capside viene trasportato lungo il citoscheletro dal sito di ingresso fino in prossimità di un poro della membrana nucleare, dove alcuni fattori provocano la liberazione del DNA all'interno del nucleo. Qui il DNA virale viene trascritto dall'apparato trascittivo della cellula in una serie di mRNA. La trascrizione viene operata su ambedue le catene polinucloetidiche del genoma. Le proteine precoci sono proteine che consentono la replicazione del genoma (DNA-polimerasi virus specifica) o che interferiscono con le sintesi macromolecolari della cellula; le proteine tardive sono le proteine strutturali della progenie virale.


2°) Gruppo : poxvirus. Il genoma è formato da una molecola lineare di DNA bicatenario,i cui estremi sono legati covalentemente, ciò consente una denaturazione in forma circolare monocatenaria. Essi svolgono il processo di trascrizione e di sintesi macromolecolari nel citoplasma e devono possedere una trascrittasi virus-specifica presente nel virione infettante. La trascrizione iniziale del genoma virale avviene all'interno del core con la produzione di proteine precoci che consentano la definitiva esposizione del genoma virale e l'avvio delle successive tappe della replicazione. La duplicazione del genoma virale e la trascrizione dei messaggeri tardivi si produce una seconda serie di sintesi proteiche che comprende enzimi e proteine strutturali che concorrono a formare i virioni. Il ciclo morfologico dei poxvirus si svolge esclusivamente nel citoplasma.

Manca riassunto di pag 535-544

RIBOVIRUS

ribovirus a genoma positivo → genoma formato da una molecola di RNA monocatenario, lineare che ha la stessa polarità dell'mRNA e che funziona da messaggero immediato dopo la penetrazione nella cellula bersaglio. Non è presente alcuna trascrittasi virale. Le sintesi macromolecolari e l'assemblaggio dei nucleocapsidi avvengono nel citoplasma;

retrovirus → genoma diploide formato da 2 identiche molecole di RNA monocatenario e lineare. L'RNA genomico pur di senso positivo nn è in grado di funzionare da messaggero e deve essere trascritto (dalla trascrittasi cellulare e nel nucleo) a partire da un intermedio a DNA, complementare all'RNA genomico, sintetizzato ad opera della trascrittasi inversa presente nel virione. Il montaggio del nucleo-capside ha luogo nel citoplasma.

ribovirus a genoma negativo → il gene è formato da 1 o + molecole di RNA monocatenario e lineare. La trascrizione del genoma è necessaria x la formazione di mRNA, avviene nel citoplasma, ad opera di una trascrittasi virale presente nel virione. Nel citoplasma avvengono replicazione del genoma e il montaggio.

reovirus→ unici virus con genoma formato da 10-12 molecole di RNA bicatenario. La trascrizione del genoma è necessaria x la formazione dell'mRNA e avviene nel citoplasma, ad opera di una trascrittasi virale presente nel virione. La replicazione e l'assemblaggio ha luogo nel citoplasma.


MONTAGGIO DEI VIRIONI E LIBERAZIONE DELLA PROGENIE

Una volta che siano prodotte un numero sufficiente di copie del genoma virale e delle differenti proteine strutturali, ha inizio il processo di montaggio dei nuovi virioni. Intervengono sia proteine strutturali che alcune con attività enzimatica. Nel caso:

.virus con capside isometrico, l'assemblaggio del capside in una struttura morfologicamente evidente precede l'ingresso del genoma virale nell'involucro proteico (procapside) che viene completato successivamente. Si possono osservare capsidi vuoti.

Quando i virus con capside isometrico sono sprovvisti di peplos, i virioni neoformati si accumulano nella sede di assemblaggio, formando ammassi cospicui che assumono un aspetto di formazioni cristalline. In questi casi la liberazione del virus nell'ambiente esterno avviene con la morte e la lisi della cellula infettata. Nel caso in cui i virus sono provvisti di peplos: il montaggio definitivo richiede l'intervento di una membrana cellulare, ciò è contemporaneo alla fuoriuscita del virione dalla cellula infettata. 1 o 2 proteine virali (glicosilate) si inseriscono in una zona della membrana periferica, dislocando alla periferia le proteine cellulari e rimanendo ancorate ad un'altra proteina virale che attraversa la membrana. Il nucleo capside virale, migra in prossimità di questa zona di membrana e si ancora direttamente o tramite la proteina M (matrice) dei virus con capside a simmetria elicoidale alla porzione citoplasmatica della proteina trasmembrana e viene avviluppato dalla membrana, liberandosi attraverso un processo di gemmazione. I virus provvisti di peplos, il danno cellulare è meno drammatico.


DURATA DEL CICLO REPLICATIVO

Ossia il tempo che intercorre tra l'infezione di una cellula e la comparsa della progenie virale matura, è estremamente variabile nei diversi gruppi di virus. Nel caso dei parvovirus, il ciclo replicativo può variare a seconda della fase del ciclo cellulare in cui si trova la cellula al momento dell'infezione. Ex nella famiglia Herpesviridae il ciclo replicativo può variare dalle 18-20 ore delgi alfaherpesvirus ai 3-4 giorni dei betaherpesvirus.

Perciò la durata del ciclo replicativo è proporzionale alla complessità e alle dimensioni del genoma ed oscilla da poche ore (6-7)nei picornavirus a 24 ore o + nei virus di > dimensioni.


ANTIGENI VIRUS-SPECIFICI

Le proteine virus-specifiche sono provviste di determinanti antigeni peculiari e funzionano come antigeni nell'organismo infetto, stimolandone la reazione immunitaria. Essi sono riconoscibili come antigeni all'interno delle cellule infette e rappresentano uno strumento diagnostico x accertare la presenza di un'infezione virale. Nel corso di un'infezione virale, antigeni virus-specifici sono identificabili in tutti i compartimenti cellulari in cui avvenga la sintesi o l'accumulo di proteine virsu-specifiche. Si possono distinguere:

antigeni nn strutturali -> presenti nella cellula nelle fasi precoci del ciclo di

moltiplicazione virale;

antigeni strutturali      -> la cui presenza è un evento tardivo.


BATTERIOFAGI

Sono parassiti dei batteri.

Sono costituiti da proteine e acido nucleico: nella > parte dei casi a DNA BC, talvolta DNA MC o RNA MC.



Presentano basi anomale: 5-idrossimetilcitosina al posto della citosina e 5-idrossimetiluracile al posto della timina.

Struttura: 6 tipi morfologici ->

tipi A,B,C, -> simmetria binaria con testa poliedrica e coda lunga con guaina contrattile (A); coda lunga senza guaina (B), coda corta (C); Il tipo A è quello + complesso: testa poliedrica, collare con 6 sottili propaggini, una formazione tubulare cava avvolta da una guaina contrattile, una piastra esagonale con spine ad ogni angolo connessa con 6 lunghe fibre (organi di attacco x i recettori della parete batterica),

tipi D,E > sono a simmetria icosaedrica; il tipo (D) è di grandi dimensioni, mentre (E) è di piccole.

Tipo F -> appartengono i fagi filamentosi.

Infezione della cellula batterica

Adsorbimento e penetrazione → l'adsorbimento avviene x attacco specifico ai siti recettoriali del batterio. Alcuni fagi si adsorbono solo se nel terreno è presente L-triptofano. Nei batteri Gram - i recettori si trovano nella membrana esterna della parete cellulare. Il batteriofago T4 con fibre caudali si lega a recettori LPS, con il ripiegamento delle fibre la piastra basale si abbassa e viene a contatto con la superficie batterica e l'adsorbimento è irreversibile. La guaina si contrae, la coda penetra parzialmente e il DNA viene rilasciato nel citoplasma.

