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L'immigrazione- La scoperta del nuovo mondo - tesina




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Liceo socio - psico - pedagogico

"Danilo Dolci"






L'immigrazione


La scoperta del nuovo mondo






L'immigrazione:

un problema attuale



Introduzione Le migrazioni hanno caratterizzato la storia dell'uomo sin dalle origini.

Possiamo distinguere diversi tipi di migrazione; a seconda se considerate dal luogo di partenza o dal luogo di arrivo le migrazioni si possono distinguere in emigrazioni ed immigrazioni.

Le emigrazioni con riferimento alla loro durata possono essere distinte in emigrazioni stagionali, temporanee o definitive.

Le emigrazioni sul piano giuridico possono, invece,essere individuate come emigrazioni interne ad esempio dalla campagna alla città, come è avvenuto nel passaggio dal sistema agricolo a quello industriale ,o emigrazioni internazionali, ossia verso un paese straniero.




Le principali cause del movimento migratorio


Nel corso del XX - XI secolo il flusso migratorio non si è praticamente mai arrestato. Il continuo spostamento di individui singoli, di famiglie, di intere comunità ha motivazioni molto complesse, che sono inerenti sia alla necessità di fuga, sia all'attrazione.

Oggi il fenomeno dell'emigrazione riguarda soprattutto paesi che o sono strangolati da un elevatissimo debito estero, o sono interessati da conflitti armati relativi a conflitti politici, religiosi, etnici, che rendono praticamente impossibile l'organizzazione della vita economica e sociale.

Le principali cause che spingono a lasciare il proprio paese sono:


  • Mancanza di prospettiva per il futuro.
  • Peggioramento delle condizioni di vita.
  • Cause economiche.
  • Degrado ambientale del paese di provenienza.
  • Violazione dei diritti umani.
  • Tra le cause storiche: colonialismo e neocolonialismo.
  • Aspettative di migliori condizioni di vita nel paese di destinazione.
  • E, la meno importante: curiosità e gusto per l' avventura.



  




Le condizioni di vita degli immigrati

Non é possibile sapere con certezza quanti siano gli immigrati presenti nel nostro paese, poiché a quelli che hanno ottenuto la cittadinanza e a quelli provvisti di regolare permesso di soggiorno, vanno aggiunti  i "clandestini", cioè coloro che sono costretti a nascondersi e risultano quindi sconosciuti agli uffici anagrafici. Gli immigrati per la maggioranza provengono dall'Africa del Nord, Asia, America Latina e paesi dell'Europa orientale ( Albania, ex Jugoslavi, Polacchi e Rumeni).

Per regolamentare le politiche sull'immigrazione nel 2002 è stata istituita la legge Bossi-Fini, intervenuta su numerosi punti: entra in Italia solo lo straniero che ha già in tasca un contratto di lavoro; diminuzione da tre a due anni della durata del permesso di soggiorno; introduzione di un reato per il clandestino che rientra in Italia nonostante sia stato espulso; sanatoria per colf e badanti irregolari: impronte ai lavoratori extracomunitari.

Si parla inoltre di reato d'immigrazione clandestina nel cosiddetto "pacchetto di sicurezza" emanato dal ministro dell'Interno Roberto Maroni.


Per comprendere appieno il dramma di queste persone si deve pensare in primo luogo alla disperazione che le costringe a lasciare la propria terra, le proprie famiglie ad affrontare viaggi spesso molto pericolosi e faticosi, soprattutto per donne e bambini. Al loro arrivo si trovano di fronte a svariati problemi come difficoltà a capire la lingua e a trovare lavoro e alloggio. Poi sono sottoposti ad ostilità da parte della popolazione e soffrono spesso di solitudine. In molti casi il percorso di un extracomunitario é di trovare alloggio da un amico e successivamente cercare casa e lavoro, anche se questo spesso gli viene offerto a nero in modo da non pagare le tasse. Siamo abituati a vedere che gli immigrati vivano d'elemosina, oppure che facciano i lavavetri o i venditori ambulanti, sempre che non entrino nel giro della droga. Certo queste attività sono molto diffuse ma i dati dimostrano che la maggior parte di loro è impiegata nell'industria e nell'agricoltura. E a questo proposito si pone una questione essenziale: è giustificato il timore diffuso che questi lavoratori aumentino la disoccupazione del paese? La loro disponibilità ad accettare i lavori più pericolosi con salari bassissimi può indurre imprenditori senza scrupoli a preferirli ai braccianti italiani? Non si può negare che tale preoccupazione sia talvolta giustificata, ma gli immigrati generalmente svolgono lavori che i nostri giovani disoccupati non sono disposti ad accettare perchè faticosi o precari.





Integrazione a scuola


L'integrazione degli immigrati nella società d'accoglienza è un obiettivo fondamentale, e in questo processo il ruolo della scuola è primario. Tale integrazione è oggi comunemente intesa come un processo bi-direzionale , che prevede diritti e doveri tanti per gli immigrati quanto per la società che li accoglie.

I diversi modelli d'integrazione oggi presenti in Europa costituiscono la più concreta testimonianza di quanto sia complesso l'obiettivo dell'integrazione. La realtà attuale mostra come non esista una sola risposta alla domanda "qual è il modo migliore per garantire l'integrazione?".


Per capire la situazione italiana nei confronti dell'educazione interculturale bisogna fare due considerazioni. La prima è che la presenza di alunni stranieri è molto disomogenea e differenziata sul territorio nazionale.

La concentrazione di alunni stranieri è molto più elevata nelle aree del centro nord del paese ed investe non solo le grandi città , ma anche i piccoli centri. La seconda considerazione relativa alla realtà italiana è che il cambiamento è stato rapidissimo soprattutto nel triennio 2004/2006 dove si è assistito ad un maggiore incremento.

L'Italia è dunque passata da una fase nella quale la scuola ha dovuto affrontare il fenomeno con emergenza, ad una fase di valutazione delle esperienze già realizzate.



