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Lavoro nel nuovo millennio offresi: come si evolve il mondo delle professioni: Il sogno che per generazioni è stato cullato da padri e madri




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Lavoro nel nuovo millennio offresi: come si evolve il mondo delle professioni: Il sogno che per generazioni è stato cullato da padri e madri, quello dei figli provvisti del «pezzo di carta» e «sistemati» in un buon posto fisso, si è infranto sul monitor di un computer. Nella società del prossimo secolo i titoli di studio possiederanno un valore molto diverso da quello attuale e il «posto fisso» forse non esisterà più non solo come impiego a vita, ma anche come luogo fisico in cui lavorare




Scegliere oggi la professione che si farà all'alba di questo nuovo millennio non è assolutamente un'impresa facile. Soprattutto perché non è ancora chiaro di quali figure ci sarà più bisogno, quali profili professionali emergeranno quando la tumultuosa crescita delle tecnologie dell'informazione che stiamo vivendo finirà di riconfigurare il mercato del lavoro. Nemmeno gli esperti sono concordi.

'In passato, uno studente decideva, per esempio, di laurearsi in ingegneria meccanica sapendo che poi avrebbe progettato pezzi meccanici in qualche industria'.

Oggi, invece, nessuno può scommettere sul lavoro che farà dopo aver conseguito un diploma o una laurea e quanto questo differirà dagli schemi standard della professione. Una cosa sembra certa. Bisognerà prepararsi a svolgere lavori che oggi neanche si immaginano. In altri termini, imparare a essere flessibili e a «costruirsi» una serie ampia di competenze da affiancare alla propria preparazione scolastica o accademica, per svolgere un ruolo attivo sul mercato del lavoro.

«L'era della flessibilità sostituisce l'era della tutela del lavoro» ha detto il presidente del CNEL, Giuseppe De Rita, in un recente convegno dal titolo Lavorare in un mondo che cambia. «Il passaggio dalla tutela alla flessibilità costringe anche il lavoratore e il giovane in cerca di lavoro a un ruolo più attivo e più consapevole delle scelte da compiere». Un giovane, quindi, non potrà più laurearsi e aspettare passivamente che l'azienda in cui verrà assunto gli faccia fare qualcosa.

Il 'pezzo di carta', il diploma, servirà sempre come elemento per compiere una prima scrematura tra i giovani da assumere. Ma non sarà sufficiente. Oltre ad avere questo bisognerà dotarsi di una cultura il più possibile ampia, non tanto ultra-specializzata in senso verticale, ma formata su filoni molto aperti, molto 'orizzontale'. Bisognerà inoltre inventarsi nuovi lavori di nicchia o che richiedono competenze interdisciplinari. Imparare a essere creativi, molto più che in passato.

Insomma, la figura tradizionale dello studente universitario che per almeno 4-5 anni legge e studia solamente i libri di testo e ignora che cosa accade nel mondo che lo circonda non potrà più esistere. Per questo motivo, da alcuni anni la Fondazione IBM Italia organizza seminari gratuiti d'estate per alcune decine di laureati o laureandi in discipline scientifiche o economiche, per ampliare le loro competenze in altri campi, come quello delle tecnologie dell'informazione non soltanto nelle materie tecniche, ma anche in quelle umanistiche.

In altri termini, un ingegnere potrebbe lavorare come esperto di tecnologie applicate alla medicina; un bibliotecario o uno studioso di letteratura medioevale dovrà sapere come funzionano gli ipertesti ed essere in grado di compiere ricerche attraverso Internet; un laureato in economia e commercio non potrà fare a meno di conoscere la multimedialità perché il marketing del futuro sarà sempre più telematico, e così via.

Ma anche il mito della laurea, vista come passaporto sicuro per trovare lavoro e svolgere un'attività remunerativa, sembra essere destinato a tramontare. Già lo è oggi: basti pensare all'impressionante numero di medici disoccupati che abbiamo in Italia. Naturalmente, come abbiamo visto prima, per svolgere alcune professioni la laurea resterà indispensabile, come pure lo sarà conseguirla con la più alta votazione.

Ma a giudicare dalle previsioni degli esperti, in futuro le richieste di professionisti «tradizionali» come medici, avvocati, bancari, non saranno certamente elevate. Senza contare che la progressiva informatizzazione e robotizzazione della società può far sostituire più facilmente con una macchina un contabile o un impiegato di concetto che un giardiniere.

Probabilmente ci sarà più bisogno di cuochi o di idraulici che di ingegneri. Certamente è difficile far capire a un padre che il figlio avrà più possibilità di lavoro e di guadagno se farà il cuoco invece che il medico. Già oggi stiamo sperimentando questa situazione.