Modificazioni metaboliche cellulari →anche i virus batterici devono far sì che i meccanismi biosintetici cellulari siano interrotti, fanno eccezione i fagi filamentosi con DNA MC che venfogo replicati senza influenzare la crescita batterica. In molti casi si ha la degradazione degli mRNA virali, la sintesi si DNA, RNA, proteine cellulari cessa.

Replicazione virale → la replicazione degli acidi nucleici nei batteriofagi varia a seconda della loro natura: DNA o RNA, BC o MC. Un ex classico di replicazione di fago a DNA BC è data dal fago T4, ospite di E.Coli il cui genoma è costituito da una lunga catena di DNA. Nel DNA virale possono essere presenti diversi siti di origine, ciò porta alla formazione di numerose copie di DNA che poi vengono tagliate da una endonucleasi x dare origine a segmenti di DNA fagico. X la trascrizione degli mRNA i batteriofagi utilizzano a volte polimerasi batteriche, modificate da proteine virali precoci.

Lisogenia → quando un batterio viene infettato da un fago si possono avere 2 eventi:

1°) le particelle del virus si replicano, lisano la cellula batterica e

fuoriescono;

2°) dopo la penetrazione il genoma si circolarizza e con un meccanismo

di crossing-over si intergra in 1 o + siti specifici del cromosoma

batterico. I batteriofagi che oltre ad avere un normale ciclo litico

con produzione di nuovi virioni, si integrano nel DNA cellulare in

uno stato di "profago" si definiscono "temperati",mentre i batteri

che li contengono sono detti "lisogeni" e il fenomeno "lisogenia". I

fagi che possono produrre solamente un ciclo litico sono detti

"virulenti". Il passaggio dallo stato di profago a quello litico è

regolato dal genoma virale attraverso una produzione di repressori

della replicazione del DNA fagico e la loro inattivazione.

5) Trasduzione → i batteriofagi posson trasferire alcuni geni da un batterio ad un altro. Ciò può avvenire in seguito a:

un ciclo litico (trasduzione generalizzata) x incorporazione nel capside fagico di un frammento di DNA batterico;

un ciclo lisogeno (trasduzione specializzata) quando il profago distaccandosi dal cromosoma batterico mediante un crossover sbagliato, assume un segmento di DNA delle cellula ospite.

6) Converisione fagica → alcuni batteri assumono nuovi caratteri fenotipici quando vengono lisogenizzati. Questi sono dovuti a geni magici che nn risentono della regolazione repressiva. Ex produzione di tossina da parte di alcuni batteri Corynebacterium diphtheriae, Clostridium botulinum, Streptococcus pyogenes.


GENETICA DEI VIRUS

MUTAZIONI VIRALI

Le mutazioni nel genoma di un virus si verificano durante il processo di sintesi del nuovo genoma.

I virus con genoma formato da DNA sono stabilii dato che il processo semiconservativo di duplicazione del DNA censente di contenere gli errori in limiti molto bassi.

I virus con genoma a RNA, presentano una > frequenza di mutazioni. Ciò impone una rigorosa restrizione dell'ampiezza del genoma, il quale è di dimensioni inferiori rispetto a quello del genoma dei deossiribovirus.


- Una mutazione virale presenta un'unica mutazione, cioè un'unica proteina mutata. Cmq una mutazione che si fifletta in modificazioni strutturali di una sola proteina, si traduce nella comparsa di + variazioni fenotipiche nel mutante. Infatti una modificazione di 1 sola proteina del capside o del peplos, può riflettersi in modificazioni delle proprietà antigeniche, delle proprietà emoagglutinanti, della capacità di infettare determinate cellule.


"Pleotropismo" -> mutazione interessante una sola proteina. Alcuni mutanti virali presentano un < potere patogeno (modificazioni nelle proteine strutturali li rendono incapaci di interagire con determinate cell dell'organismo) e possono xciò essere utilizzate come vaccini.

Un ex è il vaccino antipoliomielite : costituito da virus poliomielitici i quali mantengono la capacità di replicarsi a livello della mucosa intestinale ma hanno xso la capacità di interagire con le cellule nervose.


INTERAZIONI GENETICHE E NON GENETICHE

Virioni differenti in qualche proprietà o con danni genetici diversi che si vengono a trovare nella stessa cellula possono interagire in 2 diversi modi:

interazioni genetiche → coinvolgono i rispettivi geni;

interazioni nn genetiche → coinvolgono i loro prodotti terminali (proteine).


INTERAZIONI GENETICHE

ricombinazione → quando si verifica lo scambio di segmenti di acido nucleico fra il genoma di 2 virus entrambi attivi (della stessa specie) differenti in alcuni caratteri fenotipici, con la produzione di una progenie (ibrida) che possiede i caratteri fenotipici dei 2 virus parentali.

La ricombinazione dei virus con genoma a DNA avviene x rottura e ricombinazione di catene polinucleortidiche neosintetizzate;

La ricombinazione nei virus con genoma a RNA avviene durante la replicazione x un "salto" dell'enzima replicativo, con il trascinamento di parte della catena polinucleotidica neosintetizzata, sul template costituito dall'altro genoma virale ->risultato sintesi di un filamento polinucleotidico "ibrido".

2. riassortimento → è possibile solo nel caso di virus a genoma segmentato; consiste nello

scambio di segmenti di genoma fra virus della stessa specie, diversi x qualche carattere. Un

fenomeno di questo tipo è alla base della variabilità antigenica nei virus influenzali.


INTERAZIONI NON GENETICHE

mescolamenton fenotipico → quando il genoma di un virus viene incorporato nel capisede di un altro virus della stessa specie, ma con caratteristiche antigeniche diverse, infettante contemporaneamente la stessa cellula. Questi virus prodotti x mescolamento presentano i caratteri fenotipici del virus fornitore del capside solo temporaneamente, poiché alla prima generazione produrranno una progenie con i caratteri di superficie codificati dal genoma.

interferenza → quando la presenza di un virus in una cellula impedisce la moltiplicazione di un virus superinfettante.

complementazione →quando in una infezione virale doppia, la moltiplicazione di un virus è resa possibile dalla utilizzazione di 1 o + (proteine) del genoma di un virus confettante.



COLTIVAZIONE E TITOLAZIONE DEI VIRUS


Dato che i virus sono parassiti obbligati intracellulari, x poter ottenere la moltiplicazione in laboratorio è necessario disporre di cellule viventi (animali da laboratorio, embrioni di pollo e colture di cellule) sensibili e permissive da utilizzare come supporto della moltiplicazione virale.


COLTURE DI CELLULE

Il tipo di colture cellulari + usato in virologia è ottenuto mediante la coltivazione di singole cellule ricavate mediante la dissociazione dei tessuto di origine attraverso il trattamento con enzimi proteolitici.

Le cellule vengono coltivate in contenitori di vetro o plastica dove crescono aderendo alla parete che costituisce il fondo del recipiente e sulla quale si moltiplicano fino a coprirla completamente con un monostrato cellulare.

I terreni di coltura sono molto diversi nei singoli componenti a seconda dei tipi di cellule che si desidera coltivare, cmq tutti sono costituiti da:

. soluzione isotonica pH 7,4

. glucosio, aminoacidi, vitamine e coezimi

. siero animale (siero fetale di vitello 10%)

- "Colture primarie" -> colture cellulari preparate a partire da un organo animale. Sono formate da diversi tipi di cellule con le stesse caratteristiche di quelle presenti nell'organismo originale e sono in grado di consentire la moltiplicazione di numerosi virus. Le sorgenti + comuni di colture primarie: rene di scimmia (corticale), vari organi (polmone, reni) di feti umani e cellule amniotiche umane.