Le premesse legislative e la politica scolastica


I minori stranieri, come quelli italiani, sono innanzi tutto "persone" e, in quanto tali, titolari di diritti e doveri che prescindono dalla loro origine nazionale.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani infatti, all'art. 2 afferma che:

"Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione".

In particolare il diritto-dovere all'inserimento scolastico dei bambini stranieri è riconosciuti dalla legge 943/ 1986 e dalle circolari ministeriali 301/1989 e 205/1990; la legge sancisce il diritto dei cittadini extracomunitari e delle loro famiglie all'inserimento e all'uso dei servizi educativi scolastici e sanitari comuni e ordinari. Le due circolari dettano una serie di norme relative all'inserimento nella scuola dell'obbligo, all'insegnamento dell'italiano come seconda lingua, al riconoscimento della scolarità precedente e delle eventuali difficoltà, al diritto di mantenere lingua e cultura di origine; la circolare ministeriale 73/1994, infine sottolinea l'importanza dell'educazione interculturale e della scuola come luogo di "mediazione fra le diverse culture" e riconoscimento dell'identità culturale altrui.



Italia: la scelta dell'educazione interculturale


L'Italia basandosi su questi principi ha scelto la piena integrazione di tutti nella scuola e l'educazione interculturale come suo orizzonte culturale.

Il problema pedagogico dell'educazione interculturale sta anzitutto nella necessità di evitare l'atteggiamento di semplice assimilazione[1]. Al contrario l'atteggiamento interculturale cerca di promuovere l'integrazione e il pluralismo culturale , valorizzando il bilinguismo, il biculturalismo e favorendo lo sviluppo in tutti i bambini di una cultura della differenza basata sullo scambio, sul dialogo, la conoscenza e la comprensione delle diverse culture per giungere ad un reciproco arricchimento. L'educazione interculturale come sostiene Luigi Secco, è necessaria "indipendentemente" dalla presenza di alunni di altre comunità etniche" per promuovere lo sviluppo del pensiero critico e aperto al cambiamento.

L'educazione interculturale è quindi anche un'educazione all'alterità, in cui non ci si limita ad accogliere e a illustrare le culture altrui, ma si cerca di far penetrare nei codici che la caratterizzano rispettandone la diversità.




L'insegnamento dell'italiano e altri apprendimenti


Uno degli obiettivi prioritari nell'integrazione degli alunni stranieri è quello di promuovere l'acquisizione di una buona competenza nell'italiano scritto e parlato per assicurare uno dei principali fattori di successo scolastico e d'inclusione sociale.

Gli alunni stranieri, al momento del loro arrivo, si devono confrontare con due diverse strumentalità linguistiche:

  • La lingua italiana indispensabile per comunicare nella vita quotidiana;
  • La lingua italiana specifica, necessaria per comprendere ed esprimere concetti, sviluppare l'apprendimento delle diverse discipline (la lingua dello studio).

La lingua per comunicare può essere appresa in un arco di tempo che può oscillare da

pochi mesi ad un anno, in relazione all'età, alla lingua d'origine, all'utilizzo in ambiente extrascolastico. Per apprendere la lingua dello studio, invece, possono essere necessari alcuni anni, considerato che si tratta di competenze specifiche. Lo studio della lingua italiana deve essere inserito nella quotidianità dell'apprendimento e della vita scolastica degli alunni stranieri, con attività di laboratorio linguistico e con percorsi e strumenti per l'insegnamento intensivo dell'italiano.

L'apprendimento e lo sviluppo della lingua italiana devono essere al centro dell'azione

didattica. Occorre, quindi, che tutti gli insegnanti della classe, di qualsivoglia disciplina, siano coinvolti. Nella fase iniziale ci si può valere di strumenti e figure di facilitazione linguistica (cartelloni, alfabetieri, carte geografiche, testi semplificati, strumenti audiovisivi o multimediali, ecc.) promuovendo la capacità dell'alunno di sviluppare la lingua per comunicare.

Una volta superata questa fase, va prestata particolare attenzione all'apprendimento

della lingua per lo studio perché rappresenta il principale ostacolo per l'apprendimento delle varie discipline.

Strumenti preziosi per l'apprendimento di diverse discipline possono essere i libri in

lingua originale, bilingui, i testi facilitati, dizionari nelle diverse lingue, video e cd rom multimediali sulle diverse lingue e culture. Diventa strategico da parte delle scuole potenziare le biblioteche scolastiche



I mediatori linguistici e culturali


L'educazione interculturale non è una disciplina aggiuntiva, ma una dimensione trasversale, uno sfondo che accomuna tutti gli insegnanti e gli operatori scolastici, che per primi entrano in contatto con le famiglie straniere.

Diventa, quindi, prioritario il tema della formazione, iniziale e in servizio, dei docenti.

Secondo i pedagogisti Duccio Demetrio e Graziella Favaro, coautori di un testo dal titolo Bambini stranieri a scuola, la presenza dei bambini immigrati nella scuola italiana a partire dalla metà degli anni Ottanta porta con se la necessità della presenza

di mediatori linguistici e culturali in ambito educativo e scolastico.

Nelle scuole che hanno una presenza consolidata di alunni stranieri e che utilizzano il mediatore, si è cercato di definire con maggior precisione i compiti di questa figura professionale. In particolare si possono individuare quattro ambiti d'intervento:


compiti di accoglienza, inserimento e facilitazione nei confronti degli allievi neo-arrivati e delle loro famiglie;

compiti di mediazione nei confronti degli insegnanti; fornisce loro informazioni sulla scuola nei paesi di origine, sulle competenze, la storia scolastica e personale del singolo alunno;

Compiti d'interpretariato e traduzione (avvisi, messaggi, documenti orali e scritti) nei confronti delle famiglie e di assistenza e mediazione negli incontri dei docenti con i genitori, soprattutto nei casi di particolare problematicità;

Compiti relativi a proposte e a percorsi didattici di educazione interculturale, condotti nelle diverse classi, che prevedono momenti di conoscenza e valorizzazione dei Paesi, delle culture e delle lingue d'origine.


