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Il procedimento - diritto amministrativo




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IL PROCEDIMENTO - DIRITTO AMMINISTRATIVO


Dall'atto al procedimento



Le funzioni sono articolate in uffici dotati di poteri, ai quali sono preposti titolari ed attribuite dotazioni finanziarie, allo scopo di raggiungere un risultato, indicato dai fini in cui le funzioni, tra l'altro, consistono. Molte delle attività dell'amministrazione servono per ordinare gli strumenti per svolgere le proprie funzioni: ad esempio reclutano personale, lo trasferiscono, ne regolano la carriera, raccolgono risorse finanziarie e le distribuiscono agli uffici amministrativi. In secondo luogo programmano sia la propria sia l'attività dei privati. In terzo luogo regolano l'attività dei privati, concedendo, vietando, ecc.. In quarto luogo erogano servizi, in quinto conferiscono somme di denaro (stipendi e pensioni). Tutte queste attività, molto disparate, hanno elementi in comune. In primo luogo sono parzialmente programmate nel senso di essere previste da leggi e nel senso che gli uffici ne preordinano il succedersi. In secondo luogo sono specializzate nel senso che si fondano sulla divisione del lavoro tra gli uffici. In terzo luogo sono parzialmente sequenziali e cioè si ordinano in flussi.


L'ordinamento dell'attività in sequenze

Ogni organizzazione complessa (l'amministrazione è l'organizzazione complessa per eccellenza) ordina la propria attività in flussi. Nessuna decisione si esaurisce in un solo atto.


Disattenzione per il procedimento

Definizioni di procedimento: serie di atti ed operazioni funzionalmente collegati in relazione ad un unico effetto; in realtà è qualcosa di più di un'attività preparatoria, in quanto esso è il riflesso, nell'attività, dell'organizzazione. Insomma il procedimento è il profilo dinamico dell'organizzazione.


Funzioni del procedimento

Il procedimento ha una funzione organizzativa in senso dinamico; completa il disegno organizzativo, che non può, come invece può fare appunto il procedimento, il posto di ciascun ufficio nel corso dell'attività. Il procedimento serve in secondo luogo come mezzo di composizione degli interessi. Il procedimento svolge il compito, per così dire, di superlegge o di decisione di secondo grado, con funzione di soluzione di conflitti tra interessi collettivi, che, divenuti pubblici, si riproducono nell'amministrazione. Esso fissa le regole attraverso le quali dare la prevalenza ad alcuni interessi pubblici rispetto ad altri. In terzo luogo il procedimento serve a porre limiti all'attività amministrativa, definendo gli effetti degli atti di ogni ufficio, al fine di rendere verificabile l'attività amministrativa. Attraverso la determinazione procedimentale il Giudice è in grado di risalire dall'atto impugnato, procedendo all'indietro, agli atti che hanno contribuito a formarlo


Procedimento e processo. Il procedimento come forma della funzione amministrativa

E' stato probabilmente proprio il legame tra procedimento e processo, quello per cui il secondo controlla il primo, a indurre la scienza del diritto amministrativo verso una configurazione dell'uno e dell'altro come specie di un genere unico. Così inteso il procedimento altro non è che la forma di esplicazione della funzione amministrativa.

Tuttavia, la sequenza definita procedimento ha struttura più complessa e varia di quella processuale, articolata in un'iniziativa, un'istruttoria, una decisione. Non che questi non siano presenti nel procedimento; ma sono ordinati in sequenze che presentano minor grado di tipizzazione. E' vero che l'articolazione nelle 3 fasi indicate è presente anche nell'attività amministrativa, ma racchiudere in esse la struttura di base del procedimento significa semplificare la realtà giuridica.


Perchè il procedimento non è assimilabile al processo

Mancano nel procedimento innanzitutto 2 requisiti soggettivi del processo: la terzietà dell'autorità pubblica procedente e il contraddittorio tra le parti. Ma le differenze principali tra procedimento e processo stanno proprio nel modo in cui è regolata, nei 2 casi, la sequenza. Questa ha inizio con l'atto di iniziativa, che può essere di ufficio o di privati (detta in questo caso, impropriamente, di parte). Tralasciando il primo effetto, quello propulsivo, che è comune, avendo sia il Giudice sia l'amministrazione l'obbligo di provvedere, quando si passa al secondo effetto dell'atto di iniziativa, quello di definire l'oggetto del procedimento, si nota che, mentre il Giudice non può andare, di regola, oltre la domanda dell'attore, la pubblica amministrazione procedente non è strettamente vincolata all'oggetto definito dall'atto di iniziativa, potendo ampliarne l'oggetto. Si può quindi rilevare che l'iniziativa non sta al procedimento come l'iniziativa processuale sta al processo.

Quanto all'istruzione, essa serve ad acquisire gli interessi e a consentire la rappresentanza dei fatti. All'uno e all'altro nel processo si provvede attraverso l'acquisizione delle prove. Nel procedimento, i primi vengono raccolti attraverso dichiarazioni di giudizio per lo più definite pareri, i secondi attraverso dichiarazioni di scienza, quali ispezioni, certificazioni, ecc.. Né gli uni né gli altri sono atti probatori, dovendo essere soltanto verificati, né sono ordinati rispetto alla decisione allo stesso modo delle prove. Anche la decisione del procedimento è diversa dalla decisione del processo. Quest'ultima ha il c.d. effetto di cosa giudicata, la prima ha invece carattere di imperatività. Infine, oltre a decisioni interlocutorie e provvisorie, nel procedimento amministrativo sono frequenti decisioni negative, nel senso di decidere di non decidere. In sostanza, mentre nel processo esiste una regola della decisione (per cui il Giudice deve decidere in ogni caso ed è determinato il criterio cui deve attenersi nel decidere), nel procedimento la scelta della regola di decisione fa parte della stessa discrezionalità amministrativa. Si aggiunge, per concludere, che se il procedimento è una sequenza, non ogni sequenza è poi ordinata come un processo.


Varietà di strutture procedimentali

Il processo si presenta come una sequenza articolata in relazione al modello diretto a regolare il gioco tra Giudice e parti. La codificazione processuale civile e penale ha disegnato tale sequenza in forme unitarie. Il procedimento invece è una sequenza ordinata non secondo un modello unico ma corrispondentemente a tanti modelli, imposti dagli interessi o fini pubblici o dalle loro interferenze.