- " Stipiti cellulari" -> Le cellule di tipo fibroblastico presenti in colture primarie, possono essere mantenute in vitro, mediante passaggi seriali, x lunghi periodi e sono un ottimo substrato x lo studio di numerosi virus animali. Queste colture possiedo una vita finita, la loro capacità moltiplicativa si arresta dopo alcune decine di generazioni. Congelando le cellule (in presenza di glicerolo) a temperature molto basse (-80°C) è possibile superare l'ostacolo della vita finita.

- "Linea cellulare" -> Alcune cellule di origine tumorale divengono capaci di riprodursi illimitatamente in vitro Le cellule sono altamente indifferenziate, poliploidi e aneuploidi. Le linee cellulari sono la sorgente di cellule + comoda, poiché esse possono essere mantenute in laboratorio, in coltura o congelate senza limiti di tempo. Alcune linee cellulari usate nello studio dei virus umani sono denominate con le sigle: HeLa, KB, Hep2 (colture allestite inizialmente da carcinomi umani).


RICONOSCIMENTO DELLA MOLTIPLICAZIONE VIRALE NELLE COLTURE:

- Comparsa di alterazioni cellulari (effetto citopatico o ECP) che si esprimono in fenomeni di necrosi, citofagia, di agglutinazione cellulare, formazione di sincizi e sono apprezzabili all'osservazione MO.

- Altre volte xò la moltiplicazione di virus nn si accompagna a lesioni cellulari morfologicamente apprezzabili, e la presenza del virus è messa in evidenza indirettamente mediante:

a)     la presenza di potere emoagglutinante nel liquido della coltura (x i virus ke possiedono questa capacità);

b)     mediante la ricerca di inclusioni

c)     dimostrando la presenza di antigeni virali nelle cell x mezzo di anticorpi marcati con sostanze fluorescenti

- Impiego di animali da esperimento:

a)     nell'embrione di pollo i virus vengono inoculati attraverso appositi fori praticati nel

guscio, nei liquidi delle cavità allantoidea, cavità amniotica. La moltiplicazione dei virus

si apprezza in seguito alla morte dell'embrione, alla comparsa di potere amoagglutinante

nei liquidi embrionali;

b)     l'unico animale da laboratorio che oggi si impiega x l'isolamento di virus è costituito

dal topino neonato (coxsackievirus , tagavirus). Esso viene inoculato x via intracerebrale,

intraperitoneale e la moltiplicazione virale si appalesa con la comparsa di segni morbosi

(paralisi, rigidità, tremore) o con la morte dell'animale.


TITOLAZIONE DEI VIRUS

Per stabilite la concentrazione o titolo virale (cioè la quantità di virus in un dato materiale), il metodo + usato consiste nella determinazione del titolo infettante del materiale in esame, il quale è direttamente proporzionale al numero di virioni completi in esso presenti.

La titolazione dell'infettività può essere eseguita con :

metodo diretto -> consiste nella numerazione delle placche di citolisi prodotte da una sospensione virale diluita in un monostrato di cellule e può essere paragonata alla conta dei batteri presenti in un materiale, in base al numero di colonie prodotte in piastre di agar-germi. Procedimento: il materiale in esame viene diluito (in serie logaritmica) e le varie diluizioni sono inoculate in piastre contenenti un monostrato di cell. Dopo un tempo sufficiente a consentire la penetrazione del virus nelle cellule (1h a 36°C) il monostrato viene ricoperto con terreno di coltura solidificato con agar. Accadrà che in alcune piastre inoculate con il materiale sufficientemente diluito, saranno presenti inizialmente poche particelle virali iniziali. Ognuno dei virioni presenti nell'inoculum iniziale, infetterà cellule molto distanti fra loro e la progenie virale che si produrrà dalle singole cellule inizialmente infette, nn potendo diffondere inizialmente liberamente nel terreno a causa della viscosità si trasmetterà solo alle cellule contigue, dando luogo a un focolaio localizzato di distruzione (caso virus citolitici) o alla formazione di foci delle cell alterate. Poiché in queste condizioni ogni virione infettante presente nell'inoculo iniziale dà luogo ad un focolaio o ad una placca di citolisi è facile risalire al titolo infettante del materiale di partenza.

Un altro metodi di titolazione diretta: inoculazione sulla superficie esterna della membrana corion-allantoidea dell'embrione di pollo: la quale nn essendo bagnata da alcun liquido embrionale consente la diffusione dell'infezione a partire dalle cellule primitivamente infette, solo x continuità. Ciò è possibile solo x i virus che producono lesioni evidenti sulla membrana (poxvirus, herpesvirus)

metodo indiretto: si inoculano diluizioni progressive del materiale in esame in serie di 4 o 5 colture cellulari, uova embrionali o animali da laboratorio; si aspetta il tempo necessario xchè anche una singola particella virale possa provocare la distruzione della coltura cellulare, la morte o la comparsa di lesioni nell'animale e si stabilisce la diluizione massima del materiale capace di provocare un effetto virus-specifico in almeno 1 degli stipiti impiegati.


EMOAGGLUTINAZIONE

Molti virus sono provvisti di proteine superficiali in grado di legarsi alla membrana di eritrociti di diverse specie animali, formando dei ponti fra i diversi eritrociti e provocandone la agglutinazione. Gli eritrociti agglutinati sedimentano al fondo delle provette in modo irregolare ricoprendo tutta la calotta emisferica del fondo, mentre gli eritrociti nn agglutinati sedimentano regolarmente in un disco compatto al centro del fondo della provetta.


CONTA DEI VIRIONI AL MICROSCOPIO ELETTRONICO

Per scopi particolari può essere utile procedere ad un conteggio diretto di virioni in preparati colorati negativamente e osservati al ME. La sospensione virale viene mescolata con una sospensione a concentrazione nota di particelle submicroscopiche di latex. Con questo metodo, poiché si evidenziano anche i virioni inattivati il titolo virale che si ottiene è + elevato di quello derivabile dai metodi di titolazione sulla base della inattività.

ALTRI METODI -> x la determinazione della quantità di un virus presente in diversi materiali, sia in vivo che in vitro: dosaggio di anticorpi virus-specifici ( reazioni immunoenzimatiche); dosaggio degli acidi nucleici virali (mediante reazione polimerasica a catena P.C.R.).



AZIONE PATOGENA DEI VIRUS


L'azione patogena dei virus, cioè la loro capacità di determinare in vivo malattia, deve essere valutata in relazione a : 1) realizzazione dell'infezione;

2) produzione e estrinsecazione delle lesioni

INFEZIONE

Prevede la :    1. penetrazione del virus nell'ospite

replicazione in organi e tessuti definiti


PENETRAZIONE

- Può essere passiva x immissione diretta -> (ex rabbia, AIDS, epatite B, togavirus,bunyavirus,flavivirus) nel circolo linfo-emopoietico, x via trancutanea tramite morsicature, eventi traumatici, uso di siringhe o aghi infetti, inoculazioni realizzate da artropodi vettori.

- Per superamento delle barriere mucose: x inalazione o ingestione. In questo caso x poter penetrare il virus deve possedere adeguati caratteri di resistenza (virulenza) che gli consentano di sfuggire ad una inattivazione ad opera di fattori di difesa aspecifici presenti in corrispondenza delle mucose (muco, pH acido, sali biliari, enzimi proteolitici).