Le valutazioni degli esperti, prevedono infatti un'elevatissima domanda per infermieri, fisioterapisti, assistenti ai nidi di infanzia, cioè in grado di svolgere servizi per i più deboli (bambini, anziani, infortunati, handicappati, etc.). nel 2015 ci saranno in Italia 13 milioni di ultrasessantenni, uno ogni quattro abitanti.



A livello europeo si prevede una crescita del 50% (dagli attuali due milioni a tre milioni) da oggi al 2005 di infermieri e assistenti per l'infanzia o per persone anziane e non autosufficienti. In generale, tutta l'area della salute, intesa come servizi assistenziali fisio-psicologici (quindi non come attività da far svolgere ai medici) raccoglierà oltre la metà di tutti i nuovi posti di lavoro che si creeranno nei Paesi industrializzati da oggi al 2005.

Altro mito che sta cadendo è quello del «lavoro a vita», visto che ormai anche negli uffici ministeriali si rischia di perdere il posto. Bisognerà diventare sempre di più «imprenditori di se stessi»; imparare a cambiare lavoro, o a vivere di consulenze. Part-time, lavori a termine, consulenze, tutti gli aspetti legati alla flessibilizzazione del tempo di lavoro assumeranno crescente importanza negli assetti delle imprese e del lavoro nelle società industriali avanzate.

Cade anche il mito del posto di lavoro come luogo fisico immutabile. Non soltanto perché il telelavoro assumerà un'importanza sempre crescente nella società del prossimo secolo (negli Stati Uniti i «telelavoratori» sono già 8 milioni; in Gran Bretagna 1,6 milioni), ma anche perché l'impresa dei prossimi anni sarà sempre più «virtuale», delocalizzata su tutto il pianeta e riunita idealmente solo per via telematica.

Sono sempre più frequenti i casi di delocalizzazione del lavoro. Le compagnie aeree decentrano le proprie attività contabili in Paesi a migliaia di chilometri di distanza grazie alla tecnologia delle comunicazioni (la Swissair, per esempio, le ha trasferite in India); le società assicurative fanno seguire l'aggiornamento delle proprie pratiche in località distanti diversi fusi orari, riuscendo a risparmiare nell'utilizzo dei propri sistemi informativi; le imprese coordinano l'attività di lavoro di migliaia di collaboratori sparsi nei più svariati luoghi in collegamento telematico. Si tratta di un mutamento epocale che caratterizzerà il terzo millennio.

Lo stesso accade per le attività produttive, come per i semiconduttori progettati in Europa o in USA e prodotti a Taiwan e in Malesia.

Di conseguenza, anche la concorrenza sul mercato del lavoro sarà globale, come già lo è oggi quella in ambito produttivo. «Un'impresa» ha detto Carlo De Benedetti, presidente della Olivetti «oggi è in competizione non soltanto con le altre imprese del suo Paese o con gli altri Paesi europei, ma anche con il Sud-Est asiatico o con l'America Latina».

Crollano quindi le antiche certezze sul 'posto di lavoro' da trovare nel territorio, la specializzazione locale legata al tipo di industria e di servizi che fino a pochi anni fa, per esempio, spingeva uno studente di Torino a laurearsi in ingegneria meccanica per essere poi assunto alla FIAT (domani anche la progettazione delle auto italiane potrebbe avvenire in Argentina, o a Singapore; la società inglese di elettronica Amstrad, per esempio, ha l'ufficio di progettazione a Hong Kong e la direzione strategica a Londra), oppure un giovane di Milano a studiare economia e commercio per lavorare nelle banche o nei servizi finanziari della Lombardia. Un neolaureato in Italia potrebbe così trovare paradossalmente più concorrenti in Cile che nel proprio Paese per aggiudicarsi un posto di lavoro.

Da tutto ciò si capisce come oggi il mondo del lavoro stia entrando in una trasformazione di dimensioni epocali. I prossimi 5-10 anni saranno cruciali per questo settore, perché molti aspetti verranno riconfigurati e redistribuiti. Oggi, quindi, con questa situazione, non possiamo fare classifiche precise sui lavori che saranno più richiesti nel prossimo decennio.

Ma qualunque sia lo scenario futuro, il consiglio che sento di dare ai giovani che devono decidere la propria strada è quello di cercare di raggiungere una cultura superiore, non specialistica in senso verticale, ma con aperture verso nuovi campi, nuove discipline. Imparare ad essere flessibili, esercitare la fantasia e utilizzare la propria intelligenza come la risorsa più preziosa.


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