I procedimenti sono di varia natura. Alcuni sono semplici, altri complessi, alcuni hanno un solo atto con funzione propulsiva, altri hanno più atti di iniziativa. Anche l'istruttoria e la decisione possono consistere di uno o più atti. Mentre in alcuni procedimenti una articolazione in 3 fasi, iniziativa, istruzione e decisione, è facilmente discernibile, in altri vi sono articolazioni più complesse. La ricostruzione di tutte queste sequenze in termini di iniziativa, istruzione e decisione, nonché in termini di subprocedimenti, per le fasi interne, e di procedimenti collegati per i procedimenti composti, costituisce in verità una forzatura della realtà giuridica. Il Giudice amministrativo, in tempi recenti ha anticipato la tutela, consentendo l'autonoma impugnazione di atti che, secondo il punto di vista suesposto, sono endoprocedimentali.

Non sempre la legge fissa il contenuto del provvedimento, limitandosi a determinare le modalità della sua formazione, e cioè il procedimento. Questo dunque sarà modellato dagli interessi ai quali deve dare ordine.


Principi giurisprudenziali comuni ai procedimenti


Necessarietà

Il primo principio è quello della necessarietà del procedimento stesso, nel senso che, se l'esercizio di un'attività è subordinato dalla norma a un procedimento e, nel suo corso, a pareri, intese o altri atti, la decisione assunta senza aver prima espletato gli adempimenti procedurali previsti è illegittima. Analogo principio è stato affermato anche nel caso in cui la norma non disponga espressamente sul procedimento, per cui è principio del procedimento l'obbligo dell'istruzione, della verifica dei fattori economici intervenienti e della ponderazione degli interessi.


Esattezza e completezza della rappresentazione dei fatti e degli interessi

Il secondo principio è quello della esattezza e completezza della individuazione e della rappresentazione dei fatti e degli interessi. Se i fatti risultano inesistenti, o essenzialmente diversi da come li ha intesi o prospettati l'amministrazione, il provvedimento amministrativo è illegittimo. Oltre ad essere esatta, l'individuazione e rappresentazione dei fatti deve essere completa: l'amministrazione deve valutare e definire l'intero contesto formale e materiale, acquisendo una conoscenza piena ed esauriente delle circostanze relative alla situazione concreta. Altrettanto vale per gli interessi. Questi principi, fatti valere attraverso le figure sintomatiche del travisamento dei fatti o dell'errore di fatto o dell'illogicità manifesta, riguardano in sostanza, gli effetti che l'istruzione produce sulla decisione.


Coerenza e logicità

Il terzo principio è variamente definibile come coerenza, congruità, logicità o ragionevolezza e trova applicazione in un gran numero di casi. Secondo questo principio deve esservi corrispondenza tra le premesse dalle quali l'amministrazione ha preso le mosse e il provvedimento che ne è la conseguenza. In altre parole, la decisione deve essere coerente con i suoi presupposti. Inoltre, i fatti e gli interessi debbono essere valutati in modo logico e razionale. Questo principio viene fatto valere attraverso le figure sintomatiche di eccesso di potere denominate illogicità manifesta, illogicità e contradditorietà, motivazione illogica.


Imparzialità

Il quarto principio è quello della imparzialità. Esso trova il suo fondamento nella Costituzione (art. 97) e ha numerose applicazioni. Il principio di imparzialità viene fatto valere come principio del rispetto dei criteri di massima già fissati o dell'obbligo della previa determinazione dei criteri di massima. Nel primo senso viene inteso come necessità di osservare criteri o regole adottati precedentemente e seguiti in decisioni comparabili. Nel secondo senso viene enunciato come obbligo di previa determinazione di standards e criteri generali da adottare nelle successive decisioni che comportino comparazione o che incidano nelle sfere istituzionali libere di privati. Questo principio si è affermato a mezzo delle figure sintomatiche della ragionevolezza, della contradditorietà, della violazione di circolare, nonché, con applicazione diretta, da parte del Giudice amministrativo, del principio costituzionale stesso.


Trasparenza, proporzionalità e standards

Minor uso è stato fatto finora, da parte dei Giudici, del principio che può dirsi, secondo l'uso francese, della trasparenza amministrativa o della conoscibilità del procedimento. Si tratta dei casi in cui viene affermato dal Giudice l'obbligo di motivazione (sempre quando si tratti di provvedimenti sanzionatori o limitativi della sfera di autonomia dei privati), o si controlla la sufficienza della motivazione, o viene affermato l'obbligo della esternazione dei presupposti di fatto e delle valutazioni per ricostruire l'iter logico della procedura.

Appare in corso di formazione un ultimo principio, relativo alla decisione, consistente nel necessario raffronto tra i vari modi di realizzazione dello scopo e nell'obbligo della ricerca delle diverse soluzioni.

L'affermazione di standards costituisce uno degli sviluppi più interessanti del diritto amministrativo e trova la sua origine, così come il procedimento al quale si applica, nel moltiplicarsi degli interessi pubblici necessari e di quelli comunque presenti nel procedimento. Le amministrazioni possono variamente comporre tali interessi ma non possono non rispettare nel far ciò, altri interessi o principi. Questi non possono mai soccombere nei confronti di altri interessi, quelli primari, perché sono una componente essenziale dell'azione amministrativa. In questo senso, sono interessi di secondo grado o principi del procedimento.


Cosiddetto giusto procedimento

Il principio del giusto procedimento è stato enunciato dal Giudice costituzionale. Secondo quest'ultimo, il principio si trae dalla legislazione ordinaria (ciò che no ha impedito alla Corte costituzionale di farlo valere come regola di rango superiore). Quando il legislatore ordinario dispone che si apportino limitazioni ai diritti dei cittadini, la regola, che il legislatore normalmente segue, è quella di enunciare ipotesi astratte, predisponendo un procedimento amministrativo, attraverso il quale gli organi competenti provvedono ad imporre concretamente tali limiti, dopo gli opportuni accertamenti e dopo avere messo i privati in condizione di esporre le loro ragioni, sia a tutela dei propri interessi, sia a titolo di collaborazione nell'interesse pubblico. Il principio detto del giusto procedimento ha una applicazione limitata solo ad alcuni procedimenti.


La codificazione del procedimento: aspetti comparati

Austria per prima, nel 1925, adottò 5 provvedimenti legislativi contenenti disposizioni generali sul procedimento con una impostazione processualistica (introduzione, istruzione, decisione, impugnazione, esecuzione). Poi l'Administrative Procedure Act statunitense adottato nel 1946. Infine la legge tedesca del 1978 (più di 100 att.). Vi sono Paesi dove si è preferito non adottare una legge sul procedimento ma regolare con leggi separate singoli aspetti dell'attività amministrativa e dei rapporti tra amministrazione e cittadini. E' il caso della Francia.


