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La potesta' della chiesa e i concordati




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LA POTESTA' DELLA CHIESA E I CONCORDATI


Tocca alla Chiesa porre argine alle conseguenze del peccato, guidando e moderando le città dell'uomo, e facendo in modo che in esse le cose umane finiscano col servire le cose divine. I re e i dotti devono inchinarsi alla Chiesa che ha il compito e beneficio di "consacrare il mondo". Ciò significa che i regni e le civiltà devono perdere la loro indipendenza e aiutare la Chiesa al conseguimento dei suoi fini. Lo Stato si legittima solo cooperando con la Chiesa a difendere il dogma cristiano, estirpando l'eresia e non permettendo che i fedeli vengano deviati da falsi pastori. È l'autonomia dello Stato che la Chiesa non può accettare, per questo si assicurerà la presenza nelle corti di cappellani e di confessori che aiutino il principe e lo guidino sul sentiero dell'eterna salvezza. Da qui l'importanza del clero palatino, che esercita funzioni di assistenza spirituale nelle corti, nel periodo dell'assolutismo monarchico. Nell'età della Controriforma quest'azione pedagogica sarà svolta dai Gesuiti, che insinuandosi nelle corti, diverranno confessori dei sovrani, consiglieri.

Secondo la potestà diretta, dopo l'ascesa del Cristo al Regno del Padre, sulla terra a rappresentarlo c'è la sua Chiesa: e per essa il Papa, che di Cristo è il Vicario. Alla Chiesa compete di conseguenza, tanto la signoria sulle cose spirituali, quanto la signoria sulle cose temporali. In quanto in prevalenza assorbito dalla cura delle anime, il Papa si serve, per l'esercizio del potere temporale, dei sovrani, che risultano come suoi ministri. I re devono rispondere al Papa di tutti i loro gesti. Secondo la potestà indiretta Chiesa e Stato sono due entità distinte, deputate a perseguire, ciascuna coi propri mezzi, la proprie specifiche finalità: per la Chiesa la salvezza delle anime, per lo Stato il benessere dei sudditi. Il fine più importante è ovviamente quello della Chiesa. Lo Stato deve operare per aiutare la Chiesa a conseguire i suoi fini. Tutte le volte che si verifica un'interferenza tra materia spirituale e materia temporale, la Chiesa ha il diritto di intervenire eventualmente rimovendo l'atto dello Stato o chiedendogli di dare esecuzione a un provvedimento sostitutivo. L'esercizio di questa potestà ha il potere di far cadere nel nulla l'atto censurato dalla Chiesa. La Chiesa fu costretta a venire a patti, a temperare il rigore della dottrina nella realtà delle cose. Lo strumento usato per questa mediazione fu rappresentato dai Concordati. Con essi lo Stato, dopo aver riconosciuto la propria natura di Stato cattolico, si poneva al servizio della Chiesa e concedeva alla Chiesa una serie di privilegi. In cambio la Chiesa accettava la potestà indiretta nei limiti segnati nelle pattuizioni concordatarie. I concordati sono stati definiti come privilegi che la Chiesa concede e che può revocare. L'alleanza tra trono e altare fu per lungo tempo una costante del panorama politico europeo. In realtà si trattava di un compromesso per tentare di placare le ostilità tra due poteri in conflitto inevitabile.

Dopo la Rivoluzione francese, nell'età della Restaurazione, ci furono una serie di concordati tra i governi reazionari e la Chiesa per sbarrare il passo alle forze liberali. Con l'ascesa della borghesia la politica dei concordati si arrestò perché la nuova classe, sentendosi di rappresentare l'intera società, non sentiva di dover dar deleghe alla Chiesa per esercitare la propria egemonia. Questa situazione sarebbe durata molto poco, infatti con la Rivoluzione socialista e la crescita dei movimenti proletari la borghesia sarebbe tornata sulla difensiva. Di qui, dopo la Rivoluzione russa, un'impressionante fioritura di concordati.

A prima vista la dottrina della Controriforma sembra essere in armonia con la coscienza cristiana. Lo Stato è autonomo ma la Chiesa può intervenire ogni qualvolta la materia temporale debordi nel dominio dello spirituale; ciò equivale a negare la premessa dell'autonomia dello Stato. I canonisti cercano di dare una linea di demarcazione individuando le materie miste, nelle quali è scontato l'intervento ecclesiastico, e le materie puramente tecniche dove quest'intervento è escluso. Ciò origina alcune valutazioni:

non vi sono materie che possano sfuggire a una valutazione etica;

le materie di competenza dello Stato sarebbero individuate dalla Chiesa e ciò contrasterebbe l'essenza dello Stato moderno che rivendica di decidere da sé i propri limiti e competenze;

non è conciliabile con la natura dello Stato moderno una costruzione dottrinale che lo riduca a mero meccanismo per la gestione dei servizi.

La potestà che si esercita non è quindi indiretta, è una potestà diretta accidentale che si verifica ogni volta che il temporale e lo spirituale sono in connessione.

Un'appendice della potestà indiretta è la teorica gesuitica del tirannicidio. Il potere dei re deriva da Dio ma non in modo diretto e immediato. Dio ha conferito il potere non ai re, ma ai popoli che, con un atto di delegazione, trasferiscono l'esercizio del loro potere ai re. Il re può degenerare e trasformarsi in tiranno. Ci sono due specie di tiranno: colui che si è impadronito del potere con la violenza o la frode, senza un titolo legittimo; colui che aveva acquistato il potere per un titolo legittimo, ma che nell'esercitarlo ha degenerato fino al punto di poter esser equiparato a un tiranno. Nei confronti del primo, la comunità ha il potere di porre fine alla situazione d'illegalità, dichiarandone la decadenza. Nel caso in cui il tiranno abbia sostituito al disordine iniziale del regno un nuovo ordine, i cittadini devono sottostare al nuovo regime. La seconda ipotesi è più ambigua.



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