- L'effettiva penetrazione del virus attraverso le mucose avviene x effetto di una sua replicazione nelle cellule. In alternativa i virus possono interagire con molecole presenti alla superficie delle cellule dendritiche (o cell dotate di proprietà macrofagiche) capaci di legare e di veicolare il virus in numerose zone interne dell'organismo, mettendolo in grado di interagire con le specifiche cellule bersaglio.


REPLICAZIONE

Avvenuta la penetrazione, il virus va incontro ad una:

replicazione primaria nelle cellule permissive. Nel corso di alcune infezioni (da virus influenzale, rotavirus e di altri agenti di enteriti acuta) la replicazione primaria può assumere estensione tale da divenire essa stessa causa di malattia; in questi casi il processo infettivo può rimanere localizzato sia x le caratteristiche del virus sia x una pronta attivazione delle risposte immunitarie.

replicazione secondaria:in altre situazioni (malattie esantematiche, infezioni da virus partitico, poliovirus, coxsackievirus) la replicazione primaria è limitata e cmq quasi sempre asintomatica o paucisitomatica. Il virus ha così il tempo di diffondersi in aree distanti dal sito di ingresso e di andare in contro a cicli di replicazione secondaria. L'infezione si estende a organi diversi; ad una prima viremia ne segue una 2° sostenuta dalla nuova localizzazione virale e perdurante fino alla definitiva attivazione delle risposte immunitarie dell'ospite.


DIFFUSIONE

Nelle infezioni disseminate → la diffusione virale può avvenire x vie differenti (linfatica, ematica, neuronale) e con differente modalità (sotto forma di virioni liberi (enterovirus) o di virioni associati a elementi linfo-monocitari circolanti (virus del morbillo , herpesvirus). Anche la diffusione è spesso condizionata dalla capacità del virus di esprimere caratteri di virulenza che gli consentono di superare i meccanismi di difesa dell'ospite, sia specifici che aspecifici.

- Alcuni virus esibiscono la proprietà di infettare i linfociti B e T e gli elementi circolanti della serie monocitaria. Un ex sono: - virus dell'Epstein-Barr (linfociti B)

virus dell'Herpes simplex

citomegalovirus

virus della rosolia

agenti della febbre gialla           macrofagi

della dengue

febbri emorragiche virali

In corso di Dengue o altre infezioni sostenute da Ribovirus, sono stati osservati aggravamenti sintomatologici conseguenti alla compara in circolo di anticorpi anti-virali. Ciò è lagato a fenomeni di ipersensibilità, ricondotti alla capacità degli agenti infettanti di moltiplicarsi all'interno dei macrofagi. La formazione di complessi virus-anticorpi causa x effetto della presenza di recettori Fc sulla superficie macrofagica, una + efficace captazione dei complessi stessi ad opera di tali cellule, e una + estesa capacità infettante virale.


ORGANI BERSAGLIO

È condizionato dal tropismo cellulare del virus e dalla permissività dell'organo alla completa e produttiva replicazione virale. Il tropismo cellulare e tissutale del virus dipendono dalla presenza di strutture complementari sulla superficie del virus e sulla superficie delle cellule bersaglio.


LE LESIONI

Possono : 1) direttamente derivare dall'azione citopatogena del virus;

essere conseguenza della attivazione delle risposte immunitarie dell'ospite.

LESIONI DIRETTAMENTE PROVOCATE DAL VIRUS

Gli organi sede del processo replicativo virale vanno incontro ad alterazioni evidenti x effetto di danni direttamente provocati dal virus. Esempio sono:

a)     infezioni citocide → il virus si replica produttivamente nelle cellule infette e determina in esse modificazioni irreversibili che provocano la morte della cellula x apoptosi o per necrosi in un arco di tempo variabile. Le malattie sono quasi sempre acute, di brevi periodi di incubazione (influenza, poliomielite, enteriti, encefaliti erpetiche, encefaliti da togavitus) e l'immunità esercita un ruolo protettivo. Questi eventi consistono in blocchi delle sintesi macromolecolari cellulari( provocate da proteine precoci virus-indotte), in alterazioni della membrana citoplasmatica, in alterazioni delle membrane lisosomiali.

b)     Infezioni latenti non sempre i virus animali uccidono le cellule in cui si sono moltiplicati, essi possono realizzare un rapporto di parassitismo controllato che consente alle cellule stesse di sopravvivere ma anche di duplicarsi in modo normale. In questo caso si ha integrazione del genoma virale in quello dell'ospite. Il virus permane in forma latente senza produzione di virioni infettanti e senza formazione di grandi quantità di antigeni virus-specifici. Si instaurano infezioni asintomatiche in grado di decorrere x tutta la vita senza diventare clinicamente manifeste. Periodicamente sono possibili riprese moltiplicative virali (riattivazione), e si possono accompagnare cicli produttivi di infezione citocida (herpes labiale o malattie citomegaliche in soggetti immunodepressi)

c)     Infezioni persistenti → rappresentano una condizione di parassitismo virale controllato. Nella persistenza vi è xò continua produzione di quantità di antigeni virali e anche di virus infettanti. Le cellule nn subiscono danni letali direttamente ad opera del virus, ma sono esposte x la presenza di antigeni virus specifici sulla loro superficie ad azioni lesive esercitate dalle risposte immunitarie dell'ospite. Ne possono conseguire malattie croniche evolutive (epatite cronica attiva da virus dell'epatite B).

d)     Trasformazione → sono le modificazione cui vanno incontro alcune cellule in vitro in seguito ad infezione ad opera di virus oncogeni. Tali virus sono direttamente responsabili di alterazioni nn degenerative ma che condizionano la proliferazione anomala ed incontrollata delle cellule infette (trasformate). Queste cellule perdono la capacità di controllo dei loro processi moltiplicativi ed acquisiscono irregolare morfologia, anomalie cromosomiche, elevata attività glicolitica, assenza di inibizione da contatto.

2) LESIONI DIPENDENTI DAL COINVOLGIMENTO DEL SISTEMA IMMUNITARIO

Le risposte immunitarie dell'ospite contribuiscono alla guarigione e/o alla limitazione di molte infezioni virali. In alcune situazioni xò esse partecipano al processo patologico instaurato dal virus. Le modalità di coinvolgimento del sistema immunitario sono riconducibili :

a ) stimolazione antigenica costantemente esercitata dai virus infettanti;

b) capacità di alcune di esse di infettare specificamente le cell del sistema immunitario

(macrofagi e/o linfociti)


RUOLO DEI VIRUS NELLA ONCOGENESI


Neoplasia : risultato finale di un processo multifattoriale e multifasico che si traduce in una grave alterazione dell'omeostasi cellulare e tissutale. La trasformazione neoplastica è causata da + eventi genetici (mutazioni, delezioni o trasposizioni cromosomiche) che si accumulano nel DNA cellulare, causando la perdita del controllo fisiologico della replicazione cellulare.

Si ha l'acquisizione da parte della cellula della capacità:

proliferare indipendentemente dalla presenza di fattori di crescita (attivazione di oncogeni)

insensibilità ai segnali anti-proliferativi (inattivazione oncosoppressori)

capacità di sfuggire ai segnali di apoptosi

capacità di un numero illimitato di divisioni cellulari (attivazione della telomerasi)

capacità angiogenetiche e metastatiche


VIRUS ONCOGENI

I virus che possiedono la caratteristica di indurre la comparsa di alterazioni dei normali processi omeostatici del ritmo proliferativo cellulare in vitro; o la comparsa di neoplasie in vivo. Si possono distinguere :       . deossiribovirus oncogeni → virus oncogeni con genoma a DNA;

. ribovirus oncogeni → virus oncogeni con genoma a RNA.

