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LA REALTA' CONTEMPORANEA - Aspetti normativi e sociali




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LA REALTA' CONTEMPORANEA

Aspetti normativi e sociali












Aveva in testa il berretto a visiera
E il suo passo appariva lieto e gaio
Ma non vidi mai alcuno guardare
Con tanta ansia la luce.
Non vidi mai alcuno guardare
Con tanta ansia negli occhi
L'esigua tenda azzurra
Che i carcerati chiamano cielo"

O. Wilde


2.1 LA REALTA' PENITENZIARIA CONTEMPORANEA:

DONNE E MINORI IN CARCERE IN ITALIA[25]


Nel 2002 gli "entrati dallo stato di libertà"[26] negli istituti penitenziari per adulti sono stati 81.185; di questi circa il 7,9 per cento (6.413 unità) sono femmine, il 37,1 per cento (30.152 unità) sono stranieri. La distribuzione per sesso degli entrati stranieri è simile a quella per il complesso degli entrati (le femmine rappresentano circa il 9,6 per cento).

Se si considerano però le sole femmine (Figura 1) la distribuzione degli ingressi di appartenenti ai diversi raggruppamenti di Paesi risulta differente. Sono gli altri Paesi europei a rappresentare la quota maggiore di entrate (si tratta soprattutto di rumene, jugoslave, albanesi e ucraine). Seguono in ordine di importanza numerica le entrate provenienti dall'Africa (prevalentemente nigeriane) e dall'America meridionale (soprattutto peruviane, ecuadoriane e colombiane).

Figura 1 - Ingressi di femmine adulte di cittadinanza straniera dallo stato di libertà per raggruppamenti di Paesi di provenienza - Anno 2002



I detenuti presenti negli istituti di prevenzione e di pena per adulti al 31 dicembre 2002 erano 55.670. La presenza femminile si attestava sulle 2.469 unità, pari a circa il 4,4 per cento del totale dei presenti. Si trattava nella maggior parte dei casi (56,9 per cento circa) di celibi e nubili (si veda la Figura 2) con titolo di studio medio-basso (pari o inferiore alla licenza media in circa il 74,4 per cento dei casi - Figura 3).

Figura 2 - Presenti al 31 dicembre negli Istituti di prevenzione e di pena per adulti per stato civile - Anno 2002

Figura 3- Presenti al 31 dicembre negli Istituti di prevenzione e di pena per adulti per titolo di studio Anno 2002 )

A questo proposito vale però la pena di ricordare come queste caratteristiche siano quelle rilevate al momento dell'ingresso del detenuto, che raramente vengono aggiornate in seguito a eventuali variazioni intercorse successivamente.

Esaminando il numero dei presenti alla fine dell'anno distinti per posizione giuridica, i condannati erano 31.864; essi rappresentavano, alla fine del 2002, circa il 57,2 per cento dei presenti. La percentuale dei tossicodipendenti presenti alla fine dell'anno 2002 sul totale dei detenuti è risultata pari al 27,7 per cento:

in termini assoluti si tratta di 15.429 unità, di cui solo una minima parte (3,4 per cento circa) erano femmine, mentre il 26,8 per cento circa erano stranieri.

Riguardo alle attività dei detenuti i presenti lavoranti sono risultati 13.474, di cui la maggior parte alle dipendenze dell'Amministrazione penitenziaria (83,2 per cento circa), nel settore dei servizi. I detenuti iscritti a corsi scolastici sono stati 9.472 (di cui 515 iscritti a corsi di alfabetizzazione per stranieri), quelli iscritti a corsi professionali 4.257.

L'indicatore di affollamento delle carceri, dato dal rapporto tra il numero dei detenuti presenti e i posti letto a disposizione (capienza effettiva), per il 2002 è stato pari a 1.344 per mille a livello nazionale, con situazioni territoriali però molto eterogenee tra di loro tanto che, per una più corretta valutazione di tale misura, sarebbe necessaria un'analisi dettagliata dei singoli istituti. La legislazione penale vigente riserva ai minori un'attenzione particolare. Per essi la misura della detenzione è destinata a rivestire carattere residuale, privilegiandosi piuttosto altre misure che favoriscano la riabilitazione del soggetto, quali ad esempio il reinserimento in famiglia o l'inserimento in comunità. Per questo motivo per i minori ha maggiore significato il dato sugli ingressi nelle diverse strutture in un determinato periodo, piuttosto che quello sui presenti ad una certa data, che risulta piuttosto variabile e legato a fattori contingenti (permessi, ricoveri eccetera).