Funzioni della codificazione del procedimento

La disciplina legislativa del procedimento amministrativo può avere 3 diverse funzioni:


limitare e dare una forma alla discrezionalità amministrativa;

limitare il potere dei Giudici;

limitare la discrezionalità delle autorità regionali o locali, con l'effetto di centralizzare il governo dei diritti dei cittadini.


Contro la funzione di limitare e dare una forma alla discrezionalità amministrativa vengono solitamente presentati 4 argomenti:


amministrazione eccessivamente rigida;

troppo diritto è intollerabile,

non c'è bisogno di una legge sul procedimento perché il Governo deve dare conto della sua attività al Parlamento;

il Governo può autolimitarsi contenendo volontariamente la sua discrezionalità.




Secondo l'autore nessuno di questi argomenti ha un fondamento.


Contro la funzione di limitare il potere dei Giudici viene usato l'argomento che la legge è meccanica e uniforme, mentre i Giudici sono elastici, possono adattare il diritto ai singoli casi, procedono incrementalmente. Ma questo ragionamento non tiene conto del fatto che anche i Giudici incontrano dei limiti e che vi sono campi nei quali essi non entrano.


Contro la funzione di limitare la discrezionalità delle autorità regionali o locali, con l'effetto di centralizzare il governo dei diritti dei cittadini si oppone il ragionamento contrario del decentramento e della sua opportunità. Ma, osserva l'autore, il decentramento si vede e va applicato da e in altri settori dovendo assicurare uniformità a quello relativo alla forma dei criteri di adozione dei provvedimenti amministrativi.


Tipi di disciplina legislativa del procedimento

La legge federale degli Stati Uniti è composta di 16 artt.; quella italiana di 31; tedesca 103; spagnola 143. Nelle leggi dei vari Paesi pur tra differenze di varia natura, vi sono affermati il principio di imparzialità o di neutralità, quello di pubblicità (o di apertura o di accesso ai documenti amministrativi), quello di equità o di natural justice (definito anche come diritto di essere ascoltati), quello di ragionevolezza, quello di proporzionalità, l'obbligo di motivazione. Una variabile importante è il tipo di tutela giudiziaria assicurata, la sua estensione e la sua effettività. Le leggi comunque seguono modelli diversi dei quali i più importanti sono quello giudiziario (austriaco9 e quello della rappresentanza degli interessi (nordamericano). 


Effetti della disciplina

Per quanto riguarda il sistema giudiziario le leggi sul procedimento amministrativo hanno un duplice effetto: da un lato limitano il potere i poteri dei Giudici perché escludono che il procedimento amministrativo possa essere sottoposto a principi di formazione giudiziaria; dall'altro ampliano i suddetti poteri perché, alla fine, i Giudici avranno comunque l'ultima parola sull'applicazione della legge.

Le Costituzioni più recenti (greca 1975, portoghese 1976, spagnola 1978) includono principi generali sul procedimento amministrativo.


Principi legislativi sul procedimento amministrativo

La legge 7 agosto 1990 n. 241, ha invertito la tendenza precedente stabilendo alcuni principi sul procedimento. Questa legge non può essere definita legge generale sul procedimento amministrativo. Essa non contiene una tipologia dei singoli procedimenti né regola tutti i principi del procedimento, né, quando lo fa, si applica come norma generale.


Motivi della disciplina legislativa italiana

Ciò nonostante, la legge del 1990 costituisce un'autentica rivoluzione amministrativa. Essa, in primo luogo serve per diminuire il disorientamento del cittadino, poi, via via, per assicurare all'interno delle amministrazioni un giusto equilibrio, per garantire le situazioni giuridiche soggettive dei cittadini. D considerare che nel ventennio precedente il 1990 si sono moltiplicati i corpi amministrativi dotati di autonomia (specialmente statutaria) e indipendenza (dalle Regioni alle Università) e la giustizia amministrativa ha registrato un grande sviluppo con l'istituzione dei T.A.R..


I dieci principi della legge del 1990

La legge dettante principi sul procedimento amministrativo non dispone in termini di diritto amministrativo sostanziale, ma fissa solo alcune forme e procedure per arrivare al provvedimento. Non vincola a norme sostanziali ma a regole da rispettare. La legge n. 241 del 1990 dunque, stabilisce una decina di principi a carattere generale o residuale.


1) Comunicazione dell'avvio del procedimento (artt. 7 e 8).

Deve essere fatta ai destinatari del provvedimento finale, a coloro che debbono intervenire nel procedimento e a coloro che possono avere un pregiudizio dal provvedimento. La comunicazione è fatta in forma personale o mediante forme di pubblicità idonee. E' esclusa, oltre che per gli atti normativi, per gli atti amministrativi di pianificazione e di programmazione e per quelli tributari.


2) Diritto di prendere visione degli atti del procedimento (art. 10).

Ne godono sia i soggetti destinatari della comunicazione di inizio del procedimento, sia qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati. Sono esclusi gli atti per i quali non vi è diritto di accesso e quelli per i quali non vi è obbligo di comunicare l'avvio del procedimento.


3) Intervento nel procedimento e presentazione di memorie scritte e documenti (artt. 9 e 10).

Vi hanno diritto i soggetti sopra indicati. E' escluso per gli atti per i quali non vi è obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento. La parola partecipazione va intesa in senso generico e atecnico, non nel senso stretto e rigoroso del termine.


4) Termine per rendere pareri e valutazioni tecniche (artt. 16 e 17).

Se un termine non è già fissato da leggi o regolamenti, esso è di 90 giorni dal ricevimento della richiesta. Per particolari motivi, il termine può essere raddoppiato per i pareri. Decorso il termine, l'amministrazione che ha richiesto il parere può procedere indipendentemente da esso; quella che ha bisogno di valutazioni tecniche può chiederle ad altri organismi amministrativi, ad enti pubblici o a istituti universitari.


5) Conferenza di servizi e accordo tra amministrazioni (art. 14, modificato nel 1993, nel 1995 e nel 1997).