TRASFORMAZIONE CELLULARE

Si manifesta con la comparsa di tutta una serie di alterazioni fenotipiche e genotipiche che vengono conservate nel corso della moltiplicazione cellulare.

Desossiribovirus → la trasformazione cellulare si accompagna ad un'infezione abortiva con la

espressione solo di alcuni geni precoci del genoma virale che si integra nel

genoma cellulare o si mantiene in forma episomiale, replicandosi in

entrambe i casi con la replicazione della cellula.

Ribovirus oncogeni → l'azione trasformante può essere compatibile con un ciclo replicativo

produttivo.

La cellula trasformata possiede 2 caratteristiche:

1°) capacità di moltiplicarsi illimitatamente in coltura (immortalizzazione)

2° ) causare la formazione di una massa neoplastica, se inoculata in un animale da esperimento

immunodepresso;

Meccanismi con cui i virus oncogeni inducono la trasformazione

a)     una particella virale è sufficiente x la trasformazione;

b)     tutto o parte del genoma virale persiste nella cellula trasformata;

c)     almeno parte del genoma virale viene espresso nella cellula tumorale

d)     la trasformazione è il risultato di gravi alterazioni dei segnali di normale crescita cellulare;

e)     la reversione parziale o totale del fenotipo cellulare trasformato può essere ottenuta mediante interferenza specifica con la funzione delle molecole effettrici virali


La proliferazione cellulare nelle cellule normali è regolata da tutta una serie di fattori inducenti o inibenti:► oncogeni → elementi chiave dei processi di proliferazione, di sopravvivenza, di

crescita, di differenziamento cellulare, attivare l'ingresso della cellula

nella fase di replicazione inibendo l'avvio del processo di morte e



ostacolando il programma di senescenza cellulare attivando la

telomerasi. Tra i loro prodotti: fattori di crescita, fattori di trascrizione.

geni oncosoppressori sono molecole che controllano negativamente la proliferazione

cellulare promovendo il processo di apoptosi. I 2 geni

oncosoppressori + noti sono :

. p53 -> fattore cellulare che inibisce la progressione verso la fase

S del ciclo cellulare mantenendo la cellula in fase G1. La

p53 può perdere la propria funzione quando subisce

mutazioni puntiformi, le quali avvengono in regioni

instabili del gene che codifica la proteina "hot-spots",

causando così nella proteina cambiamenti

conformazionale che rendono p53 inattiva x la

dimerizzazione.

. Rb -> o protena Rb, è un fattore oncosoppressore,la quale

viene regolata attraverso la fosforilazione. Rb regola

negativamente l'entrata nel ciclo replicativo della

cellula. Nelle cell quiescenti si trova nella forma

ipofosforilata che rappresenta la forma attiva che lega

inattivandolo il fattore di trascrizione E2F-1; mentre

nelle cellule che si trovano in fase G1, Rb viene

fosforilato inibendo così il legame con E2F-1.

I virus nei quali si riscontrano proprietà oncogene sono:

deossiribovirus -> Poxvirus

Herpesvirus

Papovavirus

Adenovirus

Hepadnavirus

- ribovirus -> virus della epatite C (Flavivirus)

Oncovirus (famiglia dei Retroviridae)

POXVIRUS

Nell'uomo l'unico poxvirus collegato alla formazione di lesioni da iperproliferazione cellulare è il virus del mollusco contagioso il quale determina una neoformazione nodulare di natura benigna a carico dell'epidermide che tende a risolversi spontaneamente dopo 2-12 mesi dall'esordio clinico. Le neoformazioni hanno tutte le caratteristiche di un tumore benigno: localizzate, senza capacità invasiva, regrediscono spontaneamente, e nn recidivano dopo asportazione.


HERPESVIRUS

►Virus di Epstein-Barr (EBV) agente eziologico della mononucleosi infettiva, infetta i linfociti B e le cellule epiteliali localizzate in regioni ricche in tessuto linfoide (ex la regione farigea). Dopo l'infezione dei linfociti B, EBV entra in uno stato di latenza, il DNA è in uno stato episodico. L' effetto è in assenza di una pronta risposta immune cellulo-mediata, che rimuova i linfociti infetti, l'immortalizzazione dei linfociti B, i quali vengono stimolati indefinitivamente alla proliferazione, perdendo la capacità di raggiungere la differenziazione terminale ( i linfociti B infetti nn producono plasmacellule). Nello stato di latenza il genoma di EBV esprime solo alcune proteine a localizzazione nucleare EBNA e 3 proteine che si trovano sulla membrana cellulare (LMP1, LMP2,LMP2B). Gli antigeni EBNA e le proteine di membrana sono correlate alla immortalizzazione dei linfociti. I linfociti infetti da EBV formano una popolazione cellulare in attiva proliferazione e soggetta alla comparsa di un secondo evento che possa provocare la progressione della cellula verso la definitiva trasformazione neoplastica. L'infezione da EBV è associata al linfoma di Burkitt, ai linfomi immunoblastici frequenti in pazienti immunocompromessi. In tutti i casi è necessaria la presenza concomitante di co-fattori esogeni (infezioni in grado di indurre immunosoppressione) o endogeni (immunodeficienze congenite) che deprimano l'immunità cellulo-mediata.

Nel 90% dei casi di linfoma associati a EBV esiste una traslocazione reciproca 8;14. Sul cromosoma 8 si trova l'oncogene c-myc mentre sul cromosoma 14 è presente il complesso di geni codificanti le catene pesanti delle Ig . Nella traslocazione i geni x la porzione variabile delle catene pesanti delle Ig si trasferiscono sul cromosoma 8.; mentre l'oncogene c-myc trasloca sul cromosoma 14, venendo così a porsi sotto il controllo del promotore dei geni x la porzione costante delle catene pesanti delle Ig. Ciò provoca una alterata regolazione e un aumento della trascrizione e dell'espressione di c-myc.

Herpesvirus umano 8 (HHV-8) messo in relazione con il sarcoma di Kaposi, con una rara forma di linfoma diffuso a cellule B e con la malattia di Castleman. La relazione è basata sulla costante presenza di sequenze di HHV-8 nelle cellule caratterizzate da queste patologie.


POLYOMAVIRUS E PAPILLOMAVIRUS

POLYOMAVIRUS → + studiati sono rappresentati dal virus 40 della scimmia (SV40) e dal polyomavirus del topo. Il genoma virale si integra in quello cellulare ed esprime solo alcune proteine precoci. Almeno 2 polyomavirus , i virus BK e JC sono presenti nella specie umana come agenti ubiquitari di diffuse infezioni , che nei soggetti immunocompetenti sono asintomatiche.

PAPILLOMAVIRUS (HPV) → sono + di 70 tipi genomici diversi, tutti assolutamente specifici e con un tropismo x le cellule degli epiteli squamosi pluristratificati della cute e delle mucose. L'infezione naturale da HPV si accompagna alla comparsa di lesioni proliferative circoscritte con diversi aspetti clinici (verruche, papillomi, condilomi). Il genoma dei vari papillomavirus contiene da 6 a 8 ORF che codificano proteine nn-strutturali definite precodi E, e sono quasi tutte espresse nella fase iniziale del ciclo replicativo. Le proteine E1 e E2 sono essenziali x l'inizio della replicazione del DNA virale. Le oncoproteine codificate dagli ORF E5,E6,E7 sono le protagoniste degli eventi che portano alla stimolazione della proliferazione e all'aumento delle probabilità di trasformazione neoplastica delle cellule infette.

