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La "verita'" dello scetticismo come "cifra" del pedagogico




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La "verita'" dello scetticismo come "cifra" del pedagogico


LA "VERITA'" DELLO SCETTICISMO COME "CIFRA" DEL PEDAGOGICO Linguaggio ordinario
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LA "VERITA'" DELLO SCETTICISMO COME "CIFRA" DEL PEDAGOGICO


Linguaggio ordinario e formazione

Uno dei presupposti della riflessione di Cavell è che il tipo di conoscenza che si attiva all'interno della sfera del linguaggio è sempre una forma di "conoscenza di sé" (self-knowledge). Il processo di acquisizione del linguaggio segna l'ingresso del soggetto umano all'interno di una cultura.

Cavell ritiene che il più rilevante scopo della filosofia, attraverso una costante indagine della dimensione linguistica, riguardi la costruzione del personale confronto con la propria cultura, con i suoi contenuti e con le parole "ereditate", che divengono le proprie attraverso una dialettica libertà/autorità, autenticità/conformismo, originalità/citazione. Una delle riflessioni di Cavell sul linguaggio riguarda il riflettere sulle situazioni e contesti che ci vedono impegnati in quanto soggetti dialoganti, connessi al "dar voce" alla propria condizione. Si tratta di realizzare la propria expressiveness: ciò che ci manifesta in modo necessario agli altri; l'inespressività è una maschera, una modalità espressiva di qualcosa che mi appartiene e da cui rifuggo. L'espressività è l'elemento che mi caratterizza e mi rivela in quanto individuo.

Questa dimensione dell'espressività appare collegata alla nozione di pitch, ossia di tono, qualcosa che ci appartiene ed è soltanto nostro, e che richiede una continua "armonizzazione" con le altre voci.

Ciò si esplica nella lettura fornita da Cavell riguardo a Wittgenstein (Ricerche filosofiche): consapevolezza che noi "ereditiamo" un linguaggio, un complesso di significati e che il nostro processo di formazione procede in corrispondenza del nostro crescere nel e sul linguaggio; le nostre parole sono quelle di un altro ma è attraverso di esse che sia articola la nostra progressiva produzione di senso, di attribuzione di significato.

Le certezze del nostro linguaggio sono dunque apparenti, essendo contrassegnate da fragilità e incertezza, così come le nostre vite e relazioni. pedagogico/educativo.

L'analisi delle Ricerche fa emergere la questione della voce soggettiva, delle possibilità della reciproca comprensione e di capire che rapporto ci sia tra la mia e le altre voci della comunità.

Costitutiva ambivalenza scettica nei confronti della realtà: da un lato ci porta a ripudiare i criteri dell'universo linguistico e a cercare una fantasia di "privatizzazione dei significati" distaccati dal linguaggio condiviso, dall'altro è presente una necessary inexpressiveness, un nostro conformarci all'uso comune,a  significati condivisi e prestabiliti (inespressività/conformità).


Valenze pedagogiche del "ritorno all'ordinario"

La filosofia ha tradizionalmente sviluppato un'idea di linguaggio ordinario all'insegna della degradazione in quanto percepito come ripetitivo, stereotipato e quindi suscettibile ad un superamento, correzione, per una sua "purificazione". È anche qualcosa che una comunità tende ad assumere in modo acritico rispetto ad una tradizione culturale di riferimento. È concepito come luogo dell'ovvio e del banale, quindi del pregiudizio e dello stereotipo.

Da un altro lato però, la tradizione filosofica ha indicato nella sfera del linguaggio ordinario la via d'accesso privilegiata rispetto non tanto alla scoperta della verità, quanto alla "comprensione di senso".

La riflessione di Cavell sull'ordinario è assunta dentro una prospettiva di "pedagogia del linguaggio"; il costante richiamo ad esso ha il senso di un'attenzione ai momenti propri del nostro formarsi all'interno di un linguaggio "vissuto in situazione", che reca in sé una costante problematizzazione delle modalità comunicative inter-umane, entro le quali gli individui si formano; si tratta di un ritorno riflessivo su se stessi, sull'auto-formazione.


Pensare l'ordinario significa evitare: il superamento e degradamento; il ritorno nostalgico ad esso come luogo di verità.

L'ordinario a cui fa riferimento non è un'entità linguistica, ma prende la forma di rapporto, di relazione a, ma anche di rapporto tra le parole all'interno del linguaggio.

L'indagine sull'ordinario permette di tornare su 2 temi della tradizione americana:

-costituirsi del soggetto/voce

-tema della comunità linguistico/politica

->esiste un legame tra linguaggio ordinario, scetticismo e politica, all'insegna del costituirsi del soggetto nella comunità politica di riferimento; interrogarsi sui criteri del linguaggio significa interrogarsi sui criteri che definiscono i limiti e confini della nostra comunità politica, nella dialettica individuo/comunità.

L'appello all'ordinario è inseparabile dal rischio di scetticismo come perdita di contatti con gli altri; lo scetticismo, assunto criticamente, possiede valenze costruttive per la formazione del soggetto e per il costituirsi della comunità politica.


Cavell e il "principio" dello scetticismo

Cavell vede nello scetticismo un atteggiamento costante verso il mondo e verso l'esistenza delle altre menti, che sfocia nell'ansia di non riuscire a toccare la realtà e nel senso di alienazione dalla comunità. È dunque l'impulso che ci spinge a ricercare i fondamenti del legame tra soggetto e realtà, tra individuo e individuo.