Quando occorre ponderare più interessi pubblici o siano prescritti intese, concerti, nullaosta o assensi, può essere compiuto, anche su richiesta dell'interessato, un esame contestuale in una conferenza di servizi, che si conclude con determinazioni concordate, che sostituiscono gli atti predetti. La conferenza di servizi è un mezzo di semplificazione dell'attività amministrativa: questo risultato è raggiunto non eliminando uno o più atti del procedimento ma rendendo contestuale la decisione di più amministrazioni. La conferenza di servizi può concludersi con un accordo unanime. In caso di dissenso, sono previste 2 procedure, una generale e una speciale. Secondo quella generale, la conclusione della maggioranza è comunicata al Presidente del Consiglio dei Ministri, o al Presidente della Regione o al Sindaco, a seconda dell'amministrazione procedente o dissenziente; questo, previa delibera del Consiglio dei Ministri o del Consiglio regionale o di quello comunale, può, entro 30 giorni, sospendere la decisione e fare osservazioni. La conferenza può prendere poi entro 30 giorni, una nuova decisione che tenga conto delle osservazioni. Decorso il termine senza una decisione la conferenza è sciolta. La procedura speciale si applica quando il dissenso proviene da un'amministrazione che tuteli l'ambiente, il paesaggio o il territorio, il patrimonio storico-artistico o la salute. In questo caso l'amministrazione procedente può chiedere direttamente al Presidente del Consiglio dei Ministri di rimettere la decisione al Consiglio dei Ministri.


6) Responsabile del procedimento (artt. 4, 5 e 6). 

Anche questo si applica ove un responsabile non sia già direttamente stabilito per legge o regolamento.


7) Determinazione del termine per provvedere (art. 2).

La legge dispone che, se non sia già disposto per legge o per regolamento, le pubbliche amministrazioni determinano e rendono pubblico, per ciascun tipo di procedimento, il termine entro il quale esso deve concludersi. Se le amministrazioni non provvedono, va rispettato un termine residuale minimo, stabilito dalla legge stessa (30 giorni). Decorsi inutilmente i termini, l'interessato può fare domanda all'autorità superiore, perché provveda entro 30 giorni.


8) Obbligo di provvedere, o meglio di concludere il procedimento con un provvedimento espresso (art. 2).


9) Contenuto necessario del provvedimento: obbligo di motivazione e di indicazione del termine e dell'autorità alla quale è possibile ricorrere (art. 3). In particolare, il primo riguarda tutti gli atti amministrativi (non quelli generali, né gli atti normativi).


10) Diritto di accesso ai documenti amministrativi (artt. 22-27).

Chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (e quindi, innanzitutto il destinatario del provvedimento amministrativo), ha diritto di accesso ai documenti amministrativi. Il diritto di accesso è a sua volta procedimentalizzato: occorre fare richiesta motivata; si attua mediante esame o estrazione di copia. Contro il rifiuto, entro 30 giorni, si può ricorrere al T.A.R., che, entro altri 30 giorni, può ordinare l'esibizione dei documenti richiesti.


Ambito soggettivo e oggettivo

Esaminiamo ora ambito soggettivo e oggettivo di applicazione dei principi. Quanto al primo, la legge si applica a tutte le pubbliche amministrazioni (artt. 2 e 4). Essa opera come legge di principio per le Regioni a statuto ordinario, mentre quelle a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano debbono provvedere, entro un anno, ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali della legge (art. 29).

Quanto all'ambito soggettivo, non tutta la legge riguarda ogni tipo di procedimento. I principi tuttavia valgono per tutti i procedimenti. Però, i principi della conferenza di servizi e del termine per i pareri e le valutazioni tecniche (art. 14 e artt. 16 e 17) non si applicano alle amministrazioni che curano interessi relativi all'ambiente, al paesaggio e al territorio, alla salute dei cittadini.


L'applicazione della legge sul procedimento nella giurisprudenza

Il mancato avviso di avvio del procedimento è stato considerato illegittimo, tanto da rendere illegittimo il procedimento finale. I Giudici hanno collegato l'avviso di avvio del procedimento non solo ad un'esigenza di difesa (per consentire il contraddittorio) ma anche alla necessità di accertamenti e di ottenere, a questo scopo, la partecipazione collaborativa degli interessati. Hanno dunque fatto valere l'istituto non solo in funzione dell'interesse del cittadino, ma anche in funzione dell'interesse della pubblica amministrazione.

Il diritto di accesso è stato considerato situazione giuridica soggettiva piena ed autonoma, non strumentale alla impugnazione del provvedimento finale e infine, l'accesso è consentito non solo a carico dei concessionari, ma anche di tutti gli altri gestori di servizi pubblici.


La semplificazione e accelerazione

L'art. 2 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, relativo alla semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi, costituisce la naturale continuazione della legge n. 241 del 1990. I criteri e i principi fissati dalla legge sono:

semplificazione dei procedimenti amministrativi, in modo da ridurre il numero delle fasi procedimentali, il numero delle amministrazioni intervenienti, la previsione di atti di concerto e di intesa;

riduzione dei termini per provvedere;

regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono presso diverse amministrazioni;

riduzione del numero e accorpamento dei procedimenti omogenei;

unificazione in sede regionale o provinciale dei procedimenti di autorizzazione in materia di ambiente.


Atti e provvedimenti. Elementi e caratteri. Invalidità

I procedimenti sono composti di atti, di regola individuati dalle norme. La scienza del diritto amministrativo si è dedicata a lungo alla loro classificazione, distinguendo molte specie, quali atti unilaterali e convenzionali, atti semplici, complessi, collettivi e accorsi, dichiarazioni di volontà, dichiarazioni di rappresentazione e dichiarazioni dette di sentimento, atti esterni e interni, speciali e generali, negoziali e non negoziali, leciti e illeciti, di governo e di gestione, traslativi, estintivi, punitivi, negativi, nonché concessioni, ammissioni, autorizzazioni, approvazioni, dispense, decisioni, notifiche, comunicazioni, accertamenti, pareri, proposte, ecc..

Nel procedimento, vengono solitamente distinti atti strumentali, o preparatori, o atti del procedimento, e atti terminali, definiti, quando a contenuto imperativo, provvedimenti.

Anche il contratto, nel diritto amministrativo, è preceduto da un procedimento, essendo quest'ultimo la forma necessaria dell'agire amministrativo, sia esso retto dal diritto pubblico, sia esso regolato dal diritto privato.


Il provvedimento

La funzione e i suoi elementi (materia, attribuzioni e fini o interessi) e l'organizzazione con i suoi elementi (funzioni, articolazione e poteri), diventano concreti nel provvedimento, perché vanno a costituire i suoi elementi.




Elementi del provvedimento

Elementi del provvedimento sono: presupposti, motivi, volontà, oggetto, esternazione.