Quindi il mediatore si occupa di una varietà di iniziative che vanno dall'accoglienza, all'inserimento, alla conoscenza, alla promozione dell'uguaglianza, alla facilitazione dell'apprendimento, alla valorizzazione della storia del bambino. Quest'ultimo aspetto è, secondo gli autori, il "vero centro di un'autentica progettualità scolastica per l'educazione interculturale. Le storie personali e familiari dei bambini stranieri dovrebbero essere cosi trasformate in "storie di tutti", allo scopo di garantire ad essi il rispetto della propria identità, fornendo allo stesso tempo agli altri bambini una maggiore consapevolezza della propria attraverso il confronto con quelle altrui.

Per questo occorre creare nella scuola un clima dove i bambini stranieri si sentano più vicini al proprio mondo di provenienza. Alla base di tale percorso sta una metodologia dell'ascolto. Tale metodologia si concretizza anzitutto nella conoscenza delle autobiografie d'infanzia, allo scopo di promuovere l'identità e l'autostima che sono rilevanti per l'identità culturale. L'insegnante può servirsi a riguardo di strumenti di ricerca come l'intervista scarsamente strutturata sulla percezione della scuola, della città del paese di accoglienza, sul ricordo del proprio passato e sulle aspettative precedenti all'arrivo. Queste informazioni possono essere raccolte anche attraverso giochi ( ad esempio il "gioco degli occhi chiusi" per evocare ricordi o "il gioco del prendere o lasciare" per valutare il contesto di accoglienza) o mediante interviste panel cioè ripetute ad intervalli regolari. Un'altra tecnica, attuabile a partire dalla scuola elementare, è quella delle scatole segrete in cui a intervalli regolari gli alunni depongono scritti o disegni rispetto ad un dato tema, così da far emergere l'autobiografia della classe.

L'approccio ascolto partecipante consiste invece nell'entrare in contatto con gli alunni attraverso specifiche attività. L'insegnante deve quindi osservare il bambino attraverso l'uso di strumenti, come il registratore o la videocamera, che permettono di studiare successivamente le dinamiche.

Oltre a ciò che voglio descrivere e raccontare, le persone esprimono attraverso le parole anche il loro mondo più interno, di cui non sono consapevoli o non riescono a formulare direttamente la spiegazione, cosi il racconto immaginario libero, la reazione ad una breve storia, la creazione di una favola, una serie di disegni sullo stessa tema, una messa in scena di eventi quotidiani fungono da stimoli per individuare il "non detto" dei bambini,





Scuola - famiglia


La pedagogista Graziella Favaro sottolinea la difficoltà dei bambini migranti che, a differenza dei loro genitori, sono costretti ad attuare una sintesi, fra i modi di pensare e di sentire delle due culture, producendo nuovi modi di pensare. Inoltre molte famiglie immigrate provano, infatti, ansia di fronte all'affidamento dei figli, specie se ancora piccoli, ad un'istituzione scolastica appartenente ad una cultura diversa.

Utile a tal proposito potrebbe essere un foglio informativo, tradotto nelle varie lingue, che spieghi l'organizzazione della scuola e le diverse opzioni educative; riporti il calendario degli incontri scuola-famiglia e una sintesi della modalità di valutazione.

Occorre dunque una negoziazione fra scuola e famiglia. Da questo approccio possono discendere iniziative come "serate in cucina"  con i genitori della classe; feste in occasione di ricorrenze; inviti ai genitori che lo desiderano a parlare del loro paese e della loro cultura d'origine e cosi via.





Ma anche noi siamo stati emigranti una volta !!!


Il fenomeno dell'emigrazione ha caratterizzato la vita dell'Italia a partire dall'unificazione del paese (1861) fino ai primi anni Settanta del XX secolo. Nel corso di poco più di un secolo circa 27 milioni di italiani si sono trasferiti all'estero e circa 25 milioni hanno cambiato residenza all'interno del paese, spostandosi prevalentemente dal sud verso il nord. Fra gli 12 e 14 milioni di persone hanno fatto rientro in Italia, alcuni immediatamente perchè non ammessi nel paese di destinazione, altri perchè delusi e altri per ritrovare le proprie radici.


L'emigrazione italiana può essere divisa in quattro fasi:



La prima fase di emigrazione che va dall'unificazione (1861) ai primi del '900 è dettata da fattori economico-sociali e politici. L'economia del nuovo stato unitario è ancora prevalentemente basata sull'agricoltura. E' un'emigrazione prevalentemente maschile giovane e in particolare composta da contadini che

si dirigono sia in Europa che oltreoceano


  • La seconda fase (1900-1914) coincise con lo sviluppo indu­striale (nel triangolo Torino, Milano, Genova) dell'età giolittiana e con il conseguente abbandono del­le campagne. L'emigrazione di questo periodo era costituita per più del 70% da soli uo­mini che lasciavano le regioni meridionali; anche le destinazioni europee però registrano una forte crescita in particolare verso Francia, Svizzera, Germania e Belgio dove occorreva manodopera per le miniere, l'edilizia e la costruzione di strade e ferrovie. In que­sti anni Giolitti varò la Legge generale sull'emigrazione che limitò l'azione degli speculatori ai danni degli emigranti.

  • Nella terza fase, tra le due Guerre mondiali, si registrò un ral­lentamento del fenomeno migratorio dovuto sia alla chiusura delle frontiere agli immigrati da parte degli Stati Uniti nel 1921, sia alla politica antimigratoria del fascismo per motivi di prestigio e per l'esigenza di trattenere in patria leve di giovani da impiegare per scopi militari In realtà, l'emigrazione dalle campagne e dalla montagna proseguì in forme semiclandestine verso le aree urbane, le cui industrie seguivano lo sviluppo dell'apparato militare, prima impegnato nell'impresa coloniale, poi nella politica di riarmo dettata dall'alleanza con la Germania nazista che precedette lo scoppio della seconda guerra mondiale.