Per fornire un quadro più completo dei minorenni che entrano in contatto con la giustizia penale minorile, attraverso i suoi servizi, è opportuno considerare inoltre dati non soltanto sugli ingressi o le presenze negli istituti penali minorili (Ipm), ma anche sul transito dei minori nei centri di prima accoglienza (Cpa) e su coloro che sono presi in carico dagli uffici di servizio sociale (Ussm) o collocati in comunità.

Nel 2002 gli ingressi nei centri di prima accoglienza, strutture attraverso le quali transita una parte dei minorenni arrestati o fermati, sono stati 3.513 di cui 723 (20,6 per cento circa) relativi alla componente femminile e 1.952 (55,6 per cento circa) alla componente straniera. Le minorenni straniere hanno rappresentato circa l'88,1 per cento del totale degli ingressi femminili ed il 32,6 per cento circa del totale degli ingressi di stranieri.

Confrontando il dato degli ingressi dei minori con i reati ad essi attribuiti si hanno 1,1 imputazioni di reato per ogni minore accolto. Analizzando le imputazioni per i singoli reati si evince che il maggior numero di esse ha riguardato, per i minori italiani, reati contro il patrimonio (che rappresentano circa il 66,4 per cento del totale) ed in particolare il furto aggravato (che rappresenta il 24,9 per cento circa), seguiti dalle violazioni della legge sugli stupefacenti (21,9 per cento) e, solo in misura minore, da quelle relative a reati contro la persona (5,7 per cento). Anche per i minorenni stranieri la maggioranza delle imputazioni ha riguardato i reati contro il patrimonio: il 73,0 per cento circa del totale, che sale addirittura al 95,3 per cento circa se ci riferiamo alla sola componente femminile.

Negli istituti penali minorili nel 2002 sono stati registrati 1.325 ingressi di minorenni, di cui 196 (il 14,8 per cento circa ) relativi a femmine (Figura 4). L'86 per cento circa degli ingressi è avvenuto per custodia cautelare (Figura 5).

Figura 4 - Ingressi negli I.P.M. per sesso - Anno 2002 (composizione percentuale)

Femmine

Figura 5 - Ingressi negli I.P.M. per posizione giuridica - Anno 2002 (composizione percentuale)

I soggetti presi in carico dagli uffici di servizio sociale sono stati in prevalenza (85,7 per cento circa) italiani. L'8,7 per cento circa erano nomadi e l'11,8 per cento circa femmine. I collocamenti in comunità di minorenni sottoposti a provvedimento penale nel 2002 sono stati 1.326, di cui circa il 7,8 per cento relativi a femmine.

I dati di cui sopra evidenziano come il lavoro dei servizi sociali non riesca ad esplicarsi appieno su soggetti in condizione di clandestinità, privi di legami familiari e sociali quali risultano la maggioranza dei ragazzi stranieri che entrano nel circuito della giustizia minorile. Interesse rivestono anche i dati relativi al transito nei servizi della giustizia minorile di minori che fanno uso di sostanze stupefacenti. Nel 2002 sono transitati nei Cpa., negli Ipm, negli Ussm e nelle Comunità 1.100 soggetti che sono risultati assuntori di sostanze stupefacenti. Si tratta per la stragrande maggioranza dei casi di assuntori di cannabis.


2.2 I REATI DELLE DONNE[27]


La tipologia dei reati commessi dalle donne è espressione chiara del percorso di marginalità che spesso segna le loro vite, riportandole in carcere per brevi e ripetute permanenze: la violazione della legge sulla droga e i reati contro il patrimonio costituiscono infatti il motivo della condanna per la stragrande maggioranza delle detenute.