I presupposti sono circostanze di fatto o di diritto, materiali, spaziali, temporali ecc., verificandosi le quali l'amministrazione può provvedere. I presupposti vengono definiti dalla giurisprudenza amministrativa come l'effettiva situazione di fatto e giuridica, l'antecedente logico-giuridico che consente di adottare il provvedimento. Se il presupposto indicato dal provvedimento non è conforme alla realtà, il provvedimento è viziato di eccesso di potere per errore nei presupposti.

I motivi sono costituiti dall'interesse o fine pubblico. Questo si distingue in interesse pubblico necessario o primario, che è quello curato dall'ufficio che provvede, e in interesse pubblico secondario, che è costituito dagli altri interessi considerati nel procedimento, attribuiti ad altre amministrazioni o senza organismo di cura (adèspoti).

Volontà è una scelta nella quale confluisce l'apporto di più uffici, rivolta a produrre un effetto. La volontà consiste nel contenuto dispositivo del provvedimento. Questo può essere distinto in una parte necessaria, indicata dalla legge, e in una accidentale, che l'amministrazione può introdurre, perché dotata di potere discrezionale.

Oggetto è il bene, la situazione soggettiva, il rapporto giuridico, l'utilità al quale l'atto è diretto.

Esternazione è il modo in cui è reso conoscibile all'esterno ognuno degli elementi del provvedimento. Vi è dunque, la giustificazione (esternazione dei presupposti), la motivazione (esternazione dei motivi), la dichiarazione della volontà e quella dell'oggetto.


Per una consuetudine che risaliva all'epoca in cui l'amministrazione era apparato servente dell'esecutivo, fino al 1991, molti provvedimenti amministrativi erano esternati con decreto presidenziale. E' stata poi adottata la legge 12 gennaio 1991, n. 13, di c.d. depresidenzializzazione, che elenca 30 categorie di atti per i quali si deve provvedere con decreto del Presidente della Repubblica. Per gli altri si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o ministeriale. La legge dispone che l'elencazione degli atti di competenza del Presidente della Repubblica è tassativa e non può essere modificata, integrata, sostituita o abrogata, se non in modo espresso.


Validità ed efficacia

Quanto ai caratteri, il provvedimento amministrativo ne ha 2, collegati tra di loro: scissione tra validità ed efficacia e imperatività.

Validità è la conformità dell'atto alla disciplina normativa e, quindi, la sua attitudine astratta a produrre effetti giuridici.

Efficacia è l'idoneità effettiva, concreta, del provvedimento di produrre effetti giuridici. L'efficacia, detta anche esecutività, è prodotta dal controllo che viene esercitato sui provvedimenti amministrativi. Il provvedimento amministrativo, anche se invalido (perché viziato e quindi annullabile), può essere efficace. La validità e l'efficacia dei provvedimenti sono 2 effetti prodotti il primo dal perfezionamento del procedimento amministrativo e, il secondo, dal completamento del procedimento di controllo.

L'atto amministrativo, durante il periodo intercorrente tra la sua emanazione e l'apposizione del visto di legittimità, si trova in una situazione di pendenza per cui solo nel momento in cui è apposto il visto di legittimità della Corte dei conti l'atto diventa efficace, nel senso che può produrre i suoi effetti giuridici. Se il provvedimento non è registrato dalla Corte dei conti, non occorre che l'amministrazione lo annulli essendo sufficiente che ritiri l'atto inefficace ed emani un altro provvedimento idoneo a sostituire il precedente atto.


Imperatività

Il provvedimento è dotato di imperatività perché fa nascere, modifica, estingue situazioni giuridiche soggettive in modo unilaterale, senza cioè il concorso del soggetto al quale il provvedimento è destinato e prescindendo dalla verifica giudiziale del potere.

Esecutorietà

L'esecutorietà non costituisce carattere dei provvedimenti. Questa consiste nella dispensa dell'amministrazione dalla necessità di rivolgersi all'autorità giudiziaria per accertare la legittimità della propria pretesa e nel conseguente potere di eseguire direttamente e anche coattivamente le proprie decisioni. Di questa particolare forza peraltro sono dotati solo alcuni provvedimenti amministrativi, per i quali la legge espressamente prevede l'esecuzione diretta.


Tipicità dei provvedimenti

I provvedimenti amministrativi, a differenza degli atti dei privati (e degli stessi atti amministrativi non provvedimentali), sono retti dal principio di tipicità, secondo il quale le pubbliche amministrazioni possono porre in essere solo i provvedimenti espressamente indicati dalle norme. Il principio di tipicità discende dunque da quello di legalità e trova la sua giustificazione nei poteri di cui dispone la pubblica amministrazione quando agisce come autorità.

Il principio di tipicità sta subendo però un'erosione a causa di 3 fattori concorrenti: il primo è quello europeo dato che la Corte di Giustizia UE ammette atti atipici; il secondo deriva dal ricorso, sempre più diffuso, al diritto privato da parte delle amministrazioni pubbliche; il terzo sta nel riconoscimento dell'esistenza di atti amministrativi emanati da privati.


Vizi del provvedimento: irregolarità, illegittimità, inesistenza

Il provvedimento può essere viziato per irregolarità e per illegittimità o invalidità. Ricorre la prima nel caso di minore difformità rispetto alla legge, tali da non rendere il provvedimento annullabile e da poter essere sanate (c.d. regolarizzazione). Maggiore importanza assume l'illegittimità o invalidità, considerata per lo più una difformità dallo schema normativo. In realtà si tratta di molto di più: mancato rispetto dei principi del procedimento.

Diversa dalla illegittimità è l'inesistenza dell'atto. Quando l'ufficio che emana un atto non è soggetto della potestà amministrativa, può dirsi che l'atto è adottato in carenza di potere (anche detta incompetenza assoluta) e si intende come non compiuto (per cui nei confronti di esso si ricorre all'autorità giurisdizionale ordinaria).

Il vizio di illegittimità viene tradizionalmente distinto in 3 specie: incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere.

Nella incompetenza vengono solitamente fatti ricadere i vizi relativi al soggetto, nell'eccesso di potere quelli attinenti ai motivi, nella violazione di legge tutti gli altri (suo carattere residuale).