Nella quarta fase che va dal secondo dopoguerra alla fine degli anni '70 l'emigrazione è dapprima  crescente, a causa dei gravi problemi lasciati dalla fine della seconda guerra mondiale, e infine si esaurisce, trasformando l'Italia da paese di emigrazione a paese di immigrazione. Infatti, nel corso di questa fase l'Italia è stata teatro di profondi cambiamenti economici, sociali e politici che hanno mutato le cause e gli effetti dell'emigrazione. La veloce industrializzazione e un complessivo boom economico mettevano in moto un processo di esodo dalle campagne verso i centri urbani e verso le regioni più industrializzate




Alla scoperta del nuovo mondo.


Migliaia di persone vendettero casa, vigna, asino, tutto quello che avevano, raggirati in patria, prima da paesani e poi dagli agenti d'emigrazione. Alcuni di loro appena giungevano negli Stati Uniti d'America, accolti da altri criminali venivano diretti in carri merci o per il bestiame, e finivano ad essere degli schiavi e  a lavorare nelle miniere. Milioni di Italiani furono attirati in America dalle lettere dei loro congiunti; lettere che in popolazioni ridotte alla fame venivano condivise insieme al gruppo, nelle case, a volte nelle piazze, a volte attendibili, a volte no.





Il lungo viaggio





Nel racconto "Il lungo viaggio" estratto da "Il mare colore del vino" di Leonardo Sciascia composto nel 1973, viene narrata la storia di un gruppo di emigranti che cerca di espatriare clandestinamente per raggiungere l'America, affidandosi ad un impresario senza scrupoli che, intascati i soldi del viaggio, dopo undici giorni di notturne peregrinazioni, li sbarca di nuovo sulle coste della Sicilia. Il costo era di duecentocinquantamila lire: metà alla partenza, metà all'arrivo. Avevano venduto tutto quello che avevano da vendere, per racimolarle: la casa, il mulo l'asino le provviste dell'annata, alcuni avevano fatto ricorso perfino agli usurai.

Il racconto consta di due momenti narrativi, la partenza e l'arrivo, entrambi costituiti a sequenze alternate sul contrasto tra la dura e spietata realtà siciliana e il miraggio dell'America. Li unisce lo sfondo notturno. Nella prima parte la notte è quasi minacciosa('Faceva spavento'), vi trapela un paesaggio inospitale ('spiaggia pietrosa', 'deserta spiaggia'), il respiro stesso del mare è quello della 'belva che era il mondo'. L'allusione alla cattiveria del mondo non è tuttavia una resa dolente alla ineluttabilità del destino avverso, ma una denuncia che scaturisce direttamente dalle cose. Una serie di flash illumina la condizione dei contadini poveri, provenienti dalle aride zone dell'interno. Ai loro occhi l'America appare un sogno che trabocca di dollari, il paese delle 'automobili grandi come case', del successo a buon mercato. L'irruzione sulla scena dell'impresario che specula sulla miseria, trasformando gli uomini in merci, chiude la prima parte del racconto.

La notte domina anche nella seconda parte, ma non fa più paura, è un 'incanto'. Vi brillano come 'gioielli' i paesi americani, contrapposti ai paesi siciliani 'aggrumati nell'arida plaga del feudo. Lo stato d'animo collettivo, invaso da un senso di liberazione e di leggerezza, non è però privo però di oscuri segnali premonitori ('Non c'è pericolo che sia un altro posto?'chiede uno). Gli emigranti descritti qui restano esclusi dal sogno americano. Il racconto si chiude con effetto tragicomico la circolarità del racconto, dove tutto riporta al punto di partenza, in realtà ad un'ulteriore degradazione.




Nuovomondo

Emanuele Crialese Salvatore Mancuso, i suoi due figli e l'anziana madre si imbarcano su una nave che dalla Sicilia li porterà verso il sogno americano. I quattro cercano di rimanere uniti e di farsi coraggio. Il viaggio è lungo, estenuante e provoca anche dolore e morte.
Una volta giunti negli Usa saranno ricevuti da un terribile sistema di accoglienza, una sorta di lager di Stato all'interno del quale saranno trattati come esseri umani inferiori.
I Mancuso tenteranno di proteggere la loro dignità, ma alla fine si troveranno a dover compiere delle scelte estremamente dolorose

Recensione: Quattro sono i passaggi visivo/narrativi fondamentali sui quali è costruito Mondonuovo, ultimo film di Emanuele Crialese (presentato alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - Leone d'argento rivelazione).
Il primo. Salvatore, l'aspirante emigrante siciliano, dopo un litigio con la madre (che non vuole abbandonare la Sicilia) compie un gesto simbolico: passa un'intera notte semi-sepolto nella terra davanti la sua casa, per dimostrare, contemporaneamente, il suo attaccamento ai luoghi dove è nato ma anche la sofferenza che tali luoghi comportano a lui e alla sua famiglia.
Il secondo. Il momento della partenza della nave piena di siciliani verso l'America, è raffigurato da Crialese con un'inquadratura dall'alto che confonde passeggeri della nave e parenti che stanno sul molo. Lentamente, l'immenso bastimento si stacca e con estrema lentezza si inizia a intravedere l'acqua del mare, elemento fisico che evidenzia la ferita provocata dalla separazione definitiva dalla terra natia e dagli affetti.
Il terzo. Giunti a New York, i nuovi immigrati sono sottoposti a umiliazioni di tutti i tipi e poi inquadrati come soldati. In fila indiana, guidati da veri e propri kapò, attraversano i corridoi dell'istituto dove si trovano, componendo una sorta di tragico percorso guidato che avvicina quel posto ostile alla dimensione di un autentico lager.
Il quarto. Giunti alla fine della loro esperienza, Salvatore e i suoi familiari immaginano di trovarsi in un gigantesco fiume di latte e di nuotare verso una direzione che nessuno riesce bene ad identificare.






Il punto di vista di Pascoli


La ferita provocata dalla separazione definitiva dalla terra natia, e dagli affetti possiamo ritrovarla anche nel componimento di Pascoli Italy" e ne "La grande proletaria si è mossa".