DEFINIZIONE DEL GIOSI, VE LA RIPORTO PARI PARI: l'ossessione scettica risiede, per Cavell, nel disporre di una conoscenza che pre-stabilisce l'esistenza della realtà, della comunità di riferimento, che ci consente un accesso diretto immediato e totale alle altre menti, quindi una forma di onnipotenza conoscitiva non mediata da giochi linguistici ordinari, che rivela l'ansia di fronte alla separatezza tra individui,

Cavell attribuisce importanza allo scetticismo perché

-è un elemento situato nel cuore della filosofia; cita Kant (critica della ragion pura): "la ragione umana ha il destino di essere tormentata da problemi che non può scansare, perché le sono imposti dalla sua stessa natura";

-per Cavell la conoscenza è esperienza, un modo di stare nel mondo attraversato dalla dialettica dubbio scettico/brama di appropriazione; tale principio scettico è legato alla condizione umana nella tarda modernità; lo scetticismo è concepito sullo sfondo del disincanto e della "crisi della ragione";

-ritiene che l'impulso scettico non possa semplicemente essere eliminato e negato; focalizzare l'attenzione su esso possiede una valenza costruttiva:


Il compito della filosofia non sarà respingere lo scetticismo, bensì quello di mostrarne le dinamiche, capire come si origina, perché è una costante minaccia per il soggetto umano.

Il principio scettico diventa per Cavell un "vettore di ricerca"; ciò rinvia all'esigenza di recuperare un'istanza critica nei confronti dei limiti della conoscenza, una "dialettica del limite" che guarda ai limiti ma anche alle possibilità (vie) di conoscenza.

Questo principio rappresenta anche un momento cruciale per la "riscoperta dell'ordinario",  La filosofia del linguaggio viene intesa non come indagine grammaticale, ma come "proiezione immaginativa" verso situazioni e contesti che ci vedono impegnati dialogicamente.


Cavell e Wittgenstein: linguaggio e riconoscimento

L'analisi delle Ricerche fa emergere la questione della voce soggettiva, della possibilità di reciproca comprensione umana, del rapporto tra la "mia voce" e la "nostra"; viene ritenuta da Cavell un'opera autobiografica, nel senso che concepisce la struttura filosofica in senso dialogico/autoriflessivo, come attraversata da una pluralità di voci continuamente evocate.

Cavell si oppone alle interpretazioni che vedono in quest'opera una confutazione dell'istanza scettica; secondo lui Wittgenstein è colui che meglio ha mostrato la verità dello scetticismo, che è "vissuto", incarnato nella nostra condizione umana; esso si situa non sul piano conoscitivo, ma su quello del "riconoscimento": il problema della mia relazione con l'altro non è costituito da una barriera conoscitiva, ma dall'impulso scettico a eludere il riconoscimento dell'altro.

Cavell riconosce nelle Ricerche la presenza di più voci:

-voce della tentazione:incarnata dalle figure (scettici) tendenti ad esplorare le regole da porre a fondamento del linguaggio, e si manifesta attraverso un'esigenza di purezza e esattezza;

-voce della correttezza:esigenza di accettazione del linguaggio ordinario nella sua impurità, vaghezza e approssimazione;

per Wittgenstein nessuna delle due voci deve essere messa a tacere, e il contrappunto dialettico deve essere mantenuto vivo.

Un altro aspetto della questione scettica riguarda anche le "altre menti": tale problema di fonda sul principio che esista un'asimmetria tra la cognizione che uno ha dei propri contenuti mentali e quella degli stessi contenuti ma appartenenti ad "altrui mente"; in questo caso lo scetticismo rappresenta un "salto a piè pari" delle occasioni di effettivo incontro e riconoscimento. In Wittgenstein questo tema diventa una "fantasia" sul desiderio di occupare direttamente al posizione dell'altro, e di avere accesso a criteri che valgano per tutti; quindi lo scetticismo qui aspira ad una forma di conoscenza impossibile.


Le tragedie shakespeariane e lo scetticismo

Le analisi delle tragedie shakespeariane non vanno intese sul piano puramente estetico, ma costituiscono occasioni per esplorare filosoficamente la condizione umana alla luce dei temi dello scetticismo, della comunicazione interumana mediata dal linguaggio ordinario, del riconoscimento.

Le interpretazione sono su un duplice piano:

-dei contenuti: Cavell ritiene che la dimensione del tragico e dello scetticismo condividano uno stesso orizzonte di senso:  la tragedia ci mostra le estreme conseguenze di elusione dell'altro e una morte dell'identità di chi disconosce l'altro;

-delle modalità linguistiche, espressive e di fruizione: valenza pedagogico educativa che chiama in causa il rapporto tra filosofia e altri saperi; Cavell ritiene che esistano testi che, pur non dichiaratamente filosofici, hanno comunque un senso filosofico. L'attenzione va posta non solo sull'oggetto testuale, ma anche sul soggetto ricevente e relativa modalità di fruizione; i meccanismi di ricezione riguardano 2 momenti fondamentali per un testo: l'elaborazione e l'attualizzazione. Nella rilettura shakespeariana di Cavell emerge quindi l'idea del "presente attuale" come continua e possibile riscrittura/rilettura/reinterpretazione del passato.


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