Figure sintomatiche dell'eccesso di potere

Contraddizione tra motivi e dispositivo

Contraddizione tra provvedimenti

Illogicità

Ingiustizia manifesta

Disparità di trattamento

Sviamento di potere

Travisamento dei fatti

Elusione del giudicato

Proporzionalità



Procedimenti strumentali: procedimenti organizzativi. Procedimenti strumentali e procedimenti finali

I procedimenti possono essere distinti in procedimenti strumentali e procedimenti finali. I primi attengono al funzionamento interno dell'amministrazione stessa. I secondi invece costituiscono la forma di esplicazione delle funzioni amministrative verso l'esterno, in quanto regolano attività private e rendono servizi alla collettività. I primi riguardano l'organizzazione amministrativa, il personale che vi è preposto e la finanza, e cioè i 3 elementi della pubblica amministrazione già esaminati dal punto di vista statico ma che qui vanno presi in considerazione sotto il profilo dinamico. I secondi attengono al raggiungimento dei fini ultimi dell'amministrazione.


Procedimenti di organizzazione

Il primo gruppo di procedimenti strumentali è quello dei procedimenti di organizzazione. Come materia l'organizzazione dei pubblici uffici è sottoposta non solo al principio di legalità, secondo il quale l'attività amministrativa deve svolgersi secondo le disposizioni di legge, ma anche a quello di riserva di legge, secondo il quale deve esservi una previa disciplina legislativa della materia, e tale disciplina deve essere sufficiente. L'art. 97 della Costituzione dispone che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge (consente tuttavia alla normazione secondaria e all'attività amministrativa di regolarne una parte).


Procedimenti organizzativi degli enti pubblici

L'art. 4 della legge 20 marzo 1975 n. 70 dispone che, salvo quanto previsto dagli artt. 2 e 3, nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge.


Procedimenti degli statuti e degli accordi di programma

I procedimenti organizzativi hanno strutture estremamente semplici. Quasi sempre l'iniziativa e l'istruttoria sono poste in essere con lo stesso atto e dallo stesso ufficio, si che il procedimento è in sostanza articolato in 2 fasi, dell'iniziativa e della decisione.


I procedimenti di controllo

Appartiene al genere dei procedimenti organizzativi anche la specie dei procedimenti di controllo. Infatti il controllo è in funzione organizzativa, perché mira a verificare la funzionalità di organi, la rispondenza dell'attività svolta in concreto ai canoni legislativi, la corrispondenza dei risultati dell'attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, la congruenza dei rendimenti ai costi, ecc.. Anche i controlli, come ogni attività amministrativa sono ordinati in forma procedimentale. La legge n. 20 del 1994 dispone che la Corte dei conti deve definire annualmente i criteri di riferimento e i programmi del controllo.


Procedimenti di amministrazione del personale

Come l'amministrazione, anche il personale può essere considerato dal punto di vista dinamico, nel senso dei procedimenti che lo riguardano. Pressochè ogni evento che riguarda il dipendente pubblico si accompagna o è prodotto da un procedimento. La disciplina dei procedimenti di amministrazione del personale era contenuta, fino al 1993, in leggi e in particolare nel Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, relativo ai dipendenti civili dello Stato. I procedimenti erano regolati in forma semplice, quando si trattava di disciplinare eventi periodici ed ordinari (congedo, aspettativa, ecc.), in forme più complesse quando di eventi più gravi (sanzioni disciplinari, ecc.). A seguito delle trasformazioni del rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni, i procedimenti di amministrazione del personale trovano ora la loro disciplina in parte nelle leggi ma in parte maggiore nei contratti.


Procedimenti finanziari

I procedimenti finanziari fanno parte, per tradizione, di quella che si chiama correntemente, contabilità di Stato o contabilità pubblica, che è una parte speciale del diritto amministrativo.


L'innesto di procedimenti amministrativi su un procedimento legislativo

I procedimenti finanziari hanno una duplice caratteristica: da un lato si innestano in procedimenti legislativi, dall'altro sono strumentali a procedimenti amministrativi. Tutti i procedimenti amministrativi si fondano su leggi; i procedimenti finanziari stanno anche in un secondo rapporto con la legge; per poter procedere infatti all'impegno e al pagamento di spese pubbliche, occorre che queste vengano stanziate ì, ciò che viene fatto annualmente con il bilancio di previsione. Vi è dunque una sequenza unitaria complessiva, composta di 2 parti: la prima parte si articola nelle c.d. leggi di spesa, nel bilancio pluriennale, nella legge finanziaria e nel bilancio annuale di previsione; la seconda ha inizio quando il bilancio di previsione è stato deliberato dal Parlamento e quindi le somme da spendere sono state stanziate. Le 2 parti sono seguite da una terza dove preminente è ancora il Parlamento: il procedimento di rendicontazione, che conduce all'approvazione del bilancio o conto consuntivo annuale.




Le fasi del procedimento finanziario

Secondo la scolastica contabilistica, i procedimenti finanziari sarebbero articolati in 4 fasi: impegno, liquidazione, ordinazione, pagamento. Ma, la seconda non è una fase autonoma mentre la quarta consiste di operazioni esecutive, più che di atti.


L'impegno

Per le amministrazioni statali l'impegno può avvenire solo su somme assegnate in bilancio, e cioè stanziate nel bilancio adottato dal Parlamento. L'impegno produce un vincolo di destinazione dei fondi. L'impegno è sottoposto al controllo dell'Ufficio centrale di bilancio (già ragioneria centrale), che lo registra entro 10 giorni (trascorsi i quali l'atto è efficace), oppure restituisce l'atto per irregolare imputazione o perché la spesa eccede la capienza dello stanziamento di bilancio. Entro lo stesso termine, possono essere preannunciate osservazioni sulla regolarità della spesa (da inoltrare entro ulteriori 10 giorni) ma resta comunque salva la facoltà dell'amministrazione di dare esecuzione all'atto. Una volta esaurite queste fasi si provvede alla liquidazione con l'ordine (detto impropriamente mandato) di pagamento.


Procedimenti finali: procedimenti precettivi

I procedimenti finali costituiscono la forma di esplicazione della funzione amministrativa verso l'esterno: in quanto regolano attività private o rendono servizi alla collettività, consentono di raggiungere i fini dell'amministrazione pubblica.