Il fondamento dell'ideologia di Pascoli è la celebrazione del nucleo familiare, che si raccoglie entro la piccola proprietà, cementato dai legami di sangue, dagli affetti, dai dolori e dai lutti pazientemente sopportati. Ma questo senso geloso della proprietà, del "nido" chiuso ed esclusivo, si allarga inglobando l'intera nazione. Si collocano qui le intime radici del nazionalismo pascoliano. Per questo egli sente con tanta partecipazione il dramma dell'emigrazione; l'italiano che è costretto a lasciare il suolo della patria è come colui che viene strappato dal "nido", dove ci sono le radici più profonde del suo essere.







Italy


Nel 1904, traendo spunto da un episodio veramente accaduto nella famiglia di un piccolo agricoltore suo amico, Pascoli scrisse questo lungo poemetto (450 versi divisi in due canti), che chiama in causa immediatamente il fenomeno dell'emigrazione, guardato con sgomento come perdita d'identità e fattore di estraneità reciproca fra chi è partito e i parenti rimasti in patria. La trama del poemetto ruota principalmente intorno al rapporto fra la piccola Molly e la vecchia nonna, ovvero all'incontro-scontro fra i due mondi, che esse rappresentano.

Protagoniste della poesia sono quindi la piccola Molly, riportata in Italia per trovare aria buona e cure, e la nonna duramente provata da una vita di lavoro e dalla tristezza per la lontananza dei suoi figli. In principio nonna e nipote comunicano con difficoltà, non solo per ragioni di lingua ma anche per il solco culturale che le divide e che reca quasi disagio all'anziana donna. A primavera, quando Molly è finalmente guarita e ambientata, la vecchia si ammala gravemente. Oramai prossima alla morta, essa rivive, in una sorta di visione, il dramma dei suoi figli costretti ad emigrare. Molly regala la sua bambola alla nonna morente e, quando è il momento di ripartire, promette che ritornerà pronunciando finalmente un si in italiano.

Per quanto riguarda il plurilinguismo, nel vocabolario di Italy si intrecciano quattro lingue: l'italiano, l'inglese( poor Molly, Doll. Good bye, ecc) il dialetto della Garfagnana (fifa, il mi' babbo, il mi' fratello.) e l'italo-americano degli emigranti (bona cianza, tichetta ecc). La oro funzione è nello stesso tempo realistica e simbolica: realistica in quanto si può notare la volontà di documentazione veristica del dramma dell'emigrazione e simbolica in quanto l'italiano e il dialetto garfagnino rappresentano la cultura autentica degli emigranti, di cui è emblema la vecchia nonna, mentre l'inglese rappresenta la nuova cultura dei figli degli emigranti, che hanno reciso i legami con le loro origini inconsapevolmente. Fra la lingua della nonna e quella di Molly, l'italo-americano fa da anello di congiunzione. È una lingua tragica e comica allo stesso tempo.

Del lungo poemetto sono state riportate solo le due sezioni finali.


XIX

Non piangere, poor Molly! Esci, fa' piano,

lascia la nonna lì sotto il lenzuolo 185

di tela grossa ch'ella fece a mano.

T'amava, oh! sì! Tu ne imparavi a volo

qualche parola bella che balbetti:

essa da te solo quel die, die solo!

Lascia lì Doll, lasciali accosto i letti, 190

piccolo e grande. Doll è savia, e tace,

né dorme: ha gli occhi aperti e par che aspetti

che li apra l'altra, ch'ora dorme in pace.

XX

Prima d'andare, vieni al camposanto,

s'hai da ridire come qua si tiene. 195

Stridono i bombi intorno ai fior d'acanto,

ronzano l'api intorno le verbene.

E qui tra tanto sussurrio riposa

la cara nonna che ti volle bene.

O Molly! O Molly! Prendi su qualcosa, 200

prima d'andare, e portalo con te.

Non un geranio né un boccio di rosa,

prendi sol un non-ti-scordar-di-me!

'Ioe, bona cianza!' 'Ghita, state bene!'

'Good bye' 'L'avete presa la ticchetta?' 205

'Oh yes' 'Che barco?' 'Il prinzessin Irene'

L'un dopo l'altro dava a Ioe la stretta

lunga di mano. 'Salutate il tale'

'Yes, servirò' 'Come partite in fretta!'

Scendean le donne in zoccoli le scale 210

per veder Ghita. Sopra il suo cappello

c'era una fifa con aperte l'ale.

'Se vedete il mi' babbo il mi' fratello

il mi' cognato' 'Oh yes' 'Un bel passaggio

vi tocca, o Ghita. Il tempo è fermo al bello' 215

'Oh yes' Facea pur bello! Ogni villaggio

ridea nel sole sopra le colline.

Sfiorian le rose da' rosai di maggio.

Sweet sweet era un sussurro senza fine

nel cielo azzurro. Rosea, bionda, e mesta, 220

Molly era in mezzo ai bimbi e alle bambine.

Il nonno, solo, in là volgea la testa

bianca. Sonava intorno mezzodì.

Chiedeano i bimbi con vocìo di festa:

'Tornerai, Molly?' Rispondeva: - Sì! - 225


Leggendo i passi del poemetto si può notare come per Pascoli la salvezza può consistere soltanto nel ritorno al nido d'origine. Il viaggio di Molly è un emblematico viaggio verso la salvezza: la guarigione fisica si accompagna alla sua riscoperta del mondo e della lingua della nonna. La sua ultima parola è in italiano ed esprime una significativa volontà di ritorno: "Tornerai, Molly?" rispondeva: "Si!".