I papillomavirus sono associati alla comparsa di carcinomi nella specie umana, e l'innesco iniziale di gran parte dei carcinomi della sfera genitale femminile si trasmette x via sessuale. Solo alcuni genotipi hanno potenziale oncogeno; solo 4 tipi (HPV-16, HPV-18, HPV-31) sono riscontrati con elevata frequenza nel carcinoma della cervice. L'intervallo di tempo fra l'infezione iniziale e la comparsa del carcinoma può essere lungo, nel caso del tratto genitale della donna anche decenni. La progressione maligna di una lesione da HPV richide la presenza di co-fattori, infatti l'infezione da HPV agirebbe aumentando la vita media e il numero delle cellule capaci di proliferare ampliando sia la popolazione cellulare attivamente proliferante, sia la probabilità che essa subisca un secondo evento (mutazione cellulare) in grado di indurne la trasformazione maligna in carcinoma invasivo.


HEPADNAVIRUS (VIRUS DELL'EPATITE B)

Esiste una forte correlazione fra la presenza di infezione cronica da virus dell'epatite B (HBV) e il carcinoma epatocellulare primitivo. Contribuiscono all'insorgenza del tumore anche co-fattori diversi: alterazioni immunologiche, alcolismo, cirrosi epatica.

2 sono i meccanismi:

ruolo diretto di HBV nella patogenesi del tumore. Il DNA virale, durante l'infezione cronica si integra nel DNA cellulare. Questo genoma virale integrato presenta una serie di mutazioni, delezioni, fenomeni di ricombinazione con regioni del DNA cellulare adiacenti, inducendo una serie di instabilità nel genoma cellulare. Inoltre la proteina codificata dal gene X di HBV, agirebbe attivando la trascrizione di numerosi oncogeni cellulari fra cui c-myc, c-fos, c-jun favorendo l'attivazione della proliferazione cellulare.

ruolo indiretto di HBV nella patogenesi dell'epatocarcinoma. Si tratterebbe di una deviazione in senso neoplastico del processo di rigenerazione epatocitica che si sviluppa come meccanismo compensatorio della distruzione cellulare conseguente all'infezione virale e soprattutto alla rispota immune citotossica specifica contro gli epatociti infettati da HBV. Le citochine e i fattori di crescita sono gli effettori in grado di stimolare ulteriore proliferazione degli epatociti.


FLAVIVIRUS (VIRUS DELL'EPATITE C)

Il virus dell'epatite C (HCV) è un ribovirus appartenente al genere Flavivirus, viene considerato un virus oncogeno, in quanto l'infezione cronica da HCV è associata sotto il profilo epidemiologico all'insorgenza di epatocarcinoma primario. Si ritiene che il virus abbia un ruolo indiretto e che l'indorgenza del tumore sia una conseguenza dei fatto rigenerativo-riparativi cronici imposti dalla distruzione del parenchima epatico, a cui si aggiunge la iperstimolazione da citochine prodotte dai linfociti e macrofagi epatici. Ciò determinerebbe la possibilità di insorgenza di anomalie cromosomiche che possono portare al tumore.


RETROVIRUS ONCOGENI

I Retrovirus sono ribovirus con genoma diploide che si replicano attraverso un intermedio a DNA (provirus) che si integra nel DNA della cellula infetta. Gli Oncovirus sono in grado di produrre diversi tipi di tumori (sarcomi, leucemie) in varie specie animali, almeno un caso, rappresentato dal virus della leucemia umana a cellule T (HTLV) sono correlati alla comparsa di una patologia tumorale umana. A seconda del meccanismo d'azione gli oncovirus sono divisi in 3 gruppi:

oncovirus che possiedono nel proprio genoma almeno una copia di un oncogene (v-onc) omologo di un oncogene cellulare (protooncogene o c-onc) che nella cellula infetta, viene a trovarsi sotto il controllo trascrizionale esclusivo del promotore virale

oncogeni che nn possiedono nel genoma un gene v-onc ma che integrandosi nel genoma cellulare in prossimità di un protooncogene cellulare (c-onc) ne promuovono la trascrizione mediante un fenomeno di cis-attivazione.

Rappresentato da HTLV non possiede v-onc nel genoma e non provoca cis-attivazione di oncogeni cellulari. Il meccanismo dell'azione oncogena sembra dipendente dalla produzione di un fattore trans-attivante della trascrizione che oltre a stimolare la trascrizione del provirus, è in grado di trans-attivare la trascrizione di oncogeni cellulari.



DIFESE ANTIVIRALI COSTITUTIVE

Difese antivirali che nn dipendono dalla risposta immune. Oltre ai meccanismi di difesa antivirale legati alla risposta immune, alcuni sono sempre presenti in condizioni fisiologiche (preesistenti alle infezioni virali). Le barriere anatomiche opposte dall'organismo alla penetrazione dei virus:

. livello della cute, infatti i virus vanno incontro a una drastica riduzione, sia x effetto della

condizione di essiccamento che x azione degli acidi grassi cutanei e di altre sostanze

inibenti prodotte dai microbi commensali. Lo strato corneo può essere superato solo a

mezzo di abrasione, punture o morsi di animali.

. livello delle mucose, nel tratto alimentare i virus incontrano il muco superficiale, acido

nello stomaco ed alcalino nell'intestino, inoltre l'azione dei fagociti e di sostanze inibitrici

come enzimi proteolitici, bile. Nell'apparato respiratorio è importante l'azione del

mantello muco-ciliare in cui l'azione espulsiva delle ciglia si accompagna l'attività di

sostanze inibitrici (lisozima)e quella dei fagociti.


Qualora i virus siano riusciti a penetrare nell'organismo, potranno incontrare a livello del siero e dei tessuti, vari tipi di inibitori non-anticorpali capaci di legarsi ad essi (in virtù di analogia strutturale con i recettori cellulari). Questi inibitori possono essere di varia natura (glicoproteici, lipoproteici) e sono capaci di ostacolare l'attacco dei virus alle cellule sensibili. Rivestono un ruolo importante la fagocitosi e la febbre (la replicazione virale ha luogo in maniera ottimale entro un ristretto ambito di temperatura, viene meglio tollerato un abbassamento che un aumento di questa.



SISTEMA INTERFERON

Lo strumento + importante x il controllo intracellulare della replicazione virale è rappresentato dall'attivazione del sistema dell'interferon. Questo fa parte dei meccanismi difensivi naturali dell'ospite contro l'ingresso e la permanenza nell'organismo di agenti estranei (virus, batteri, cellule eterologhe).

L'interferon è costituito da una famiglia di molecole che possono essere divise in 3 specie:     

  • interferon alfa -> prodotto da linfociti B, cellule dendritiche circolanti e monociti, stimolati da cellule estranee infette da virus, tumorali o batteriche;
  • interferon beta ->è prodotto da cellule fibro-epiteliali stimolate da acidi nucleici estranei
  • interferon gamma -> prodotto dai linfociti T stimolati da antigeni, mitogeni, agenti ossidanti

sono proteine cellulari che vengono indotte da vari stimoli, ex l'infezione virale;

nn possiedono attività antivirale diretta, ma sono capaci di indurre nelle cellule con cui vengono a contatto uno stato di resistenza antivirale legato alla produzione di altre proteine effettrici;

la loro azione nn è specifica x il virus inducente, ma sono capaci di inibire la replicazione di qualunque altro virus;

mentre sono dotati di specificità di specie essendo capaci di agire solo su cellule della stessa specie animale.

La loro persistenza nell'organismo è limitata (da poche ore a pochi giorni)


MECCANISMO D'AZIONE

Nelle cellule lo stato antivirale si stabilisce in seguito all'interazione dell'interferon con specifici recettori situati sulla membrana citoplasmatica.