Classificazioni dei procedimenti finali

I procedimenti finali possono essere classificati in modi vari. Nel passato essi venivano ordinati in relazione al loro contenuto psicologico e si distinguevano dichiarazioni di volontà, di rappresentazione, di sentimento. In anni recenti è invalso l'uso di distinguere i procedimenti in relazione all'effetto che producono. E' una classificazione elementare quella che divide 2 categorie, di procedimenti che ampliano la sfera di autonomia del privato (ad esempio concessioni) e di procedimenti che la restringono (ad esempio procedimenti ablatori). Un ordine più elaborato è quello che distingue procedimenti precettivi o prescrittivi (diretti a porre in essere prescrizioni di carattere generale), di concessione (che concedono l'uso di utilità riservate), di autorizzazione (che controllano l'esercizio di diritti), ablatori (che estinguono situazioni soggettive), dichiarativi (che producono certezze giuridiche), di secondo grado (relativi a decisioni adottate in un precedente procedimento; hanno una funzione quasi giurisdizionale e consistono nei ricorsi per opposizione, nei ricorsi gerarchici, propri e impropri, e nel ricorso straordinario al Capo dello Stato), contrattuali (che mirano alla produzione di effetti giuridici attraverso moduli contrattuali privatistici). 


Procedimenti di pianificazione urbanistica

Valevole sull'intero territorio comunale, durata indeterminata, considera tutte le zone (verde, falde, paesaggistiche, ecc.). Elaborazione degli uffici comunali con collaborazione progettisti esterni. Successivamente delibera del Consiglio comunale. Deposito del piano per 30 giorni in segreteria comunale per consentire a chiunque di prenderne visione. Poi per i successivi 30 giorni eventuali osservazioni. Infine piano inviato alla Regione che non si limita ad approvarlo ma può modificarlo. La legge 30 aprile 1999 n. 236 ha disposto che l'approvazione avvenga entro il termine perentorio di 12 mesi. Il piano è dunque atto di 2 soggetti. Il piano è depositato nella segreteria del Comune per tutto il periodo della sua validità e decreto di approvazione pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione. Ha carattere immediatamente precettivo vincolando di conseguenza l'edificazione nel territorio comunale.


Procedimenti concessori

Se il bene è riservato per consentirne a tutti l'uso, la concessione opera una deroga, sia pur per una parte sola del bene e per alcuni usi, al principio dell'eguale fruizione del bene da parte di tutti.


Caratteristiche comuni dei procedimenti di concessione

Le concessioni sono una categoria di procedimenti diretti ad attribuire utilità riservate. Tali procedimenti si riscontrano in diversi settori; innanzitutto tra i beni pubblici in dominio pubblico (o, secondo altra terminologia, in proprietà collettiva, o secondo la terminologia del codice civile, demaniali), come le strade pubbliche e il lido del mare. In secondo luogo, nel campo dei servizi pubblici (ad esempio trasporto su strada di linea). In terzo luogo sono procedimenti concessori quelli diretti ad erogare denaro pubblico a privati (c.d. ausili finanziari a privati, oppure incentivi): sovvenzioni, premi, aiuti, contributi a fondo perduto, credito agevolato ecc.. In quarto luogo le concessioni dette di costruzione e di gestione (autostrade).

Le funzioni assolte dai procedimenti concessori sono numerosissime: vanno da una funzione di organizzazione di servizi pubblici a quella di affidare servizi pubblici a privati.

La struttura del procedimento varia, come in altri casi, da singolo procedimento a singolo procedimento. L'iniziativa è, di regola, di privati, ma vi sono persino casi di concessione date direttamente con leggi che identificano il concessionario.

L'istruzione, in alcuni casi è con intervento del privato, in altri è chiusa. Il provvedimento, in alcuni casi è accompagnato da un disciplinare, in altri da una convenzione, dove sono elencate le obbligazioni delle parti, in altre dispone direttamente.

Caratteristica comune di tutti questi diversi procedimenti è di attribuire situazioni giuridiche soggettive riservate, relative a beni o imprese, in forma circoscritta, per salvaguardare gli scopi fondamentali della riserva. La legge 7 agosto 1990 n. 241 dispone che la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici è subordinata alla predeterminazione e alla pubblicazione dei criteri e delle modalità alle quali le amministrazioni devono attenersi.


Procedimenti autorizzatori. Tipi di procedimenti di autorizzazione

Il legislatore disciplina centinaia di procedimenti di autorizzazione. Tra questi vi sono almeno 2 gruppi diversi. Il primo è costituito da autorizzazioni che producono i loro effetti solo sull'entrata; successivamente, chi ha ottenuto l'autorizzazione non sottostà a controlli che non siano di carattere generale. Il secondo gruppo di autorizzazioni è diverso. Una volta date, esse immettono il privato in un settore controllato, che, in alcuni casi, è addirittura un ordinamento giuridico sezionale.


La denuncia di inizio di attività e la domanda seguite dal silenzio dell'amministrazione

Gli artt. 19 e 20 della legge 7 agosto 1990 n. 241 (il primo sostituito dall'art. 2, comma 10 della legge 24 dicembre 1993 n. 537) si applicano ad autorizzazioni, licenze, abilitazioni, nullaosta, permessi o altri atti comunque denominati che subordinano l'esercizio di un'attività privata al consenso dell'amministrazione. Il regime dettato dagli articoli menzionati è duplice. Il primo consiste nella denuncia di inizio attività, da parte dell'interessato, seguita o dal consenso silenzioso dell'amministrazione oppure da un provvedimento motivato di divieto di prosecuzione dell'attività, emanato entro 60 giorni. Il secondo consiste nella domanda di rilascio seguita o dal consenso silenzioso dell'amministrazione oppure da un provvedimento di diniego , emanato entro i termini indicati da un regolamento. Dal primo regime sono escluse le concessioni edilizie e le autorizzazioni relative alle cose di interesse artistico o storico, alle bellezze paesistiche e alla tutela dell'ambiente.


Procedimenti ablatori

Esempio di procedimento ablatore è l'espropriazione. L'espropriazione può essere compiuto nel campo delle materie trasferite o delegate alle regioni  e il relativo procedimento si articola in 3 fasi, la prima diretta a dichiarare la pubblica utilità dell'opera per la quale si rende necessario disporre dell'immobile o dell'area da espropriare, la seconda alla determinazione dell'indennità di espropriazione, la terza a espropriare il bene.

Il procedimento inizia con il deposito, da parte di privati o di enti pubblici, nella segreteria del Comune dove sono compresi gli immobili da espropriare, di una relazione sull'opera da realizzare, con le mappe catastali indicanti le are da espropriare, l'elenco dei proprietari e le planimetrie dei piani vigenti. Il Sindaco notifica l'avvenuto deposito agli espropriandi e ne dà notizia al pubblico con avviso affisso all'albo del Comune e inserito nel Foglio degli annunzi legali della Provincia. Gli interessati possono presentare osservazioni scritte entro 15 giorni. Entro i 15 giorni successivi il Sindaco trasmette tutti gli atti al Presidente della Giunta regionale. Il Presidente della Giunta entro 30 giorni dichiara pubblica utilità e indica indennizzo; segue espropriazione concordata (se non si raggiunge accordo sull'indennità l'espropriazione ha luogo sulla base dell'indennità provvisoria ma il suo ammontare definitivo è determinato da una Commissione provinciale, nominata dalla Regione. Effetto del procedimento espropriativo è di estinguere il diritto di proprietà di un soggetto su un bene facendolo sorgere in testa ad altri soggetti.