La grande proletaria si è mossa


La tragedia dell'emigrazione induce Pascoli a far proprio un concetto corrente del nazionalismo italiano primo-novecentesco: esistono nazioni ricche e potenti, "capitaliste", e nazioni "proletarie", povere, deboli e oppresse. Tra queste vi è l'Italia che non riesce, a sfamare i suoi figli e deve esportare mano d'opera, destinata bei paesi stranieri, ed essere schiavizzata, disprezzata, trattata con brutale violenza. Ebbene, le nazioni "proletarie" hanno il diritto di cercare la soddisfazione dei loro bisogni, anche con la forza. Pascoli arriva dunque ad ammettere la legittimità delle guerre condotte dalla nazioni proletarie per le conquiste coloniali, in modo da dar terra e lavoro ai loro figli più poveri. In tal caso, per il poeta si tratta di guerre non di offesa, ma di difesa, e pertanto sacrosante. Sulla base di queste principi il 26 novembre del 1911 Pascoli arriva a celebrare attraverso il discorso noto come La grande proletaria si è mossa, la guerra di Libia come un momento di riscatto della nazione italiana, dando una coscienza nazionale alla sua plebe attribuendo loro dignità civile attraverso il possesso della terra. La conquista delle Libia viene vista come la conquista di un nuovo pezzo di patria un nuovo "nido" per tanti italiani costretti ad emigrare all'estero, infatti secondo la definizione di Enrico Corradini, le nazioni "proletarie" sono quelle che hanno una popolazione superiore alle proprie risorse, e perciò sono caratterizzate dal fenomeno dell'emigrazione.




Paul Gauguin

Alla scoperta di ambienti primitivi ed esotici


Tra le cause dell'emigrazione abbiamo citato, anche se a nostro parere sembra la meno importante, Curiosità e gusto per l'avventura;


Proprio Paul Gauguin, come nessun altro artista, volle vivere sulla propria pelle quell'esistenza selvaggia e primitiva che fu al centro della sua opera, spinto non soltanto dal desiderio di poterla ritrarre da più vicino, dal vivo, ma anche dalla volontà di conoscerne la naturalezza e l'ingenua armonia, evocata in aspra contrapposizione con l'odiata civiltà moderna.
Egli, inoltre, con il suo
viaggio in quei paesi lontani, si prefiggeva il compito di sfatare la superficiale nozione di esotismo fornita dalle esposizioni mondiali e dalle cronache, e che affascinava a quei tempi l'Europa, e mostrare quella realtà in modo più profondo, solo dopo essersi immerso all'interno ed averne respirato l'autentica atmosfera. Cercò ambienti di un primitivismo esotico e mistico, cercò calma e voluttà, luoghi di bellezze incontaminate, per esternare un'indole libera e autonoma nei confronti della società. cercando conforto e ispirazione prima in Bretagna, a Pont-Aven (1886), poi ad Arles, nella breve e tragica, e di conseguenza mitica, stagione di convivenza con Van Gogh, bruciata dall'inquietudine interiore che tormentava la labile psiche del pittore olandese. Poi ancora in Polinesia, a Tahiti, e nelle Isole Marchesi, a più riprese, dove l'incanto per la bellezza dei luoghi e della popolazione - delle donne, nel dettaglio - lo entusiasmarono a un lavoro quasi etnologico nei confronti di questa civiltà, allo studio degli indigeni e dei costumi locali.

La pittura di Gauguin è del tutto antinaturalistica in quanto non cerca di rappresentare la realtà nei suoi dettagli, a di rappresentare le immagini interiori, potenti, evocative, cariche di colori puri e abbaglianti, dalle forme semplici, come quelle dell'arte primitiva, che non conosce le regole della prospettiva ma parla direttamente all'immaginazione (ritorno alla bidimensionalità). Fondamentale a questo proposito è l'esperienza bretone in quanto conobbe Emile Bernard, che lo entusiasma con la sua idea di arte sintetica , cioè essenziale, fatta di poche linee e di pochi colori simili alle vetrate medievali cloisonnés. Da qui la tecnica del cloisonnisme, consistente nel contornare con un marcato segno nero cose e persone dipinte e nel riempire lo spazio così definito con un colore uniforme, privo di sfumature o variazione di tono, in modo da rendere piatto il dipinto. Vi è quindi un motivo storicistico, il ritorno all'espressività intensa dell'arte medievale.



Un esempio, "Il Cristo giallo":

E' una tela di intenso valore mistico. L'opera è costruita secondo schemi regolari, semplici. La scena è dominata da un grande crocefisso, come spesso compaiono nella campagna,nelle piazze o nei cimiteri annessi alle chiese bretoni, sotto il quale tre donne, nei tradizionali costumi bretoni, sono inginocchiate a pregare. Stanno al posto della Maddalena, della Madonna e di Giovanni. Fa da sfondo un paesaggio rurale che trasmette un sentimento di calma e di serenità; predominano inoltre i colori primari (giallo, blu, rosso). Giallo è il corpo dell'uomo crocefisso, il prato, i monti, divisi in strisce orizzontale e puntellati dalle macche rosse degli alberi. Vengono quindi evitati i colori intermedi , così da ottenere uno straordinario potere suggestivo. "La pittura come la musica", - scrive Gauguin - "agisce sull'anima attraverso i sensi; i toni pittorici armoniosi corrispondono alle armonie dei suoni". In questo consiste il decorativismo della sua pittura alla ricerca di un'armonia perduta attraverso la riduzione della

pittura a zone piatte e armonizzate di colori entro la ritmica grave dei contorni.



La volontà di evadere dalla civiltà si fa più presente, quando fugge a Tahiti:

Le tele dipinte in questo momento rappresentano luci abbaglianti in contrasto con le fresche ombre della vegetazione esotica: un esempio è questo quadro intitolato "Aha oe feii?"( Come! Sei gelosa??). Il dipinto privo di valori descrittivi, possiede soltanto valori simbolici. Sulla sabbia rosa, nei pressi dell'acqua i cui scintillii sono interpretati come chiazze di colore grigio, ocra arancio e nero (antinaturalistica), due fanciulle si riposano. Fra le due fanciulle si sviluppa un contrasto immediato. Compositivamente sono l'una il rovescio dell'altra: l'una è distesa in pieno sole, l'altra è accoccolata, gravitante sul braccio destro. I loro corpi sono fusi in una sola massa compatta, metà della quale è scura e l'altra chiara. Al perizoma rosso della fanciulla distesa corrisponde la veste rossa con fiori grigio-verdi, poggiata a terra, della fanciulla con la ghirlanda.

