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I fattori storico-socio culturali che favorirono l'ascesa di Mussolini




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I fattori storico-socio culturali che favorirono l'ascesa di Mussolini


L'Italia del primo dopoguerra era un paese lacerato da gravi conflitti interni, mista a fermenti politici e sociali.

In questo quadro si delineò un movimento che influenzò la storia di buona parte del Novecento: il fascismo, il cui leader indiscusso fu Benito Mussolini che abbracciò una politica di violenza e di aggressione.

Nonostante ciò questo partito ottenne crescenti consensi dai ceti medio-alti, spaventati dal possibile sfociare di una rivoluzione simile a quella bolscevica.

Contemporaneamente, Mussolini elaborò un programma moderato da presentare alle elezioni in cui Giolitti mirava ad utilizzare il partito fascista come forza d'urto contro gli estremismi del fronte popolare; ma, di fatto, il capo del governo riconobbe il fascismo come forza politica.

Inoltre, grazie all'efficace tattica governativa e alla violenza squadrista, il movimento ottenne progressivamente il consenso prima degli industriali, poi della Santa Sede, con cui firmò i Patti Lateranensi, e infine della monarchia con l'appoggio del re Vittorio Emanuele III.

Questi in occasione della Marcia su Roma, fu colui che favorì indiscutibilmente l'ascesa del governo di Mussolini; infatti il re si rifiutò di firmare lo stato d'assedio in seguito all'invasione della capitale da parte dei fascisti nel '22 e, come effetto, si ebbero le dimissioni del governo Facta che lasciò campo libero al leader fascista.

Il nuovo disegno governativo si prefiggeva l'obiettivo di annientare socialisti e comunisti e ciò fu reso possibile grazie alla legge "Acerbo" che assicurava un "premio di maggioranza" a coloro che alle elezioni avessero ottenuto almeno il 25% dei voti: era evidente la discriminazione nei confronti delle forze minoritarie.

Alle elezioni del '24, in cui si verificarono violenze e pestaggi, i fascisti si presentarono fiancheggiati da esponenti liberali, formando il cosiddetto "listone" che ottenne la maggioranza.

Successivamente il leader socialista Giacomo Matteotti denunciò ufficialmente in Parlamento i brogli elettorali e le tangenti che l'Italia riceveva da Francia e Stati Uniti, scatenando la reazione violenta delle squadre fasciste dalle quali fu rapito e assassinato.

Questo atto indignante provocò l'allontanamento delle forze politiche dal Parlamento che chiesero l'intervento del re e che, di fatto, lasciarono il potere nelle mani del fascismo.

Fu questo un gravissimo errore istituzionale che segnò l'inizio del regime dittatoriale, caratterizzato dall'assunzione dei pieni poteri da parte di Mussolini e dalla soppressione di tutte libertà politiche e sociali.

Lo stato totalitario si dotò di un'organizzazione efficiente in grado di "fascistizzare" tutta la società italiana, compito affidato al Partito Nazionale Fascista, e di regolare la politica economica.

Fu quest'ultimo il campo in cui si vide nella guerra l'unico modo per risollevare l'economia del Paese.

Da questo momento in poi si getteranno progressivamente le basi dell'ormai inevitabile conflitto mondiale.

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