Gli IFN-α e gli IFN-β: si legano allo stesso recettore; x la loro attivazione è sufficiente un solo

minuto di contatto con il recettore x attivare il processo di induzione

che si completa con la produzione di mRNA x le proteine effettrici.

L'IFN-γ : ha un recettore differente. L'attivazione è molto + lenta e richiede ore.

Una volta attivato lo stato di resistenza si mantiene x oltre 24 ore anche

dopo l'allontanamento dell'IFN dal sistema.


La maggior parte dei virus penetrano nell'organismo per via mucosa:

il 1° tipo di interferon prodotto è IFN-β, indotto dagli acidi nucleici virali nelle cellule epiteliali e fibroblastiche. Questo tipo di interferon diffonde scarsamente dalla sede di produzione e può raggiungere nel tessuto alte concentrazioni;

diffondendo dalla sede di primo impianto, il virus può raggiungere il circolo attraverso i linfatici ove viene a contatto con le cellule linfoidi, nelle quali induce la produzione di IFN-α che a differenza dell' IFN-β è molto diffusibile e raggiunge facilmente organi distanti, conferendo loro uno stato di resistenza verso l'espandersi dell'infezione.

Con il procedere dell'infezione, cominciano a svilupparsi i meccanismi immunitari specifici e gli antigeni virali possono reagire con i linfociti T sensibilizzati inducendovi la produzione di IFN-γ e di altre linfochine.


azione sui linfociti B -> si osserva depressione quando l'IFN è presente prima della differenziazione dei linfociti B a plasmacellule; mentre il potenziamento si verifica quando l'IFN agisce su plasmacellule secernenti anticorpi.

Azione sui linfociti T -> dipendono anch'esse dalla dose di IFN e dal tempo in cui esso agisce. La sensibilizzazione a determinanti antigeni viene inibita dell' IFN alfa/beta quando questo venga somministrato prima dell'antigene, mentre viene potenziata quando l' IFN e antigene vengono inoculati contemporaneamente.

Azione sulla espressione di molecole di superficie-> si ha potenziamento della espressione degli antigeni di istocompatibilità di classe I (esercitato da tutti i tipi di IFN) e di classe II (prevalentemente da parte dell' IFN-gamma). Un aumento di espressione del recettore Fc su linfociti e macrofagi è in grado di incrementare l'attività citotossica nelle reazioni di citotossicità mediata da anticorpi (ADCC).

Azione sui macrofagi-> tutte e 3 le attività dei macrofagi: fagocitosi, citocidia, produzione di monochine vengono potenziate in presenza di IFN

Azione sulle cellule NK-> anche la loro attività è fortemente potenziata dall' IFN

Azione sulla proliferazione cellulare-> sono capaci di ridurre la proliferazione cellulare anche in assenza di apprezzabili effetti tossici. Una proteina indotta da IFN è capace di arrestare la crescita di colture di cellule tumorali inserendosi sulla loro membrana e impedendo l'interazione con fattori di crescita.

Azione sulla differenziazione cellulare-> in presenza di IFN si verifica una diminuzione della sintesi di alcune proteine ed un aumento della sintesi di altre.

Applicazioni terapeutiche: l'IFN-alfa è considerato un farmaco di scelta nelle epatiti croniche B,C e D ed è risultato attivo nelle infezioni genitali da Papillomavirus.



FARMACI ANTIVIRALI

La notevole dipendenza dei processi replicativi dei virus dal metabolismo cellulare e la notevole analogia delle vie metaboliche, rende difficile l'elaborazione di farmaci in grado di inibire selettivamente la moltiplicazione virale senza danneggiare il metabolismo cellulare.


FARMACI CHE AGISCONO SULLE FASI PRECOCI DELL'INTERAZIONE VIRUS-CELL

L'interazione dei virus con gli specifici recettori cellulari e la fusione del peplos virale con la membrana citoplasmatica, rappresentano le fasi precoci della interazione virus-cellula che possono costituire un bersaglio x una terapia antivirale.

Farmaci che interferiscono con la fusione del peplos del virus influenzale con la membrana (della vescicola endocitica) della cellula sensibile sono rappresentati dalla amantadina e rimantadina.


FARMACI CHE AGISCONO SULLA TRADUZIONE DEGLI mRNA VIRALI

Un'altra classe di composti chimici dotata di attività antivirale con un meccanismo d'azione che coinvolge l'inibizione della traduzione dei mRNA virali è rappresentata dai tiosemicarbazoni. Si è constatata una loro efficacia nei confronti dei virus erpetici.


FARMACI CHE AGISCONO SULLA TRASCRIZIONE E REPLICAZIONE (DNA e RNA virali)

Una serie di analoghi strutturali di nucleosidi sono stati impiegati con diversa efficacia nella terapia di varie infezioni virali. Gli analoghi strutturali, interagiscono con le DNA-polimerasi o le RNA-polimerasi virus-specifiche, bloccandone il sito attivo o nn consentendo un ulteriore allungamento della catena polinucleotidica.

Il primo ad essere stato impiegato come chemioterapico antivirale è la 5-iodio-2'-deossiuridina (IUDR) analogo strutturale della timidina. Esso è entrato nella pratica terapeutica x la cura topica delle lesioni superficiali (corneali) da virus dell'Herpes simplex. Essendo infatti la cornea priva di vasi il farmaco può essere instillato localmente in concentrazioni elevate senza il rischio di danni sistemici.

La trifluoro-timidina (TFT) ha visto il suo impiego limitato all'uso topico x le infezioni oculari da herpes simplex.

La adenina-arabinoside (Ara-A) analogo dell'adenosina, inibisce la DNA polimerasi virale. Il suo uso è indicato nel trattamento di alcune infezioni sostenute da virus a DNA ed in particolare nel trattamento dell'encefalite erpetica, nella terapia di gravi manifestazioni cliniche da virus dell'herpes zoster nel paziente immunocompromesso.

Un altro farmaco anti-virus erpetico è la deossiguanosina aciclica (aciclovir) che viene fosforilata nelle cellule infette da alcuni virus erpetici (virus dell'herpes simplex) con molta > intensità che nelle cellule normali. L'analogo strutturale fosforilato (trifosfato) viene incorporato di preferenza nel DNA virale x una > affinità x la DNA-polimerasi virale, bloccando la sintesi di DNA virale. L'aciclovir è un mezzo terapeutico di notevole efficacia nel trattamento e nella profilassi delle infezioni da virus erpetici nell'uomo.


INIBITORI DELLA TRASCRITTASI INVERSA

Anche la DNA-polimerasi RNA dipendente (trascrittasi inversa) dei retrovirus (e del virus epatico B) è inibita da una serie di analoghi strutturali dei nucleosidi. Tra questi la azidotimidina o AZT. L'adefovir è un nucleotide aciclico, analogo AMP. L'adefovir inibisce la DNA polimerasi (trascrittasi inversa) del virus epatico B, competendo con il substrato fisiologico (deossiadenosina trifosfato) e provocando la terminazione della catena nucleotidica una volta incorporato nel DNA virale.

La trascrittasi inversa dei retrovirus è sensibile all'azione inibitrice del foscarnet.


ACIDO FOSFONOFORMICO E FOSFONOACETICO

PFA e PAA attività antivirale anche nei confronti dei virus erpetici x mezzo di una inibizione della DNA-polimerasi del virus.

GUANIDINA e DERIVATI DEL BENZIMIDAZOLO

Inibiscono la replicazione dei picornavirus interagendo con l'RNA virale e impedendo la sintesi o l'attività della RNA-polimerasi virus specifica.