Come possiamo notare da questo dipinto nei dipinti di questo periodo vi compaiono soprattutto donne che vengono ritratte in una nudità molto casta e pura e l'intento è quello di mostrare le isole dell'Oceano Pacifico come piccoli angoli di paradiso terrestre dove si vive un'armonia molto pacifica tra uomini e natura. Viene accentuata anche la tendenza all'astrazione e il suo stile si ammorbidisce, le forme sono più modellate, il colore meno violento e più caldo, il contorno meno pesante, benché sempre evidente e più complesso.



L'obiettivo di Gauguin è quello di superare il limite sensoriale dell'impressionismo: secondo Gauguin l'impressione visiva cambia, per esempio si vedrà un rosso diventare più rosso, arancione o violetto, non a causa di circostanze oggettive, ma a causa dello stato d'animo del contemplante e dal significato simbolico di cui si caricano non solo più soltanto gli oggetti, ma i segni (linee e colori) che diventano così i segni del nostro essere.


Paul Gauguin, anche se fu influenzato da quei poeti simbolisti che cercavano, attraverso la musicalità della parola, di esprimere simbolicamente il proprio mondo interiore, appartiene al gruppo degli artisti post-impressionisti. Il post-impressionismo è un termine usato per individuare quelle esperienze figurative sorte dopo l'impressionismo; infatti a partire dal 1880 in Francia si cerca di dare una consistenza alla fugacità. I post-impressionisti non avvertirono più l'esigenza di riflettere la consistenza degli oggetti e della natura attraverso il colore e gli effetti luminosi, cercando, invece, di dare corpo ad una visione del mondo sempre più soggettiva. Bisogna inoltre ricordare che Paul Gauguin fu anche il precursore di quel movimento pittorico sviluppatosi tra il 1898 e il 1908 che prese il nome di "fauvismo", non per il riferimento al tema dell'evasione in un mondo mitico e primitivo dove sfuggire all'aridità della cultura ottocentesca europea, quanto per l'importanza data al decorativismo




Il concetto di Razza secondo

la biologia contemporanea



Si sa che le differenze di razze non esistono più, ma ci sono ancora genetisti che oggigiorno ci credono ancora.

Si sostiene che attraverso la classificazione, diamo un senso al nostro posto nell'universo. La classificazione degli esseri umani, in un piccolo numero di gruppi fondamentali, è in larga parte dovuta alla storia europea e dà origine ad associazioni e divisioni di popolazioni arbitrarie e innaturali. Quando si esaminano gli organismi o si prelevano campioni di geni, tutti gli schemi concordano: gli individui somigliano a quelli che sono loro vicini geograficamente e differiscono da quelli che sono lontani.

Da sempre, per classificare il mondo vivente, esiste la selezione naturale, cioè che l'ambiente seleziona le specie più idonee; ma è vero anche che geografia e clima variano gradualmente e in modo continuo, quindi possiamo aspettarci che gli adattamenti della specie umana variano in modo altrettanto graduale. Negli uomini, le differenze biologiche sono completate ed esasperate dalle differenze di lingua, comportamento, abbigliamento e dalle altre componenti del flusso storico cumulativo che chiamiamo cultura. La diversità genetica, comunque, risulta sorprendentemente ridotta, visto che le distinzioni si basano oramai in larga parte sulla loro diversità culturale più che genetica, tutto questo si spiega perché gli antropologi non parlano più di razze, ma di popolazioni.

La razza è ereditata secondo leggi non scientifiche, secondo un sistema culturale basato sul senso comune o popolare. L'eredità razziale è qualitativa cioè "o tutto o niente", mentre l'ereditarietà biologica è quantitativa e può essere frazionata.

Concludo dicendo che la razza non è dunque una categoria derivata dalla genetica, bensì una teoria popolare dell'ereditarietà, e le classificazioni non derivano necessariamente da fatti naturali.









Mutazioni e pool genetico


Dalla sintesi dei principi mendeliani e dell'evoluzione darwiniana è emersa una nuova branca della biologia, la genetica di popolazioni. Una popolazione è definita come un gruppo di organismi della stessa specie che si riproducono tra loro in un certo spazio. Una popolazione è definita dal suo pool genetico, che è semplicemente la somma totale di tutti gli alleli di tutti i geni di tutti gli individui della popolazione. Ciò che interessa ai genetisti di popolazione sono i cambiamenti del pool genetico e le forze che li producono.

Oggi sappiamo che il DNA delle cellule dell'individuo è una replica esatta del DNA che l'individuo ha ricevuto da suo padre e da sua madre. Tuttavia, se ci deve essere evoluzione, debbono comparire variazioni tra gli individui; tra i fattori che portano a delle variazioni abbiamo: le mutazioni , il flusso genetico, la deriva genetica e la selezione naturale.

  • Le mutazioni, sono cambiamenti ereditari del genotipo. Le mutazioni possono essere provocate da diversi agenti quali raggi x, i raggi ultravioletti, i composti radioattivi e una certa varietà di sostanze chimiche. Ma la maggior parte delle mutazioni avviene spontaneamente con la perdita, lo spostamento o la duplicazione di una parte delle molecole di DNA.

La maggior parte delle mutazioni hanno effetti non favorevoli o letali. Le mutazioni favorevoli, sebbene siano percentualmente poche, sono alla base dei processi evolutivi; esse, infatti, determinano (o aumentano) la variabilità genetica, ovvero la condizione per cui gli organismi differiscono tra loro per uno o più caratteri. Su questa variabilità, tramite la ricombinazione genetica, opera la selezione naturale, la quale promuove le mutazioni favorevoli a scapito di quelle sfavorevoli.

