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La seconda guerra mondiale - persecuzione degli ebrei




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LA SECONDA GUERRA MONDIALE - PERSECUZIONE DEGLI EBREI




L'ideologia nazista si basava sul principio della superiorità del popolo tedesco, con la quale si giustificava la politica di aggressione verso le "razze inferiori". Repressione politica, propaganda razzista e pianificata persecuzione e distruzione degli ebrei furono i punti fermi della coesione dei tedeschi attorno al Fuhrer, Adolf Hitler. Così, nel XIX secolo, in Germania iniziò il razzismo antisemita. Termine usato come eufemismo di Judenhass, ovvero "odio per gli ebrei". Nonostante l'etimologia, esso non si riferisce all'odio nei confronti di tutti i popoli semiti (cioè quelli che parlano lingue appartenenti al gruppo semitico, inclusi l'arabo, l'ebraico, l'aramaico e l'amarico), ma unicamente all'odio e alla discriminazione nei confronti degli ebrei. Chiunque fosse ritenuto pericoloso poteva essere arrestato e condannato. La polizia divenne lo strumento principale dell'azione della Nsdap e nel 1933 in Prussia nacque la Polizia Segreta di Stato, la Gestapo. La persecuzione nazista ai danni degli ebrei si basava su due punti principali: il primo era costituito dalla centralità della prospettiva razzista: nella comunità del popolo tedesco, tutti dovevano far parte della stessa razza, quella ariana. Il secondo elemento fu l'utilizzo degli ebrei come capo espiatorio delle difficoltà postbelliche tedesche: la finanza ebraica fu additata come la principale colpevole del dissesto che aveva inghiottito i risparmi del ceto medio. Secondo la propaganda nazista, insomma, gli ebrei avevano ordito una vera e propria congiura ai danni della Germania. Nel 1933 la popolazione ebrea fu esclusa dall'amministrazione pubblica e poco dopo anche dall'insegnamento e dal giornalismo; nel 1935 vennero promulgate le leggi di Norimberga che, di fatto, esclusero i cittadini di origine ebraica da ogni aspetto della vita sociale tedesca. Queste leggi impiegavano una base pseudo-scientifica per la discriminazione razziale nei confronti della comunità ebraica tedesca. Le persone con quattro nonni tedeschi vennero considerate di 'sangue tedesco', mentre era considerato ebreo chi aveva tre o quattro nonni ebrei. Le persone con uno o due nonni ebrei erano considerate di 'sangue misto'. In mancanza di differenze esteriori percepibili, i nazisti stabilirono che, per determinare la razza originaria degli slavi, la fede religiosa praticata dagli stessi era sufficiente a qualificarli come ebrei e quindi sub-umani.

La prima legge, la legge sulla cittadinanza del Reich, negava agli ebrei la cittadinanza germanica. Gli ebrei divennero Staatsangehöriger (letteralmente «appartenenti allo Stato»). Questo comportò la perdita di tutti i diritti garantiti ai cittadini come, ad esempio, il diritto di voto.

La seconda legge, la legge per la protezione del sangue e dell'onore tedesco, proibiva i matrimoni e le convivenze tra 'ebrei' e 'tedeschi' . La legge proibiva inoltre il lavoro di ragazze 'tedesche' al disotto dei quarantacinque anni di età in famiglie 'ebree'. Nel 1938 furono vietate le attività professionali e infine si arrivò alla proibizione di esercitare qualsiasi attività economica.

L'iniziale politica tedesca di obbligare gli ebrei ad un'emigrazione «forzata» dai territori del Reich raggiunse il suo apice nel corso del pogrom del -10 novembre , passato alla storia con il nome di «Notte dei cristalli», quando circa 30.000 ebrei vennero deportati presso i campi di Buchenwald, Dachau e Sachsenhausen ed obbligati ad abbandonare, spogliati di ogni bene, la Germania e l'Austria per poter riottenere la libertà.

Allo scoppio del secondo conflitto mondiale la politica di emigrazione forzata non poté più essere praticata con successo a causa delle difficoltà imposte dalla guerra stessa. La nuova «soluzione» si basò sul fatto che in molte città d'Europa gli ebrei avevano vissuto in zone ben delimitate. Per questo i nazisti formalizzarono i confini di queste aree e imposero una limitazione degli spostamenti agli ebrei che vi erano confinati, creando i ghetti moderni. I ghetti erano, a tutti gli effetti, prigioni nelle quali molti ebrei morirono di fame e malattie; altri furono uccisi dai nazisti e dai loro collaboratori dopo essere stati sfruttati nell'impiego a favore dell'industria bellica tedesca.



Nel dicembre del 1941 Hitler decise infine di sterminare gli ebrei d'Europa; durante la Conferenza di Wannsee (20 gennaio ), molti leader nazisti discussero i dettagli della 'soluzione finale della questione ebraica' (Endlösung der Judenfrage).

Le decisioni prese a Wannsee portarono alla costruzione dei primi campi di sterminio nel contesto dell'Operazione Reinhard che provvide alla costruzione ed all'utilizzo di tre centri situati nel Governatorato Generale: Treblinka, Sobibór e Belzec che complessivamente, tra il ed l'ottobre , portarono alla morte di 1.700.000 persone deportate dai ghetti attraverso l'utilizzo di camere a gas fisse e mobili che sfruttavano il monossido di carbonio per le uccisioni.

Le «esperienze» maturate nei campi dell'Operazione Reinhard condussero all'ampliamento dei campi di concentramento e di quattro nuove grandi camere a gas ed impianti di cremazione presso il centro distaccato di Auschwitz II - Birkenau. Ad Auschwitz, per lo sterminio degli ebrei, vennero studiate nuove «soluzioni» che permettessero di eliminare il maggior numero di soggetti nel modo più rapido ed efficiente.