Procedimenti dichiarativi

Seguendo una classificazione propria del diritto privato questi procedimenti sono stati distinti dalla scienza amministrativistica in procedimenti di scienza (quando prevale il momento dell'acquisizione) e procedimenti di conoscenza (quando prevale il momento della dichiarazione).


Procedimenti contrattuali. Procedimento e consenso del privato

I procedimenti che si fondano sul consenso del privato si distinguono in 2 categorie, a seconda che l'atto consensuale (variamente definito accordo, convenzione, intesa, concordato, ecc.) sia servente ad un procedimento amministrativo, oppure, al contrario, che il procedimento amministrativo svolga un ruolo servente al contratto. Nel primo caso, al termine del procedimento, di regola, vi è un provvedimento amministrativo. Nel secondo caso, di regola, al termine del procedimento vi è un contratto. Le pubbliche amministrazioni hanno dunque piena capacità di diritto privato e sono legittimate a porre in essere tutti i negozi, ad eccezione di quelli ai quali non possono ricorrere le persone giuridiche.


Conferenze di servizi, accordi di programma e accordi procedimentali

Le conferenze di servizi sono strumenti per rendere contestuale una procedura che normalmente si svolge in una sequenza articolata di fasi. Alla conferenza partecipano uffici pubblici, ciascuno con i poteri che sono ad essi conferiti in via ordinaria. La conferenza di servizi è regolata da una norma generale e da alcune norme speciali del 1994, che rinviano a quella generale. La norma generale è contenuta nell'art. 14 della legge n. 241 del 1990, più volte modificata. Le linee principali della disciplina ivi contenuta sono le seguenti: la conferenza riunisce amministrazioni pubbliche; essa si conclude con determinazioni concordate nella conferenza; le determinazioni sostituiscono a tutti gli effetti i concerti, le intese, i nullaosta e gli assensi richiesti, nonché gli atti di consenso, comunque denominati; le determinazioni vincolano le amministrazioni partecipanti nella stessa misura in cui le vincola l'esercizio in via singolare del potere pubblico. Alla conferenza di servizi si può ricorrere per ogni attività amministrativa. Le norme speciali consentono di ricorrervi per l'approvazione di progetti di opere pubbliche, per la loro esecuzione e per la localizzazione di interventi statali difformi dagli strumenti urbanistici. Comunque, ogni volta che vi siano più amministrazioni, che si tratti di interventi urbanistici, ambientali, relativi a beni culturali ecc., è possibile ricorrere alla conferenza. Elementi essenziali della conferenza sono che l'attività di un privato richieda un intervento di un potere pubblico e che debbano decidere più amministrazioni pubbliche. Quanto ai tipi, la conferenza può essere istruttoria o decisoria, facoltativa o obbligatoria. La conferenza istruttoria serve all'acquisizione e selezione degli interessi pubblici, consistendo in una negoziazione informale con funzione di semplificazione della fase istruttoria del procedimento. Quella decisoria consente di sostituire una pluralità di atti decisori con una decisione collegiale. Quanto al ricorso alla conferenza di servizi, secondo la giurisprudenza, alle pubbliche amministrazioni è riservata un'ampia valutazione di merito in ordine all'opportunità di valersi di questo strumento. Tuttavia, vi sono casi in cui la legge rende la conferenza di servizi obbligatoria.

Gli accordi sono strumenti per coinvolgere più amministrazioni ed eliminare i tempi morti dell'attuazione di interventi pubblici, assicurando il coordinamento paritario e consensuale degli uffici ed enti coinvolti. Con gli accordi si definiscono tempi e modalità di azione, finanziamenti, interventi surrogatori, procedure di soluzione di conflitti. Anche per l'accordo vi sono una disciplina generale e più discipline speciali. La disciplina generale è contenuta nell'art. 15 della legge 241 del 1990. Secondo questa: soggetti dell'accordo sono amministrazioni pubbliche; oggetto dell'accordo è lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune. I soggetti dell'accordo sono sempre pubblici ma vi sono casi un cui gli accordi di programma coinvolgono anche soggetti privati interessati.

La disciplina degli accordi procedimentali in senso proprio (pubblico-privato) è contenuta nell'at. 11 della legge n. 241 del 1990. Questo: prevede accordi determinativi del contenuto del provvedimento e sostitutivi del provvedimento; questi ultimi sono ammessi nei casi previsti dalla legge; dispone che gli accordi riguardino l'amministrazione procedente e gli interessati; impone la forma scritta; dispone l'applicazione dei principi civilistici su obbligazioni e contratti; consente il recesso, salvo indennizzo, dell'amministrazione; prevede la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo; prevede che possa essere disposto un calendario di incontri con il destinatario del provvedimento ed eventuali controinteressati.

Per raggiungere intese tra uffici e enti pubblici, sono previsti conferenza e accordo; per intese tra amministrazioni pubbliche e privati è previsto l'accordo procedimentale; la conferenza sostituisce gli atti delle singole amministrazioni; l'accordo procedimentale è sostitutivo del provvedimento finale solo nei casi previsti dalla legge; l'accordo tra amministrazioni disciplina lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune e quindi non sembra possa avere effetto sostitutivo; sotto il profilo procedimentale, la conferenza si conclude con una determinazione concordata nella conferenza; l'accordo tra amministrazioni non ha un'articolazione in sequenze; l'accordo procedimentale può essere preceduto da un calendario di incontri. L'art. 14.4 bis della legge n. 241 del 1990 prevede per la conferenza di servizi, la possibilità di ricorrervi per più procedimenti connessi, riguardanti medesimi attività e risultati.


I contratti della pubblica amministrazione

Le pubbliche amministrazioni possono stipulare ogni tipo di contratto. I contratti vengono distinti, nella normativa statale, in attivi e passivi, a seconda che procurino una entrata o comportino una spesa. Questa distinzione si trova nel regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, contenente disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato. Questa norma riguarda le amministrazioni statali e non quindi gli enti pubblici diversi dallo Stato.




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