  • Il flusso genico è il movimento degli alleli verso l'interno o l'esterno di una popolazione e può verificarsi come il risultato dell'immigrazione o dell'emigrazione di individui in età riproduttiva. Il flusso genico può introdurre in una popolazione nuovi alleli o alterare quelli presenti. L'effetto globale del flusso genico è quello di diminuire le differenze tra le popolazioni.
  • Un altro fenomeno che produce un cambiamento del pool genetico è la deriva genetica. Esistono due modalità con cui essa può avvenire: l'effetto del fondatore dove si verifica l'aumento di certi alleli e il fenomeno detto collo di bottiglia per cui certi alleli scompaiono per eventi casuali.
  • La selezione naturale infine può sia produrre dei cambiamenti, sia mantenere certe variabili. La selezione naturale agisce sul fenotipo che comprende tutti gli aspetti fisici, fisiologici e comportamentali riscontrabili in un organismo.




Specie e speciazione


Ma come si formano nuove specie? Cioè: come avviene la speciazione?


Una specie è costituita da quegli organismi, molto simili tra loro, che possono incrociarsi dando origine a prole fertile.. perché si verifichi il processo di speciazione, cioè la formazione di una nuova specie, le popolazioni che in passato condividevano lo stesso pool genetico, devono rimanere separate dal punto di vista riproduttivo ed essere soggette a differenti pressioni selettive. Le differenze cosi createsi vengono poi conservate grazie ai meccanismo di isolamento riproduttivo.


Esistono 2 tipi di speciazione:


  • La speciazione allopatica è il risultato della separazione geografica di una popolazione. Una volta separata, la popolazione isolata può cominciare a divergere geneticamente sotto la pressione di differenti forze selettive. Se trascorre un periodo di tempo sufficiente e se le forze selettive sono abbastanza grandi, la popolazione isolata può modificarsi così tanto che, anche se venisse riunite alla popolazione di partenza, i membri delle due popolazioni non potrebbero più incrociarsi tra di loro in condizioni naturali; a questo punto si dice che è avvenuta una speciazione.

  • La speciazione simpatrica non richiede al contrario l'isolamento geografico e la migrazione. Un meccanismo mediante il quale vengono prodotte nuove specie attraverso questo tipo di speciazione è la poliploidia, che consiste nell'aumento del numero di cromosomi. Tuttavia, il fenomeno della poliploidia avviene perlopiù a livello di ibiridi[3], cioè di individui frutto dell'incrocio di due specie differenti e, quindi, sterili.( il mulo prodotto dall'incrocio del cavallo e dell'asino).








Hannah Arendt



Sul versante etico-politico si colloca l'opera di Hannah Arendt, costretta, come tanti altri, a fuggire dalla Germania negli Stati Uniti con l'avvento al potere del Nazismo. Fra i suoi scritti , Le origini del totalitarismo e Vita activa.

La Arendt pone la vita attiva al di sopra di quella contemplativa e individua l'identità umana nell'agire, inteso come agire politico che si intreccia all'etica, in quanto la politica non dovrebbe volgersi a realizzare finalità etiche.

Hannah Arendt articola la vita activa in tre campi a cui corrispondono tre fondamentali attività umane: l'attività lavorativa(labor), l'operare (work), e l'agire (action).

Il labor è l'attività volta a soddisfare i bisogni primari dell'uomo usando la realtà per produrre mezzi di sussistenza

Con il work, l'individuo svolge le attività produttive vere e proprie, opera trasformando il mondo, sviluppando un "mondo artificiale di cose nettamente distinto da quello naturale".

Il terzo concetto quello di action, di azione in senso etico-politico indica l'agire che ha il proprio fine in se stesso.


Alla condizione etico-politica sono connaturati sia la prassi che il discorso. Lo spazio dell'agire è quello della parola, del discorso. Esso implica - allo stesso tempo - uguaglianza e distinzione fra gli uomini: "se gli uomini non fossero uguali , non potrebbero comprendersi fra di loro"; se gli uomini non fossero diversi "non avrebbero bisogno né del discorso né dell'azione per comprendersi a vicenda"


La concezione della Arendt è anti-totalitaria, in quanto vede il totalitarismo come effetto di una passività dell'uomo e delle sue facoltà, di una scissione che è venuta a verificarsi fra teoria e prassi e che occorre, invece, superare. Tale scissione è dovuta alla strumentalizzazione  e dall'isolamento degli individui che li induce alla sottomissione. Il venir meno di una capacità di giudicare, di saper discriminare "bene" "male" ha avuto effetti devastanti e ha prodotto la "banalità del male", gli orrori nazisti nei campi di concentramento






Indicazioni bibliografiche



  • C. Caldo, Geografia umana, Nuova edizione, Palombo editore.
  • De Bernanrdi - Guarracino - Balzani, Tempi dell'Europa tempi del mondo V. 3 B. Mondadori.
  • Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Dipartimento per l'Istruzione Direzione Generale per lo studente Ufficio per l'integrazione degli alunni stranieri Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri.
  • Ugo Avalle - Michele Maranzana, Problemi di pedagogica 3: Luoghi e scopi dell'educazione, Paravia.
  • Ugo Avalle -Michele Maranzana, La conoscenza e la ricerca moduli per la ricerca sociopsicoped. e le scienze sociali, Zanichelli.
  • G. Baldi - S. Giusso - M. Rametti - G. Zaccaria, Dal testo alla storia dalla storia al testo, Paravia.
  • G. Cricco - F. P. Di Teodoro, Itinerario nell'arte V. 3 Dall'età dei lumi ai nostri giorni, Zanichelli.
  • G. Zùnica, Le idee della biologia, Zanichelli.
  • M. De Bartolomeo - V. Magni, Filosofia, filosofie contemporanee, Atlas.






Assimilazione: politica che presuppone che vi siano principi validi per tutti e che il gruppo minoritario adotti i tratti culturali della cultura dominante, e che si mescolino geneticamente ad esso attraverso matrimoni misti.

Pluralismo culturale: politica che presuppone che il gruppo dominante incoraggi la varietà culturale e le minoranze scelgano di mantenere la propria identità.


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