Le eliminazioni di massa venivano condotte in modo sistematico: venivano fatte liste dettagliate di vittime presenti, future e potenziali, così come sono state trovate le meticolose registrazioni delle esecuzioni. In aggiunta alle esecuzioni di massa, i nazisti condussero molti esperimenti medici sui prigionieri, bambini compresi.

Ad Auschwitz - Birkenau, venivano combinati il lavoro schiavistico con lo sterminio sistematico. I convogli di deportati (circa 2.000 - 2.500 prigionieri per treno), spesso chiamati trasporti, composti da vagoni merci contenenti dalle 80 alle 120 persone costrette ad inimmaginabili condizioni di vita, che spesso viaggiavano per 10-15 giorni per raggiungere la loro ultima meta. I treni di deportati, a partire dal fino al maggio , arrivarono ad una piccola banchina ferroviaria, universalmente nota come la rampa degli ebrei e situata a circa 800 metri all'esterno del campo di Auschwitz. Appena arrivati a destinazione i treni venivano rapidamente scaricati dal loro triste carico umano ed avveniva la selezione. I prigionieri venivano divisi in due gruppi: quelli troppo deboli per lavorare venivano uccisi immediatamente nelle camere a gas, che erano a volte mascherate da docce e i loro corpi bruciati, mentre gli altri venivano impiegati come schiavi nelle fabbriche situate dentro o attorno al campo. Gli uomini venivano separati dalle donne e dai bambini formando due distinte file. A questo punto personale medico delle SS decideva chi era «abile al lavoro». Mediamente solo il 25% dei deportati aveva possibilità di sopravvivere. Il restante 75% (donne, bambini, anziani, madri con figli) era inviato direttamente alle camere a gas. I nazisti costrinsero anche alcuni dei prigionieri a lavorare alla rimozione dei cadaveri e allo sfruttamento dei corpi. I prigionieri dichiarati abili al lavoro venivano condotti negli edifici dei bagni, dove dovevano, anzitutto, consegnare biancheria ed abiti civili, nonché tutti i monili di cui erano in possesso; venivano privati, inoltre, dei documenti d'identità eventualmente posseduti. Uomini e donne potevano conservare solo un fazzoletto di stoffa; agli uomini era concesso conservare la cintura dei pantaloni.
Successivamente, i prigionieri venivano spinti nel locale in cui erano consegnati ai barbieri, che li radevano su tutto il corpo. L'operazione era condotta in maniera sbrigativa, dopo aver inumidito le zone sottoposte a rasatura con uno straccio intriso di liquido disinfettante.
Passaggio successivo era la doccia, cui seguiva la distribuzione del vestiario da campo: una casacca, un paio di pantaloni ed un paio di zoccoli. I denti d'oro venivano estratti e i capelli delle donne venivano riciclati per la produzione industriale di feltro.



Rivestiti dell'abbigliamento da campo, i prigionieri venivano poi registrati: veniva compilato un modulo con i dati personali e con l'indirizzo dei familiari più prossimi. I detenuti ricevevano, poi, un numero progressivo che, per tutta la durata del soggiorno all'interno del campo di concentramento, ne avrebbe sostituito il nome. Il numero era tatuato sul braccio sinistro del prigioniero, dapprima attraverso uno speciale timbro di metallo, sul quale venivano fissate cifre interscambiabili fatte di aghi della lunghezza di circa 1 centimetro e successivamente attraverso il ricorso a singoli aghi, utilizzati per eseguire punture sull'avambraccio.

Nel campo non c'erano servizi igienici, nessuna assistenza medica, fame ed epidemie erano all'ordine del giorno.

Questa popolazione dovette subire numerose violenze sia fisiche che psicologiche, morali e l'olocausto, cioè il loro sterminio, arriva ad una cifra di circa 5 milioni di ebrei sui 7,5 che vivevano in Europa. Un numero altissimo di vittime che è  confermato dalla vasta documentazione lasciata dai nazisti stessi e dalle testimonianze dirette e dalle registrazioni statistiche delle varie nazioni occupate. Questo massacro è appunto chiamato olocausto oppure Shoah, un termine ebraico che significa "tutto bruciato" e che si riferiva ai sacrifici che venivano richiesti agli Ebrei dalla Torah: si trattava di sacrifici di animali uccisi e bruciati sull'altare del tempio. A causa del significato teologico che la parola porta, molti ebrei trovano inappropriato l'uso di tale termine: viene infatti considerato offensivo pensare che l'uccisione di milioni di ebrei sia stata una 'offerta a Dio'. Inoltre il popolo ebraico non è stato 'tutto bruciato', perché una parte è sopravvissuta al genocidio.

Hitler attuò inoltre delle persecuzioni verso gli omosessuali, gli zingari, i testimoni di Geova e persone con problemi fisici.



Uno tra i più famosi poeti della letteratura italiana, Umberto Saba, aveva anch'egli origini ebree e durante il conflitto restò vittima delle persecuzioni in atto e fu costretto a fuggire a Firenze con la famiglia. Dovette lasciare il suo lavoro di libraio e solamente grazie alla nazionalità italiana del padre riuscì a sfuggire ad azioni di intolleranza più violente. Inoltre Saba è un poeta a cui siamo particolarmente legati in quanto nasce nella nostra città, possiamo ancora visitare la sua libreria in Via S. Nicolò e da qualche anno ammirare la sua statua in Via Dante.


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