Compare, tra le tipologie dei reati, anche la voce prostituzione, pur non essendo incriminabile lo status di prostituta; si tratta di reati legati a tale condizione, come oltraggio, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale, violazione del foglio di via, atti osceni, rissa e così via; solitamente ne sono incriminate le immigrate africane o dell'Europa dell'Est e dei paesi balcanici. Per reati connessi al vagabondaggio sono invece spesso incarcerate le donne rom. Negli ultimi anni inoltre si è aggiunto il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.

La condizione di emarginazione vissuta nella società è caratteristica comune della maggioranza della popolazione detenuta sia maschile che femminile, ma il dato che emerge in maniera forte in quest'ultimo caso è la mancanza dell'elemento 'violenza', della pericolosità sociale nei reati delle donne.

Tendenzialmente la popolazione femminile detenuta è condannata a pene non molto lunghe: le condanne infatti si concentrano per lo più nella fascia inferiore ai 3 anni di detenzione.



2.3 LA VITA IN CARCERE


Secondo il primo articolo del nostro ordinamento penitenziario[28] , il trattamento penitenziario "deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona", in particolare "nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti".


2.4 LE STRUTTURE E I SERVIZI


Le caratteristiche degli edifici penitenziari vengono regolamentate dall'articolo 5 dell'ordinamento penitenziario in questi termini: "Gli istituti penitenziari devono essere realizzati in modo tale da accogliere un numero non elevato di detenuti o internati.Gli edifici penitenziari devono essere dotati, oltre che di locali per le esigenze di vita individuale, anche di locali per lo svolgimento di attività in comune".

Secondo una ricerca sulla detenzione femminile svolta nel 1990[29], la maggior parte delle carceri e delle sezioni femminili non dispone di spazi verdi dove trascorrere le ore d'aria. A volte la struttura non dispone nemmeno di un cortile comune cosicché la ore d'aria devono essere trascorse in cella o in sezione ed in questi casi, in realtà, le detenute rinunciano di fatto alle ore d'aria stesse.

Quasi tutti gli istituti sono forniti di biblioteca, le differenze tra carcere e sezione non sono rilevanti se non per il fatto che nelle sezioni i locali per attività comuni sono meno numerosi.


2.5 IL TRATTAMENTO


La rieducazione dei detenuti è affidata alle attività di trattamento che, secondo l'ordinamento, deve essere individualizzato, "deve rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto"(art. 13). Per favorire questo approccio trattamentale è stabilito che:"Un esperto dell'osservazione e trattamento effettua un colloquio con il detenuto o internato all'atto del suo ingresso in istituto, per verificare se, ed eventualmente con quali cautele, possa affrontare adeguatamente lo stato di restrizione. Il risultato di tali accertamenti è comunicato agli operatori incaricati per gli interventi opportuni e al gruppo degli operatori dell'osservazione e trattamento di cui all'articolo 29.Gli eventuali aspetti di rischio sono anche segnalati agli organi giudiziari indicati nel comma 2. Se la persona ha problemi di tossicodipendenza, è segnalata anche al Servizio tossicodipendenze operante all'interno dell'istituto"[30].

Bisogna ricordare che parlando di carcerazione femminile le detenute hanno in genere condanne brevi,e l'attuazione di queste linee programmatiche si scontra con barriere economiche strutturali sociali e burocratiche,e tutti questi fattori complicano non di poco l'attività trattamentale.


IL LAVORO


Le difficoltà ad essere impiegate in qualche lavoro che non sia semplicemente lo svolgimento di mansioni all'interno dell'istituto (pulizia, cucina) sono molte, deve ancora svilupparsi quel ponte tra risorse lavorative del territorio e carcere auspicato dall'art. 47[31] del nuovo regolamento di esecuzione. In particolare mancano spazi all'interno delle strutture dove poter predisporre dei laboratori per organizzare il lavoro.