FARMACI CHE AGISCONO SULLE PROTEASI VIRUS-SPECIFICHE

Le proteasi virus specifiche vengono sintetizzate come poliproteine che sono poi tagliate nelle varie proteine funzionali da proteasi virus-specifiche.

Questi enzimi rappresentano un bersaglio ideale x una chemioterapia mirata.


FARMACI CHE AGISCONO SULL'ASSEMBLAGGIO DELLA PROGENIE VIRALE

Possibile attività antivirale della rifampicina, è in grado di impedire la formazione di virioni maturi nelle cellule infette da Poxvirus, inibendo le fasi tardive del ciclo replicativo.



PRINCIPI GENERALI DI DIAGNOSTICA VIROLOGICA

Il cardine della diagnosi eziologica delle malattie da virus è rappresentato dalla dimostrazione della presenza del virus o di sue tracce (antigeni, genoma) nell'organismo. Solo quando ciò nn è possibile è necessario la dimostrazione di una risposta immunitaria specifica mediante la ricerca nel siero del paziente della comparsa (sieroconversione) o dell'aumento di titolo degli anticorpi specifici x il virus.


DIMOSTRAZIONE DELLA PRESENZA DI VIRUS NELL'ORGANISMO


  1. PRELIEVO DEL MATERIALE PATOLOGICO

Il successo delle indagini dipende dall'invio in laboratorio del materiale giusto prelevato al momento giusto.

- La scelta del materiale giusto dipende dal sospetto clinico, sulla base della localizzazione principale dell'infezione. Il materiale da esaminare sarà rappresentato da:

un campione di muco naso-faringeo nelle localizzazioni delle vie respiratorie;

dal liquor nelle forme meningee;

dal liquido vescicolare negli esantemi vescicolari;

dal materiale fecale nelle varie forme cliniche in cui è possibile sospettare enterovirus.

Nelle infezioni generalizzate il virus va ricercato contemporaneamente nel muco naso-faringeo, nel materiale fecale e nel plasma o nei leucociti circolanti.

- Il momento in cui fare il prelievo, deve coincidere con il titolo + elevato di virus nel materiale, e ciò si ha al momento della prima comparsa dei sintomi.

- Un'altra precauzione da seguire è data dall'immediato trasferimento dei materiali, immersi in adatte soluzioni tampone a temperature basse.


  1. ISOLAMENTO DEL VIRUS IN COLTURE DI CELL E IDENTIFICAZIONE DEL VIRUS

-Giunto in laboratorio il materiale viene sospeso in soluzione tamponata, centrifugato x eliminare detriti cellulari e x ridurre la contaminazione microbica ed infine addizionato di antibiotici antibatterici ed antimicotici x eliminare la contaminazione batterica e micetica residua.

- Il materiale è pronto ad essere inoculato nelle colture di cellule adatte allo sviluppo del virus.

- Una volta che nelle colture cellulari compaia un effetto citopatico il liquido delle colture viene raccolto e si procede alla identificazione del virus -> si basa sullo studio dei suoi caratteri antigenici, x cui è necessario cimentare il virus (mediante tecniche sierologiche, le + usate sono reaazioni di neutralizzazione) con i sieri immuni nei confronti delle varie specie virali.

La scelta dei sieri con cui saggiare il virus è guidata da i caratteri del virus (tipo di effetto citopatico, presenza di inclusioni cellulari caratteristiche, tipo di cellule sensibili, presenza di proprietà emoagglutinanti), dalla situazione epidemiologica, dalla sintomatologia clinica.


  1. METODI RAPIDI X LA DIMOSTRAZIONE DI VIRUS NELL'ORGANISMO

Oggi è possibile ottenere la dimostrazione della presenza di un virus in un adeguato materiale patologico in tempi molto brevi e con tecniche alla portata di molti laboratori:

a)     ricerca diretta di antigeni virali -> nelle cellule del materiale in esame, mediante reazioni di immunofluorescenza o altre tecniche immunocitochimiche;

b)     ricerca diretta di antigeni virali nel materiale patologico mediante tecniche radioimmunologiche o immunoenzimatiche

c)     ricerca diretta nel materiale patologico, della presenza di sequenze significative del genoma virale o di mRNA, mediante prove di ibridazione con sonde molecolari (sequenze nucleotidiche complementari a tratti specifici del genoma del virus) marcate con traccianti radioattivi. Si fa precedere l'impiego delle sonde da un'adeguata amplificazione delle sequenze nucleotidiche ricercate, mediante reazione di polimerizzazione a catena.

L'utilizzo delle tecniche rapide presuppone un preciso sospetto diagnostico sul virus.

- In alcune situazioni è possibile accorciare moltissimo il tempo necessario x la dimostrazione di un virus in colture, ricercando nelle cellule della coltura la comparsa di antigeni virali precoci (senza attendere una replicazione virale sufficiente a dare un effetto citopatico, mediante reazioni di immunofluorescenza.

- In altre circostanze la ricerca diretta al microscopio elettronico possono essere uno strumento di indagine diagnostica nei confronti di virus che nn si moltiplicano in colture cellulari (parvovirus, rotavirus).


  1. QUANTIFICAZIONE DEGLI ACIDI NUCLEICI VIRALI A SCOPO DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO

La possibilità di utilizzare reazioni di amplificazione degli acidi nucleici (P.C.R) con metodi quantitativi, consente la possibilità di dosare la quantità di acido nucleico virale presente x unità di volume in campioni di cellule o liquidi organici.

La quantificazione degli acidi nucleici virali (genomici) utilmente impiegata x la diagnosi di infezione in atto, tutte le volte in cui si desideri accertare la possibile "riattivazione" di un'infezione latente. Infatti se con una P.C.R. "quantitativa" il numero di molecole di genoma virale riscontrate x unità (n. di cellule) di materiale patologico esaminato, è significativamente superiore al valore di base presente nei soggetti infetti latentemente, ciò permette di dedurre la presenza di un'infezione "attiva" in atto (da riattivazione).


- Un'altra applicazione della quantificazione degli acidi nucleici virali (genomici) è rappresentata dal monitoraggio dell'andamento di un'infezione "persistente" in seguito ad un trattamento terapeutico. Nei pazienti affetti da AIDS, la quantificazione delle molecole di genoma virale (RNA virionico) presente in circolo, mediante P.C.R. "quantitativa", xmette la determinazione del "carico virale", ed è uno dei parametri x monitorare l'efficacia del regime terapeutico.


DIMOSTRAZIONE DI UN MOVIMENTO IMMUNITARIO SPECIFICO

La ricerca di anticorpi specifici x un determinato virus, ai fini della diagnosi di infezione in atto, deve essere eseguita con accorgimenti particolari, intesi a rilevare non solo la presenza di una risposta immune umorale specifica, ma la presenza di una risposta immune umorale indicativa di uno stimolo antigenico ancora presente nell'organismo. A tale scopo la ricerca di anticorpi deve essere condotta utilizzando una combinazione di una serie di particolari accorgimenti:

a)     dimostrazione di un aumento significativo (di almeno 3 diluizioni al raddoppio del siero in esame) del titolo anticorpale, in 2 campioni di siero prelevati a 8-10 giorni di distanza l'uno dall'altro.

b)     Ricerca di anticorpi specifici di classe IgM, che si producono precocemente nel corso di una stimolazione antigenica perdurando in circolo x periodi molto brevi (4-6 settimane) dall'inizio dell'infezione.

c)     Ricerca di anticorpi specifici di classe IgG a bassa avidità presenti solo nelle prime settimane (3-4) dopo l'infezione.

d)     Ricerca di anticorpi nei confronti di antigeni virali precoci che inducano una risposta immune umorale limitata alle fasi iniziali dell'infezione.


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