L'ISTRUZIONE


Dalla ricerca eseguita nel 1990[32] emerge un rapporto positivo tra accesso al lavoro e frequentazione dei corsi. I tassi di frequentazione si alzano all'aumentare del periodo di detenzione e della durata della permanenza nello stesso carcere e sono inoltre molto più alti per le detenute definitive che per quelle ancora in attesa di giudizio.


I PERMESSI


I contatti con il mondo esterno specificati dall'art. 15 dell'ordinamento penitenziario si riferisce in particolar modo ai contatti con i membri della propria famiglia,ma in tal modo rende difficile poter aver un colloquio con persone esterne alla famiglia ("I colloqui con persone diverse dai congiunti e dai conviventi sono autorizzati quando ricorrono ragionevoli motivi")[33].La possibilità di ottenere dei permessi premio[34] viene concessa per coltivare "interessi affettivi, culturali o di lavoro", solamente se vi sia una condotta regolare all'interno dell'istituto di pena affiancata al giudizio dell'assenza di pericolosità sociale.

Osservando una ricerca in merito svoltasi nel 1990[35] notiamo che il tasso di godimento dei permessi si alza con l'allungarsi del periodo di detenzione. La ricerca evidenziava anche delle difficoltà ad ottenere i permessi per detenute che stavano scontando la pena da almeno tre anni; i ricercatori individuavano la causa di tali difficoltà nel fatto che, oltre ai requisiti istituzionali, subentravano anche altri fattori quali la stabilità, la maggiore dimestichezza con le regole del carcere e la maggior frequentazione degli operatori.


MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE


Misure come l' affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 ord. pen.) o la semilibertà (art. 48 ord. pen.) verrebbero concesse una volta avuta la sicurezza che esiste una famiglia pronta ad accogliere la detenuta ed a sostituire il tribunale, il centro di servizio sociale o i carabinieri nelle rispettive funzioni di controllo.Nei fatti però la condizione principale per ottenere la semilibertà (concessa per "partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale") è la possibilità di lavorare fuori dalle mura carcerarie, cosa che appare alquanto difficile considerando l'attuale composizione carceraria femminile ( grande presenza di straniere e tossicodipendenti) e, parallelamente la scarsezza delle opportunità lavorative.

Per le detenute tossicodipendenti o alcooldipendenti c'è la possibilità di ottenere l'affidamento terapeutico[36]. Questa misura alternativa alla detenzione presenta l'inconveniente che non può essere concessa per più due volte.Ciò fa si che le ragazze consumino velocemente questa opportunità, visto che nel campo delle tossicodipendenze le possibilità di ricaduta sono molto frequenti.Inoltre talvolta si riscontrano delle complicazioni di natura burocratica e/o amministrativa come l'attesa a volte molto lunga per avere colloquio con un operatore del Ser.T.



Annuari ISTAT 2004 -Statistiche giudiziarie penali

Per quanto concerne i dati relativi al movimento di detenuti ed internati negli istituti di prevenzione e di pena per adulti occorre specificare che le voci "entrati ed usciti" si riferiscono non ai soggetti, ma agli eventi relativi agli ingressi ed alle uscite; vengono inoltre fornite notizie sulla consistenza e lo stato giuridico di detta popolazione nonché sulle strutture degli istituti penitenziari.

Brano tratto dal rapporto dell'associazione Antigone 2001- www.ristretti.it

L.26 luglio 1975 n. 354 "Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà".

Enzo Campelli, Franca Faccioli, Valeria Giordano, Tamar Pitch "Donne in carcere. Ricerca sulla detenzione femminile in Italia" Feltrinelli, 1992.

Art. 23 comma terzo del D.P.R. 30 giugno 2000 n. 230 "Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà".

Art. 47 D.P.R. 230/2000 Organizzazione del lavoro

E.Campelli, F.Faccioli, V.Giordano, T.Pitch "Donne in carcere", op.cit.

art.37 D.P.R. 230/2000

secondo l'art. 30-ter dell'ordinamento penitenziario, "è parte integrante del programma di trattamento"

E.Campelli, F.Faccioli, V.Giordano, T.Pitch "Donne in carcere", op.cit.

affidamento in prova in casi particolari, art. 94 D.P.R. 309/1990

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